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Sant'Alfonso Maria de Liguori Pratica del confessore IntraText CT - Lettura del testo |
§ I - Avvertimenti a' confessori
Da tutto ciò che di sovra si è detto, notansi qui alcune cose più principali che deve avvertire il confessore nell'esercitare il suo officio.
Prima di tutto procuri da una parte d'usare una somma carità co' peccatori in accoglierli e dar loro animo a confidare nella divina misericordia. Ma dall'altra non tralasci per rispetto umano di ammonirli con fortezza e di far loro conoscere lo stato infelice in cui si trovano, con assegnar loro i mezzi opportuni a liberarsi dalle mal'abitudini contratte; e sovra tutto sia forte in differir loro l'assoluzione, quando bisogna.
A' rozzi domandi per lo più, se sanno i misteri principali della fede. Si osservi in ciò quel che si è detto al num. 22. A tali rozzi, o altri trascurati di coscienza, non tralasci di domandare quelle cose in cui soglion cadere simili persone, quando non se le confessano.
Sia cauto nelle domande in materia turpe1, specialmente colle signorine e figliuoli, affinché questi non imparino ciò che non sanno. E se egli in tal materia patisce tentazioni, alzi spesso la mente a Dio, volgendosi a qualche immagine divota e, prima di porsi a confessare, rinnovi sempre la purità d'intenzione.
A' padri e madri non domandi solo in generale sull'educazione de' figli, ma anche in particolare, e specialmente se li correggono come debbono, se procurano
che sappiano la dottrina cristiana, che non pratichino con persone scandalose e precisamente, se son signorine, che non conversino co' giovani e tanto meno con persone sospette, come ammogliati, religiosi ed ecclesiastici.
A' penitenti di cui può esservi sospetto che abbiano taciuto qualche peccato per rossore (come a' rozzi, donne e figlioli) domandi se hanno qualche scrupolo della vita passata, con far loro animo a dir tutto. Con tal dimanda soglion liberarsi molte anime da' sagrilegi.
Sebbene vi fosse concorso di penitenti, non si dia fretta più del dovere, sì che per isbrigarne molti s'abbia a mancare nell'integrità della confessione o nel disporre a dovere il penitente o pure nel dargli i dovuti avvertimenti.
Quando alcuno si confessa qualche peccato grave, specialmente se l'ha commesso più volte, non si contenti di domandare solamente la specie ed il numero, ma dimandi se per lo passato è stato solito a cadervi; e di più con qual persona ha peccato2 ed in qual luogo, per vedere se vi è abitudine o pure occasione da togliere. In questo mancano molti confessori e di qua ne avviene la ruina di tante anime, poiché, tralasciando il confessore tali domande, non può conoscere se 'l penitente è recidivo e non può dargli i mezzi opportuni per togliere l'abitudine e l'occasione. Si osservi ciò che si è detto nel cap. 4 e 5, dove abbiam veduto che 'l penitente recidivo non può essere assolto, se non dopo l'esperienza dell'emenda o
pure se non vi è qualche segno straordinario di sua disposizione. E quando si tratta di occasione prossima, usi fortezza il confessore, senza riguardo di persone, in differir l'assoluzione, fino che 'l penitente rimuova l'occasione, quand'ella è in essere, come si è spiegato al n. 61. E se l'occasione è necessaria, almeno sino ch'ella di prossima si renda rimota coll'esperienza de' mezzi assegnati.
Specialmente stia forte a non assolvere gli sposi che conversano insieme, ed i loro genitori che lo permettono; né creda loro se dicono che non v'è male, perché ciò è moralmente impossibile, come si sa per esperienza3. Non assolva coloro che voglion prendere qualche ordine sagro e che sono abituati in qualche vizio, se prima non vede aver essi acquistata la bontà positiva necessaria ad un tal grado, come s'è detto al n. 70. Stia attento a non distoglier dalla vocazione religiosa alcun giovine per qualche rispetto umano: il che non può scusarsi da peccato mortale, come insegna s. Tommaso (Quodlib. 3, art. 14)4. Quanti confessori ignoranti non si fanno scrupolo di distogliere i giovani dalla vocazione a stato migliore, per compiacere i loro parenti, con dire loro che i figli son tenuti d'ubbidire a' genitori! Quando che comunemente i dottori insegnano con s. Tommaso che nell'elezione dello stato ciascuno è libero e, più che a' genitori, deve ubbidire a Dio che lo chiama. Al contrario avverta il confessore ch'egli non può assolvere alcun altro che senza vocazione volesse ascendere
agli ordini sagri, per quel che sta notato nel Libro (6, 803).
In confessar sacerdoti sia rispettoso, ma forte in far le dovute correzioni ed in negar l'assoluzione quando bisogna5. Ed a' sacerdoti di poco timorata coscienza non lasci d'interrogarli specialmente di tre cose:
1. Se ha differita la celebrazione delle Messe6 per un mese, s'erano Messe di morti, e per due s'erano di vivi; perché ciò non si scusa da peccato grave (6, 317 Qu. 2).
Per 2. se ha celebrato con fretta, poiché sbrigando la Messa per lo spazio meno d'un quarto d'ora, sebbene fosse Messa votiva della bb. Vergine, o Messa de' morti, neppure sarà scusato da peccato mortale (6, 400), perché in tale spazio non potrà non mancarsi notabilmente alle cerimonie o almeno alla loro conveniente gravità, necessaria alla venerazione d'un tanto sagrificio.
Per 3. se ha soddisfatto all'obbligo dell'officio divino, precisamente s'è beneficiato.
Non lasci poi d'insinuargli di abilitarsi secondo il suo talento per la salute delle anime, che faccia l'apparecchio e ringraziamento alla Messa, coll'orazione mentale7, senza la quale difficilmente sarà buon sacerdote.
In materia di restituzione di roba non assolva ordinariamente il penitente, se prima quegli, potendo, non restituisce; perché dopo l'assoluzione difficilmente lo farà. Avverta però che molti sono scusati dalla restituzione
per la prescrizione8 fatta con buona fede. Notando per 1. che i beni mobili, quando vi è il titolo presunto, si prescrivono per lo spazio di tre anni, e gli stabili per dieci inter praesentes e venti inter absentes; per 2. esser probabile che la suddetta prescrizione valga nel foro della coscienza, anche dove nel foro esterno non sta in uso la legge della prescrizione, com'è nel nostro regno, per la difficoltà che vi è di provar la buona fede. Se n'eccettuano però quelle prescrizioni che son espressamente proibite da qualche legge municipale, come per esempio nel regno è riprovata la prescrizione dell'erede quando il testatore ha posseduto in mala fede. Si osservino l'altre dottrine notate circa la prescrizione nella Morale (3, 504 - 517).
Se 'l penitente ha ricevuta qualche offesa, per cui il nemico stia già inquisito colla corte, non l'assolva (ordinariamente parlando), se non fa la remissione. Vedasi la presente Pratica al num. 38. Quando prevede che l'ammonizione non sarà giovevole, e 'l penitente sta in buona fede, la tralasci: specialmente quando si tratta di nullità di matrimonio già contratto. Se n'eccettua l'obbligo di dinunciare i confessori sollecitanti in materia turpe perché direttamente al confessore sta imposto il precetto d'imporre un tal obbligo a tutti i sollecitati. Vedasi la Pratica, ai num. 8, 9 e 72. Faccia fare a tutti l'atto di dolore, se non presume certamente che 'l penitente l'abbia fatto a dovere. E non lasci di darne i motivi, così d'attrizione come di contrizione, nella forma che si è notato al num. 10. Ed avverta
con modo speciale che, se 'l penitente viene indisposto, egli è obbligato, per quanto può, a disporlo per l'assoluzione. Vedasi al num. 7, in fine.
Que' penitenti che portano solamente peccati veniali, ma abituati, non li assolva, se non vede che ne abbiano vero pentimento e proposito almeno di alcuno d'essi, o pure se non mettono per materia qualche peccato più grave della vita passata, come sta notato al num. 65. Quante confessioni invalide (le quali in sé son veri sagrilegi) si commettono in ciò per negligenza de' confessori!
Imponga solamente quelle penitenze9 le quali può giudicare che 'l penitente facilmente adempirà, come s'è detto dal num. 11. Ma procuri ch'elle sieno medicinali, come frequenza de' sagramenti, visite, raccomandarsi a Dio mattina e sera, leggere qualche libro spirituale, ascriversi a qualche congregazione e simili.
Alle persone divote che frequentano i sagramenti, non lasci d'insinuare l'uso dell'orazione mentale, con chiederne poi conto, almeno interrogandole se l'han fatta. Con usare questa poca diligenza, ogni confessore può santificare molte anime. Né sia restio a conceder la comunione frequente, sempre che scorge, o prudentemente stima, che 'l penitente ne ricaverà profitto.
A' scrupolosi insinui sovra tutto l'ubbidienza e sempre loro inculchi che ubbidendo van sicuri e non ubbidendo si pongono in pericolo di perdersi. E sia forte e rigido nel farsi ubbidire, parlando sempre risolutamente, perché se parla con timidezza li confonderà peggio di
prima. Dia loro regole generali per deporre i loro dubbi, secondo a ciascuno conviene, per esempio a chi sempre fa scrupolo delle confessioni passate, dia l'ubbidienza di non confessarsi, se non di que' peccati che sa certamente essere stati a lui mortali e certamente non averli mai confessati. Ed in ciò il confessore usi fortezza in non sentirlo, se non ubbidisce, perché, se qualche volta cede, il penitente sempre starà inquieto. Alcuni confessori ruinano tali anime con sentirle. Ad un altro il quale tema che ogni azione sia peccaminosa, gl'imponga che vinca lo scrupolo ed operi liberamente in tutto ciò che non vede esser certo peccato.
Circa la scelta delle opinioni, quando si tratta di allontanare il penitente dal pericolo del peccato formale, il confessore non di rado deve avvalersi delle opinioni più benigne, per quanto permette la prudenza cristiana10. Quando poi qualche opinione rende più vicino il pericolo del peccato formale, allora deve in ogni conto consigliare l'opinione più rigida. Vedi ciò che s'è detto al num. 64. Dico consigliare, perché, quando l'opinione è probabile e 'l penitente vuol seguirla, non può negargli l'assoluzione per lo jus certo che colui vi ha acquistato colla confessione fatta de' suoi peccati, come al num. 95. Nel confessare e trattar colle donne11 usi la maggiore austerità che conviene secondo la prudenza; e perciò ricusi i regali, sfugga la familiarità ed ogni altra cosa che può essere causa d'attacco. Per essere in ciò trascurati, quanti confessori han ruinate l'anime proprie e delle penitenti!
Sia umile e non presuma della sua dottrina, onde preghi spesso Iddio per li meriti di Gesù Cristo, specialmente ne' casi dubbi, che gli dia luce per ben risolverli. Invocavi, et venit in me spiritus sapientiae (Sap. 7, 7). E perciò un confessore che non fa orazione difficilmente camminerà diritto; e ne' dubbi più intricati o di maggior consequenza non lasci di consigliarsi con altri dotti e pratici. Specialmente ciò lo pratichi nella guida di qualche anima sollevata, che sia favorita di grazie sovranaturali, quand'egli in tal materia è poco esperto. Alcuni, che appena della scienza mistica hanno qualche infarinatura, come suol dirsi, si vergognano di consigliarsi. Non fanno così i veri umili: questi non solo si consigliano, e con più d'uno, quando bisogna, ma non si prendon gelosia di mandare tali sorte d'anime a dirigersi da' maestri più esperti, o almeno a sentirne il loro giudizio. Queste anime poi il confessore non le senta in giorno di festa, ma nelle feste dia luogo alle più bisognose, specialmente de' poveri faticatori.