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S. Alfonso Maria de Liguori Regole... Seminario di S. Agata IntraText CT - Lettura del testo |
Capitolo III - Delle incombenze particolari degli Officiali del Seminario
I. - Il Rettore.
Per 1.o. Avrà pensiero di assegnare il luogo, dove ciascun seminarista dovrà tenere il letto ||13|| nella camerata e dove dovrà sedere nella scuola e nella mensa. Egli ancora assegnarà i luoghi, ove dovranno andare i seminaristi, quando escano in campagna a divertimento.
Per 2.o. Nella sera antecedente al giorno di vacanza egli farà il catechismo, o lo farà fare, per mezz'ora in cappella; e nel sabato a sera farà un sermoncino circa le virtù che più propriamente si appartengono a' seminaristi, come circa la modestia, l'ubbidienza, la carità, la mansuetudine e simili. Ma specialmente procuri sempre in questi sermoni d'insinuare l'amore a Gesù Cristo ed a Maria SS.ma.
Dopo il sermone un figliuolo, assegnato dal medesimo rettore per ciascuna camerata, leggerà la nota de' difetti che [h]a veduti commettere da' compagni (senza però nominarli) e che averà notati in una carta per non perderne la memoria. Indi il rettore farà l'ammonizione contro tali difetti, specialmente contro quelli che vedrà più frequentati, e darà gli ordini opportuni per riparare agli sconcerti accaduti. Questi ordini si noteranno così dal prefetto generale come da' particolari per farli mettere in esecuzione, poiché il rettore ne' sabbati venturi attenderà a chiederne conto.
Per 3.o. Il rettore usi rigore e fortezza in procurare che dal vescovo siano licenziati dal seminario gl'incorrigibili e gli scandalosi.
Per gl'incorrigibili s'intendono que' che dopo più ammonizioni e dopo ancora il castigo danno poca speranza d'emenda, perché quando i difetti sono molti ed abituati, ancorché non siano gravi né di scandalo, il soggetto che li commette, dà poca speranza di riuscire buono ecclesiastico. ||14|| Oltreché, chi mena una vita così trascurata che non fa conto de' difetti, col suo mal'esempio sempre dà qualche scandalo ed intiepidisce i compagni.
Per gli scandalosi poi s'intendono quei che commettono mancanze di scandalo positivo, come sarebbe l'indurre i compagni a trasgredire qualche regola, o pure a non sottoporsi a qualche ordine del vescovo o del rettore, o pure a commettere qualche furto o insolenza.
Scandalo più detestabile poi sarebbe, se un seminarista dasse mal'esempio contro l'onestà colle parole o con qualche azione immodesta. Alcuno di questa fatta appena potrebbe sopportarsi la prima volta che cade in ta' difetti, dopo avergli dato un castigo notabile.
Dico «appena la prima volta». Del resto, sarà meglio il licenziarlo subito, perché un tale scandaloso, dopo essere stato scoverto e castigato, facilmente starà accorto a nascondere l'altre sue simili mancanze, le quali, finché non saranno di nuovo conosciute, frattanto già saran causa di danno comune, a cui difficilmente appresso potrà ripararsi, almeno in tutto; sicché un solo potrà apportare la ruina di molti. E perciò: qual prudenza vuole che per la speranza dell'emenda di un solo s'abbi ad incorrere il pericolo della sovversione di molti? Non è gran male il licenziare un giovine, ancorché possa egli emendarsi col tempo. Ma la ruina di una camerata è un male toppo grande, che molto più deve procurarsi d'evitare e d'evitarlo prima che succeda. Il primo, se mai è danno, è danno privato d'un solo, ma il secondo è danno comune di molti.
In questa materia l'usar carità non è carità, ma imprudenza ed ingiustizia: per usar carità ad un solo, voler permettere la roina ||15|| od almeno il pericolo di molti. Eh!, bisogna persuadersi che nel seminario, in cui vivono unitamente figlioli che sono facili ad esser tirati al male secondo gli esempj ed incentivi che [ETML-M:U=”[]”][h]anno, un solo scandaloso può infettare tutti gli altri, ed infettati che saranno, difficilmente vi sarà più riparo. L'unico riparo sarà poi cacciarli tutti e prendere soggetti nuovi; altrimenti sempre ivi resterà l'infezione introdotta, che si tramanderà dagli uni agli altri.
Sicché una tale severità non deesi chiamar severità, ma carità e giudiziosa [= giustizia] a riguardo del ben comune della diocesi.