Copertina | Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
S. Alfonso Maria de Liguori
Novena del Santo Natale

IntraText CT - Lettura del testo
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

Introduzione

Quest'opera, pubblicata nel 1758, fluì quasi spontanea dall'anima serafica di S. Alfonso, e la intitolò "Novena del Santo Natale colle meditazioni per tutti i giorni dell'Avvento sino all'ottava della Epifania ". Già l'insigne Autore rilevava: "Molti cristiani sogliono per lungo tempo avanti preparare nelle loro case il presepe per rappresentare la nascita di Gesù Cristo; ma pochi sono quelli che pensano a preparare i loro cuori, affinché possa nascere in essi e riposarsi Gesù Cristo. Tra questi pochi però vogliamo essere ancora noi, acciocché siamo fatti degni di restare accesi di questo felice fuoco, che rende le anime contente in questa terra e beate nel cielo ".

A questo concetto morale ispirò il dettato, proponendosi di aiutare le anime a vivere il Natale con genuino sentimento cristiano.

I. Nel 1758, quando sant'Alfonso pubblicava presso la tipografia napoletana di A. Pellecchia il volumetto del "Natale" (pp. 570 in12) recante sul frontespizio una deliziosa immagine di Gesù Bambino che pesca t cuori, il presepio raggiungeva nella terra del Vesuvio la sua piena espressione con i classici pastori modellati da autentici artisti, che stupirono l'Europa. La rappresentazione plastica della Natività di Cristo era divenuta attraverso l'animata scenografia la più tipica manifestazione del religioso spirito partenopeo. Nella cornice arcadica accendevasi il risveglio e si propagava benefico e travolgente dai quartieri popolari alla sfarzosa corte borbonica di Carlo III, il quale non sdegnava di rivestire di muschio la grotta di Betlem costruita con le proprie mani.

Predicatori umili, poeti e musici più o meno raffinati concorrevano ad alimentare il mistico movimento, anche se non l'approfondivano sotto l'aspetto teologico con argomenti densi e luminosi.

Si riconosce pacificamente che alla ricchezza dei motivi presepiali settecenteschi, spesso superficiali e scialbi, sant'Alfonso abbia apportato con i suoi scritti ed iniziative un tono più caldo e penetrante. Dopo san Francesco di Assisi e san Gaetano Thiene nessun santo si è così cordialmente interessato del Natale come lui, fondatore della Congregazione del SS. Redentore ed insigne moralista.

Nato nel 1696 sant'Alfonso trascorse a Napoli i suoi primi 36 anni, quasi sempre nel focolare domestico, tra il babbo che si dilettava di spartiti scarlattiani e miniature e la mamma devotissima, ch'era stata educata dalle suore del conservatorio di san Francesco in via Pontecorvo. Al capitano delle galee, che aveva subito l'influsso del gesuita san Francesco de Geronimo (m. 1716), piaceva la Passione di Cristo, mentre la consorte Donna Anna Cavalieri, che nell'adolescenza aveva assorbito non pochi elementi della spiritualità francescana, preferiva l'infanzia del Salvatore.

Sant'Alfonso succhiò sulle ginocchia materne la tenerezza per l'Infante divino, ascoltando rapito accanto al padre le stupende Cantate dei pastori, che risonavano nella città durante il ciclo natalizio, specialmente nell'attesa della Messa di mezzanotte tra lo scoppio di tric-trac e il brio dei pifferari.

Quei ricordi orlati di limpide gioie gli rimasero indelebili in fondo al cuore. Più tardi venne a suscitarli con estatica veemenza una cara statuetta di Gesù Bambino nelle fasce regalatagli dalla mamma, che se ne privò, inviandola a Ciorani. Il santo ne fu lietissimo, e il 25 di ciascun mese la faceva esporre tra ceri nel coro, dove i suoi discepoli meditavano gli esempi betlemmitici e rinnovavano i sacri voti (1).

Appena sacerdote nel 1726 ed indi missionario parlò con foga intorno alla Notte santa, movendo dalle narrazioni evangeliche di san Matteo e san Luca, illustrandole con la dottrina patristica. E spinto occasionalmente dall'estro scrisse versi anche in vernacolo, che musicò per rallegrare i poveri lazzaroni e gli artigiani adunati nelle "Cappelle serotine" da lui istituite per il ricupero delle anime più abbandonate.

Il suo biografo primitivo p. Antonio Tannoia c'informa che a Ciorani e a Deliceto Alfonso delineò "ad olio nei paliotti dell'altare maggiore una bella campagna col mistero della nascita, cioè il santo Bambino adorato dai pastori, con la Vergine e san Giuseppe" (1).

II. - Nell'ambiente presepiale napoletano, che affascinò con le scene folcloristiche persino Haendel, autore dell'oratorio "Il Messia", maturò il "Natale" di sant'Alfonso, contenente meditazioni, discorsi e canzoncine.

Terminata nel 1757 a Venezia la III edizione della "Theologia moralis" in tre grossi tomi, si accinse alla stesura dell'operetta, a cui pensava da anni. Gli fluì quasi spontanea dall'anima serafica, e la intitolò "Novena del santo Natale colle meditazioni per tutti i giorni dell'Avvento sino all'ottava dell'Epifania". Al testo facevano seguito tre opuscoli di soggetto vario.

Sin dalla prima pagina rilevava: "Molti cristiani sogliono per lungo tempo avanti preparare nelle loro case il presepe per rappresentare la nascita di Gesù Cristo; ma pochi sono quelli che pensano a preparare i loro cuori, affinché possa nascere in essi e riposarsi Gesù Cristo. Tra questi pochi però vogliamo essere ancora noi, acciocché siamo fatti degni di restare accesi di questo felice fuoco, che rende le anime contente in questa terra e beate nel cielo".

A questo concetto morale ispirò il dettato. il pio scrittore si propose di aiutare le anime a vivere il Natale con genuino sentimento cristiano. E vi condensò il meglio della propria predicazione, delle riflessioni personali e delle composizioni poetiche.

Dal principio alla fine circola una idea fondamentale: la croce ha le sue radici nella culla; a Betlem comincia il Calvario del Verbo fatto carne. Essa affiora dovunque. Sant'Alfonso non perde mai di vista il dramma sanguinoso del Redentore e con insistenza lo richiama alla memoria dei fedeli per destare in ricambio gratitudine e amore generoso.

Il contenuto si sviluppa in un colore eminentemente pastorale, per cui abbondano i proponimenti e gli slanci affettuosi. Egli si preoccupava secondo un metodo abituale di stimolare la volontà a risoluzioni concrete più che di coltivare la intelligenza con speculazioni peregrine.

III. - A scanso di equivoci e delusioni preavvisiamo subito i lettori provveduti che sant'Alfonso non si abbandona ad elevazioni teologiche né si lega a uno stretto commento liturgico. Resta sul piano parenetico della istruzione popolare, considerando prevalentemente in Gesù Bambino i lati umani più vicini a noi; non sono scarsi però gli accenni alle profondità arcane della Incarnazione. Non mette tuttavia in imbarazzo le menti mediocri e digiune di teologia trinitaria. Addita il divino Fanciullo nel ritmo della vita giornaliera (Betlem, Egitto, Nazaret) per nutrire la devozione senza fomentare morbosi sentimentalismi. Le riflessioni s'intrecciano con le citazioni bibliche e patristiche assai numerose. Gli "Affetti e preghiere" le coronano.

Lo stile è quello del '700 con una sua saporosità inconfondibile; rarissimi i ritocchi e solo nella forma in qualche frase involuta. La sostanza alfonsiana è insomma inalterata.

Le meditazioni, particolarmente talune, sono squisite e sembrano ripetere echi francescani umbri con la loro fresca dolcezza (3).

Le letture si snodano forse con alquanta monotonia non ostante i contrasti, su cui sono basate. Sul pulpito dovevano riuscire più efficaci. Qui più che altrove si sente il clima grigio della predicazione napoletana settecentesca. Notiamo che la cospicua erudizione non è messa al servizio della retorica come purtroppo si costumava in quel periodo schizzinoso con rabbia dell'ab. Parini e di Baretti.

Della produzione natalizia del Santo occorre sottolineare anche la valenza letteraria dalle poesie, che hanno ottenuto in due secoli una considerevole fortuna. Tre anzi resistono sulla bocca difficile del popolo come pochissime canzonette italiane antiche. Né le registrazioni discografiche ne hanno diminuito il vigore. I zampognari abruzzesi senza conoscere, a volte, una lettera dell'alfabeto o un segno del pentagramma si tramandano la melodia di generazione in generazione come una eredità preziosa e riescono tuttora a farcela gustare con l'accompagnamento tradizionale delle ciaramellè.

Dom Guéranger si deliziava nel leggere "Fermarono i cieli": introdusse le strofette tradotte nell'Année liturgique, al "Temps de Noèl" accanto a un ritmo di Prudenzio. Né la gradì meno Hoppenot: anch'egli fece una versione della "ravissante berceuse" e l'inserì in La sainte Vierge (Paris 1904, p. 324).

Sant'Alfonso compose e musicò nel 1754 a Nola (Napoli) "Tu scendi dalle stelle" che diede alle stampe nel 1755. L'originale Pastorale, che incantava il filosofo Card. Mercier, e ormai cantata dappertutto. Recentemente, il prof. Mario Rinaldi, critico musicale del "Messaggero", ha scambiato erroneamente "Tu scendi dalle stelle" per una canzone pugliese"! (4). E i redattori di "Sorrisi e Canzoni TV" nel dicembre del 1962 la presentarono al pubblico addirittura siccome un canto adèspoto! (5) (cfr. an. XI, n. 51, p. 4) Almeno la storia non dovrebbe essere strapazzata con una disinvoltura che ignora le norme elementari della informazione.

Attira sempre più l'attenzione l'altra poesia alfonsiana in vernacolo "Quanno nascette Ninno a Bettalemme", i cui meriti indiscutibili vennero sottolineati, oltre che da Ferdinando Russo, Salvatore Di Giacomo e Francesco Flora, da Norrembergh e Baumgartner (cfr. Geschichte der Weltliteratur, vol. VI, 1. 3, c. 3, p. 566-68).

Ettore De Mura in Poeti napoletani dal Seicento ad oggi (Napoli 1963, ed. II, p. 67-69) ne ha riportato i brani più salienti, esaltando la "famosa Pastorale ricca d'immagini delicatamente poetiche, soffusa di grazia e semplicità". Non si capisce perché Fausto Nicolini la dica "composta non si sa né quando né da chi, e, se oggi dimenticata, era ancora popolare nel secolo decimonono" (cfr. Il giornale d'Italia, Roma 22 dicembre 1962). Non è stata obliata, innanzitutto: è entrata nella "Antologia della Canzone napoletana", e il microsolco l'ha maggiormente diffusa.

Sant'Alfonso scrisse i versi e li pubblicò la prima volta, come pare, nel 1779 in un'operetta di Mattia del Piano: "Laudi spirituali nell'idioma toscano e napoletano". Non si può quindi metterne in dubbio la paternità (6).

Nelle pagine del "Natale" si scopre un linguaggio vivo, che scaturisce da fede ardente e da esperienze profonde. Non è sterile letteratura. Sant'Alfonso, detto giustamente "il dottore della salvezza", cerca nei lettori non l'aridità di nuovi orizzonti intellettuali ma l'impegno deciso di realizzare i pensieri suggeriti alla buona con azioni copiose di amore verso Dio e il prossimo sofferente.

ORESTE GREGORIO

in S. ALFONSO DE LIGUORI

Natale: Meditazioni - Letture - Poesie

Edizioni Paoline 1965, pp. 7-14

 

----------------

(1) Ora la statuetta è conservata a Pagani (Salerno) nel Museo Alfonsiano.

(2) A. TANNOIA, Vita ed istituto del vener. servo di Dio Alfonso M. Liguori, I, Napoli 1798, p. 8; altre edizioni, lib. I, c. 3. Il duplice dipinto è andato perduto, facilmente al tempo della soppressione religiosa ordinata da Garibaldi.

(3) Sant'Alfonso compose altre 20 meditazioni natalizie più brevi, divise in tre punti e le collocò nella n parte della Via della salute (Napoli 1766).

(4) Vedi "Bollettino Ceciliano", an. LIX, Roma dic. 1964. p. 276. 1 lettori che bramano documentarsi circa le origini di "Tu scendi dalle stelle " possono leggere nella rivista "Mese" un articolo del sottoscritto: "La più famosa Pastorale italiana "(An. I, Roma, dic. 1964, pp. 6-7).

(5) Adèspoto = senza padrone.

(6) Per "Quanno nascette Ninno" vedi lo studio che abbiamo inserito nella rivista "Corriere militare" (An. XX, Roma 15 dic. 1964, p. 27-29).

 

 

 




Precedente - Successivo

Copertina | Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

IntraText® (V89) © 1996-2006 EuloTech