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S. Alfonso Maria de Liguori
Selva di materie predicabili

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§. 1. Dell'obbligo che ha ogni sacerdote di attendere alla salute delle anime.

 

Multi sacerdotes et pauci sacerdotes: multi nomine, pauci opere1. È pieno il mondo di sacerdoti, ma pochi son quelli che attendono ad essere sacerdoti, cioè a soddisfare all'officio e all'obbligo di sacerdote ch'è di salvare anime. È grande la dignità de' sacerdoti, per essere eglino adiutori di Dio: Dei… sumus adiutores2. E qual cosa più dignitosa, dice l'apostolo, che l'essere cooperatore di Gesù Cristo in salvare le anime da lui redente? Quindi l'areopagita chiamava divina, anzi fra le cose divine la più divina la dignità del sacerdote: Divinissisum est cooperatorem fieri in conversione animarum3. Mentre, come dice s. Agostino, vi vuol maggior potenza a giustificare un peccatore che a creare il cielo e la terra: Maius opus est ex impio iustum facere quam creare coelum et terram4. S. Girolamo chiamava i sacerdoti salvatori del mondo: Sacerdotes Dominus mundi voluit esse salvatores5. S. Prospero li chiamava gli amministratori della casa reale di Dio: Dispensatores regiae domus6. E prima Geremia li chiamò pescatori e cacciatori del Signore: Ecce ego mittam piscatores multos, dicit Dominus…Et post haec mittam eis multos venatores: et venabuntur eos de omni monte et de omni colle et de cavernis petrarum7. S. Ambrogio8 spiega questo testo appunto de' sacerdoti i quali guadagnano a Dio i peccatori più perduti e li liberano da tutti i loro vizi; per monte s'intende la superbia; per colle la pusillanimità; e per caverne s'intendono i mali abiti, che seco portano l'oscurità della mente e la freddezza del cuore. Dice Pietro Blessense che a Dio in opere creationis non fuit qui adiuvaret, in mysterio vero redemptionis voluit habere adiutores9. Chi mai in terra è più grande del sacerdote? Dice il Grisostomo che regi quae hic sunt, commissa sunt; mihi coelestia, mihi sacerdoti10. Ed Innocenzo dice11: Licet b. virgo Maria dignior fuerit apostolis, non tamen illi, sed istis Dominus claves regni coelorum commisit.

 

S. Pietro Damiani chiama il sacerdote il condottiere del popolo di Dio: Sacerdos dux exercitus Domini12. S. Bernardo, il custode della chiesa, ch'è la sposa di Gesù Cristo: Sponsae custodem13. S. Clemente un Dio della terra: Post Deum terrenus Deus14. Giacché per mezzo de' sacerdoti si formano i santi della terra. Dice s. Flaviano che tutta la speranza e la salute degli uomini sta in mano de' sacerdoti: Nihil honorabilius sacerdotibus; omnis enim spes atque salus in iis est15. E s. Gio. Grisost. dice: Parentes nos in praesentem, sacerdotes in vitam aeternam generant16. Senza sacerdoti, dice s. Ignazio martire, quaggiù non vi sarebbero santi: Absque


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sacerdotibus nulla sanctorum congregatio1. E prima lo disse la santa Giuditta, che da' sacerdoti dipende la salute de' popoli: Vos estis presbyteri in populo Dei, et ex vobis pendet anima eorum2. I sacerdoti sono gli autori della buona vita de' secolari, e da essi dipende poi la loro salute. Onde disse s. Clemente: Honorate sacerdotes, ut bene vivendi auctores3.

 

Grandissima è dunque la dignità e l'officio de' sacerdoti; ma è grande ancora l'obbligo ch'essi hanno di attendere alla salute delle anime: Omnis namque pontifex, dice l'apostolo ex hominibus assumptus, pro hominibus constituitur in iis quae sunt ad Deum, ut offerat dona et sacrificia pro peccatis. E poi siegue a dire: Qui condolere possit iis qui ignorant et errant4. Il sacerdote dunque è costituito da Dio sì per onorarlo co' sacrifizi, sì anche per salvare le anime, con istruire gl'ignoranti e convertire i peccatori: Regale sacerdotiumpopulus acquisitionis5. Il ceto degli ecclesiastici in tutto differisce dal ceto de' secolari: questi attendono alla terra e solamente a loro stessi; ma quelli sono il popolo che ha l'officio di fare acquisti, ma quali acquisti? Officium quaestus, non pecuniarum, sed animarum6. Dice s. Antonino che lo stesso nome di sacerdote spiega qual sia il suo officio: Sacerdos, idest sacra docens. E s. Tommaso: Sacerdos sacrum dans7. Ed Onorio augustodunense: Presbyter dicitur praebens iter populo de exilio ad patriam8. Ed è secondo quel che dice s. Ambrogio, che chiama i sacerdoti duces gregis Christi9. Onde segue a dire il santo: Nomen respondeat actioni; ne sit nomen inane, crimen immane. Se dunque il nome di sacerdote e di presbitero significano il somministrare aiuto alle anime, per salvarle e condurle al cielo, corrisponda, dice s. Ambrogio, il nome alle opere, acciocché il nome non resti inutile, e l'onore dell'officio non diventi delitto: Detrimentum pecoris ignominia est pastoris, soggiunge lo stesso s. dottore.

 

Se vuoi dunque, dice s. Girolamo, far l'officio di sacerdote, fa che la salute degli altri sia il guadagno dell'anima tua: Si officium vis exercere presbyteri, aliorum salutem fac lucrum animae tuae10. E s. Anselmo tiene che questo è l'officio proprio del sacerdote, il preservare le anime dalla corruttela del mondo e condurle a Dio: Sacerdotis proprium est animas e mundo rapere et dare Deo. A tal fine il Signore ha separati i sacerdoti dagli altri, acciocché essi salvino se stessi e gli altri: De medio populi segregantur, ut seipsos et populos tueantur11. Lo zelo nasce dall'amore, come dice s. Agostino12: ond'è che siccome la carità ci obbliga ad amare Dio ed il prossimo, così lo zelo ci obbliga prima a procurare la gloria di Dio e ad impedire il suo disonore, e poi a procurare il bene del prossimo e ad impedire il suo danno.

 

giova il dire: Io son semplice sacerdote, non ho cura d'anime; basta che attenda solamente a me stesso. No: ogni sacerdote è tenuto ad attendere nel modo che può alla salute delle anime, secondo la loro necessità. E pertanto in quel paese dove le anime patiscono grave necessità spirituale per la penuria di confessori


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(siccome abbiamo provato nella nostra opera morale1) anche il sacerdote semplice ha obbligo di confessare: e se non si trova abile è obbligato di abilitarsi a tale officio. Così scrisse il dotto p. Pavone della compagnia di Gesù nelle sue opere: e non senza ragione; perché siccome Iddio mandò Gesù Cristo a salvare il mondo, così Gesù Cristo ha destinati i sacerdoti a convertire i peccatori: Sicut misit me Pater, et ego mitto vos2. E perciò il Tridentino ordina che coloro i quali voglion prendere il sacerdozio sieno trovati atti ad amministrare i sacramenti: Ad ministranda sacramenta idonei comprobentur3. A questo fine, dice ancora l'angelico, Dio ha costituito nel mondo l'ordine de' sacerdoti, affinché essi santifichino gli altri coll'amministrazione dei sacramenti: Ideo posuit ordinem in ea, ut quidam aliis sacramenta traderent4. E specialmente son posti i sacerdoti ad amministrare il sacramento della penitenza; poiché san Giovanni dopo le parole riferite: Sicut misit me Pater etc., soggiunse immediatamente: Haec cum dixisset, insufflavit et dixit eis: Accipite Spiritum sanctum; quorum remiseritis peccata, remittuntur eis. Sicché, essendo officio del sacerdote l'assolvere i peccati, uno de' principali suoi obblighi è di abilitarsi a quello, almeno quando v'è la necessità; acciocché non gli sia rimproverato ciò che scrisse s. Paolo a' suoi compagni sacerdoti: Adiuvantes autem exhortamur ne in vacuum gratiam Dei recipiatis5.

 

I sacerdoti son destinati da Dio ad essere il sale della terra onde preservino le anime dalla corruzione dei peccati, come scrive il ven. Beda: Ut sales, condiant animos ad incorruptionis sanitatem6. Ma se il sale non fa l'officio di sale, a che vale, se non solo per esser gittato fuori della casa del Signore e calpestato da tutti? Si sal evanuerit,… ad nihilum valet ultra, nisi ut mittatur foras et conculcetur ab hominibus7. Ogni sacerdote, dice il Grisostomo, è come fosse il padre di tutto il mondo; e perciò dee aver cura di tutte le anime che può aiutare a salvarsi colle sue fatiche: Quasi pater totius orbis sacerdos est; dignum igitur est ut omnium curam agat, sicut et Deus, cuius fungitur vice8. Di più i sacerdoti sono i medici destinati da Dio a curare tutte le anime inferme; così le chiama Origene: Medicos animarum; e s. Girolamo: Medicos spirituales. Quindi dice s. Bonaventura: Si medicus fugit aegrotos, quis curabit9? Di più i sacerdoti son chiamati i muri della chiesa: Habet ecclesia muros suos, idest viros apostolicos, dice s. Ambrogio; e l'autore dell'opera imperfetta10: Muri illius sunt sacerdotes. Sono anche chiamati le pietre che sostengono la chiesa di Dio: Lapides sanctuarii11. E da s. Eucherio le colonne che sostengono il mondo cadente: Columnae quae nutantis orbis statum sustinent12. Finalmente da s. Bernardo son chiamati la stessa casa di Dio. Quindi diciamo col Grisostomo che se cade parte della casa, facilmente può ripararvisi: Si pars domus fuerit corrupta, facilis est reparatio13; ma se cadono i muri della casa, se cadono le fondamenta e le colonne che la sostengono, se cade finalmente


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tutta la casa, che riparo più vi sarà? Inoltre i sacerdoti son chiamati dallo stesso Grisostomo i coloni della vigna del Signore: Coloni populum, quasi vineam colentes1. Ma oh Dio! piange s. Bernardo: gli agricoltori stentano e sudano tutto giorno in coltivare le loro vigne, sudant agricolae, potant et fodiunt vinitores; ma i sacerdoti posti da Dio a coltivarla sua vigna, che fanno? Torpent otio, siegue a piangere il santo, madent deliciis; sempre più marciscono nell'ozio e ne' piaceri della terra.

 

Messis quidem multa, operarii autem pauci2. No che non bastano i vescovi e i parrochi al bisogno spirituale de' popoli. Se Dio non avesse deputati anche gli altri sacerdoti ad aiutare le anime, non avrebbe provveduto abbastanza alla sua chiesa. Dice s. Tomaso che nei dodici apostoli, destinati da Gesù Cristo alla conversione del mondo, furono figurati i vescovi; e nei settantadue discepoli furon figurati tutti i sacerdoti, costituiti alla salute delle anime, le quali sono il frutto che il Redentore da' sacerdoti richiede: Elegi vos ut… fructum afferatis. Perciò s. Agostino chiama i sacerdoti gli amministratori degl'interessi di Dio: Eorum quae Dei sunt negotiatores3. A' sacerdoti sta data l'incumbenza di estirpare i vizj e le massime perniciose de' popoli e d'insinuar loro le virtù e le massime eterne. Nel giorno in cui Dio innalza alcuno al sacerdozio gl'impone quel che disse a Geremia: Ecce constitui te hodie super gentes et super regna, ut evellas et destruas et aedifices et plantes4.

 

Io non so come possa essere scusato da colpa un sacerdote che, vedendo il grave bisogno delle anime del suo paese e potendole aiutare con insegnar loro le verità della fede o con predicar la divina parola ed anche col sentir le loro confessioni, per sua pigrizia trascura di farlo: io non so, dico, come costui nel giorno del giudizio potrà esser libero dal rimprovero e dal castigo minacciato dal Signore a quel servo ozioso che nascose il talento datogli a negoziare, secondo si legge nel capo 25. di s. Matteo. Il padrone diede a colui talento onde lo negoziasse, ma quegli lo nascose: ed essendogli dimandato poi conto del guadagno fatto, rispose: Abscondi talentum tuum in terra; ecce habes quod tuum est. Ma di ciò appunto lo rimproverò il padrone: Come? disse, io ti ho dato il talento perché lo negoziassi: questo è il talento, ma il guadagno dov'è? Onde gli tolse il talento e disse che fosse dato ad altri; e poi comandò che fosse colui gittato nelle tenebre esteriori: Tollite itaque ab eo talentum, et date ei qui habet decem talenta; et inutilem servum eiicite in tenebras exteriores. Per le tenebre esterne s'intende il fuoco dell'inferno, ch'è privo di luce, cioè fuori del cielo, come spiegano gl'interpreti. E questo testo da s. Ambrogio e dagli altri (Calmet, Cornelio a Lapide e Tirino) viene spiegato appunto per coloro che possono procurare la salute delle anime, e non lo fanno per negligenza o per vano timore di peccare: Nocent hoc, dice Cornelio, qui ingenio, doctrina aliisque dotibus sibi a Deo datis non utuntur ad suam aliorumque salutem, ob desidiam vel metum peccandi; ab his enim rationem reposcet Christus in die iudicii. E s. Gregorio:


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Audiant quod talentum qui erogare noluit cum sententia damnationis eiicitur. E Pietro Blessense1: Qui Dei donum in utilitatem alienam communicat, plenius meretur habere quod habet; qui autem talentum Domini abscondit, quod videtur habere auferetur ab eo. Dice s. Gio. Grisostomo ch'egli non sa persuadersi come possa salvarsi un sacerdote che niente attende alla salute del prossimo: Neque id mihi persuasi salvum fieri quemquam posse qui pro proximi sui salute nihil laboris impenderit2. E di più, facendo menzione della parabola del talento, dice che ad un tal sacerdote la negligenza di non aver impiegato il talento datogli sarà il suo delitto e la causa della sua dannazione: Neque iuvabit talentum sibi traditum non imminuisse, immo hoc ille nomine periit quod non auxisset et duplicasset3. E s. Agostino, parlando di coloro che dicono: Sufficit mihi anima mea, così lor dimanda: Eia, non tibi venit in mentem servus ille qui abscondit talentum?

 

Dice s. Prospero che al sacerdote non basterà per salvarsi il viver santamente; poiché si perderà con coloro che si son perduti per suo difetto: Ille cui dispensatio verbi commissa est, etiamsi sancte vivat, et tamen perdite viventes arguere aut erubescat aut metuat, cum omnibus qui eo tacente perierunt perit; et quid ei proderit non puniri suo qui puniendus est alieno peccato4? Leggiamo ancora in un canone apostolico5 scritto così: Presbyter qui cleri vel populi curam non gerit segregetur; et si in socordia perseveret, deponatur. Come? dice s. Leone, tu vuoi prenderti l'onore del sacerdozio, e poi non vuoi faticare per le anime? Qua coscientia honorem sibi sacerdotii praestitum vindicant qui pro animabus non laborant? Pronunziò il concilio di Colonia un decreto, che se taluno prendesse il sacerdozio senza intenzione di attendere a far l'officio di vicario di Gesù Cristo, ch'è di salvare anime, a costui, come lupo e ladrone, secondo vien chiamato dal vangelo, si aspetta un grande e certo castigo: Sacerdotio initiandus non alio affectu accedere debet quam ad submittendos humeros publico muneri vice Christi in ecclesia. Qui alio affectu sacros ordines ambiunt, hos scriptura lupos et latrones appellatQuod ingens ultio tandem certo subsequetur.

 

S. Isidoro non fa dubbio di condannare di colpa grave quei sacerdoti che trascurano di ammaestrare gli ignoranti o di convertire i peccatori: Sacerdotes populorum iniquitate damnantur, si eos aut ignorantes non erudiant, aut peccantes non arguant6. E s. Gio. Grisostomo: Saepe non damnantur (sacerdotes) propriis peccatis, sed alienis quae non coercuerunt7. Dice s. Tomaso che il sacerdote il quale manca per negligenza o per ignoranza di non aiutare le anime si rende reo appresso Dio di tutte quelle anime che per suo difetto si perdono (e parla il santo d'ogni sacerdote semplice): Si… sacerdos ex ignorantia vel negligentia non exponat populo viam salutis, reus erit apud Deum animarum illarum quae sub ipso perierunt8. Lo stesso dice il Grisostomo: Si sacerdos suam tantum disposuerit salvare animam et alienas


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neglexerit, cum impiis detrudetur in gehennam. Un certo sacerdote ritrovandosi in Roma prossimo alla morte, con tutto che avesse fatto una vita ritirata e divota, molto non però temea della sua salute eterna. Dimandato perché tanto temesse, rispose: «Temo, perché non ho atteso alla salute delle anime». Ed avea ragione di tremare, mentre il Signore si vale de' sacerdoti per salvare le anime e liberarle da' vizj: ond'è che se il sacerdote non adempisce questa sua incumbenza, ha da render conto a Dio di tutte le anime che si perdono per suo difetto: Si dicente me ad impium: Morte morieris, non annuntiaveris ei…, ut avertatur a via sua impia et vivat; ipse impius in iniquitate sua morietur, sanguinem autem eius de manu tua requiram1. Sicché; dice s. Gregorio parlando dei sacerdoti oziosi, saranno essi rei avanti a Dio di tutte quelle anime a cui potean giovare e che per loro negligenza si sono perdute: Ex tantis procul dubio rei sunt, quantis venientes ad publicum prodesse potuerunt2.

 

Gesù Cristo ha redente le anime col prezzo del suo sangue: Empti… estis pretio magno3. Or queste anime poi il Redentore le ha date a custodire a' sacerdoti. Povero me, dicea pertanto s. Bernardo vedendosi sacerdote, se avvien ch'io sia negligente in custodire questo deposito, cioè queste anime, stimate dal Salvatore più preziose del suo sangue! Si depositum, quod Christus proprio sanguine pretiosius iudicavit, contigerit negligentius custodire4. I secolari han da render conto ciascuno dei suoi peccati, ma il sacerdote ha da render conto de' peccati di tutti: Unusquisque pro suo peccato reddet rationem; sacerdotes pro omnium peccatis5. E prima lo disse l'apostolo: Ipsi enim pervigilant, quasi rationem pro animabus vestris reddituri6. Sicché i peccati degli altri s'imputano al sacerdote ch'è trascurato a porvi rimedio: Quod alii peccant illi imputatur7. Quindi disse s. Agostino: Si pro se unusquisque vix poterit in die iudicii rationem reddere, quid de sacerdotibus futurum est, a quibus sunt omnium animae requirendae8? S. Bernardo parlando di coloro che si fan sacerdoti non per salvare anime, ma per meglio vivere, Oh quanto meglio, dice, sarebbe stato per essi l'andare a zappare o andar mendicando che l'aver preso il sacerdozio! perché nel giorno del giudizio s'udiranno contro di loro le querele di tutte quelle anime che per la loro pigrizia si saran dannate: Bonum erat magis fodere aut etiam mendicare. Venient, venient mali clerici ante tribunal Christi: audietur populorum querela, quorum vixere stipendiis, nec diluerunt peccata9.

 




1 Auct. op. imp. in Matth.



2 1. Cor. 3. 9.



3 De eccl. hier. c. 3.



4 Tr. 52. in Io.



5 In Abdiam. 27. 22.



6 L. 2. de vita cont. c. 2.



7 Ier. 16. 16.



8 In ps. 118.



9 Serm. 47.



10 L. 1. de sacerd. c. 4.



11 3. part. c. Rem.



12 De dignit. sacerd.



13 Serm. ad cler.



14 Const. ap. l. 2. c. 26.



15 Ep. 7. ad Leon. pap.



16 De sacerd. cap. 5.



1 Ep. ad Trull.



2 8. 21.



3 In. constit. apos.



4 Heb. 5. 2.



5 1. Petr. 2. 9.



6 S. Ambr. in c. 1. Is.



7 3. p. q. 22. a 1.



8 In Iosue 3. 6.



9 De div. sacerd. cap. 2.



10 Epist. 13.



11 Philipp. abb. de dignit. cler. c. 2.



12 In ps. 118. serm. 18.



1 Lib. 6. n. 624. reg. 11.



2 Io. 20. 21.



3 Sess. 24. c. 14.



4 Suppl. 934. a. 1.



5 2. Cor. 6. 1.



6 In Matth.



7 Matth. 5. 13.



8 Hom. 6. in ep. 1. cap. 2. ad Tim.



9 De sex alis etc. cap. 5.



10 Hom. 10.



11 Thr. 4. 1.



12 Hom. 3.



13 Hom. 47.



1 Hom. 40 in c. 2. Matth.



2 Matth. 9. 37.



3 Serm. 36



4 1. 10.



1 De hist. episcop.



2 L. 6. de sacerd. c. 10.



3 Ibid.



4 Sive Iul. Pomer. de vita cont l. 1. c. 20.



5 Can. 57.



6 L. 3. sent. c. 46.



7 Hom. 3. in act.



8 Opusc. 65.



1 Ezechiel. 3. 18.



2 Pastor. p. 1. c. 5.



3 1. Cor. 6. 20.



4 Serm. 3. in adv.



5 Auct. op. imp. hom. 38. in Matth.



6 Hebr. 13. 17.



7 Chrys. hom. 3. in Act. ap.



8 Hom. 7. in Lucae 11.



9 Declam. c. 16. N. 9






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