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S. Alfonso Maria de Liguori
Riflessioni Devote sopra diversi punti...

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§. 34. Dell'orazione che si fa davanti al ss. Sacramento dell'altare.

 

L'orazione in ogni luogo dove si fa piace a Dio, ma par che Gesù Cristo gradisca con modo particolare l'orazione che si fa davanti il ss. Sagramento, mentre ivi sembra che più abbondantemente dispensi i lumi e le grazie a chi lo visita. Egli si è lasciato in questo sacramento non solo per essere cibo delle anime che lo ricevono nella s. comunione, ma anche per farsi trovar presente in ogni tempo da ognuno che lo cerca. Vanno i devoti pellegrini alla s. casa di Loreto, dove Gesù Cristo abitò in sua vita; ed a Gerusalemme ove morì in croce; ma quanto maggiore dev'essere la nostra divozione in trovarci innanzi ad una custodia, ove dimora in persona quello stesso Signore che abitò fra noi e per noi morì sul Calvario?

 

Non è permesso in questa terra ad ogni sorta di persone di parlare col re da solo a solo; ma col re del cielo Gesù Cristo tutti, nobili e plebei, ricchi e poveri, possono parlare a loro voglia in questo sagramento, e trattenersi quanto vogliono ad esporgli i loro bisogni ed a cercargli le grazie; ed ivi Gesù a tutti udienza e tutti esaudisce e consola.

 

Gli uomini di mondo che non conoscono altri piaceri se non quelli di terra non sanno capire qual piacere si possa trovare in trattenersi per lungo tempo innanzi ad un altare ove sta un'ostia consagrata; ma alle anime amanti di Dio le ore e le giornate passate dinanzi al Sagramento sembrano momenti per le dolcezze celesti che il Signore fa loro ivi provare e godere.

 

Ma come possono i mondani provar queste dolcezze, avendo la mente e il cuore pieni di terra? Dicea s. Francesco Borgia che affinché regni nel nostro cuore l'amor divino bisogna prima cacciarne la terra; altrimenti il divino amore neppure vi entra, perché non trova luogo da starvi: Vacate et videte (scrisse Davide), quoniam ego sum Deus1. Per aver sapore di Dio e provare quanto egli è dolce a chi l'ama bisogna vacare, cioè staccarsi dagli affetti terreni. Vuoi trovare Dio? Distaccati dalle creature e lo troverai, dicea s. Teresa.

 

Che dee fare un'anima stando innanzi al Sagramento? deve amare e cercare. Non deve già ivi stare per sentir dolcezze e consolazioni, ma solo per dar gusto a Dio, con far atti di amore, con darsi tutta a Dio senza riserba, spogliandosi di ogni proprio volere, ed offerendosi con dire: Mio Dio, io v'amo, e non voglio altro che voi; fate ch'io v'ami sempre, e poi fate di me e di tutte le cose mie quel che vi piace. Fra tutti gli atti poi di amore il più gradito a Dio è quello che continuamente esercitano i beati in cielo, cioè il compiacersi del gaudio infinito che gode Dio; poiché (come dicemmo nel paragrafo 28) il beato ama Dio immensamente più che se stesso, onde desidera molto più la felicità del suo amato, che la felicità propria; e vedendo che Dio gode un gaudio infinito, il beato ne riceverebbe un infinito contento, ma perché la creatura non è capace di


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un contento infinito, almeno resta pieno di contento; sicché il gaudio di Dio fa il gaudio suo e 'l suo paradiso. Questi atti d'amore, anche fatti da noi senza sentirne dolcezze sensibili, molto Iddio li gradisce. Egli per altro anche alle anime sue più dilette non fa sempre godere le sue consolazioni in questa vita, ma solamente di rado; e quando le , le non tanto per mercede delle loro buone opere (la piena mercede ce la riserba in cielo), quanto per dar loro più valore a soffrir con pazienza i disgusti e le avversità della presente vita, e specialmente le distrazioni e le aridità che le anime buone patiscono nell'orazione.

 

In quanto alle distrazioni non bisogna farne caso, basta il discacciarle quando ce ne avvediamo. Del resto anche i santi patiscono distrazioni involontarie; ma non perciò lasciano l'orazione; e così anche bisogna che facciamo noi. Disse s. Francesco di Sales che se nell'orazione altro non facessimo che scacciare e tornare a scacciar le distrazioni, pure l'orazione è di gran profitto. In quanto poi alle aridità, la maggior pena delle anime di orazione è il trovarsi ivi alle volte senza alcun sentimento di divozione, svogliate, ed anche senza alcun sensibile desiderio di amare Dio; e con ciò spesso si aggiugne loro il timore di stare in disgrazia di Dio per le loro colpe, per le quali il Signore le abbia abbandonate; e stando in quella nera oscurità non sanno trovar la via di uscirne, parendo loro che tutte le porte sian chiuse. Stia forte allora l'anima divota a non lasciar l'orazione come pretende il demonio; unisca in quel tempo la sua desolazione con quella che patì Gesù Cristo sulla croce, e se altro non può dire, basta che dica allora, almeno colla punta dello spirito: Dio mio, io ti voglio amare, voglio esser tutta tua, abbi pietà di me, non mi abbandonare. Dica ancora come diceva un'anima santa al suo Dio, mentre stava più desolata:

T'amo, sebben mi vedo

Nemica agli occhi tuoi:

Fuggimi quanto vuoi,

Sempre ti seguirò.

 




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