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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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384. Ad uno sconosciuto.1

Risposta del nostro ill.mo Padre Monsignor Liguori

Viva Gesù Maria e Giuseppe,

5 agosto 1776, Nocera

Rispondo [sono sue parole] brevemente alla questione per meglio dire agli equivoci, perché le cose sono certe e non ammettono questione, e così togliamo gli equivoci e sarà finita la questione (questi sentimenti sono simili a quelli da me espressi nel numero 3 della dissertazione).

Per 1. è certo [siegue] che noi possiamo (lecitamente) e meritoriamente amare Dio con amore di amicizia e con amore di compiacenza. L'amicizia riguarda solo Dio cioè la sua bontà, che merita per sé sola di essere amata; la compiacenza riguarda noi, cioè i beni che riceviamo da Dio. (questo stesso avea espresso Io nel n. 11 – 12 – 13c).

Per 2.  è certo che l'amore di amicizia può essere rimesso ed intenzo, e questa intenzione non riguarda già la sensibilità, ma il grado maggiore della buona volontà.

Per 3.  è certo che per adempire il precetto della carità non siamo obbligati ad avere la carità intenza ma basta la rimessa purché sia predominante, preferendo il bene di Dio ad ogni bene nostro (questo stesso era stato espresso da me nel n. 15?? a 50 della mia dissertazione).

All'incontro, [siegue il nostro Padre], non si deve mettere in dubbio che siamo obbligati ad amare Dio con amore di amicizia, cioè con la sua mera bontà e per la bontà di Dio s'intende l'aggregato di tutte le perfezioni. Onde chi ama Dio solo per li beni che ne ha ricevuti o ne spera, farebbe un atto buono, ma non adempirebbe il precetto della carità.

Questo era il cardine di tutta la controversia dichiarata da me nel n. 38 e propugnato e stabilito nei seguenti. Nei quali si stabilisce esservi l'obbligo di amare Dio non solo con amore di compiacenza o sia come buono a noi, ma ancora con amore di amicizia o sia benevolenza, che è quanto dire che si deve amare Dio, e ve ne è un obbligo indispensabile, anche per la sua mera bontà che è l'aggregato di tutte le sue perfezioni, come portano le parole del nostro Padre, o pure per la sua bontà in quanto è la sua sostanza come portano le parole di S. Tommaso da me già apportate, che significano lo stesso.

Questa proposizione è direttamente contraria a quella degli Avversari. Ecco le parole dell'Autore della dissertazione da me trascritte ad litteram, perché già si è mosso a favorirla: Dice dunque che basta all'adempimento del precetto della carità l'amore di compiacenza o sia carità imperfetta la quale ama il medesimo Dioa per la sua bontà infinita, ma quatenus a noi communicabile, cioè perché questo Dio ci ha creati, redenti col prezioso suo sangue ci ha preparato il Paradiso, che è quanto dire non per la mera sua bontà [come sono le parole del nostro Padre] in quanto è aggregato di tutte le sue perfezioni, o pure come dice S. Tommaso in quanto è la sua sostanza, ma quatenus, come dice egli, a noi communicabile.

Questo stesso poi replica l'Avversario nella conchiusione del suo primo argomento da me già confutato: dunque [sono sue parole ad litteram] tutta l'essenza della carità consiste nell'amar Dio sopra ogni cosa e perciò si soddisfa all'essenza del precetto amando Dio sopra ogni cosa o che si ami perché beato e felice in sé o che si ami perché rende noi beati e felici, che è quanto dire che all'adempimento del precetto basta la carità detta imperfetta. Parole direttamente contrarie a quelle del nostro Padre ed a quanto abbiam noi dimostrato nel n. 39 e seguenti e specialmente nel n. 41.

E della stessa maniera siegue sempre a parlare l'Autore della Dissertazione da me sommamente venerato.

Ho soggiunte queste poche parole perché dopo venuta la risposta del nostro Padre aveano tentato gli avversari di mutar stato di questione, e di interpretare in altro senso le parole del nostro Padre. Ma invano perché son troppo chiare. Oltre di che esso già l'aveva espresso nella sua morale come Io ho dimostrato. Lascio poi le altre parole del foglio del nostro Padre con le quali esortano tutti a non attaccarsi a certe opinioni poco discoste dalle proposizioni dannate qual ora questa da me secondo le deboli mie forze combattuta.

Lettura del documento a cura di Giuseppe Russo e Salvatore Brugnano. Dicembre 1999.




1 Il testo di S. Alfonso si trova immerso tra le parole del commentatore, il quale con tutta probabilità è il P. Giuseppe Pavone C.SS.R.


a Si dice a riguardo: ed ama il medesimo Dio perché se non riguardasse Dio non sarebbe più atto buono l'amore di concupiscenza.




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