Copertina | Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
S. Alfonso Maria de Liguori
Rifless. sulla Passione di Gesù Cristo

IntraText CT - Lettura del testo
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

Introduzione di Oreste Gregorio C.Ss.R.

Nel XIX centenario della Redenzione, Anghileri, tracciando un profilo di sant'Alfonso de Liguori (1696-1787), osservava sorpreso: "Teologo e asceta eminente, santo e gran santo, riepilogò la sua vita con un gesto che è la somma di tutte le addende del suo apostolato di santificazione e di redenzione. Si scelse due camerette. Nella prima un grande Crocifisso, nella seconda un grande Crocifisso ancora, dove celebrava la santa Messa e riceveva i suoi " (1).

Per l'esattezza della descrizione avrebbe potuto aggiungere che le pareti della camera da letto, oltre di una figura della Madonna Addolorata, erano adorne di cinque grandi zincotipie cartacee di Germania, che rappresentavano l'agonia del Getsemani, la flagellazione, la coronazione di spine, l'ascesa al Golgota e la deposizione. Un testimone che aveva sbirciato l'ambiente commentava che Alfonso "ovunque volgevasi, oggetti ritrovava che in lui eccitar potevano amore e tenerezza verso Gesù appassionato" (2).

Questa specie di pinacoteca della Passione che si era costituita nel 1775 a Pagani, ritornatovi pieno di anni e di sofferenze neuritiche dopo la rinunzia del vescovato di Sant'Agata dei Goti (Benevento), era un gesto senile determinato da una situazione fisico-psicologica o ripeteva un fatto normale?

La liturgia della sua festa (2 agosto) sembra offrire nel breviario una spiegazione abbastanza esauriente individuando in lui un contemplativo perenne del Calvario: "Dominicae Passionis contemplator assiduus". Più che la stanza ne era ammobiliato il cuore; l'addobbo esterno riverberava appena l'interno.

Sant'Alfonso nella sua umanità storica e viva non assumeva pose, sia pure spirituali, neanche nei momenti più solenni; era contrario per indole e formazione alle tappezzerie e agli aggeggi del devozionalismo. Tuttavia, presentandosi l'occasione, non sottovalutava i mezzi espressivi e li adoperava con disinvoltura.

Sin dalla infanzia limpida amò nudo e sanguinante il Signore Crocifisso senza indulgenza per l'idillico Settecento napoletano che si gingillava con i minuetti. Gliene fu cattedra il focolare domestico, il cui insegnamento mai venne ripudiato. Il babbo, alto ufficiale della marina asburgica, recandosi con le galee in crociera sul Mediterraneo, infestato dalle tartane e feluche dei pirati musulmani, sostava in raccoglimento nella sua cabina simile alla cella di un camaldolese. "Portava con sé, riferisce Tannoia, quattro statuelle di circa palmi due di Gesù appassionato, che poi donò alla nostra casa di Ciorani (3), cioè Cristo nell'orto, alla colonna, mostrato al popolo e colla croce sulle spalle" (4).

Il santo crebbe in questo clima di autentico cristianesimo, né deviò nel successivo dinamismo vigilato dalla mamma che era stata educata dalle suore francescane. Nel 1719, a 23 anni, si provò a dipingere Gesù piagato e morto come lo vedeva lui, cavaliere ed avvocato. La tela impressionante per l'accentuato verismo quasi caravaggesco, ispirato ad una visione di santa Teresa di Avila, è un documento valido della sua pietà spontanea. I biografi attenti sottolineano che, avanzato in età, non lasciava di abbozzare secondo veniva animato dalla propria devozione delle immagini specialmente di Cristo Crocifisso, che faceva incidere su rami e distribuire.

Non trattavasi di tentativi artistici o scarabocchi. Commosso dalla tragedia divina si sforzava d'interpretarla con un tono personale nell'intento di diffondere il culto della Passione. È certo che non sciupò il tempo: un tipo è riprodotto tuttora con soddisfazione dei fedeli. Né dispiacque ad Hoppenot (5).

S'intravede negli accenni sommari una linea ch'ebbe ininterrotto sviluppo sopra un piano morale, acquistando gradualmente proporzioni più ampie e colorito. La eredità familiare non intristì ed aumentando rese più acuto il sapore casalingo.

Nell'atmosfera del Golgota maturava intanto la sua vocazione.

Nel 1722, mentre i genitori si affacendavano in segreto ad intavolare trattative nuziali, Alfonso al termine di un corso di esercizi spirituali, postrato davanti al Crocifisso, proponeva di rimanere celibe nonostante il "maggiorasco". Si trovava inconsapevolmente alla vigilia della svolta decisiva della sua esistenza, ch'esplose a luglio dell'anno seguente durante il dibattito forense circa il possesso del feudo dell'Amatrice negli Abruzzi. Il disgusto provocato dalle interferenze politiche a danno del proprio cliente Filippo Orsini duca. di Gravina e di Solofra l'allontanò dalle aule dei tribunali, orientandolo verso l'altare sormontato dalla Croce, simbolo di una giustizia incorruttibile.

Dopo un trimestre, indossata la veste talare edificava nei pomeriggi domenicali girando per il perimetro accorsatissimo della parrocchia di S. Angelo a Segno col Crocifisso inalberato affin di adunare i fanciulli spensierati e accompagnarli al ritmo di canzoncine in chiesa per il catechismo "come se fosse stato un vecchio parrocchiano, nota il primitivo suo agiografo, non un avvocato calato di fresco dai tribunali" (6).

Ordinato sacerdote il 21-XII-1726, non eluse le masse per esiliarsi sulle rupi inaccessibili della contemplazione nella ricerca di una cosiddetta "santità verticale": con ardore affrontò le fatiche apostoliche ed iniziative sociali, portando sul pergamo e nell'amministrazione del sacramento della penitenza un indirizzo nuovo. Senza suonare il tamburo e darsi l'aria di riformatore prendeva posizione ferma contro i predicatori fatui del "quinci e quindi" e i rigidi casuisti, spezzando tradizioni ammuffite.

Due episodi di questa epoca precisano la sua azione aperta ai problemi pastorali.

Interveniva ai sermoni del giovine santo, tra i togati, anche il suo professore universitario Nicola Capasso, famoso per le feroci "Alluccate contra li Petrarchiste": non aveva risparmiato neppure il grandissimo Vico. Alfonso una sera gli disse lepidamente: " Don Nicola, vi vedo sempre alla mia predica: volete forse farmi qualche satira?" "No, soggiunse; non attendo da voi fiori e periodi contornati; vengo e vi sento con piacere, perché voi predicate Gesù Crocifisso e non già voi medesimo". In pari tempo cominciava ad affluire al suo confessionale gente di ogni categoria, ed egli, benchè patrizio, non celò le proprie predilezioni per gli artigiani, i venditori ambulanti e gli scugnizzi, ai quali insegnava a considerare i Novissimi e la Passione di Cristo. Tannoia attesta: "A tal effetto ristretto aveva queste meditazioni in un libriccino che donar soleva" (7).

Questa "brochure" da un paio di soldi fu la primizia del Dottore zelantissimo; il successo sterminato conseguito lo spronò alla stesura di opere maggiori.

Consolidate le "Cappelle serotine", sua prima creazione, che rapidamente si ramificò per la bonifica dei marciapiedi partenopei, Alfonso voltò le spalle al Vesuvio, salpando verso la costa amalfitana. A Scala (Salerno) il 9-XI-1732 inaugurava la Congregazione dei Missionari Redentoristi, dediti al ricupero delle anime più abbandonate delle campagne. Diede loro per stemma la Croce con la lancia e la spugna, e per divisa un versetto biblico: "Copiosa apud Eum redemptio", crediamo a dispetto del giansenismo che si affannava ad annunziare una redenzione scarsa. Con i suoi discepoli s'industriò di mettere a disposizione delle moltitudini sprovvedute la Passione di Cristo come una miniera inesauribile di ricchezze soprannaturali.

"L'impegno principale del predicatore nella missione, ammoniva, è far intendere l'amore che ci ha portato Gesù Cristo nella sua vita e specialmente nella sua Passione". Nei paesi evangelizzati ci tenne ad organizzare la pratica pubblica della orazione mentale con notevoli risultati: "Nelle nostre missioni e specialmente nei tre ultimi giorni da noi non si parla che della Passione del Redentore, affin di lasciare le anime legate con Gesù Cristo". Su questo punto era di accordo con san Leonardo da Porto Maurizio e san Paolo della Croce, suoi contemporanei.

Con finezza pedagogica ricordava: "Nelle missioni sono buone le prediche del giudizio, dell'inferno ed altre simili per iscuotere i peccatori: ma le conversioni se provengono soltanto dal timore, poco durano, e sono cose che si scordano. Ho fatto dipingere questa immagine di Gesù Crocifisso, affinché nella " vita divota " precedendo la meditazione della sua Passione, la dimostriate al popolo, e quando si vede dal popolo l'immagine del Crocifisso non può non intenerirsi e convertirsi, mentre le lagrime che escono alla vista del Crocifisso escono dal cuore ferito dall'amore della sua Passione; e chi si converte per via di amore, la conversione è più forte e durevole: quello che fa l'amore non lo fa il timore" (8).

La missione era coronata dalla erezione di un piccolo Calvario in legno od in pietra: il monumento doveva alimentare la memoria della Passione persino negli analfabeti e sostenerli nel tenore di una vita cristiana cosciente ed attiva, schiva di compromessi.

***

L'amore intenso al Crocifisso fece sant'Alfonso fondatore e anche piissimo scrittore: creò il suo Istituto contro le testarde ostilità del regalismo borbonico e la sua ascetica cristocentrica così spaziosa e fertile di eroiche prospettive. Le gesta e gli scritti scaturirono dalla identica sorgente, mirando allo stesso scopo. Contengono una ubertosa spiritualità germinata dalla umile quotidianità vissuta e non a tavolino come una ennesima elucubrazione.

I libri, allargando il raggio dell'apostolato, ne divenivano un prolungamento operante nel silenzio. In essi forse meglio che altrove si riscontra la fisionomia inconfondibile di questo classico missionario meridionale e si scopre il preciso suo messaggio di salvezza,

Colmando eventuali lacune della bibliografia corrente soggiungiamo un elenco cronologico; nella rassegna recensiamo le edizioni napoletane più antiche, di cui si conosce la data.

1. Meditazioni sulla Passione per ciascun giorno della settimana (an. 1728);

2. Coronella delle sante piaghe di Gesù Crocifisso (1738);

3. Canzoncine sulla Passione (1738);

4. L'amore dell'anime (1751);

5. Duetto tra l'anima e Gesù appassionato (1760);

6. Considerazioni e affetti sopra la Passione (1761);

7. Esercizio della Via Crucis (1761);

8. Preghiere a Gesù per ogni pena particolare che soffrì nella Passione (1761);

9. Quindici meditazioni sulla Passione di G. Cristo dal sabato di Passione al Sabato Santo (1766);

10. Saette di fuoco, cioè prove che G. Cristo ci ha date del suo amore nell'opera di nostra redenzione (1766);

11. Considerazioni sulla Passione di G. Cristo per l'apparecchio alla Messa per ciascun giorno della settimana (1769);

12. Predica della Passione (1772);

13. Riflessioni sulla Passione di G. Cristo (1773);

14. Otto meditazioni sulla Passione di G. Cristo (1773);

15. Forza che ha la Passione per accendete il divino amore in ogni cuore (1775);

16. Dolce trattenimento a vista del Crocifisso (1775);

17. Del sacrificio di Gesù Cristo (1775).

Le opere segnate nei numeri 1, 2, 4, 6, 7-9, 12-16 sono incluse nel volume V della edizione critica delle Opere Ascetiche di sant'Alfonso (Roma 1934, pp. 488); il n. 10 si trova nel vol. 1 (Roma 1933, pp. 335-370); il n. 17 è nel IV esaurito (Roma 1939, pp. 455-487). 1 nn. 3 e 5 faranno parte del vol. XII, e il n. 11 del vol. XI, ambo in preparazione.

Sant'Alfonso inserì brani sulla Passione in altri suoi scritti: nella Vera sposa di Gesù Cristo (1760-1761) i nn. 7-8 del cap. XXII esplicano che "il terzo mezzo per ottenere il perfetto amore a Gesù Cristo è il meditare spesso la sua Passione"; nelle Meditazioni per 8 giorni di esercizi spirituali in privato (1761) la med. ottava tratta dell'amore a Gesù Crocifisso; nella Via della salute (1766) tra le 97 meditazioni della I parte almeno una dozzina sono dedicate alla Passione; nella Pratica di amar Gesù Cristo (1768) il 1 capitolo è intitolato: "Quanto merita Gesù Cristo di esser amato da noi per l'amore che ci ha dimostrato nella sua Passione".

Probabilmente nessuno scrittore ecclesiastico ha tanto insistito sulla Passione di Cristo quanto sant'Alfonso. Tema centrale del suo agire e del suo scrivere rivela il suo paesaggio interiore, suggerendoci le linee essenziali per costruire sopra salde basi la sua personalità ch'ebbe gusti e modi spesso originali. Da queste pagine si potrebbe agevolmente ricavare un florilegio carico di un significato suggestivo.

Conoscendo a fondo l'anima popolare specialmente napoletana si adattò attraverso uno stile dimesso ma rovente alla intelligenza delle folle digiune. Con una unzione tutta personale riuscì a parlare al cuore e a penetrare nei fortilizi della volontà, ottenendo frutti copiosi. Esclama con piglio realistico: "Oh Dio, si parla da taluni della Passione di G. Cristo o si ascolta parlare senza alcun sentimento di amore e di gratitudine, come s'ella fosse una favola o pure fosse la passione d'una persona incognita, che a noi non si appartiene!" (9).

Le opere suindicate, non tutte naturalmente dello stesso valore, nonostante la identità apparente, sono diverse; anche l'ampiezza dello svolgimento va dal foglietto al volume mai però ingombrante. Come si esprime giustamente P. Cacciatore, la diversità sta nella composizione; lo stato di animo permane uguale (10).

L'esposizione ora segue un filo storico-esegetico con carattere dottrinale; ora invece è elaborazione erudita. Il metodo non cambia e si mantiene sostanzialmente affettivo, causando non di rado prolissità e un po' di monotonia. Le fonti sono i vangeli, san Paolo, i profeti; sono stati interrogati i commentari più accreditati come Sylveira ed A. Lapide e gli autori precedenti e coevi che hanno trattato della Passione. Sono lasciate cadere interpretazioni esagerate e vedute curiose: sant'Alfonso non va a caccia della informazione peregrina, e ridà con indovinata selezione alcuni squarci delle rivelazioni di santa Brigida tanto in voga ai suoi tempi. Non intendeva colpire la immaginazione ma convincere a prendere buone risoluzioni.

Non si discostò dal suo canone fondamentale che i soliti critici non sempre sanno apprezzare: "Son belle e buone le tante contemplazioni che sulla Passione vi hanno fatte e scritte gli autori devoti; ma certamente fa più impressione ad un cristiano una sola parola delle sacre Scritture che cento e mille contemplazioni e rivelazioni che si scrivono fatte ad alcune persone devote" (11).

Le riflessioni appaiono orlate di giaculatorie e suppliche vibranti che accendono la speranza. Ed è vero ciò che disse Getto: "Nessun santo, ha scritto di proposito tante preghiere come Alfonso de Liguori, e dagli stessi suoi scritti dottrinali è possibile estrarne un'intera collana proprio perché la preghiera è come il centro di gravità e il punto di arrivo ideale di tutto il suo pensare. In essa perciò è anche dato trovare le pagine più efficaci della sua prosa" (12).

Riteniamo che per queste doti accennate fugacemente i libri alfonsiani sulla Passione ricevettero una fortuna editoriale incredibile nella seconda metà del secolo XVIII e in tutto il secolo XIX. De Meulemeester (13) con cifre alla mano c'informa che le Riflessioni sulla Passione ebbero 102 ristampe, le Considerazioni 103, l'Amore dell'anime 339, le Sette meditazioni 347, la Via Crucis, che gradì assai il filosofo danese Kierkegaard," 890, ecc.

Sant'Alfonso ripeteva con convinzione: "Chi pensa spesso ai dolori e alla Passione mi pare impossibile che non s'innamori di Gesù Cristo". Ed è indubbiamente falso che il tema della Passione si realizzi nel santo napoletano in forme piuttosto convenzionali. Ci pare che il suo spirito serafico si proietti in essi con slancio, spoglio di fiorami dipinti e di merletti di accatto. Il popolo, che possiede ottimo fiuto e giudica con estrema severità i libri più compilati in stile accademico, cerca oggi come testi di meditazione sant'Alfonso secondo ci risulta da indagini recenti. Un prelato dal palato difficile confessava testé che aveva sfogliato una catasta di moderni libri di meditazioni con fastidio, ma poi li aveva accantonati per tornare al Liguori, al santo che c'insegna a pregare.

Sant'Alfonso bramava che le anime non restassero in superficie come fuscelli, né si appagava di quattro sospiri cari all'Arcadia: rilevava con rincrescimento: "Ohimé! quanti cristiani tengono un bel Crocifisso nella stanza, ma solo come un bel mobile: ne lodano la fattura e l'espressione del dolore; ma poi nel loro cuore fa niuna o poca impressione, come non fosse la immagine del Verbo incarnato, ma di un uomo straniero ad essi incognito. Ah! Gesù mio, non permettete ch'io sia uno di costoro" (15).

 

***

La funzione del Crocifisso nella spiritualità cattolica non è passata di moda né potrà passare: come per il Dottore missionario così anche per noi a due secoli di distanza esso è scuola di rinunzia, agente di generosità nel patire, lievito di apostolato, libro di santità. Sant'Alfonso non smise di propagare tali concetti, movendo dalla propria esperienza. In una lettera circolare del 1754 ai suoi religiosi diceva con candore: "Noi nelle missioni non insinuiamo altro maggiormente che questo amore a Gesù Cristo appassionato. Che vergogna sarà poi, nel giorno del giudizio, comparire uno di noi, che avrà amato Gesù Cristo meno di una femminella" (16).

Come direttore di coscienza consigliava la principessa suor Brianna Carafa benedettina a proposito delle Riflessioni sopra la Passione: "Di quei due libretti, del primo potete servirvi nell'orazione, meditando la Passione. Io ogni giorno sopra quello faccio la meditazione. E vi raccomando, non lasciate ogni giorno almeno di ricordarvi di qualche passo della Passione, o sopra questo libro o sopra altri. La Passione è stata la continua meditazione dei santi " (17).

Non è fuori posto constatare che sant'Alfonso con i suoi libri abbia suscitato nel frivolo e raziocinante Settecento un movimento ed avviato una stagione promettente di santità dentro i conventi, tra il clero e le file del laicato. Nel solco scavato da lui camminarono costanti soprattutto i suoi discepoli, tra i quali eccellono san Gerardo Maiella (m. 1755) mistico e taumaturgo, san Clemente Hofbauer (m. 1820) apostolo di Vienna e il beato Giovanni Nep. Neumann (m. 1860) che, creato vescovo di Filadelfia, scrisse nel suo stemma: "Passio Christi conforta me".

Sbagliano quanti con parole grosse gli gridano alle spalle di aver ecceduto in una predicazione " troppo giuridicista " e di aver fomentato una vaga religiosità e magari un cristianesimo asociale intriso di pessimismo.

Non è il caso di entrare in polemica: la storia è saltata a piè pari ed è rotondamente ignorata la bibliografia alfonsiana, la quale testimonia la sotterranea ricchezza dell'antico suolo, direbbe Papini, nella radura devastata e bruciata del secolo XVIII (18).

De Luca salutava gli opuscoli della Passione apparsi nel 1934, incoraggiando a consultarli: "Uno più bello dell'altro, mio caro lettore. Limpide, piane, ardenti pagine, che sono tutte una preghiera e una preghiera intessuta - come nel parlare dei Padri - di espressi o taciti brani di Sacra Scrittura; tutte gremite di fatti e di voci dei più cari e più alti santi. Pagine senza presunzioni di grandi pensieri, senza impennature di vedute nuove, senza leccature di stile e lenocinii di grazie letterarie; e tuttavia vive e calde come un dolce focolare, mormoranti e suadenti come una pura vena di acqua preziosa. Pagine nelle quali il santo non si distacca un attimo dai piedi sanguinosi di Cristo, e ripete al suo amore crocifisso, senza mai venir meno, le sue parole di amore e di dedizione totale". (19)

La liturgia consacra al santo nella sua Messa festiva un detto sereno ed incisivo: "In diebus peccatorum corroboravit pietatem", che il Card. Schuster traduce: "In tempi di corruzione egli promosse la pietà" (20). La promosse rinnovandola in una maniera concreta ed efficiente mediante il richiamo inarrestabile alla Passione di Cristo.

Oreste Gregorio

Tabor N. 1-2 Luglio-Agosto 1964 Roma, pp. 19-30

 

---------------------------

(1) G. ANGHILERI, Il Crocifisso e i Santi, in Rivista del Clero Italiano, Milano 1933, p. 571.

(2) ANTONIO TANNOIA, Della vita ed istituto del ven. servo di Dio Allonso M. Liguori, III, Napoli 1802, p. 10; altre edizioni, lib. IV, e. 2.

(3) Ora le statuette si trovano a Pagani nel Museo Alfonsiano. [Oggi, 1999, le statuette si trovano di nuovo a Ciorani, nel piccolo museo dei ricordi alfonsiani.]

(4) A. TANNOIA, Op. cit.; I, Napoli 1798, p. 2; altre ed., lib. I, e. I.

(5) J. HOPPENOT, Le Crucifix dans l'histoire, dans l'art, dans l'áme des Saints et dans notre vie, Paris 1903, p. 263.

(6) A. TANNOIA, Op. Cit.; I, p. 31; altre ed., lib. I, c. 9.

(7) Ivi, I, p. 39; altre ed., lib. I, c. 12.

(8) CELESTINO BERRUTI, Lo spirito di sant'Alfonso, c. 16; Napoli 1857, p, 157.

(9) S. ALFONSO, Meditazioni per 8 giorni di esercizi spirituali in privato, med. VIII; Napoli 1761, p. 433.

(10) GIUSEPPE CACCIATORE, Le fonti e i modi di documentazione, in Introduzione generale alle Opere Ascetiche di sant'Alfonso, 1960, p. 202.

(11) S. ALFONSO, Consider. sulla Passione di Gesù Cristo, Introduzione; Napoli 1761, p. 438.

(12) GIOVANNI GETTO, S. Allonso de Liguori, Milano 1946, p. 191.

(13) MAURIZIO DE MEULEMEESTER, Bibliograpbie de st. Alpbonse, Louvain 1953, p. 335 ss.

(14) SOEREN KIERKEGAARD trascrisse nel suo Diario le strofette Alfonsiane della Via Crucis.

(15) S. ALFONSO, Consid. sulla Passione, par. XVI; Napoli 1761, p. 482.

(16) S. ALFONSO, Lettere, I, Roma 1887, p. 260.

(17) S. ALFONSO, Lettere, II Roma 1890, p. 251.

(18) G. PAPINI e G. DE LUCA, Prose di cattolici italiani, Introduzione, Torino 1941, p. 41.

(19) GIUSEPPE DE LUCA, Sant'Aflonso, mio maestro di vita cristiana, Alba 1963, p. 67.

(20) I. SCHUSTER, Liber Sacramentorum: note storiche e liturgiche sul Messale romano, VIII, Torino 1929, p. 132.

 




Precedente - Successivo

Copertina | Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

IntraText® (V89) © 1996-2006 EuloTech