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S. Alfonso Maria de Liguori
Regole... Seminario di S. Agata

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Introduzione

Il terzo documento presentato è costituito dalle Regole per lo Seminario di S. Agata de' Goti. Si tratta di un manoscritto di 32 pp., del formato 19.5 x 13.5 cm. L'unica copia conosciuta si conserva nell'AGR tra gli scritti di s. Alfonso (56). Sulla prima facciata, originariamente bianca, negli anni 1870-1880 venne scritto il titolo dal p. Adam Pfab; il verso è bianco. Segue il testo sulle pp. 1-22 numerate, scritto con calligrafia non bella, anche se di facile lettura, da una mano ignota. Le ultime 8 pp. sono bianche.

Il titolo posto dal p. Pfab come frontespizio è il seguente: "Regole per lo Seminario di S. Agata de' Goti composte da Mons. Alfonso di Liguori". A p. 22 numerata è stato aggiunto dalla stessa mano che ha scritto il testo: "Regole del Seminario di S. Agata de' Goti riformate dall'Ill.mo e Rev.mo Sig. D. Alfonso di Liguori".

Dalla differenza della terminologia usata ("composte - riformate") sorge il seguente problema: fino a che punto s. Alfonso è da ritenersi autore del testo?

Che egli abbia introdotto nel seminario di S. Agata un nuovo regolamento da lui stesso composto, ce lo assicurano alcuni testimoni ineccepibili, quali sono il p. Tannoia e Don Giovanni Batt. Di Lucia (57).

Tannoia dice nella sua opera: "Non restando soddisfatto [Alfonsol della regola, che si aveva pel buon governo del seminario, ne stabilì delle nuove" (58). E nella sua deposizione durante il processo di beatificazione del Servo di Dio Alfonso è ancora più esplicito: "Non mancò rimettere [Alfonso] in buon ordine il seminario e ne formò delle particolari regole da me lette" (59). Le dichiarazioni di Don Di Lucia a proposito della paternità di s. Alfonso delle Regole per lo Seminario di S. Agata sono del tutto convincenti: è stato il Santo a scriverne il testo. I documenti saranno pubblicati nel seguente articolo, al quale rimandiamo (69).

Una ulteriore prova che s. Alfonso è l'autore delle Regole si può inoltre desumere dal fatto che queste compaiono nell'elenco dei suoi scritti presentati all'esame della Congregazione dei Riti al tempo del processo di beatificazione (61).

Confrontando il Regolamento per li Seminari del 1756 (doc. 2) con le Regole (doc. 3) ci si accorge subito che sono dello stesso autore, e che concordano tra di loro, sia nella concezione generale che in molti dettagli. Invece un confronto tra le Regole e il regolamento in vigore nel seminario di S. Agata, prima che s. Alfonso vi diventasse vescovo nel 1762, dà un risultato del tutto diverso (62). Tanto nello stile, quanto nella disposizione degli scritti e nella formulazione delle norme, si constata una tale differenza, che induce ad escludere che le Regole siano una rielaborazione (riforma) del regolamento anteriormente in vigore. Ci sono dei punti in cui i due testi concordano, ma questo è tutt'altro che sorprendente in regolamenti destinati a ordinare la vita nello stesso istituto e scritti a breve distanza l'uno dall'altro (63).

A partire dalla fine del secolo scorso (64) alcuni autori hanno cominciato ad affermare che le Regole furono stampate (65). Ma nessuno di loro adduce un documento o anche una semplice notizia di fonte sicura atta a dare all'affermazione almeno il grado di probabilità di una seria ipotesi. Per tutti si tratta di una ristampa del Regolamento del 1756, eventualmente con qualche adattamento al caso particolare (66); una prova convincente che non hanno neppure conosciuto il testo del nostro manoscritto, che non viene mai menzionato. Nonostante le diligenti ricerche fatte a più riprese in biblioteche civili ed ecclesiastiche, fino ad ora nessuna copia stampata è stata trovata. E, a nostro avviso, non si troverà mai: per la semplice ragione che non esiste. Ci sembra che l'abbaglio provenga da una erronea interpretazione dell'indole dell'elenco delle opere di s. Alfonso inserito negli Acta Doctoratus del 1870 (67).

Una riga posta da mano ignota in fine delle Regole potrebbe forse essere interpretata nel senso che a un certo momento si è pensato di stampare questo testo. Ma finché non emergono altre notizie in proposito, non si può dire nulla di certo (68).

Nessuna fonte precisa il tempo in cui s. Alfonso scrisse le Regole. Sappiamo però che la riorganizzazione del seminario era tra le prime preoccupazioni del Santo dopo la sua venuta a S. Agata, l'11 luglio 1762 (69). Ci sembra perciò di poter affermare che il testo venne composto nell'estate del 1762 (70), prima dell'inizio del nuovo anno scolastico (71).

Difficile precisare se e in che misura le Regole per lo Seminario di S. Agata ebbero un influsso al di fuori della diocesi.

Il p. Gregorio suppone che "dovettero trarne vantaggio i vescovi delle diocesi limitrofe" (72). Tannoia afferma senz'altro: "queste regole si conobbero di tal profitto che vennero adottate da molti vescovi" (73). Ma non dà indicazioni precise né sul dove né sul come. Anche questo argomento meriterebbe un'accurata ricerca. Certo è che alcuni vescovi mostrarono grande stima per s. Alfonso, e proprio per la sua opera in favore del seminario. Questo almeno sembra si possa rilevare da un fatto raccontato dal cari. Vincenzo Testa il 3 dicembre 1788. "Essendo qua [ = a S. Agata] venuti quelli due zelantissimi prelati, Monsignor Borgia, vescovo d'Aversa, e Monsignor Pallante, vescovo di San Severo, a visitare il nostro santo prelato, ed essendosi quelli portati in questo sagro seminario, dissero al rettore ed a noi maestri: Avete qui per vescovo un San Carlo Borromeo" (74).

Per non allungare oltre misura questa introduzione, preferiamo astenerci dall'illustrare adesso il contenuto dei testi pubblicati, rimandando il lettore ad uno studio che intendiamo dedicare alla formazione seminaristica secondo s. Alfonso. Non vogliamo omettere però di sottolineare due punti: uno riguarda il contesto generale in cui i documenti vennero concepiti, l'altro si riferisce invece all'insegnamento, sia formale che materiale.

I regolamenti alfonsiani a una prima lettura danno l'impressione di una grande rigidità: disciplina severa e sorveglianza continua (75), formazione in un ambiente chiuso e isolato dal 'mondo' (76). Ma il lettore di oggi non deve dimenticare che vive nel Novecento, cioè a più di due secoli di distanza dalla stesura dei presenti documenti (77). Posti nel loro contesto storico, cioè nel Settecento e nell'Italia meridionale, non possono affatto considerarsi di un rigore eccezionale. Anzi, un confronto con analoghi documenti contemporanei fornisce la chiara prova che i testi alfonsiani sono piuttosto da reputarsi moderati (78). Si nota anche che il comportamento pratico di altri vescovi del tempo nel campo della formazione seminaristica non fu di certo meno severo di quello di s. Alfonso.

Sul piano dell'insegnamento vale la pena di notare che il Santo prende nettamente posizione contro l'uso di non adottare un manuale, obbligando gli alunni a sobbarcarsi all'improba fatica di scrivere ciò che il professore dettava loro. "Io stimo esser molto meglio il servirsi di libri che di scritti, avanzandosi così molto di tempo e molto di salute" (79). Ma sembra che vi fosse anche un'altra ragione: obbligando il professore a seguire un buon manuale, il vescovo poteva essere più tranquillo quanto alla sodezza della dottrina insegnata (80).

Non c'è da meravigliarsi che il 'Principe dei Moralisti' riservasse una grandissima importanza all'insegnamento della teologia morale. Nella concezione di s. Alfonso il sacerdote non doveva limitarsi a celebrare la Messa e a godere un beneficio ecclesiastico: doveva soprattutto essere un pastore del popolo di Dio, completamente dedito - sul modello del 'Buon Pastore' - alla cura delle anime (81). Senza una profonda conoscenza della teologia morale, però, non era possibile allora - e non lo è neppure oggi! - aiutare efficacemente i fedeli nei loro bisogni spirituali (82).

In materia di insegnamento delle lingue classiche nel seminario di S. Agata, s. Alfonso "voleva togliere la lezione di lingua greca", reputando la conoscenza dell'idioma di Omero superfluo per un buon sacerdote (83). Nondimeno, sembra che qualche lezione vi si sia continuata ad impartire, dato che Don Di Lucia afferma di esservi stato "maestro di grammatica, cioè di lingua greca e latina" (84). Per la lingua latina invece il Santo si mostra piuttosto esigente. Nelle classi di grammatica e di umanità gli alunni devono essere ben istruiti in quest'idioma, "perché altrimenti non l'apprenderanno più, e non intendendo poi perfettamente la lingua latina, saran sempre deboli in tutte le altre scienze" (85).

Riguardo alla trascrizione dei testi abbiamo seguito le norme adottate in precedenti edizioni di documenti settecenteschi su questa rivista. Rispettiamo l'ortografia, anche se allora non ancora ben definita, tanto da variare talvolta nello stesso testo. Correggiamo invece gli evidenti errori di scrittura o di stampa. Per l'interpunzione e l'uso delle maiuscole ci siamo conformati all'uso odierno, il che facilita la lettura. Qualche parola che risulta omessa nell'originale, è stata aggiunta tra parentesi quadre.

Abbiamo segnato con un numero progressivo i capoversi di ogni testo, per facilitare citazioni e rinvii. In alcune note apposte a questa introduzione già ci siamo serviti di tali numeri per i rimandi ai documenti.

Estratto da

André Sampers

Tre testi di S. Alfonso sul buon ordinamento dei seminarti

in Spicilegium Historicum, 27 (1979), pp. 24-30

 

 

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(56) AGR XXXIII 10 (int. 25). Don Antonio Abbatiello, archivista della curia di Sant'Agata dei Goti, ci ha cortesemente comunicato che ivi si trova soltanto una fotocopia del manoscritto conservato nell'AGR.

(57) Don Felice Verzella rimane più nel vago: "Stabilì molti punti di regole per lo buon governo e per lo buon costume" [del seminario]. Spic. hist. 9 (1961) 401, n. 113. Nel n. 122 (p. 402) Verzella sembra confondere le Regole per lo Seminario di S. Agata (doc. 3 con il Regolamento per li Seminari (doc. 2).

(58) TANNOIA, Op. Cit. il 46. Poi enumera diversi punti della nuova regola che si ritrovano nelle Regole (doc. 3).

(59) Processo ordinario di S. Agata, Copia pubblica, vol. III, f° 1186r.

(60) Le Notizie di Don Di Lucia. Documento, il capoverso segnato con il n. 15 ("stimò bene riformare le regole") e Appendice, capoverso n. 11 ("la regola del seminario da esso stesso fatta"). Anche nel capov. 18 ;del documento Don Di Lucia parla del regolamento del seminario. Nella sua deposizione durante il processo di beatificazione, la prima parte è così cambiata: "Compose [Alfonsol un manoscritto di regole per il buon regolamento di detto seminario, quale si leggeva ogni sabbato nel refettorio". Processo ordinario di S. Agata, Copia pubblica, vol. 11. f° 788v.

(61) Catalogus operum impressorum, epistolarum et manuscriptorum ven. Servi Dei, p. 147, n. 34: "Regulae pro Seminario S. Agathae, paginis constant 22 [ ... ]. Non scriptae neque subscriptae a ven. S. D.". Il n. 34 si riferisce all'elenco dei manoscritti esibiti a S. Agata. Il documento si conserva in AGR XXXIII 20. - Nel Catalogus scriptorum Servi Dei Alphonsi de Ligorio. redatto in modo provvisorio dal postulatore p. Giuseppe Cardone, si legge a p. 10 (subito dopo le opere stampate, al primo posto delle opere conservate in manoscritto): "Regulae pro usu et directione seminarii episcopalis". A p. 7 invece tra le opere stampate è indicato il Regolamento del 1756: "ai vescovi con un librettino per ben regolare i seminarj". AGR XXV 35a.

(62) Questo regolamento e diversi altri documenti concernenti il buon ordine del seminario si conservano nell'archivio della curia di S. Agata nel vol. misc. Erectio Sodalitatum, f° 183-209 e f° 246-280. Ringraziamo sentitamente l'archivista Don Antonio Abbatiello per le informazioni in merito comunicateci il 15 maggio 1977, e per le relative fotocopie.

(63) Una collazione più accurata dei due testi potrebbe forse dimostrare che la coincidenza di essi in alcuni punti dipende dalla comune derivazione da un'unica fonte.

(64) Al tempo del processo di beatificazione del Servo di Dio Alfonso si conosceva il testo soltanto in manoscritto; vedi sopra, nota 61. Don Di Lucia dice espressamente che si tratta di un "libretto manoscritto"; vedi il seguente articolo, documento, capoverso n. 18.

(65) ROMANO, Op. Cit. (1896) 187; DE MEULENIFESTER, Op. cit. (1933) 1 88; GREGORIO, art. cit. (1963) 418.

(66) Sorprende veramente l'asserzione di ROMANO, Op. Cit. 187: "Abbiamo di fatto dapprima la stampa del Regolamento per il seminario di S. Agata: ma su di essa non dobbiamo trattenerci, come quella che nessun cangiamento arrecò all'edizione del Regolamento per li Seminari, già fatta nel 1757". GREGORIO, art. cit. 418 sembra supporre che nel testo siano state introdotte alcune modifiche.

(67) Acta Doctoratus, Roma 1870, Summarium 81-90: Elenchus chronologicus operum dogmaticorum, moralium et asceticorum S. Alphonsi M. de Ligorio. Ma in questo elenco sono enumerati tutti i libri e trattati del Santo, e non soltanto quelli stampati. In una previa stesura manoscritta dell'Elenchus, conservata nel vol. S. Alphonsi M. de Ligorio doctrina iudicata atque summis omnium laudibus celebrata (AGR XXXIII 21) p. XXII, al titolo Regolamento per lo Seminario di S. Agata è aggiunta tra parentesi la parola "ineditum".

(68) La riga è questa: "Jos. Desio [??] Revisor di Venezia q[ua]lmente". Il nome e cognome sono quasi illeggibili perché l'inchiostro forma una sbavatura.

(69) Per la data dell'arrivo di s. Alfonso in diocesi vedi Spic. hist. 25 (1977) 310, n. 12.

(70) Non dovette costare molta fatica al Santo comporre le Regole, avendo come base il suo Regolamento del 1756.

(71) Con ciò evidentemente non è detto che il nostro manoscritto risalga a quell'anno. Basandosi su criteri interni, per ora si può dire soltanto che è una copia settecentesca.

(72) GREGORIO, art. cit. 418.

(73) TANNOIA, Op. Cit. II, 46.

(74) Processo ordinario di S. Agata per la beatificazione del Servo di Dio Alfonso, Copia pubblica, vol. IV, f° 1777v.

(75) Non vi erano soltanto i superiori a sorvegliare giorno e notte i seminaristi. S. Alfonso consigliava di scegliere in ogni gruppo (camerata) di alunni degli "esploratori" o zelatori segreti che notassero e riferissero i difetti commessi dagli altri. Vedi infra, doc. 1, capov. n. 6; doc. 2, capov. nn. 37 e 61. Il paragrafo degli zelatori segreti non viene menzionato nel doc. 3, il che si capisce facilmente, essendo questo testo destinato ad essere letto dai seminaristi. Si parla però di un alunno, assegnato dal rettore ad ogni camerata, per notare i difetti commessi dai compagni e leggerne poi pubblicamente la nota, ma senza dare i nomi; capov. n. 42. Viene inoltre dato a tutti il consiglio di riferire ai superiori le mancanze osservate; capov. n. 30.

(76) Nelle Regole per lo Seminario di S. Agata era previsto ogni anno un mese di ferie, diviso in due parti di quindici giorni ognuna, da trascorrere "dentro allo stesso seminario". Negli ultimi anni del suo vescovado s. Alfonso permise agli alunni di passare queste ferie in famiglia, obbligandoli però "a portare nel ritorno in mano del rettore fedi giurate de' loro rispettivi parochi". Anche durante le ferie a casa, quindi, la sorveglianza era ritenuta cosa indispensabile. Vedi infra, doc. 3, capov. n. 16, e il seguente articolo, Appendice, capov. n. 11. Cf. anche doc. 2, capov. nn. 47-48.

(77) Negli ultimi decenni si è generalizzata la tendenza - si potrebbe dire che oggi è una vera moda - a sollevare severe critiche nei confronti dell'educazione impartita nei seminari. Tali critiche sono in buona parte giustificate, anche se è senza dubbio esagerato vedere tale tipo di formazione soltanto come una deformazione della personalità degli alunni. Nonostante tutti i loro difetti, i seminari fornirono alla Chiesa ed alla società un grandissimo numero di eccellenti sacerdoti ed anche di uomini dotti.

(78) Viene talvolta rilevato il rigore della disciplina adottata da istituti di semplice educazione che non erano quindi seminari. Così per l'istituto di belle lettere diretto a Lucito dai padri del SS.mo Sacramento. Vedi R. LALLI, La cultura molisana nel Settecento, in Samnium 39 (1966) 12. - Tale istituto fu iniziato nel 1740 circa dal p. Vincenzo Mannarini, che era stato uno dei primi compagni di s. Alfonso nella fondazione dei Redentoristi (1732). Cf. R. TELLERIA in Spic. hist. 12 (1964) 334.

(79) Doc. 2, capov. n. 10. TANNOIA, Op. Cit. 11 47: "Proibì [Alfonso] lo scrivere e volle si servissero [i maestri] di autori stampati".
TANNOIA. Op. cit. I, 260 parla di una riforma operata nel seminario di Benevento in occasione degli esercizi predicativi nel 1755 dai Redentoristi. E conclude: "In seminario, animato dai nostri, si tolse dall'arcivescovo [Francesco Pacca] la filosofia peripatetica, stabilendosi autori di sana dottrina, classici e moderni. […]. In teologia poi, togliendosi gli scritti, si stabilirono teologi non sospetti di errori". Il corsivo è nostro.

(80) TANNOIA, Op. Cit. II, 47, parlando della riforma introdotta nel seminario di S. Agata, indica esplicitamente i due motivi che indussero s. Alfonso ad adottare tale norma: "Per due motivi proibì questo [= il dettato delle lezioni], così in filosofia che in teologia: sì per togliere ai lettori l'opinare a talento, sì perché v'è perdita di tempo e logoramento di salute".

(81) Vedi infra, doc. 2, capov. n. 13: "Quest'è il maggior utile che un vescovo può ricavare dal seminario, l'aver confessori e parrochi". Cf. il seguente articolo, Appendice, capov. n. 13.

(82) Vedi infra, doc. 1, capov. n. 14; doc. 2, capov. nn. 12 e 14; doc. 3, capov. n. 4. Cf. anche il seguente articolo, documento, capov. n. 15.

(83) Vedi il seguente articolo, documento, capov. n. 15.

(84) Vedi il seguente articolo, introduzione. TANNOIA, Op. Cit. II, 47-48 dice che s. Alfonso stimava il greco inutile per i suoi sacerdoti. "Permise bensì qualche tintura per potersi leggere e capire qualche passo, che per accidente incontrasi ne' filosofi o ne' teologi".

(85) Doc. 2, capov. n. 10; cf. doc. 1, capov. n. 14 ("la lingua latina, così necessaria per tutte le altre scienze"). Vedi anche il seguente articolo, documento, capov. n. 15.

 

 

 




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