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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Pratica del confessore

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§ II - Rimedi contro le tentazioni

I rimedi generali contro tutte le tentazioni sono l'invocare spesso i nomi ss. di Gesù e di Maria e 'l segnarsi spesso col segno della santa croce11; ma per alcune particolari tentazioni giova qui notare alcuni particolari rimedi.


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. Per la tentazione contro la fede. Da questa tentazione (la più terribile di tutte) sogliono essere specialmente vessati quei che han fatta vita dissoluta e maggiormente se sono stati dotti ed amici del proprio parere.

A costoro deve avvertirsi che se 'l demonio propone loro qualche dubbio o sottigliezza, non vi discorrano, ma subito rispondano in generale: Credo quel che crede la santa Chiesa, la quale crede la verità, ringraziando Dio d'averli fatti nascere in grembo alla santa Chiesa e si protestino che in questa fede vogliono vivere e morire. Ed il miglior modo di discacciare tale tentazione è allontanare la mente a fare altre sorte d'atti, come di contrizione, di confidenza, d'amore di Dio e simili. Narra il Bellarmino12 che un certo dotto, per aversi voluto mettere in morte a disputar col demonio su certo punto della fede, restò ingannato dal Nemico e si dannò.

Ma se la tentazione persiste a tormentarlo, gli dica che le prove della nostra fede (così giusta e santa per se stessa, propagata da poveri pescatori in mezzo a tante persecuzioni e confermata da tanti miracoli e da milioni di martiri che per lei han data la vita) son sì chiare che rendono evidente ch'ella sia la vera, benché non rendano evidenti le cose ch'ella insegna; intanto se i misteri ch'insegna fossero a noi evidenti, dove sarebbe il merito della fede la quale per ciò è fede, perché è oscura? Beati qui non viderunt, et crediderunt (Jo. 20, 29).

Contro la tentazione di disperazione. Questa è la tentazione con cui l'inferno più combatte i moribondi;


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onde a rado conviene lor parlare della divina giustizia, delle pene de' dannati e della gravezza delle loro colpe, ma piuttosto debbono spesso loro insinuarsi sentimenti di confidenza nella misericordia di Dio, nella passione di Gesù Cristo, nelle promesse divine e nell'intercessione della b. Vergine e de' santi.

Il primo motivo dunque della nostra speranza è la divina misericordia, mentre Iddio si chiama pater misericordiarum (Padre misericordioso) (2 Cor. 1, 3). Egli si fa trovare anche da coloro che non lo cercano: Invenerunt, qui non quaesierunt me (Mi feci trovare da chi non mi cercava) (Is. 65, 1). Ha più desiderio Iddio di salvar noi che noi di salvarci. Egli perciò si lamenta di vedersi abbandonato da coloro ch'egli cerca d'abbracciare, come dice s. Bernardo13: Amplecti quaerit, a quibus desertum esse se queritur (Desidera di essere abbracciato da coloro dai quali si lamenta di essere abbandonato). Egli è tutto inclinato a perdonare: Multus est ad ignoscendum (Largamente perdona) (Is. 55, 7). Si protesta che non vuol la morte del peccatore: Nolo mortem impii, sed ut convertatur et vivat (Io non godo della morte dell'empio, ma che desista dalla sua condotta e viva) (Ezech. 33, 11). Dice che quando un peccatore si pente, egli si scorda di tutti i di lui peccati: Si… impius egerit poenitentiam…, omnium iniquitatum eius… non recordabor (Se il malvagio si allontana da tutti i peccati che ha commesso… nessuna delle sue colpe sarà ricordata) (Ezech. 18, 21 - 22). Dopo queste attestazioni, chi mai può diffidare della divina misericordia?


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Un solo atto di dolore basta a farci perdonare infiniti peccati. Il pubblicano con dir solo: Propitius esto mihi peccatori (Abbi pietà di me peccatore), fu giustificato (Luc. 18, 13). Il figliuol prodigo, subito che ritornò a' piedi del padre, fu da lui abbracciato (Luc. 15, 20). Davide, subito che disse: Peccavi, gli rispose il profeta Nathan: Dominus quoque transtulit peccatum tuum (Ho peccato… Anche il Signore ha perdonato il tuo peccato) (2 Reg. 12, 13).

Il secondo motivo è la passione di Gesù Cristo, il quale si protesta d'esser venuto a salvare i peccatori: Non… veni vocare iustos, sed peccatores (Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori) (Matth. 9, 13). Si protesta ch'egli non caccerà niuno che viene a' suoi piedi: Eum qui venit ad me non eiiciam foras (Colui che viene a me non lo respingerò) (Jo. 6, 37). Egli dice in s. Matteo (18, 12) che va cercando le pecorelle perdute e, quando ne ritrova alcuna, fa festa, se l'abbraccia e se la pone sulle spalle; e par che questa l'ami con più tenerezza, come fece con s. Maria Egiziaca14, colla b. Angela da Foligno15, s. Margherita da Cortona16 e con tante altre anime peccatrici. Chi dunque ha buona volontà, non deve temere di esser condannato da quel Signore che, per non condannarci, ha condannato se stesso a morir su d'una croce.


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Il terzo motivo son le divine promesse. In più luoghi del Vangelo sta promessa la divina grazia a chi la cerca: Petite et accipietis (Chiedete e otterrete) (Jo. 16, 24). Amen, amen dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis (In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà) (Jo. 16, 23). E tal promessa sta fatta a tutti, sian giusti o peccatori: Omnis… qui petit accipit (Chiunque chiede riceve) (Matth. 7, 8). Basta dunque cercare da Dio le grazie per la salute eterna, per ottenerle. Bonus est Dominusanimae quaerenti illum (Buono è il Signore… con l'anima che lo cerca) (Thr. 3, 25).

Il quarto motivo è l'intercessione de' santi e specialmente della divina Madre, la quale vuole Dio che noi salutiamo colla s. Chiesa nostro rifugio, nostra vita e nostra speranza con dire: Refugium peccatorum, ora pro nobis; vita, spes nostra, salve! (Rifugio dei peccatori, prega per noi; vita, speranza nostra, salve!). Onde a ragione ella si chiama la speranza de' disperati: Spes desperantium (Speranza dei disperati) (Blos.)17; l'aiuto degli abbandonati: Adiutrix destitutorum (S. Efrem)18. Maria stessa rivelò a s. Brigida19 che, come una madre si mette a difendere un figlio se lo vede in mezzo alle spade


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de' nemici, così ella s'impegna a difendere un'anima che a lei si raccomanda; disse di più che quando viene un peccatore, ella non attende quanti peccati porta, ma solo con quale intenzione viene: Non attendo quantum peccaverit, sed cum quali intentione venit (Non bado a quanto ha peccato, ma all'intenzione con cui torna)20. E Dio stesso rivelò a s. Caterina da Siena21 aver concesso a Maria che quando un peccatore a lei ricorre, non possa quegli esser rapito dal demonio.

Contro la tentazione della vanagloria. Dice s. Bernardo che la vanagloria è una saetta che leviter penetrat… sed… non leve infligit vulnus (Penetra in modo blando, ma fa subire una ferita non lieve)22; specialmente se la persona è di qualche merito23. Dunque il sacerdote, se mai vedesse il moribondo che stesse troppo sicuro della sua salute eterna, fidato all'opere da lui fatte, gli dica che solamente i peccati son nostri, ma che ogni bene gli è venuto da Dio: Quid… habes, quod non accepisti? (Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?) (I Cor. 4, 7). Ed essendo vero che niuno è infallibilmente certo della divina grazia: Nescit homo, utrum amore an odio dignus sit (Non sa l'uomo s'è degno d'amore o d'odio) (Eccle. 9, 1); ognun deve temere e temendo e tremando deve


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procurare di salvarsi: Cum metu et tremore vestram salutem operamini (Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore) (Philipp. 2, 12).

Contro la tentazione d'impazienza. A coloro che s'impazientano per li dolori dell'infermità, si rappresenti quanto han patito i martiri: chi è stato scorticato vivo, chi trucidato a pezzi, chi bruciato a fuoco lento. E soprattutto gli si metta avanti quanto ha patito Gesù innocente, che per nostro amore patì più di tutti i martiri.

Si dica all'infermo che i dolori dell'infermità non possono sfuggirsi, ond'è che s'egli soffre con impazienza, si accrescerà il patire e sarà più castigato nell'altra vita; al contrario, se li accetta per Dio, si scemerà la pena in questa vita e nell'altra sarà men punito nel purgatorio e ne sarà premiato in paradiso: Tristitia vestra vertetur in gaudium (La vostra afflizione si cambierà in gioia) (Jo. 16, 20). I dolori dell'ultima infermità compiscono la nostra eterna corona, poiché, come dice s. Bonaventura24, il soffrire con pazienza le pene è cosa la più perfetta che tutte le altre opere buone: Patientia opus perfectum habet (La pazienza poi rende l'opera perfetta) (Jac. 1, 4). Dio così tratta i suoi migliori amici, giacché la croce è il segno più sicuro del paradiso. S. Chiara25 visse afflitta da gravi dolori per 28 anni. S. Lidovina26 visse per 38 anni sempre martirizzata dalle infermità. La ss. Vergine


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disse a s. Brigida: Sai perché tanto si prolunga la tua infermità? perché il Figlio mio ed io ti amiamo27. Momentaneum et leve tribulationis nostrae… aeternum gloriae pondus operatur in nobis (Il momentaneo e leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità senza fine di gloria) (2 Cor. 4, 17). Non sunt condignae passiones huius temporis ad futuram gloriam, quae revelabitur in nobis (Le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà rivelarsi in noi) (Rom. 8, 18).

E con ciò bisogna insistere all'infermo, affinché si rassegni alla divina volontà in tutto, non solo per li dolori che soffre, ma anche per gli errori de' medici che lo curano e per le negligenze di coloro che l'assistono; e specialmente l'avverta che s'aiuti coll'orazione ad ottenere da Dio la santa pazienza.

A coloro a cui sa duro il morire per esser giovani28, bisogna por loro avanti le miserie della presente vita, l'infermità, i rancori e soprattutto i pericoli di peccare e di dannarsi. Perciò i santi tanto desideravano la morte. S. Teresa diceva: Io in ogni momento che vivo posso perdere Dio29; e perciò, quando suonava l'orologio, tutta si consolava, pensando ch'era passata un'ora di tal pericolo


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30. I santi martiri andavano giubilando alla morte per lo desiderio di liberarsi da un tal timore e di andare a godere Dio. Beati mortui qui in Domino moriuntur… ut requiescant a laboribus suis (Beati i morti che muoiono nel Signoreriposeranno dalle loro fatiche) (Apoc. 14, 13).

In questa terra siamo di passaggio: Non… habemus hic manentem civitatem (Non abbiamo quaggiù una città stabile) (Hebr. 13, 14). Ciascuno, sia re, sia papa, ha da morire.

Si esorti l'infermo a ringraziare Dio, che non gli abbia mandata la morte quando stava in peccato e lo faccia morire allora co' santi sagramenti e con tante speranze della salute eterna Almanco in questa vita sempre offendiamo Dio con colpe leggiere, onde, almeno per liberarci da tali colpe dobbiamo accettare e anche desiderare la morte.

Bisogna rassegnarsi alla volontà di Dio che vuole il meglio per noi. Chi sa, fratello mio, gli dica, se campando vi dannereste?

Ma dirà: Io vorrei vivere qualche altro tempo, per far penitenza de' miei peccati e per fare qualche cosa per Dio, mentre fin ora non ho fatto niente. Qui si risponda che non vi è più bella penitenza che accettar volontieri la morte in isconto de' peccati, e non v'è atto più perfetto e che più gusto a Dio, quanto accettar la morte per fare la sua Volontà.

Contro la tentazione d'attacco a' beni e parenti. A coloro a cui dispiace il morire per trovarsi attaccati ai


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beni di terra, dica che questi non sono veri beni, ma beni di scena, che mancano e, se non mancano, apportano più pena che contento. I veri beni31 che appieno contentano e non mancano mai, sono i beni che Dio ci apparecchia in cielo.

Se l'infermo s'affligge per dover lasciare la moglie, i figli o altra persona amata, gli si dica: Fratello mio, tutti abbiamo da morire; salvatevi voi, perché in cielo pregherete per essi e poi starete insieme beati per tutta l'eternità. Che più bella cosa che andare a star con Dio, con Gesù Cristo, colla vostra madre Maria e con tutti i santi del paradiso?

Se poi sta afflitto perché lascia i parenti poveri, gli si dica: Se voi vi salvate, come spero, meglio potete aiutarli di , che di qua. Ma non dubitate che quel Dio che alimenta gli uccelli non lascerà di provvederli. Se voi li amate, Dio li ama più di voi.

Contro la tentazione dell'odio o vendetta A coloro che son tentati d'odio per qualche offesa ricevuta, bisogna intimar loro per 1. il precetto di Dio: Diligite inimicos vestros (Amate i vostri nemici) (Lc. 6, 27). Per 2. che chi non perdona, non può sperare perdono da Dio, il quale dice: Foris canes! (Fuori i cani!) (Apoc. 22, 15). I cani (simbolo de' vendicativi) son discacciati dal paradiso. Al contrario Dio promette per certo il perdono a chi perdona: Dimittite et dimittemini (Perdonate e vi sarà perdonato) (Lc. 6, 37). Per 3. che se i nemici han fatto loro torto, quanti maggiori torti han fatti essi a


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Dio? Onde se essi cercano d'esser perdonati da Dio, quanto più debbono perdonare i loro prossimi? Sicut Dominus donavit vobis, ita et vos (Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi) (Col. 3, 13). Per ultimo dica loro il gran gusto che a Dio chi perdona. S. Giovanni Gualberto32, dopo aver perdonato all'uccisore del fratello, vide l'immagine del Crocifisso che gl'inchinò la testa, come ringraziandolo. S. Stefano33 pregò per coloro che lo lapidavano. S. Giacomo34 prima di morire abbracciò colui che l'aveva accusato. S. Luigi, re di Francia35, sedere a sua mensa chi gli avea tramata la morte. S. Ambrogio alimentò per lungo tempo un suo traditore che gli avea insidiata la vita36. E soprattutto di ciò ne diede il primo esempio Gesù Cristo che sulla croce pregò per i suoi crocifissori (Lc. 23, 34).




11 È concessa indulgenza parziale al fedele che si segna devotamente, pronunciando le parole: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Enchiridion, p. 65, n. 55.



12 S. R. Bellarminus, De arte bene moriendi, 2, 9, in Opera, Coloniae Agrippinae, Gualtherus, 1617-1620, 7, col. 2090.



13 Cfr. Bernardus, De interiori domo (apocr.) 21 (ML. 184, 529-530).



14 Acta Sanctorum aprilis, 1, Antuerpiae, Cnobarus, 1675, p. 80, ss.



15 Acta Sanctorum ianuarii, 1, Antuerpiae, Meursius, 1643, p. 186, ss.



16 Acta Sanctorum februarii, 3, Antuerpiae, Meursius, 1658, p. 303, ss.



17 Cfr. L. Blosius, Pusillanimium consolatio, Venetiis, Guerrei, 1571, pp. 118-121. Le parole sono però, alla lettera, in S. Ephraem, Ad sanctissimam Dei Genitricem oratio, in Opera omnia, Venetiis, Gerardi, 1755, 1, p. 571.



18 De sanctissimae Dei Genitricis Virginis Mariae laudibus, in Opera omnia, cit. 1, p. 569.



19 Cfr. S. Birgitta, Revelationes extravagantes, 89, in Revelationes, Romae, Grignanus, 1628, 2, p. 464.



20 S. Brigitta, Revelationes, 2, 23, in Revelationes cit. 1, p. 202.



21 Dialogo, Carpi, Stamperia Comunitativa, 1816: trattato Della divina Provvidenza, 4, p. 135.



22 In Ps. Qui habitat, sermo 6, 3 (ML. 183, 198).



23 Praxis, 245, ha, non so perché: praesertim si persona timoratae sit conscientiae (specialmente se è persona di coscienza timorata).



24 Cfr. Opusc. 23, Legenda S. Francisci 14, 2, in Opera cit. 8, p. 545



25 Acta Sanctorum augusti, 2, Antuerpiae, Vander Plassche, 1735, p. 763.



26 Acta Sanctorum aprilis, 2, Antuerpiae, Cnobarus, 1675, p. 273.



27 Revelationes extravagantes, 67, in Revelationes cit. 2, p. 452.



28 Praxis, 248: tam immature.



29 Poesia: Vivo sin vivir en mi, strofa 11, in Opere spirituali, Venezia, Baglioni, 1690, 2, p. 247. Questa strofa manca nell'edizione critica delle Obras cit. 6, p. 77.



31 Praxis, 251, omette questo periodo.



32 Acta Sanctorum iulii, 3, Antuerpiae, Du Moulin, 1723, pp. 344 et 366.



33 Act. 7, 59.



34 Acta Sanctorum iulii, 6, Antuerpiae, Du Moulin, 1729, p. 9.



35 Acta Sanctorum augusti 5, Antuerpiae, Vander Plassche 1741, p. 683.



36 Forse si allude ad Eutimio di cui Paulinus, Vita S. Ambrosii, 12 (ML. 14, 33).






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