- VOLUME IV
- Lettere
- 361. A Gennaro Riverti, Governatore della chiesa di A.G.P.
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361.
A Gennaro Riverti, Governatore della chiesa di A.G.P.
Elemosina per una donna
povera.
Arienzo1, 12 marzo 1775.
Ill.mo, e
Rev.mo Signore,
Margarita Scrivia vidova di questa Terra d'Arienzo espone
come da lungo tempo si ritrova in fondo di letto, ed è ridotta tutta rilevata
deforme. Si vede derelitta e morirsi della fame: non è in stato di andare
all'ospidale, anzi l'ospidale di A.G.P.2 le ave dato un povero letto,
ma non li dà sussidio. In tanto ricorre a V.S. Illma di ordinare al sig.
Governatore di A.G.P. don Gennaro Riverti, che li dasse [desse] un continuo
giornale sussidio per la necessità sudetta, acciò non si vedesse priva di
necessario sollievo, il che spera quam Deus etc.
Raccomandiamo la povera Supplicante alla pietà del sig.
Governatore della chiesa di A.G.P. per una competente limosina.3
Arienzo li 12 Marzo 1775.
Alf. M. Vesc. di S. Agata.4
Trascrizione secondo la fotocopia inviata in A G.
dal P. Luigi Gravagnuolo. Il testo originale è rintracciato dal P. Luigi
Gravagnuolo a Moiano (Benevento), presso la signora Leonilda Oropallo in
Moiano, Via S. Sebastiano, 2: che li custodisce gelosamente quali reliquie
pregiate. Presso questa famiglia con tradizione inalterata si rammenta che
sant'Alfonso recandosi in paese per motivi pastorali era ospite gradito degli
antenati. Il santo vescovo dimorò certamente in quella borgata nel gennaio del
1767, come risulta dall'epistolario: non dubitiamo che nel 1763-66 siasi recato
più volte per rendersi conto della situazione morale dei singoli luoghi della
diocesi.
Prima però questi documenti, opiniamo non senza ragioni
plausibili, dovevano esser custoditi presso l'archivio della chiesa
dell'Annunziata di Arienzo annessa al monastero A.G.P. cioè "Ave Gratia
Plena". Le monache che vi abitavano avevano le regole o statuti dei
Canonici lateranensi, e si chiamavano ordinariamente «Rocchettine».
Il territorio di Arienzo, che nel '700 era parte integrante
e importante della diocesi di S. Agata dei Goti, ne è stato staccato e
appartiene da pochi decenni alla giurisdizione della contigua diocesi di
Acerra.
Analisi del testo fatta dal P. Oreste Gregorio.
Pubblicata in Spicilegium Historicum, Roma, 21
(1972), p. 6.
1 Ai tempi di sant'Alfonso vescovo (1762-1775) si
contavano in Arienzo cinque conventi: Agostiniani, Domenicani, Carmelitani,
Cappuccini e Benedettini di Monte Vergine. Oltre le monache dell'Annunziata vi
era pure un Conservatorio regolato da religiose, che seguivano gli statuti
dell'Ordine delle Serve di Maria. Il monastero che disponeva di più copiose
finanze era quello di A.G.P. I poveri di Arienzo lo sapevano, per cui
indirizzavano al Governatore del medesimo le richieste di aiuto non
direttamente ma mediante l'appoggio del vescovo che consideravano «padre dei
poveri» molto influente con le sue commendatizie. Sant'Alfonso sempre sensibile
alla voce dei poverelli, accoglieva con animo deferente i loro Memoriali e
convalidatili con una calda raccomandazione stesa dal Segretario vi apponeva la
propria firma autografa.
2 Come consta da note dell'archivio diocesano
santagatense, la chiesa A.G.P. in Arienzo era officiata da 19 cappellani, che
avevano coro con recita del breviario: vi era un Procuratore eletto dalle
religiose per l'amministrazione delle pingui rendite, e un Governatore creato
con suffragio popolare, che dirigeva l'andamento disciplinare e quello
economico: a lui toccava decidere l'impiego delle eccedenze del bilancio in
elemosine ai bisognosi (Arch. dioces. di S. Agata, Miscellanea, vol. 181, fol.
110-11). A tale carica era assunta una persona facoltosa e ineccepibile nei
costumi.
3 Il p. Tannoia a proposito di queste suppliche
della povera gente, che in quel periodo non era scarsa, rileva: «Nella folla di
tanti Memoriali, che per vari motivi capitavano dalla diocesi, se taluno ne
ritrovava di qualche povero, dir soleva allegro: Oh! questo sì che mi piace: è
Memoriale per limosina» (III, 503).
4 Il p. Berruti in un capitolo denso di notizie ci
fa capire le abituali disposizioni interiori del santo, che fu nella longeva
esistenza un autentico signore, munifico verso i poveri, per quanto austero con
se stesso e con i suoi parenti. Nessuno forse più di lui riconobbe la funzione
sociale del denaro.» La liberalità di questo santo è stata così grande da farlo
paragonare ai più rinomati eroi della religione, e nei tempi a noi più vicini
ad un Tommaso da Villanova, ad un Carlo Borromeo, ad un Francesco di Sales».
Nel Regno di Napoli risuonò la sua carità squisita e piena d'iniziative, in
modo distinto, durante la terribile carestia del 1763-64 (Lo spirito di S.
Alfonso, cap. 19).
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