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S. Alfonso Maria de Liguori
Pratica di amar Gesù Cristo

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Introduzione di Oreste Gregorio C.Ss.R.

La Pratica di amar Gesù Cristo è entrata nel III secolo di vita senza evidenti segni di vecchiezza.

Il piccolo-grande libro uscì nel 1768 a Napoli in grazioso formato di pp. XXII-325, curato dalla tipografia Paci. Esso venne presto ad allinearsi accanto alle 4 opere, che nella trattazione dell'amore di Dio si erano acquistata una fama classica nella letteratura cristiana. Oggi difatti agli scritti De diligendo Deum di San Bernardo, De adhaerendo Deo, che si ritiene di Sant'Alberto Magno, Stimulus divini amoris un tempo attribuito a San Bonaventura, e Traité de l'amour de Dieu di San Francesco di Sales, noi aggiungiamo con gesto cosciente la Pratica di amar Gesù Cristo, che gode di una popolarità quasi ecumenica.

Tradotta nelle principali lingue vive, è stata ristampata nel giro di duecento anni oltre mezzo migliaio di volte, soprattutto nella Francia degli Enciclopedisti. La statistica elevata è indice della ricchezza interiore e in pari tempo testimone di un ininterrotto interessamento da parte dei lettori italiani, europei e di altre regioni della terra.

La presente edizione paolina ne è indubbia conferma come l'ultima versione inglese preparata negli Stati Uniti d'America, nella cui prefazione è sottolineato che il volumetto ha il sapore dei più bei documenti promulgati dal Concilio Vaticano II.

Sant'Alfonso de Liguori nell'estate del 1767 si era recato a Napoli per difendere i Missionari Redentoristi suoi discepoli, che il governo regalista minacciava di sopprimere pur ammettendo il bene che operavano con la loro predicazione. Riscontrando che troppe cose erano cambiate nella capitale del reame rabbrividì nel costatare che Gesù Cristo era poco amato in vari settori della società borbonica, che amava appellarsi "fedelissima", mentre dava retta ai settari. Voltaire con cipiglio e sarcasmo annunziava da Parigi ai quattro venti che la "dea della ragione" stava per insediarsi persino alle falde del Vesuvio!

Il Santo, che aveva 70 anni, non si avvilì a tali prospettive e ideò di scrivere un'opera per arginare il razionalismo dilagante con l'intento di scuotere le anime ingannate. Il 14 settembre, avendo tracciato uno schema sommario, confidava al veneto Remondini: "Appresso, in questo inverno, se Dio mi dà tempo e forza, spero di dare alla luce un libro molto utile, intitolato la Pratica di amar Gesù cristo".

Rientrato nella diocesi di S. Agata dei Goti, elaborò definitivamente il disegno, stese parecchie cartelle e comunicò al predetto suo editore: "Forse, a mio giudizio, verrà la più divota di tutte quante l'altre opere".

Non si sbagliava nelle previsioni.

In realtà, come affermano i maestri di spirito più esigenti con gli studiosi più accorti, sarebbe bastata questa sola pubblicazione per assicurare al suo serafico autore un posto cospicuo tra gli scrittori ecclesiastici più rinomati.

L'opera risulta di 17 capitoli con l'appendice di un compendio di virtù, composti tra letto e lettuccio. In quel periodo il santo vescovo ebbe a soffrire una dolorosissima artrosi cervicale che l'incurvò. Lo scrivere sopra quel caro argomento gli riuscì un conforto superiore a tutte le medicine. Non vi premise una nota dichiarativa né alcun breve avviso, com'era suo costume, per segnalare l'importanza della fatica. Stimò sufficiente porre nel frontespizio quale sottotitolo i semplici termini: "Tratta dalle parole di S Paolo: Caritas patiens est, benigna est (1Cor 13, 4) per utile delle anime che desiderano di accertar la salute eterna e di camminare per la via della perfezione ".

I primi 4 capitoli - ciascuno distribuito in paragrafi con numeri arabici, seguito sempre da "Affetti e preghiere" - costituiscono una introduzione e mostrano quanto Gesù Cristo meriti il nostro amore particolarmente per la sua passione e per l'istituzione della Eucarestia. I 13 capitoli seguenti, suddivisi come i precedenti, contengono un gustoso commento del citato brano paolino, intessuto con citazioni bibliche e patristiche e con toccanti episodi.

"C'è l'inizio e c'è il compimento della perfezione - osserva con acume teologico G. Cacciatore. - Due motivi fondamentali dominano questa trattazione pratica, scevra come sempre di volate retoriche e di preziose analisi, difficili per il popolo e perciò inutili: l'amore come risposta necessaria, inderogabile alla domanda perentoria postaci da Dio, primo amatore degli uomini, e la convinzione, strana in apparenza, che all'amore si giunge attraverso la pratica o esercizio dell'amore".

È la filosofia dell'ascesi alfonsiana.

Il libro con le sue dipendenze letterarie, che l'erudito sa individuare, può considerarsi come una specie di autobiografia spirituale, in cui il Liguori descrive senza ipocrisia stilistica le proprie esperienze e ridona con un inconfondibile tono personale gli insegnamenti assimilati nelle copiose letture, più distintamente di San Francesco di Sales, San Vincenzo de' Paoli e Santa Maria Maddalena de' Pazzi. La sintesi, mirabile nel contenuto, è anche mirabile per la prosa in cui è redatta: è certamente la migliore del Settecento napoletano.

Gli 'incisi epistolari di San Paolo diventano le intestazioni dei singoli capitoli: è armonizzata la teoria con la prassi, la teologia più solida con l'agiografia coeva e delle epoche anteriori. Gli esempi, scelti con equilibrato criterio, si succedono riposanti, conferendo concretezza e movimento al pensiero.

Forse per questi pregi accennati rapidamente il libro iniziò silenziosamente una marcia fruttuosa, che a guisa di crociata sconfisse nelle coscienze il giansenismo, abbattendo ad uno ad uno i suoi vecchi fortilizi.

La Pratica di amar Gesù Cristo appena stampata ebbe vaste ripercussioni, suscitando autentici fuochi di amore con slanci di confidenza e di gioia. Mediante l'emporio librario di Venezia, ove Remondini nel medesimo 1768 allestì una propria edizione più corretta, gli esemplari si propagarono nell'Italia settentrionale. Valicate le Alpi, penetrarono nei conventi e seminari nordici, infatuati dei "lumi " del secolo, raggiungendo le masse digiune di cultura. Né si arrestarono davanti agli attacchi.

Il libro proseguì il cammino con vigore per tutto l'Ottocento laicista in Europa e, oltrepassato l'Oceano, si è sparso ai giorni nostri nelle repubbliche americane, in Australia, Africa ed Asia.

Non ci sembra affatto scaduta la sua attualità nel clima odierno.

In uno studio del 1965 Gino Maggi, ritornando dopo decenni sulle pagine della Pratica di amar Gesù Cristo lette nell'infanzia, rifletteva: "E questo aureo piccolo libro ha tutta la bellezza, l'ardore, la vitalità delle cose che non passano, che non si sciupano col tempo, che anzi si irrobustiscono sempre più nella realtà della grazia e nella corrispondenza all'amore divino. Sono le vere ricchezze dell'anima: la preghiera, la fede, l'unione con la Chiesa, il dovere della riparazione, l'unione col Cuore di Cristo, dell'Uomo-Dio, in cui freme la vita di Dio e Dio si fa presente all'uomo per ricostruire l'umanità nella libertà, nella giustizia e nella pace.

"Tutto questo ci dice il piissimo autore, santo e dottore della Chiesa Alfonso de Liguori, che fu prete, missionario, fondatore di una congregazione religiosa, vescovo, direttore di coscienze, scrittore popolare, divulgatore ed apologista del dogma, teologo espertissimo, moralista sommo e uno dei più rigidi asceti, che noveri la storia della Chiesa ".

La Pratica di amar Gesù Cristo è divenuta il codice delle anime devote per il segreto di sapienza e di santità in essa riposto: è un gioiello ascetico contenente, come disse Pio XII, "tesori di vita spirituale".

Oreste Gregorio

in S. ALFONSO M. DE LIGUORI

Pratica di amar Gesù Cristo

Edizioni Paoline 1986, pp.7-11

3 - Introduzione di Ezio Marcelli C.Ss.R.

Fino al 1980, di quest'opera si sono contate complessivamente e con assoluta certezza ben 535 edizioni. In lingua italiana, il volume è stato edito almeno 168 volte; in quella francese, più di 260. E oggi lo si può trovare, oltre che in tutte le lingue europee, in quasi tutti . gli idiomi parlati del mondo, compreso il cinese, il senegalese, l'arabo, il vietnamita.

Dunque, anche per quest'opera il successo è stato enorme fin dalla prima pubblicazione, avvenuta nel 1768. Infatti, proprio in quell'anno de Liguori così ne scriveva al proprio stampatore veneziano: "Ho inviato a V S. Illustrissima il mio libro della Pratica di amar Gesù Cristo, il quale in Napoli ha incontrato molto applauso" (30 giugno 1768).

Precedentemente, aveva già parlato di questa operetta. In una missiva del 18 novembre 1767 a suor Brianna Carafa, nel monastero di San Marcellino, a Napoli, il Santo accennò al contenuto del volume: "Io sto facendo un libro della Pratica di amar Gesù Cristo, dove ho posto molte belle cose dell'amore di Gesù Cristo e dell'amore che gli portiamo". Il 16 novembre 1767, appena due giorni prima, confidando all'editore veneto un giudizio personale sull'opera, la definì "la più devota ed utile di tutte le altre". E nel marzo del 1768, al medesimo scrisse: "Ivi si tratta di tutte le virtù, con bellissimi detti e fatti dei santi, che ho trovato con molta fatica".

È composta di 17 capitoli, di cui i primi quattro sono introduttivi e spiegano quanto Gesù Cristo merita di essere amato per l'amore che ci ha dimostrato nel soffrire liberamente la passione e la morte, e nell'istituire il sacramento dell'Eucaristia; quanto deve essere grande la nostra fiducia e la nostra confidenza in lui, proprio a causa del suo immenso amore nei nostri confronti; e quanto deve essere profonda la nostra riconoscenza e generosa la nostra risposta. Gli altri 13 capitoli - che commentano i versetti 2-7 del capitolo 13 della prima lettera che san Paolo invia alla comunità di Corinto - insegnano quali siano le virtù da acquistare e praticare, quali i difetti da evitare, per conservare e accrescere l'amore che, passo passo, conduce il cristiano alla uniformità con la volontà di Dio, sempre, in tutto, per tutto.

Il volume si conclude con una brevissima presentazione delle virtù - delle quali l'autore ha parlato ampiamente nel testo - necessarie per convincersi di praticare realmente la carità nei confronti di Dio e dei fratelli.

Il contenuto del volume è dominato dalla convinzione che l'amore è l'unica risposta che l'uomo può dare al suo Creatore. In una pagina della Novena del Sacro Cuore, il Santo scrive: "Chi ama, necessariamente desidera di essere amato. Il cuore domanda il cuore, l'amore cerca l'amore". E nell'opuscolo Dell'amore divino e dei mezzi per acquistarlo, ancor più esplicitamente afferma: "Il nostro buon Dio, perché molto ci ama, molto desidera di essere amato da noi; e perciò non solo ci ha chiamati al suo amore con tanti inviti ripetuti nelle Sacre Scritture e con tanti benefici comuni e particolari, ma ha voluto anche obbligarci con espresso precetto".

Ancora qualche considerazione: in tutta l'operetta, non si trova una definizione dell'amore. Per Alfonso, evidentemente, non è necessario né importante sapere che cosa è l'amore; forse, al limite, non è importante nemmeno sapere che cosa significa saper amare. Due decisioni però sono urgenti: fare la volontà di Colui che si desidera amare e rivivere in se stessi, per quanto possibile, la vita del Signore Gesù.

Il primo impulso a scrivere questa operetta gli fu dato dalla constatazione che proprio nella sua Napoli, dove si' era recato nel 1767, Gesù Cristo non era più amato come prima e i suoi ammaestramenti non erano più seguiti. Nuovi insegnamenti, specialmente quelli degli illuministi, si andavano sostituendo a quelli della Chiesa. La Ragione, nuova e allettante divinità, si stava per insediare ai piedi del Vesuvio, come orgogliosamente andava ripetendo Voltaire. E nuovi settori della società borbonica continuavano a staccarsi dalla pratica della morale cristiana, la quale aveva reso quella società fedelissima nel confronti di Dio e della sua legge.

Con il coraggio e l'entusiasmo di un giovane, il settantunenne Alfonso de Liguori immediatamente si' mise all'opera per arginare quei mali incombenti, per scuotere le coscienze già schiave dell'errore, per mettere in guardia quelle ancora legate alla dottrina cattolica.

Queste finalità, pur se non espresse, aveva in cuore l'infaticabile missionario, quando, il 14 settembre 1767, scrisse al tipografo preferito: "In questo inverno, se Dio mi dà tempo e forza, spero di dare alla luce un libro motto utile, intitolato Pratica di amar Gesù Cristo".

Decise però di farlo con tecniche e modalità diverse da quelle usate precedentemente: non sono indicate le motivazioni dell'opera; non ci sono confutazioni stringenti contro dottrine perniciose, né calorose apologie, e nemmeno aspre contestazioni dialettiche. L'esperienza e la saggezza degli anni gli hanno insegnato anche a combattere il male senza nominarlo, senza affrontarlo direttamente, quasi ignorandolo. Perciò propone - appassionatamente, ma in maniera confidenziale ed esortativa - insegnamenti, riflessioni, atteggiamenti ed esempi di santi, che conducono a una mentalità di piena adesione a Cristo e al suo messaggio, e ad una impostazione di vita il più vicino possibile alla legge d'amore vissuta e insegnata dal Maestro.

Oltre che testo di profonda spiritualità, quest'opera - val bene ribadirlo - è un vero trattatello di morale, originale, popolare, pratica, staccata cioè da quella della casistica e delle dispute, riservata a pochi iniziati. La Pratica è un testo di spiritualità e di comportamento, valido in ogni tempo, per tutti, alla portata di tutti, per guidare, sulla via della santità, tutti, dato che "Dio vuole tutti santi".

È il libro della maturità, della pienezza spirituale, delle convinzioni profonde, delle conclusioni definitive. È sicuramente la fatica alfonsiana più completa, più perfetta, più bella. Leggerla e meditarla è uno dei modi più autentici per imparare l'arte di amare Gesù Cristo e i fratelli con lui e per lui, per formarsi una coscienza genuinamente cristiana, per crearsi un modo di pregare, di mettersi in comunione con Dio, attraverso le orazioni e i sentimenti di sant'Alfonso M. de Liguori.

 

Ezio MARCELLI, C.SS.R.

in ALFONSO M. DEI LIGUORI

Pratica di amar Gesù Cristo

Città Nuova 1996, pp. 25-27

 

 




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