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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Pratica del confessore

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§ I - Circa l'officio di padre

3. Il confessore, per adempire la parte di buon padre, dev'esser pieno di carità. E primieramente deve usar questa carità nell'accogliere tutti, poveri, rozzi e peccatori.

Alcuni confessano solamente l'anime divote o solo qualche persona di riguardo, perché non avranno l'animo di licenziarla; ma se poi s'accosta un povero peccatore, lo sentono di mala voglia, ed infine lo licenziano con ingiurie. E quindi succede che quel miserabile, il quale a gran forza sarà venuto a confessarsi, vedendosi così mal accolto e discacciato, piglia odio al sagramento, si atterrisce di più confessarsi, e così, diffidando di trovar chi l'aiuti e l'assolva, si abbandona alla mala vita ed alla disperazione.


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Non fanno così i buoni confessori: quando si accosta un di costoro, se l'abbracciano dentro il cuore e si rallegrano quasi victor capta praeda,1 considerando di aver la sorte allora di strappare un'anima dalle mani del demonio. Sanno che questo sagramento propriamente non è fatto per l'anime divote, ma per li peccatori, giacché le colpe leggiere, per essere assolte, non han bisogno dell'assoluzione sagramentale, ma possono cancellarsi in diversi altri modi. Sanno che Gesù Cristo si protestò dicendo: Non veni vocare iustos, sed peccatores2 (Marc. 2, 17). E perciò, vestendosi di viscere di misericordia, come esorta l'Apostolo, quanto più infangata di peccati trovano quell'anima, tanto maggior carità cercano d'usarle, affin di tirarla a Dio, con dirle per esempio: Orsù allegramente, fatti ora una bella confessione. Di' tutto con libertà; non pigliar rossore di niente. Non importa che non ti sei a pieno esaminato, basta che mi rispondi a quel che io ti dimando. Ringrazia Dio che ti ha aspettato finora. Mo hai da mutar vita. Sta allegramente, che Dio ti perdona certo, se hai buona intenzione: a posta t'ha aspettato, per perdonarti. Di' su allegramente.


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4. Maggiormente poi deve il confessore usar carità nel sentirlo. Bisogna pertanto ch'egli si guardi di mostrar impazienza, tedio o maraviglia de' peccati che narra; se pure non fosse così duro e sfacciato che dicesse molti e gravi peccati senza dimostrarne alcun orrore o rincrescimento, perché allora è di bene fargli intendere la loro deformità e moltitudine, bisognando allora svegliarlo dal suo mortal letargo con qualche correzione. È vero, come dicono i dottori, che deve astenersi il confessore di far la correzione dentro la confessione de' timidi, per timore che il penitente si atterrisca e lasci di dire gli altri peccati che tiene; però ciò s'intende parlando regolarmente, ma del resto alle volte3 conviene non passare avanti e far subito la correzione, precisamente quando il penitente si confessa di qualche peccato più enorme o pure abituato, per fargl'intendere la gravezza di quel vizio, ma senza inasprirlo, né atterrirlo; onde il confessore, dopo ch'ha corretto per quanto è necessario, subito gli faccia animo a confessare gli altri peccati, con dirgli: Orsù, te lo vuoi levare questo vizio così brutto? sì eh? sta allegramente. Di' tutto mo, non lasciare qualche peccato che tieni. Avesti da fare un sacrilegio? Questo sarebbe un peccato più grande di quanti n'hai fatti. Di' tutto mo allegramente; fatti una buona confessione, che Dio ti perdona.

5. In fine poi della confessione è necessario che il confessore con maggior calore faccia conoscere al penitente la gravezza e moltitudine de' suoi peccati e lo stato


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miserabile di dannazione in cui si trova; ma sempre con carità. È vero che allora può servirsi di parole più gravi per farlo entrare in se stesso, ma deve fargli conoscere che tutto ciò che gli dice non nasce da sdegno, ma da affetto di carità e di compassione; per esempio: Figlio mio, vedi che vita è questa di dannato? Vedi il male ch'ai fatto? Che t'ha fatto Gesù Cristo, che lo tratti cosi? Se Gesù Cristo ti fosse stato il maggior nemico capitale, avresti potuto trattarlo peggio? un Dio ch'è morto per te? Ah! se fossi morto in questo tempo, in questa notte, dove saresti andato? dove saresti mo? saresti dannato per sempre. Che ti pare, se seguiti a vivere cosi ti potrai salvare? Non lo vedi che sei dannato? Che te ne trovi di tanti peccati ch'hai fatti? non lo vedi ch'hai un inferno qua e un altro ? Orsù, figlio mio, finiscila mo, datti a Dio; basta quanto l'hai offeso. Io ti voglio aiutare quanto posso, vieni a trovarmi sempre che vuoi. Fatti santo mo, statti allegramente. Oh che bella cosa stare in grazia di Dio! ecc. (S. Francesco di Sales, per tirare i peccatori a Dio, specialmente costumava di far loro intendere la pace che godon quelli che vivono in grazia di Dio, e la vita infelice che fa chi vive lontano da Dio)4. Quindi l'aiuterà a far l'atto di dolore; e se quegli è disposto, l'assolverà con dargli i rimedi per emendarsi, di cui parleremo nel paragrafo seguente; se poi non può assolverlo, o stima


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conveniente di differirgli l'assoluzione5, gli assegni il tempo del ritorno con dirgli: Orsù t'aspetto in tal giorno: non lasciar di venire; portati forte come ti ho detto; raccomandati alla Madonna e vieni a trovarmi; se io sto al confessionario, accostati, ch'io ti farò passare, o pure mandami a chiamare, ch'io lascerò tutto per sentirti. E così ne lo mandi con dolcezza6. Questa è la via di salvare i peccatori, trattarli quanto si può con carità; altrimenti quelli, se trovano un confessore austero che li tratta con modi aspri e non sa far loro animo, pigliano orrore alla confessione, lasciano di confessarsi e son perduti.




1 come il vincitore che ha fatto buona preda (Is. 9, 2). Vedere VII Aggiunta.



2 Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori (Mc 2, 17).

3 Praxis: multoties (molte volte).



4 Cfr. S. Francois de Sales, Avertissements aux confesseurs, 1, s in Oeuvres complètes, Annecy, Niérat, 1892-1925, 23, p. 284.

5 Se il confessore non ha dubbi sulle disposizioni del penitente e questi chieda l'assoluzione, essa non sia negata né differita. Can. 980; cfr. quanto alle censure, il can. 1331. Si tenga presente anche il can. 982. Vedere VIII Aggiunta, C. di questa Pratica, p. 360.



6 Non è precisa la storia che il Santo quasi mai negava l'assoluzione. Vedere VIII Aggiunta, D, p. 361. —A. M.




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