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S. Alfonso Maria de Liguori
Novena del Santo Natale

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DISCORSO II - Il Verbo Eterno da grande s'è fatto piccolo.

Parvulus natus est nobis, filius datus est nobis.

(Is. XI, 6).1

Dicea Platone che l'amore è la calamita dell'amore: Magnes amoris amor. Ond'è comune il proverbio riferito da S. Giovan Grisostomo: Si vis amari, ama;2 poiché non vi e mezzo più forte per tirarsi l'affetto di una persona, che amarla e farle conoscere ch'è amata.- Ma, Gesù mio, questa regola,


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questo proverbio, corre per gli altri, vale per tutti, ma non per voi. Con tutti sono grati gli uomini, fuorché con voi. Voi non sapete più che fare per dimostrare agli uomini l'amore che loro portate; voi non avete più che fare, per farvi amare dagli uomini; ma degli uomini quanti sono quelli che v'amano? Oh Dio, che la maggior parte, diciamo meglio, quasi tutti non v'amanodesiderano d'amarvi; anzi vi offendono e vi disprezzano. - Ma vogliamo ancor noi esser nel numero di questi ingrati? No, che non se lo merita questo Dio così buono e così amante di noi ch'essendo grande e d'infinita grandezza, ha voluto farsi piccolo per essere da noi amato. Cerchiamo luce a Gesù e Maria.

Per intendere quanto sia stato l'amore divino verso gli uomini in farsi uomo, e picciolo bambino per nostro amore, bisognerebbe intendere quanta sia la grandezza di Dio. Ma qual mente umana o angelica può comprendere la grandezza di Dio mentr'ella è infinita? Dice S. Ambrogio, che 'l dire esser Dio più grande de' cieli, di tutti i re, di tutti i santi, di tutti gli angeli, è un fare ingiuria a Dio, come sarebbe ingiuria ad un principe il dire ch'egli è più grande di un filo d'erba o d'un moschino. Dio è la grandezza medesima, ed ogni grandezza non è che una minima particella della grandezza di Dio. Considerando Davide la divina grandezza, e vedendo ch'egli non potea né mai avrebbe potuto giungere a comprenderla, altro non sapea dire che, Deus, quis similis tibi? (Ps. XXXIV, 10).3 Signore, e qual grandezza mai può trovarsi simile alla vostra? Ma come mai potea comprenderla Davide, se la sua mente era finita, e la grandezza di Dio è infinita? Magnus Dominus et laudabilis nimis; et magnitudinis eius non est finis (Ps. 144, 3). Caelum et terram ego impleo (Ier. XXIII, 24), dice Dio; sicché tutti noi, a nostro modo d'intendere, non siamo che tanti miseri pesciolini che viviamo dentro questo mare immenso dell'essenza di Dio: In ipso... vivimus, [et] movemur, et sumus (Act. XVII, 28).

Che siamo noi dunque a rispetto di Dio? e che sono tutti gli uomini, tutti i monarchi della terra, ed anche tutti i santi e tutti gli angeli del cielo, a fronte dell'infinita grandezza di Dio? Siam tutti come, anzi meno che non è un acino d'arena


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a rispetto di tutta la terra: Ecce gentes quasi stilla situlae...: quasi pulvis exigua (Is. XL, 15). Omnes gentes quasi non sint, sic sunt coram eo (Is. XL, 17).

Or questo Dio così grande, s'è fatto picciolo bambino; e per chi? Parvulus natus est nobis, per noi. E perché? risponde S. Ambrogio: Ille parvulus, ut vir possis esse perfectus; ille involutus pannis, ut tu a mortis laqueis absolutus sis; ille in terris, ut tu in caelis (In Luca, lib. 2, cap. 2).4 S'è fatto piccolo, dice il santo, per fare noi grandi: ha voluto esser ligato tra le fasce, per liberare noi dalle catene della morte: è disceso in terra, acciocché noi possiamo salire in cielo. Ecco dunque l'Immenso fatto bambino! Quello che non capiscono i cieli, eccolo ristretto tra poveri pannicelli, e posto in una picciola e vil mangiatoia d'animali, sopra poca paglia che gli serve di letto e di guanciale. Videas potentiam regi, dice S. Bernardo, sapientiam instrui, virtutem sustentari, Deum lactentem et vagientem, sed miseros consolantem.5 Guarda un Dio che tutto può, chiuso fra fasce, talmente che non può moversi! un Dio che tutto sa, fatto muto che non parla! un Dio che regge il cielo e la terra, aver bisogno d'esser portato in braccio! Un Dio che pasce di cibi tutti gli uomini e gli animali, aver bisogno d'un poco di latte per sostentarsi! Un Dio che consola gli afflitti ed è il gaudio del paradiso, che vagisce, che piange, che cerca chi lo consoli!

In somma, dice S. Paolo, che il Figlio di Dio, venendo in terra, Semet ipsum exinanivit (Philip. 2, 7), per così dire, si annichilò. E perché? Per salvare l'uomo, e per essere amato dall'uomo: Ubi te exinanivisti - S. Bernardo - ibi pietas, ibi caritas magis effulsit.6 Sì, caro mio Redentore, che quanto fu


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più grande il tuo abbassamento nel farti uomo e col nascere bambino, tanto maggiore fu la tua misericordia e l'amore che ci dimostrasti, affin di guadagnarti i nostri cuori.- Gli Ebrei, benché avessero la cognizione così certa del vero Dio con tanti segni loro dati, non erano però contenti, voleano mirarlo da faccia a faccia. Dio trovò il modo di contentare anche questo desiderio degli uomini; si fece uomo per farsi loro visibile: Sciens Deus visendi se desiderio cruciari mortales, unde se visibilem faceret, hoc elegit (S. Petr. Chrys., serm. 47).7 E per farsi a noi più caro, volle farsi vedere la prima volta da bambino, perché in questa guisa riuscisse a noi la sua vista più grata ed amabile. Se parvulum exhibuit, ut se ipsum faceret gratum (Id. Chrys.):8 Si umiliò a farsi vedere picciolo infante, per rendersi con tale abbassamento più gradevole a' nostri affetti. Exinanitio facta ad usum nostrum (S. Cyr. Alex.),9 mentre questo era già il modo più atto a farsi da noi amare. - Ebbe ragione dunque il profeta Ezechiele di dire che 'l tempo della vostra venuta in terra, o Verbo Incarnato, doveva essere il tempo degli amanti: Ecce tempus tuum, tempus amantium (Ezech. XVI, 8). E per che altro mai Dio ci ha amati tanto, e ci ha palesati tanti segni del suo amore, se non per esser da noi amato? Ad nihil amat Deus, nisi ut ametur, dice S. Bernardo.10 E lo disse prima lo stesso Dio: Et nunc, Israel, quid Dominus Deus tuus petit a te, nisi ut timeas... et diligas eum ? (Deuter. X, 12).

Egli per obbligarci ad amarlo non ha voluto mandare altri, ma ha voluto esso stesso con farsi uomo venire a redimerci. Fa una bella riflessione S. Giovan Grisostomo su quelle parole dell'Apostolo: Non enim angelos apprehendit, sed semen Abrahae (Hebr, cap. II).11


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Dimanda il santo (Hom. in loc cit.): Quare non dixit, suscepit, sed apprehendit? Perché non disse S. Paolo semplicemente, Dio prese carne umana, ma disse che la pigliò come per forza, secondo significa più propriamente la parola apprehendit? E risponde che disse così, ex metaphora insequentium eos qui versi sunt;12 per ispiegare che Dio desiderava già d'essere amato dall'uomo, ma l'uomo gli voltava le spalle, e non volea neppure conoscere il di lui amore; onde Dio venne dal cielo e prese carne umana, per farsi così conoscere e farsi amare quasi per forza dall'uomo ingrato che lo fuggiva.

Per ciò dunque il Verbo Eterno si fece uomo, e per ciò ancora si fece bambino. Poteva egli venire a comparir sulla terra uomo perfetto, come comparve il primo uomo Adamo. No, il Figlio di Dio volle comparire all'uomo in forma di grazioso pargoletto, affin di tirarsi più presto e con più forza il di lui amore. I bambini per se stessi si fanno amare e si tiran l'amore di ciascun che gli guarda. A questo fine, dice S. Francesco di Sales, il Verbo divino vedersi bambino, per conciliarsi così l'amore di tutti gli uomini.13 E S. Pier Grisologo scrive: Et qualiter venire debuit qui voluit pellere timorem, quaerere caritatem? Infantia haec quam barbariem non solvit, quid non amoris expostulat? Sic ergo nasci voluit qui amari voluit, non timeri (Serm. 138).14 Se il nostro Salvatore - vuol


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dire il santo - avesse preteso colla sua venuta di farsi temere e rispettare dagli uomini, più presto avrebbe presa la forma d'uomo già perfetto e di dignità regale; ma perché egli veniva per guadagnarsi il nostro amore, volle venire e farsi vedere da bambino, e tra' bambini il più povero ed umile, nato in una fredda grotta, in mezzo a due animali, collocato in una mangiatoia e steso sulla paglia senza panni bastanti e senza fuoco. Sic nasci voluit qui amari voluit, non timeri.- Ah mio Signore, chi mai dal trono del cielo vi ha tirato a nascere in una stalla? È stato l'amore che portate agli uomini. Chi dalla destra del Padre dove sedete, vi ha messo a stare in una mangiatoia? Chi dal regnare sulle stelle vi ha posto a giacere sulla paglia? Chi da mezzo agli angeli vi ha collocato a stare in mezzo a due animali? È stato l'amore. Voi infiammate i Serafini, ed ora tremate di freddo? Voi sostenete i cieli, ed ora avete bisogno d'esser portato al braccio? Voi provvedete di cibo gli uomini e le bestie, ed ora avete bisogno d'un poco di latte per sostentarvi la vita? Voi rendete beati i santi, ed ora vagite e piangete? Chi mai vi ha ridotto a tanta miseria? È stato l'amore. Sic nasci voluit qui amari voluit, non timeri.

Amate dunque, amate, o anime, esclama S. Bernardo, amate pure questo bambino ch'è troppo amabile: Magnus Dominus et laudabilis nimis. Parvulus Dominus et amabilis nimis (Ser. 17, in Cant.).15 Sì, questo Dio, dice il santo, era già prima ab eterno, com'è anche al presente, degno d'ogni lode e rispetto per la sua grandezza, come già cantò Davide: Magnus Dominus et laudabilis nimis. Ma ora che lo vediamo fatto picciolo bambinello, bisognoso di latte, e che non può muoversi, che trema di freddo, che vagisce, che piange, che cerca chi lo prenda, chi lo riscaldi, chi lo consoli: ah che ora egli si è fatto troppo amabile a' nostri cuori! Parvulus Dominus et amabilis nimis.16 Dobbiamo adorarlo come Dio, ma a pari della riverenza deve in noi regnare l'amore verso un Dio così amabile e così amante. -Puer cum pueris - ci avverte S. Bonaventura - cum floribus, cum brachiis libenter esse solet.17 Se vogliamo compiacere


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questo Fanciullo, vuol dire il santo, bisogna che ci facciamo fanciulli anche noi, semplici ed umili; portiamogli fiori di virtù, di mansuetudine, di mortificazione, di carità; stringiamolo tra le nostre braccia coll'amore. E che aspetti più di vedere- soggiunge S. Bernardo - o uomo, per darti tutto al tuo Dio? Vedi con quanta fatica, con quale ardente amore è venuto dal cielo il tuo Gesù a cercarti: Oh quanto labore, et quam ferventi amore quaesivit animam tuam amorosus Iesus! Senti, siegue a dire, com'egli appena nato a guisa de' bambini co' suoi vagiti ti chiama, come dicesse: Anima mia, te cerco; per te e per acquistarmi il tuo amore son venuto dal cielo in terra: Virginis uterum vix egressus dilectam animam tuam more infantium vocat, a, a, Anima mea, anima mea, te quaero, pro te hanc peregrinationem assumo.18

Oh Dio, che anche le bestie, se noi loro facciamo qualche beneficio, qualche piccolo dono, ci sono così grate, ci vengono appresso, ci ubbidiscono al loro modo come sanno, danno segni d'allegrezza quando ci vedono. E noi perché poi siamo così ingrati con Dio, che ci ha donato se stesso, ch'è sceso dal cielo in terra, e s'è fatto bambino per salvarci e per essere amato da noi? Or via amiamo il Fanciullo di Betlemme, Amemus Puerum de Bethlehem, esclamava l'innamorato S. Francesco;19 amiamo Gesù Cristo, che con tanti stenti ha cercato di guadagnarsi i nostri cuori.


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E per amor di Gesù Cristo dobbiamo amare i nostri prossimi; anche coloro che ci hanno offesi. Il Messia fu chiamato da Isaia Pater futuri saeculi;20 ora per essere figli di questo Padre, Gesù stesso ci ammonì che dobbiamo amare i nostri nemici, e far bene a chi ci fa male: Diligite inimicos vestros, benefacite his qui oderunt vos... ut sitis filii Patris vestri (Matth. V, [44], 45). E di ciò egli medesimo ce ne diede l'esempio sulla croce, pregando l'Eterno Padre a perdonare coloro che lo crocifiggevano. Chi perdona il nemico, dice S. Giovan Crisostomo, non può restare non perdonato da Dio: Non est possibile quod homo qui dimiserit proximo non recipiant remissionem a Domino.21 E n'abbiamo la promessa anche divina: Dimittite et dimittemini (Luc. IV, 37.): Perdonate e sarete perdonati. Un certo religioso, il quale per altro non aveva fatta una vita molto esemplare, in morte piangeva i suoi peccati, ma con molta confidenza ed allegrezza, poiché, diceva, Numquam iniurias vindicavi. Volendo dire: È vero ch'io ho offeso il Signore, ma egli ha promesso il perdono a chi perdona i suoi nemici; io ho perdonato chi m'ha offeso,22 dunque debbo star sicuro che Dio perdoni anche me.

Ma generalmente poi parlando per tutti, come mai possiamo noi peccatori diffidare del perdono, pensando a Gesù Cristo? Il Verbo Eterno a questo fine s'è umiliato a prender carne umana, per ottenerci il perdono da Dio: Non... veni vocare iustos, sed peccatores (Matth. IX, [13]). Onde replichiamogli con S. Bernardo: Ubi te exinanivisti, ibi pietas, ibi caritas magis effulsit.23 E ben ci fa animo S. Tommaso da Villanova, dicendo: Quid times, peccator? quomodo damnabit poenitentem, qui moritur ne damneris? quomodo abiiciet redeuntem, qui de caelo venit, quaerens te?24 Che timore hai, diceva


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il santo, misero peccatore? Se tu ti penti de' tuoi peccati, come ti condannerà quel Signore che muore per non condannarti? E se tu vuoi ritornare alla sua amicizia, come ti caccerà quegli ch'è venuto dal cielo a cercarti?

Non tema dunque il peccatore che non vuol essere più peccatore, ma vuole amare Gesù Cristo; non si spaventi, ma confidi: se odia il peccato e cerca Dio, non sia afflitto, ma lieto: Laetetur cor quaerentium Dominum (Ps. CIII, 15).25 Il Signore si è protestato che vuole scordarsi dell'ingiurie ricevute, se 'l peccatore se ne duole: Si... impius egerit poenitentiam..., omnium iniquitatum eius... non recordabor (Ezech. XVIII, 21 [22]). - E 'l nostro Salvatore affin di darci maggior confidenza, s'è fatto bambino. Ad parvulum quis accedere formidat?26 siegue a dire lo stesso S. Tommaso da Villanova. Chi mai si atterrisce di accostarsi ad un bambino? I bambini non ispirano già spavento e sdegno, ma dolcezza ed amore: Puer nescit irasci; et si irascitur, facile placatur, dice S. Pier Grisologo.27 I fanciulli par che non sanno28 sdegnarsi; e se mai qualche volta si adirano, è facile placarli; basta donar loro un frutto, un fiore, basta far loro una carezza, dir loro una parola d'affetto, che subito perdonano, e si scordano d'ogni offesa loro fatta. Basta una lagrima di dolore, basta un pentimento di cuore per placare Gesù bambino. Parvulorum mores agnoscitis, siegue a parlare S. Tommaso da Villanova: una lacrymula placatur offensus, iniuriam non recordatur. Accedite ergo ad eum dum parvulus est, dum maiestatis videtur oblitus.29 Egli ha deposta la sua maestà divina, e si fa veder da


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bambino per darci più animo di accostarci a' suoi piedi. Nascitur parvulus, ut non formides potentiam, non iustitiam, dice S. Bonaventura. Egli per liberarci dalla diffidenza che potrebbe causarci il pensiero della sua potenza e della sua giustizia, ci si presenta da bambino, tutto pieno di dolcezza e di misericordia. Celasti, Deus, dice il Gersone, sapientiam in infantuli aetate, ne accuset; oh Dio di misericordia, voi avete nascosta la vostra divina sapienza nello stato d'un fanciullino, acciocché quella non ci accusi de' nostri delitti. Iustitiam in humilitate, ne condemnet, avete nascosta la vostra giustizia nell'abbassamento, acciocché quella non ci condanni. Potentiam in infirmitate, ne cruciet, avete nascosta la vostra potenza, nella debolezza, acciocché quella non ci castighi.30

Adamo, riflette S. Bernardo, dopo il suo peccato in sentir la voce di Dio che lo chiamava, Adam, ubi es? Tutto si riempì di spavento, vocem tuam audivi, et timui.31 Ma il Verbo Incarnato, dice il santo, Homo natus terrorem deposuit, comparendo da uomo in terra, ha lasciate tutte le sembianze di spavento. Perciò soggiunge il santo, discaccia ora il timore, or che viene il tuo Dio non a castigarti, ma a salvarti. Ecce infans est et sine voce; nam infantis vox magis est miseranda, quam timenda; tenera membra virgo mater pannis alligat, et adhuc trepidas? (Serm. 1, in Nat.).32 Quel Dio che dovea punirti si è fatto bambino,


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e non ha più voce che ti spaventi, poiché la voce d'un infante, essendo voce di pianto, muove più presto a pietà che a terrore; non puoi temere che Gesù Cristo stenda le mani per castigarti, mentre la madre gli stringe le mani tra le fasce acciocché non ti castighi. Allegramente dunque, o peccatori, dice S. Leone: Natalis Domini, natalis est pacis,33 la nascita di Gesù è nascita di allegrezza e di pace. Princeps pacis34 fu chiamato da Isaia; principe è Gesù Cristo, non di vendetta contro i peccatori, ma di misericordia e di pace, facendosi mediatore di pace tra i peccatori e Dio.

Si peccata nostra superant nos, dice S. Agostino, sanguinem suum non contemnit Deus:35 Se noi non possiamo soddisfare a' debiti che abbiamo colla divina giustizia, l'Eterno Padre non sa disprezzare il sangue di Gesù Cristo che paga per noi. Un certo cavaliere, chiamato D. Alfonso Alburgherche, viaggiando per mare, ed essendo naufragata la nave tra scogli, si stimò già morto; ma avendosi veduto casualmente un bambino accanto che piangeva, che fece? Se lo prese in braccio, e poi alzandolo verso il cielo: Signore, disse, se non merito io d'esser esaudito, esaudite almeno il pianto di questo bambino innocente, e salvateci. Dopo ciò, si calmò la tempesta e restò salvo.36 Facciamo così ancora noi miseri peccatori; noi


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abbiamo offeso Dio, già siamo stati condannati alla morte eterna; la divina giustizia cerca d'esser soddisfatta, ed ha ragione; che abbiam da fare? disperarci? no, offeriamo a Dio questo bambino che gli è Figlio,37 e diciamogli con confidenza: Signore, se noi non possiamo soddisfarvi per l'offese che vi abbiam fatte, ecco che questo bambino che vagisce, che piange, che trema di freddo sulla paglia in questa spelonca, vi sta soddisfacendo per noi, e vi cerca pietà. Se non meritiamo noi perdono, lo meritano i patimenti e le lagrime di questo vostro Figlio innocente, che vi prega a perdonarci. Questo è quello che ci avverte a fare S. Anselmo; dice il santo che Gesù stesso per il desiderio che tiene di non vederci perduti, a chi di noi si trova reo con Dio, gli fa animo dicendo: Peccatore, non diffidare, se tu per li tuoi peccati già sei fatto schiavo dell'inferno, e non hai modo di liberartene, fa così: piglia me, offeriscimi per te al Padre mio, e così scamperai la morte e sarai salvo: Quid misericordius intelligi valet, quod Filius dicat: Tolle me et redime te?38 E ciò ancora insegnò la divina Madre a Suor Francesca Farnese; le diede in braccio Gesù bambino, e poi le disse: Eccoti questo mio Figlio, sappiatene prevalere con offerirlo spesso a Dio.39

E se vogliamo più assicurarci del perdono, interponiamoci l'intercessione di questa medesima divina Madre, la quale è onnipotente appresso il Figlio per ottenere il perdono a' peccatori, come disse S. Giovanni Damasceno;40 sì, perché le preghiere di Maria, come dice S. Antonino, appresso il Figlio che


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tanto l'ama e tanto cerca di vederla onorata, han ragione di comando: Oratio Deiparae habet rationem imperii.41 Onde scrisse S. Pier Damiani che quando Maria va a pregar Gesù Cristo a favore di qualche suo divoto, Accedit - in certo modo imperans, non rogans: Domina, non ancilla; nam Filius nihil negans honorat {Serm. 1, de Nat. B. V.).42 E perciò soggiunge S. Germano che la SS. Vergine per l'autorità di madre che tiene, o per meglio dire, che tenne un tempo col Figlio in terra, può impetrare il perdono ad ogni più perduto peccatore: Tu autem materna auctoritate pollens, etiam iis qui enormiter peccant eximiam remissionis gratiam concilias (In encom. B. V.).43




1 Parvulus enim natus est nobis, et filius datus est nobis. Is. IX, 6.



2 “Vis beneficia capere? confer beneficium alteri. Vis misericordiam consequi? miserere proximi. Vis laudari? lauda alium. Vis amari? ama. “ Ad populum Antiochenum, hom. 13, n. 3. MG 49-140.

3 Domine, quis similis tibi? Ps. XXXIV, 10.

4 “Ille igitur parvulus, ille infantulus fuit, ut tu vir possis esse perfectus; ille involutus in pannis, ut tu mortis laqueis sis absolutus; ille in praesepibus, ut tu in altaribus; ille in terris, ut tu in caelis; ille alium locum in eo diversorio non habebat, ut tu plures haberes in caelestibus sedibus mansiones.” S. AMBROSIUS, Expositio Evangelii secundum Lucam, lib. 2, cap. II, v. 6, 7, n. 41. ML 15-1567.



5 “Videas, si attendas, potentiam regi, sapientiam instrui, virtutem sustentari: Deum denique lactentem, sed Angelos reficientem; vagientem, sed miseros consolantem.” S. BERNARDUS, De laudibus Virginis Matris, super “Missus”, hom. 2, n. 9. ML 183-65.



6 “Etenim, ubi te exinanivisti, ubi naturalibus radiis lumen indeficiens exuisti: ibi pietas magis emicuit, ibi caritas plus effulsit, ibi amplius gratia radiavit.” S. BERNARDUS, In Cantica, Sermo 45, n. 9. ML 183-1003.

7 “Sciens ergo Deus visendi se desiderio cruciari lassarique mortales, unde se visibilem facere hoc elegit, quod esset et terrenis magnum et non minimum supernis.” S. PETRUS CHRYSOLOGUS, Sermo 147. ML 52-595.



8 “Et qualiter venire debuit, qui voluit apportare gratiam, timorem pellere, quaerere caritatem? Natura docet omnes quid valeat, quid mereatur infantia. Infantia... quam non imponit gratiam, quam non impetrat caritatem?” S. PETRUS CHRYSOLOGUS, Sermo 158, ML 52-617.



9 “Quocirca omnium Opifex - unigenitum, inquam, Dei Verbum, - demittens seipsum ad exinanitionem, unctus est a Patre, factusque ut nos. Exinanitionis vero scopus hic fuit, salvare eos qui in terris versantur.” S. CYRILLUS ALEXANDRINUS, Glaphyra in Genesim, lib. 5, Adhuc de Iacob, n. 1. MG 69-267.



10 “Cum amat Deus, nihil aliud vult quam amari: quippe non ad aliud amat nisi ut ametur, sciens ipso amore beatos qui se amaverint.” S. BERNARDUS, In Cantica, Sermo 83, n. 4. ML 183-1183.

11 Nusquam enim angelos apprehendit, sed semen Abrahae apprehendit. Hebr. II, 16.



12 “Non enim angelos apprehendit, sed semen Abrahae. - Quid est quod dicit? Non angeli, inquit, apprehendit naturam, sed hominis... Cur autem non dixit suscepit, sed usus est hac dictione, apprehendit? A metaphora eorum qui persequuntur aversos, et omnia faciunt ut fugientes comprehendant, et resilientes apprehendant.” S. IO. CHRYSOSTOMUS, In Epistolam ad Hebraeos, cap. 2, v. 16, homilia 5, n. 1. MG 63-45.



13 “Mon Dieu, chère Fille, pourquoi prend-il cette douce et amiable condition de petit enfant, dinon pour nous provoquer à l'aimer confidemment, et à nous confier amoureusement en lui?” S. FRANCOIS DE SALES, (Euvres, XVI, Lettre 1033, à Madame Gasparde de Ballon, religieuse de l'Abbaye de Sainte-Carherine.



14 “Et qualiter venire debuit, qui voluit apportare gratiam, timorem pellere, quaerere caritatem? Natura docet omnes quid valeat, quid mereatur infantia. Infantia quam barbariem non vincit, quam non feritatem mitigat, quam crudelitatem non comprimit, quem non compescit furorem, quam non potestatem deponit, quem non mollit rigorem, quam duritiam non resolvit, quid non amoris expostulat, quid non affectionis extorquet, quam non imponit gratiam, quam non impetrat caritatem? Hoc ita esse sciunt patres, matres sentiunt, viscera humana testantur. Sic ergo nasci voluit, qui amari voluit, non timeri.” S. PETRUS CHRYSOLOGUS, Sermo 158. ML 52-617.

15 “Non enim hoc loco praedicatur magnus Dominus et laudabilis nimis, sed parvus Dominus et amabilis nimis, parvulus utique, qui natus est nobis.” S. BERNARDUS, In Cantica, Sermo 48, n. 3. ML 183-1013.



16 Ps. CXLIV, 3.



17 “Bene puer dicitur Christus. Sicut enim pueri cum matre, pueri cum pueris, pueri cum floribus, pueri cum brachiis libenter esse solent, sic utique puer Iesus Christus delectatur in matris Ecclesiae felicitate, in puerorum per innocentiam societate, in florum virtutum venustate, in brachiorum operum caritate.” Inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668, III, pag. 29: Dominica infra Octavam Nativitatis Domini, Sermo 4. (Non è ammesso dagli editori di Quaracchi.)



18 “Considera quanto labore atque amore animam quaesivit amorosus Iesus. Vix Virginis uterum egressus est, et dilectam animam more infantium vocat dicens: a, a, a; quasi dicat: Anima mea, te quaero, pro te venio, te invenire desidero. Circumciditur puer, et iam sacrum sanguinem pro te, anima, fudit; fugit; fugit in Aegiptum, te longo itinere quaerens; rediensque, gravi labore quaerit te; factus duodecim annorum, sedet in medio doctorum, de te, anima, audiens atque quaerens.” (Non già S. Bernardo, ma) S. BERNARDINUS SENENSIS, Quadragesimale de Evangelio aeterno, Sermo 51, De animae dignitate, art. 2, cap. 2. Opera, Venetiis 1745, II, pag. 311, col. 2.



19 “Quasi nova Bethleem de Graecio facta est. Illuminatur nox... adveniunt populi... Celebrantur Missarum sollemnia... Voce sonora Evangelium cantat. Praedicat deinde populo circumstanti... Saepe quoque, cum vellet Iesum Christum nominare, amore flagrans nimio, eum puerum de Bethleem nuncupabat, et more balantis ovis Bethleem dicens, os suum sic magis dulci affectione totum implebat.” S. Francisci Vita prima, auctore THOMA DE CELANO, Sancti discipulo, lib. 1, cap. 10, n. 84, 85, 86: inter Acta Sanctorum Bollandiana, die 4 octobris.

20 Is. IX, 6.



21 “Etsi peccator sis, cum fiducia, ab ipso remissionem peccatorum petis, si possis ostendere hoc ipsum a te factum esse: si vero iustus sis, nec iniuriarum oblivionem habeas, nihil tibi prodest. Non potest qui proximo dimisit, non plenam veniam consequi: sine ulla enim comparatione clementior nobis est Deus: hoc cuivis palam est.” S. IOANNES CHRYSOSTOMUS, In Acta Apostolorum, hom. 37, n. 3, in fine. MG 60-262.



22 L'ed. veneta 1779: ho perdonato a chi mi ha offeso.



23 “Etenim, ubi te exinanivisti, ubi naturalibus radiis lumen indeficiens exuisti; ibi pietas magis emicuit, ibi caritas plus effulsit, ibi amplius gratia radiavit.” S. BERNARDUS, In Cantica, Sermo 45, n. 9. ML 183-1003.



24 “Quid times, peccator? quid trepidas? quid diffidis?... Quomodo te damnabit poenitentem, qui propter hoc moritur ne damneris? Quomodo te abiiciet, redeuntem, qui de caelo venit quaerere te?” S. THOMAS A VILLANOVA, In Dominicam I Adventus, Concio 5, n. 13. Conciones, Mediolani, 1760, I, col. 48, 49.



25 Ps. CIV, 3.



26 “Inter iumenta nascitur ut omnibus fiduciam praebeat accedendi. Parvulus natus est nobis mitis et humilis: ad parvulum accedere quis formidet?” S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Natalis Domini, Concio 8, n. 6. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 100.



27 “Denique parvulus est: leviter placari potest. Quis enim nesciat quia puer facile donat?” S. BERNARDUS, In Epiphania Domini, Sermo 1, n. 4. ML 183-144. - “Irasci nescit.” Vedi la nota 29: S. Tommaso da Villanova.



28 Le ed. venete 1760, 1779: sappiano; le napoletane 1758, 1773: sanno.



29 “Parvulorum mores omnes agnoscitis: una lacrimula placatur offensus, uno suspirio gravissimas dimittit offensas, iniuriam non recordatur, pro exiguo servitio caelestia regna condonat, neminem despicit, neminem abiicit; omni volenti se tradit. Accedite ergo ad eum, peccatores, nunc dum parvulus est, dum generis et maiestatis videtur oblitus. Accedite, nolite timere; irasci nescit, ferire non novit.” S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Natalis Domini, Concio 8, n. 6. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 100.



30 “Celasti, Deus, etc.” Queste sentenze corrispondono, in sostanza, a quanto dice GERSONE, Opera, III, Antverpiae, 1706, Sermo in die Purificationis B. M. V., col. 1016: “Domine Deus, agimus tibi gratias pro huius doni excellentia quod quaerimus cum Propheta et devote postulamus, dicentes: Ostende nobis, Domine, misericordiam tuam et salutare tuum da nobis (Ps. LXXXIV, 8). Domine, non petimus sapientiam tuam, iustitiam tuam, potentiam tuam, quia plus illa timemus quam desideremus. Non abs re, quia sapientia accusabat hominem peccatorem, qui nequaquam poterat neque sciverat se excusare... Iustitia condemnavit peccatorem, nec quidquam ei proficit provocare sive appellare... Potentia in exsecutionem ponebat sententiam, quae effugi et evitari non poterat... Sed, bone Domine Deus, Pater misericordiae et consolationis, ut nos laetemur et confortemur, sapientiam hanc in pueritiam vertisti, justitiam in clementiam, potentiam in infirmitatem, et solam misericordiam recipimus quae peccatores cum Deo concordat.”



31 Vocavitque Dominus Deus Adam, et dixit ei: Ubi es? Qui ait: Vocem tuam audivi in paradiso, et timui. Gen. III, 9, 10.



32 «Quid tu times, o homo? quid trepidas a facie Domini, quia venit? Venit non iudicare, sed salvare terram... Ecce vox audita est in terra, quia Dominator advenit. Quo ibis a spiritu eius, et quo a facie eius fugies? Noli fugere, noli timere. Non venit cum armis; non puniendum, sed salvandum requirit. Et ne forte dicas etiam nunc: Vocem tuam audivi, et abscondi me (Gen. III, 10); ecce infans est, et sine voce». Nam vagientis vox magis miseranda est, quam tremenda: aut si cui forte terribilis, sed non tibi. Parvulus factus est, tenera membra Virgo Mater pannis alligat: et adhuc timore trepidas? Vel in hoc scies quia non venit perdere te, sed salvare; eripere, et non ligare. Iam adversus hostes tuos dimicat, iam superborum et sublimium colla tamquam Dei virtus et sapientia calcat.” S. BERNARDUS, In Nativitate Domini, Sermo 1, n. 3. ML 183-116.



33 “Quid autem in thesauro dominicae largitatis ad honorem praesentis festi tam congruum possumus invenire, quam pacem, quae in nativitate Domini prima est angelico praedicata concentu?” S. LEO MAGNUS, In Nativitate Domini, Sermo 6, cap. 3. ML 34-214.



34 Is. IX, 6.



35 “Qui nos tanto pretio redemit, non vult perire quos emit. Non emit quos perdat: sed emit quos vivificet. Si peccata nostra superant nos, pretium suum non contemnit Deus. Pretium magnum dedit.” S. AUGUSTINUS, Sermo 22, cap. 9. ML 38-154.



36 “(Albuquerquium proregem in Indiis) divina providentia ex magno eripuerat periculo. Cum enim Malacensibus motibus compositis rediret, illisa ad latentem in aquis scopulum nave in eamque influentibus undis, animadvertens puerum infantem, iam mergendum illum humeris excepit, dictitans, illius innocentia fretum confidere se Christi benignitate fluctibus emersurum, ut feliciter liberatus est.” Odoricus RAYNALDUS, Annales Ecclesiastici, tom. 11, anno Christi 1512, n. 108: Lucae, 1754.



37 La I ed. di Napoli e la veneta del 1760: che l'è; le altre come nel testo.



38 “Quid misericordius intelligi valet, quam cum peccatori tormentis aeternis damnato, et unde se redimere non habenti, Deus Pater dixit: “Accipe Unigenitum meum et da pro te;” et ipse Filius: “Tolle me, et redime te.” S. ANSELMUS, Cur Deus homo, lib. 2, cap. 21. ML 158-430.

39 D. Andrea NICOLETTI, Vita, lib. 4, cap. 4, Roma, 1668.



40 S. Alfonso nella sua opera La Monaca santa, cap. 21, (vedi il nostro vol. XV, pag. 331, colla nota corrispondente), riferisce queste parole come del Damasceno: “O Madre di Dio, s'io metto la mia confidenza in voi, sarò salvo. S'io sono sotto la vostra protezione nulla ho a temere, perché l'esser vostro divoto, è l'avere un'arma di salute che Dio non concede se non a quei che vuole salvi (S. Damasc., Serm. de Nat. cap. 4).” Questo testo così espressivo, non l'abbiamo ritrovato, in alcuna delle edizioni del Damasceno, né nel Sermo de Nativitate, né, come vuole il Crasset, in quello De dormitione Deiparae. - Però, nell'Homilia in Annuntiatione B. M. V., in fine, MG 96-647, si legge: “O tu, Maria, cuius non repellitur intercessio nec recusatur oratio... per te, quamdiu in hoc pereunte mundo manebimus, auxilium ad bona opera facienda consequamur, liberemurque ab actibus sceleratis.”.

41 “Oratio quidem sanctorum non innititur alicui iuri ex parte sui, sed tantum misericordiae ex parte Dei: oratio autem Virginis innititur gratiae Dei, iuri naturali et iustitiae Evangelii. Nam filius non tantum tenetur audire matrem, sed et obedire... Oratio eius erat nobilissimus modus orandi: tum quia habebat rationem iussionis et imperii, tum quia impossibile erat eam non exaudiri.” S. ANTONINUS, Summa Theol., pars IV, titulus 15, cap. 17, ù 4.



42 “Accedis enim ante illud aureum humanae reconciliationis altare, non solum rogans, sed imperans: domina, non ancilla... Nam et Filius tuus nihil negans honorat te.” Inter Opera S. Petri Damiani, Sermo 44, In Nativitate B. V. M. ML 144-740. Auctore: NICOLAUS, monachus aliquando Claraevallensis et S. Bernardi notarius (infidelis).



43 “Tu autem, quae materna in Deum auctoritate polleas, etiam iis qui enormiter peccant, eximiam reconciliationis gratiam concilias. Non enim potes non exaudiri, cum Deus, ut verae et intemeratae Matri suae, quoad omnia et per omnia et in omnibus morem gerat.” S. GERMANUS, Patriarcha CP., In dormitionem B. Mariae, II. MG 98-351.






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