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S. Alfonso Maria de Liguori Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
992. AL CARDINALE TOMMASO MARIA GHILINI, PONENTE DELLA CAUSA.
Dimostra come le concessioni più ampie, accordate dal Re salvano la sostanza della Regola, approvata dalla S. Sede, e prega S.E. a volersi adoperare per la revoca del Decreto Pontificio della separazione.
Credeva certamente che, dopo il dispaccio del 24 febbraio del corrente anno (con cui S. M. approvò che nella Congregazione si facesse il giuramento a Dio di perfetta vita comune e di povertà, senza rimaner però pregiudicati i soggetti nel dominio della proprietà ed usufrutto de' beni patrimoniali, de' quali possono sempre disporre; come altresì che si facesse il giuramento di perseveranza, da potersi rilasciare dal capo della Congregazione per motivo ragionevole) credeva, dico, che si sarebbe compiaciuta cotesta Sacra Congregazione di consigliare
S. Santità a dichiarar sospeso e di niun vigore il Decreto di settembre dell'anno scorso: conoscendo, aver noi oggi ottenuto da S. M. l'approvazione dell'intiera Regola di Benedetto XIV, sicché nessuna novità sostanziale sia per introdursi in questa Congregazione, in pregiudizio dell'osservanza primiera.
Credeva questo fermamente, si per lo suddetto motivo, come perché, per quest'ultimo dispaccio, si sono fatte allegrezze speciali nelle due case site nel territorio di Benevento: conoscendo esser terminata la divisione, ed esser elleno fuor di ogni pericolo che giustamente temevano, rimanendo disunite dalle case del Regno.
Ora intendo, essersi incontrate difficoltà sull'enunciato dispaccio, tanto per il giuramento di perseveranza, quanto per quello di vita comune e povertà.
Le difficoltà però nascono, o da non sinceri informi che si fanno a cotesta S. C., o dalla poca cognizione della Regola di Benedetto XIV.
Il giuramento di perseveranza si può rilasciare dal capo della Congregazione, come si può chiaramente vedere nella medesima Regola, alla parte II cap. 2 & 4, e nella parte III cap. 2 n.3; e così è stabilito nel suddetto dispaccio.
Cosi, quanto al dominio de' propri beni patrimoniali, esso è, nella medesima Regola,(parte I cap. I I n.8, dove si parla del voto di povertà) riservato ai sacerdoti della Congregazione: non essendo i nostri voti solenni di religione, ma semplici per Congregazione di preti secolari, tali dichiarati dalla Regola medesima. E il voto di povertà non è voto totale di povertà, ma parziale.
Rispetto poi al dominio dell'usufrutto de' propri beni, esso rimane ancora salvo ai soggetti, potendone disporre a favore altrui, ma non farne uso per sé medesimi.
Cosi, fin dal 1749, è stata interpretata la Regola nel primo Capitolo Generale, in cui si accettò; ed indi fu confermata questa pratica nell'altro Capitolo Generale del 1764, e lo stesso si
costuma anche nelle case dello Stato Romano; e se diversamente venga a V. Em. riferito, il che non credo, si assicuri che viene ingannata; e di ciò potrà ella informarsi e dai sacerdoti della casa di Scifelli, in diocesi di Veroli, e dai sacerdoti delle due case di Benevento.
Cosi, diceva, è stato sempre interpretata la Regola nelle generali Adunanze, le quali hanno dalla stessa Regola la facoltà di poter anche dispensare a qualche punto particolare perpetuamente, per gravissime cause; come si legge nel fine della Regola medesima al n° ultimo.
Essendo tutto ciò vero, io non comprendo come si possa, da' miei Fratelli di Frosinone, insistere per la disunione, fatale specialmente ad essi medesimi ed alle altre case di Veroli e di Benevento.
Io amo tutte le case, perché mi costano assai. Preveggo la rovina per la separazione, quantunque mi spaccino costì per scimunito. Veggo l'impegno di chi mi aiuta nel governo di queste case, per la sussistenza delle medesime, per sostenere la Regola del Papa e per la pace. Ho veduto un chiaro miracolo della divina misericordia nel dispaccio ultimo in questi tempi difficili. Mi affliggo in veder discordie senza motivi ragionevoli, allorché la protezione del Signore si rende troppo visibile a favore dell'Opera sua.
Raccomando istantemente all'Altissimo quest'Opera, tanto profittevole alle anime, e la metto sotto la protezione di V. Em. Ella che, come ho saputo da poco, deve esaminare il negozio e riferire in S. C., scorgerà se io abbia detto il vero.
Emo Signore, la consolazione che io ho provata coll'ultimo dispaccio, spero che voglia rendersi compiuta per mezzo della di lei protezione, impetrandomi dal S. Padre la benedizione per me e per le case di questo Regno, e facendo rivocare il Decreto di settembre. Allora, con maggior pace e serenità, dirò al Signore: Nunc dimittis servum tuum in pace.
Io non posso fare altro, che pregare Dio per V. Em. in
questi pochi momenti che mi avanzano di vita; e se il Signore mi usa misericordia, lo farò anche dal cielo.
E resto coll'umil bacio del lembo della sacra Porpora, umilissimamente dicendomi
ALFONSO MARIA DE' LIGUORI, vescovo.
Conforme all'originale che si conserva nell'archivio della S. C. de' Vescovi e Regolari; Busta: Liguorini 1806.