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S. Alfonso Maria de Liguori
Sermoni compendiati

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SERMONE XXIV. - PER LA DOMENICA III. DOPO PASQUA

 

Prezzo del tempo.

Modicum, et iam non videbitis me. (Ioan. 16. 16.)

Non vi è cosa più breve del tempo, ma non vi è cosa più preziosa del tempo. Non vi è cosa del tempo più breve, perché il tempo passato non vi è più, il tempo futuro è incerto, il tempo poi presente altro non è che un momento. E ciò è quello che volle significare Gesù C. dicendo: Modicum et non videbitis me, parlando della sua morte imminente. E lo stesso possiamo dir noi della nostra vita la quale, come scrisse s. Giacomo, non è altro che un vapore che presto si disperde e finisce. Quid enim est vita vestra? Vapor ad modicum parens4. Ma quanto è breve il tempo della vita nostra, altrettanto è prezioso, perché in ogni momento possiamo acquistarci tesori di meriti per il paradiso, se lo spendiamo bene: ma se lo spendiamo male, in ogni momento possiamo commettere peccati, e meritarci l'inferno. E questo voglio darvi a considerare oggi, quanto è prezioso ogni momento di tempo che Iddio ci dona, non già per perderlo, e tanto meno per peccare e dannarci, ma per fare opere buone e salvarci.

 

Parla Iddio per Isaia: In tempore placito exaudivi te, et in die salutis auxiliatus sum tui5. Spiega s. Paolo questo testo, e dice che il tempo placito è il tempo in cui Iddio ha stabilito di farci bene, onde poi soggiunge: Ecce nunc tempus acceptabile, ecce nunc dies salutis6. E con ciò l'apostolo ci esorta che non facciamo passare inutilmente il tempo


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presente, ch'egli chiama giorno di salute; perché passato che sarà questo giorno, forse più non vi sarà per noi salute. Ma questo tempo è breve, siegue ad ammonirci s. Paolo: Tempus breve est: reliquum est, ut... qui fient (sint) tamquam non flentes, et qui gaudent, tamquam non gaudentes etc., et qui utuntur hoc mundo, tamquam non utantur1. Se dunque è breve il tempo che ci tocca a stare in questa terra, dice l'apostolo che quei che piangono non debbono piangere, perché poco dureranno i patimenti, e coloro che godono, non si attacchino a questi loro godimenti, perché presto essi finiranno; onde conclude che noi dobbiamo servirci in questo mondo, non per godere di questi beni caduchi, ma per meritarci la salute eterna.

 

Dice lo Spirito santo: Fili, conserva tempus2. Figlio, sappi conservare il tempo, ch'è la cosa più preziosa, il dono più grande che Dio può darti. Scrisse s. Bernardino da Siena che tanto vale un momento di tempo quanto vale Dio: Tantum valet tempus quantum Deus; nam in tempore bene consumpto comparatur Deus3. Sì perché, dice il santo, in ogni momento di tempo può l'uomo ottenere il perdono de' suoi peccati, la grazia di Dio e la gloria del paradiso: Modico tempore potest homo lucrari gratiam et gloriam. Onde poi scrisse s. Bonaventura: Nulla iactura gravior, quam iactura temporis4.

 

Ma in altro luogo poi piange s. Bernardino in vedere che non vi è cosa più preziosa del tempo, e che appresso gli uomini non vi è cosa più vile del tempo: Nil pretiosius tempore, nil vilius reputatur5. Vedrai taluno starsene quattro, cinque ore a giuocare; se gli dimandi: fratello mio, a che perdi tante ore? Risponde: mi spasso. Vedrai un altro star mezza giornata in una strada, o affacciato alla finestra; dimmi che fai qui? Ne fo passare il tempo. E perché, dice il medesimo santo, perdere questo tempo? Ancorché si trattasse di perdere una sola ora, perché perder quest'ora che la misericordia di Dio ti concede per piangere i tuoi peccati, e per acquistarti la divina grazia? Donec hora pertranseat, quam tibi ad agendam poenitentiam, ad acquirendam gratiam miseratio conditoris indulserat.

 

Oh tempo disprezzato dagli uomini, mentre vivono, quanto sarai desiderato in punto di morte, e quanto più nell'altra vita! Il tempo è un bene che solo in questa vita si trova, non si trova nell'altra, non si trova nell'inferno né si trova nel cielo; nell'inferno questo è il pianto de' dannati: Oh si daretur hora! Pagherebbero ad ogni costo un'ora, un minuto di tempo, in cui potessero rimediare alla loro eterna rovina; ma quest'ora, questo minuto non l'avranno mai. Nel cielo poi non si piange, ma se potessero piangere i beati, questo sarebbe il loro solo pianto, l'aver perduto il tempo di questa vita, in cui poteano acquistarsi maggior gloria, e che questo tempo non possono più averlo. Una monaca Benedettina defunta apparve gloriosa ad una persona, e le disse ch'ella stava in cielo, ed era appieno contenta; ma se avesse potuto mai desiderar qualche cosa era solo di ritornare in vita e di patire, a fine di meritare più gloria;


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e disse che sarebbesi contentata di soffrire di nuovo la sua dolorosa e lunga infermità che avea patita in morte, sino al giorno del giudizio, per acquistare la gloria che corrisponde al merito di una sola Ave Maria. S. Francesco Borgia stava per ciò attento ad impiegare per Dio ogni poco di tempo che avea: quando altri parlavano di cose inutili, egli parlava con Dio co' santi affetti; e talmente si astraeva, che richiesto poi del suo sentimento circa il discorso che stavasi facendo, non sapea che rispondere; di ciò fu corretto, ma egli disse: Io mi contento più presto di essere stimato rozzo d'ingegno, che perdere il tempo in cose vane.

 

Dice taluno: Ma che male fo io! Come, non è male perdere il tempo in giuochi, in conversazioni, ed in certe occupazioni inutili, che niente giovano all'anima? Iddio forse a ciò ti questo tempo, affinché lo perdi? No, dice lo Spirito santo: Particula boni doni non te praetereat1. Quegli operaj, di cui scrive s. Matteo, non faceano male, ma solamente perdeano il tempo trattenendosi oziosi nella piazza; ma di ciò furono ripresi dal padre di famiglia: Quid hic statis tota die otiosi2? Nel giorno del giudizio Gesù Cristo ci chiederà conto non solo di ogni mese, di ogni giorno perduto, ma anche di ogni parola oziosa: Omne verbum otiosum... reddent rationem de eo in die iudicii3. E così vorrà conto parimente di ogni tempo perduto. Ogni tempo che non è speso per Dio, dice s. Bernardo, è tempo perduto: Omne tempus, quo de Deo non cogitasti, cogita te perdidisse4. Quindi ci esorta il Signore: Quodcumque facere potest manus tuas instanter operare: quia nec opus, nec ratio... erunt apud inferos, quo tu properas5. Quel che puoi far oggi, non aspettare il domani, perché domani forse sarai morto, e sarai entrato nell'altra vita; ove nec opus, non avrai più tempo di far bene, nec ratio, dopo la morte non si ha più ragione di ciò che si fa, ma solamente si gode della mercede ricevuta, o si patisce la pena del mal fatto: Hodie si vocem eius audieritis, nolite obdurare corda vestra6. Oggi Iddio ti chiama a confessarti, a restituire quella roba, a far pace col nemico; oggi fallo, perché domani può essere, o che non vi sia più tempo, o che Dio non ti chiami più. Tutta la nostra salute consiste nel corrispondere alle divine chiamate, e nel tempo che Dio ci chiama.

 

Ma io son giovine, dice colui, appresso mi darò a Dio. Ma sappi, figlio mio, che Gesù Cristo maledisse quell'albero di fico che trovò senza frutto, quantunque allora non fosse tempo di tali frutti, come nota il vangelo: Non enim erat tempus ficorum7. Con ciò volle significarci il Salvatore che l'uomo in ogni tempo, anche nella gioventù, dee rendere frutto di buone opere; altrimenti sarà maledetto, e non farà più frutto in avvenire, come già fu detto a quell'albero: Iam non amplius in aeternum ex te fructum quisquam manducet8. Sta scritto nell'Ecclesiastico: Ne tardes converti ad Dominum, et ne differas de die in diem; subito enim veniet ira illius9. Se ti ritrovi in peccato non tardare a pentirtene e confessartene, e non differire di farlo neppure


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per il giorno di domani; perché se non ubbidisci alla chiamata di Dio, che oggi ti chiama a confessarti, può essere che oggi ti colga la morte in peccato, e domani non vi sarà più rimedio per te. Gran cosa! Il demonio stima poco tempo tutto il tempo della nostra vita, e perciò non perde un momento di tempo in tentarci di giorno e di notte: Descendit diabolus ad vos, habens iram magnam, sciens quod modicum tempus habet1. Il nemico dunque non perde mai tempo per farci perdere: e noi perderemo il tempo che Iddio ci dona per salvarci?

 

Dici: Appresso mi darò a Dio. Ma ti risponde s. Bernardo: Quid de futuro miser praesumis, tamquam pater tempora in tua posuerit potestate2? Infelice, perché presumi di darti appresso a Dio, come se egli avesse concesso a te il tempo di poterti dare a Dio quando vuoi? Giobbe tremava, dicendo di non sapere se gli restasse un altro momento di vita: Nescio enim, quamdiu subsistam, et si post modicum tollat me Factor meus3. E tu dici: oggi non voglio confessarmi, domani ci si pensa! Come? ripiglia s. Agostino: Diem tenes, qui horam non tenes? Come puoi promettere di aver tu un altro giorno di vita, se non sai che neppure avrai un'altra ora? Dunque, dice s. Teresa: Se oggi non sei pronto a morire, temi di morir male.

 

Piange s. Bernardino la cecità di questi trascurati, che ne fan passare i giorni della loro salute, e non pensano che ogni giorno che perdono non mai per essi ritornerà: Transeunt dies salutis, et nemo recogitat sibi perire diem, et nunquam rediturum4. Desidereranno i miseri in punto di morte un altro anno, un altro mese, un altro giorno di tempo, ma non l'avranno, e sentiranno allora dirsi quel Tempus non erit amplius. Quanto allora pagherebbe ognuno di costoro un'altra settimana, un altro giorno, almeno un'altra ora per aggiustare i conti da render a Dio! Dice s. Lorenzo Giustiniani, che egli per ottenere una sola ora di tempo, darebbe tutte le sue robe, onori e spassi: Erogaret opes, honores, delicias pro una horula5. Ma quest'ora non gli sarà concessa; presto, gli sarà detto dal sacerdote assistente, presto partitevi da questa terra, non v'è più tempo: Proficiscere, anima christiana, de hoc mundo.

 

A che gli servirà allora il dire: oh mi fossi fatto santo! Avessi spesi gli anni miei in amare Dio! Quando si troverà aver fatto una vita tutta sconcertata? Qual pena è ad un viandante l'avvedersi di aver errata la via, quando è fatta già notte, e non vi è più tempo di rimediare all'errore? Questa sarà la pena in morte di chi è vivuto molti anni nel mondo, ma non gli ha spesi per Dio: Venit nox, quando nemo potest operari6. Perciò il Signore ci ammonisce: Ambulate, dum lucem habetis, ut non vos tenebrae comprehendant7. Camminate per la via della salute, or che avete la luce, e prima che vi sorprendano le tenebre della morte, in cui ora non si può fare più niente; allora altro non si può fare che piangere il tempo perduto.

 

Vocabit adversum me tempus8. Nel tempo della morte la coscienza ci ricorderà tutto il tempo che abbiamo


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avuto per farci santi, e l'abbiamo impiegato per accrescere i nostri debiti con Dio: tutte le chiamate, tutte le grazie che il Signore ci ha fatte a fine di amarlo, e noi non abbiamo voluto valercene; e poi ci vedremo chiusa la via di fare alcun bene. Dirà il misero moribondo in mezzo a quei rimorsi ed a quelle tormentose tenebre della morte: oh pazzo che sono stato! Oh vita mia perduta! Oh anni perduti, in cui poteva io guadagnarmi tesori di meriti, potea farmi santo se volea, ma non l'ho fatto, ed ora non v'è più tempo di farlo! Ma, replico, a che serviranno questi lamenti e questi pensieri, allorché sta per terminare la scena del mondo, la lampada sta vicina a smorzarsi, ed il moribondo sta prossimo a quel gran momento, dal quale dipende l'eternità?

 

Et vos estote parati, quia qua hora non putatis, Filius hominis veniet1. Dice il Signore Estote parati: non dice, uomini, apparecchiatevi nel tempo della morte, ma trovatevi apparecchiati, per quando ella verrà; poiché quando meno vel pensate, verrà il Figliuolo dell'Uomo a domandarvi i conti della vostra vita; ed allora sarà difficilissimo nella confusione della morte aggiustare talmente i conti, che ci liberiamo di non trovarci rei innanzi al tribunale di Gesù Cristo. Questa morte forse può avvenire fra venti o trenta altri anni; ma può anche avvenire tra breve, fra un altro anno, fra un altro mese. Posto ciò, se taluno dubitasse che forse tra breve dovrà trattarsi la causa della sua vita, non aspetterebbe certamente il tempo della decisione, ma procurerebbe quanto più presto potesse di aver un buon avvocato, di prevenire e far intesi i ministri delle sue difese. E noi che facciamo? Sappiamo certo che un giorno si ha da trattare la causa del maggior negozio che abbiamo, qual è il negozio della nostra vita, non già temporale, ma eterna, e questo giorno può essere che già sia vicino, e perdiamo tempo? Ed in vece di aggiustare i conti andiamo crescendo i delitti meritevoli della sentenza della morte eterna?

 

Se dunque per lo passato abbiamo per nostra disgrazia speso il tempo per offendere Dio, procuriamo di piangerlo nella vita che ci resta, come fece il re Ezechia dicendo: Recogitabo tibi omnes annos meos in amaritudine animae meae2. Il Signore a questo fine ci la vita, acciocché rimediamo ora al tempo malamente speso: Dum tempus habemus, operemur bonum3. Non provochiamo più Dio a castigarci con una mala morte; e se negli anni passati siamo stati pazzi, e l'abbiamo disgustato operando contro la sua volontà, sentiamo l'apostolo che ci esorta ad essere savi per l'avvenire, ed a redimere il tempo perduto: Videte itaque, fratres, quomodo caute ambuletis: non quasi insipientes, sed ut sapientes, redimentes tempus, quoniam dies mali sunt... intelligentes, quae sit voluntas Dei4. Dice: Quoniam dies mali sunt, spiega s. Anselmo, i giorni della vita presente sono mali, cioè esposti a mille tentazioni e pericoli dell'eterna salute, onde vi bisogna tutta la cautela per non restarvi perduti. E che significano quelle parole: Redimentes tempus; lo spiega s. Agostino: Quid est redimere tempus, nisi cum opus


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est, detrimentum temporalium ad aeterna quaerenda comparare1? Dobbiamo vivere solo per adempire la divina volontà con ogni diligenza; e se è necessario, dice s. Agostino, è meglio patire qualche detrimento negli interessi temporali, che trascurare gl'interessi eterni. Oh come ben seppe s. Paolo redimere il tempo che avea perduto in sua vita! Scrive s. Girolamo ch'egli sebbene fu l'ultimo degli apostoli, fu nondimeno il primo nei meriti, per quel che fece, dopo che fu chiamato da Dio: Paulus novissimus in ordine, prior in meritis; quia plus omnibus laboravit. Se altro non fosse, pensiamo che in ogni momento possiamo fare maggiori acquisti de' beni eterni. Se ti fosse concesso di acquistare tanto luogo di terra quanto potessi girar camminando per un giorno, o tanti zecchini quanti ne potessi in un giorno numerare, dimmi, perderesti tempo, o ti daresti tutta la fretta a camminare per quel terreno ed a numerare quelle monete? E tu puoi acquistare in ogni momento tesori eterni nell'altra vita, e vuoi perder tempo? Quel che puoi fare oggi, non dire che puoi farlo domani, perché quest'oggi sarà perduto per te e più non tornerà; ed oggi l'hai e il domani forse non l'avrai.

 




4 Iac. 4. 15.

5 Isa. 49. 8.

6 2. Cor. 6. 2.

1 1. Cor. 7. 29. ad 31.

2 Eccl. 4. 23.

3 In serm. 4. post Dom. I. Quadr. c. 5.

4 Serm. 37. in Sept.

5 Serm. 2. ad Schol.

1 Eccl. 14. 14.

2 Matth. 20. 6.

3 Matth. 12. 36.

4 Coll. 1. c. 8.

5 Eccl. 9. 10.

6 Psal. 94. 8.

7 Marc. 11. 13.

8 Ibid. v. 14.

9 Eccl. 5. 8. et 9.

1 Ap. 12. 12.

2 Serm. 38. de part. etc.

3 Iob. 32. 22.

4 Serm. ad scholar.

5 De Vit. solit. c. 10.

6 Ioan. 9. 4.

7 Ioan. 12. 35.

8 Thren. 1. 15.

1 Luc. 12. 40.

2 Isa. 38. 13.

3 Galat. 6. 10.

4 Ephes. 5. 15. ad 17.

1 De Hom. 50. Hom. 1.




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