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S. Alfonso Maria de Liguori
Riflessioni Devote sopra diversi punti...

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§. 42. La morte de' santi è preziosa.

 

Pretiosa in conspectu Domini mors sanctorum eius1. Perché mai la morte de' santi chiamasi preziosa? risponde s. Bernardo, ch'ella si dice preziosa, perch'è talmente ricca di beni, che merita di comprarsi ad ogni prezzo.

 

Alcuni attaccati a questo mondo vorrebbero che non ci fosse morte: ma dice s. Agostino: che cosa è viver lungo tempo in questa terra, se non star lungamente a patire? Quid est diu vivere, nisi diu torqueri2? Son tante le miserie e le angustie che nella vita presente continuamente ci affannano, dice s. Ambrogio, ut mors remedium videatur esse, non poena. Sembra che la morte non siaci data per castigo, ma per sollievo e grazia che ci liberi da tanti travagli.

 

La morte spaventa i peccatori i quali sanno che dalla prima morte, stando in peccato, passeranno alla seconda morte la quale è eterna; ma non ispaventa già le anime buone che confidate ne' meriti di Gesù Cristo hanno segni bastanti a moralmente assicurarsi di stare in grazia di Dio. Onde quel Proficiscere anima christiana de hoc mundo che tanto affligge coloro che muoiono contra voglia, non affligge i santi che han tenuto staccato il cuore dagli amori terreni e con vero affetto son andati sempre replicando: Deus meus et omnia.

 

La morte a costoro non è tormento, ma riposo dalle angustie patite nel combattere colle tentazioni e nel sedare gli scrupoli e i timori di offendere Dio; onde di loro si avvera quel che scrive s. Giovanni: Beati mortui qui in Domino moriuntur! Amodo iam dicit spiritus: ut requiescant a laboribus suis3. Chi muore amando Dio non si disturba già per li dolori che seco apporta la morte; ma più presto si compiace di quelli, in offerirli a Dio come ultime reliquie della sua vita. Oh qual pace si prova da chi muore abbandonato nelle braccia di Gesù Cristo il quale si ha eletta una morte amara e desolata affine di ottenere a noi una morte dolce e rassegnata!

 

O Gesù mio, voi siete il mio giudice, ma siete ancora il mio redentore che siete morto per salvarmi. Meritava io sin dal mio primo peccato di esser condannato all'inferno, ma voi per vostra misericordia mi avete donato un gran dolore de' miei peccati, onde spero certamente che a 


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quest'ora mi abbiate perdonato. Non meritava io più di amarvi, ma voi co' vostri doni mi avete tirato al vostro amore. Se volete che in questa infermità mi giunga la morte io l'accetto di buona voglia. Vedo già che non merito di entrare subito in paradiso, vado contento al purgatorio a patire per quanto a voi piace; ivi la mia pena maggiore sarà lo star lontano da voi sospirando di venire a vedervi ed amarvi da faccia a faccia; per tanto, amato mio Salvatore, abbiate pietà di me.

 

E che altro è la vita presente, se non stare in continuo pericolo di perdere Dio? Inter laqueos ambulamus, dice s. Ambrogio, noi camminiamo sempre tra' lacci e tra le insidie de' nemici che cercano farci perdere la divina grazia. Perciò s. Teresa ogni volta che sonava l'orologio ringraziava Dio, per essere passata un'ora di combattimento e di pericolo, senza peccare; e perciò anche alla nuova della morte tanto si consolò pensando che finivano le battaglie e si avvicinava il tempo di andar a vedere il suo Dio.

 

In questa vita presente non si può vivere senza difetti. Questo è il motivo che anche fa desiderar la morte alle anime amanti di Dio. Questo pensiero rallegrava in morte il p. Vincenzo Carafa, dicendo fra sé: Or che finisco la vita finisco di dar disgusto a Dio. Un certo uomo dabbene ordinò a' suoi assistenti che nella sua morte più volte gli replicassero questo detto: Consolati N., perché si avvicina il tempo in cui non offenderai più Dio.

 

E che altro è per noi questo corpo, che una prigione ove l'anima sta carcerata e non può andare ad unirsi con Dio? Quindi l'innamorato s. Francesco stando in morte esclamava col profeta dicendo: Educ de custodia animam meam1. Signore, liberami da questa carcere che m'impedisce di vederti. O morte amabile, e chi sarà che ti tema e non ti desideri, quando tu sei la fine de' travagli e 'l principio della vita eterna? S. Pionio martire stando vicino al patibolo si dimostrava così pieno d'allegrezza, che gli astanti maravigliati di tanta allegrezza gli dimandarono come potesse star così allegro stando vicino alla morte. Erratis (rispose loro), erratis, non ad mortem, sed ad vitam contendo2: Errate, disse, io non vado alla morte, ma alla vita che mi farà vivere in eterno.

 

Gesù mio dolcissimo, vi ringrazio di non avermi fatto morire quand'io stava in disgrazia vostra, e di avervi guadagnato il mio cuore con tante finezze che mi avete usate. Pensando ai disgusti che vi ho dati vorrei morirne di dolore. Quest'anima mia ch'era già perduta io la consegno tutta nelle vostre mani: In manus tuas commendo spiritum meum: ricordatevi, Signore, che voi l'avete redenta colla vostra morte: Redemisti me Domine Deus veritatis. V'amo, bontà infinita, e desidero di uscir presto da questa vita per venir ad amarvi con amore più perfetto in cielo. E frattanto che resto a vivere in questa terra, fatemi sempre più conoscere l'obbligo che ho d'amarvi. Mio Dio, accettatemi, io tutto a voi mi dono ed in voi confido per li meriti di Gesù Cristo. Confido ancora nella vostra intercessione, o speranza mia Maria.

 




1 Ps. 115. 15.



2 Serm. 17. de verb. Dom.



3 Apoc. 14. 13.



1 Ps. 141. 8.



2 Ap. Euseb. l. 4. c. 14.






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