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S. Alfonso Maria de Liguori
Sermoni compendiati

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SERMONE XXVIII. - PER LA DOMENICA DI PENTECOSTE

 

Dell'uniformità alla volontà di Dio.

Sicut mandatum dedit mihi Pater, sic facio.(Ioan. 14. 31.)

 

Gesù Cristo ci fu dato da Dio così per Salvatore, come anche per maestro, onde egli principalmente venne al mondo per insegnarci come abbiamo da amare Iddio nostro sommo bene, non solo colle sue parole, ma ancora coll'esempio di se stesso; onde disse un giorno a' suoi discepoli, come si legge nel presente vangelo: Ut cognoscat mundus, quia diligo Patrem, et sicut mandatum dedit mihi Pater, sic facio. Per far conoscere, disse, al mondo l'amore che porto al mio eterno Padre, voglio eseguire quanto egli mi comanda. Ed in altro luogo disse: Descendi de coelo non ut faciam voluntatem meam, sed voluntatem eius qui misit me3. Anime divote, se amate Dio e volete farvi sante, avete da cercare la sua volontà, e volere quello che egli vuole. Dice s. Paolo che il divino amore si diffonde ne' cuori per mezzo dello Spirito santo: Caritas Dei diffusa est in cordibus nostris per Spiritum sanctum qui datus est nobis4. Se vogliamo dunque il tesoro dell'amor divino, dobbiamo pregar sempre lo Spirito santo che ci faccia conoscere ed eseguire la volontà di Dio: cerchiamogli sempre luce per conoscere la divina volontà e forze per eseguirla. Dico ciò perché molti vogliono amare Dio, e poi non vogliono seguitare la di lui volontà, ma la volontà propria. Onde voglio oggi dimostrarvi:

 

Nel punto I. Che tutta la nostra santificazione sta nell'uniformarci alla volontà di Dio;

 

Nel punto II. Come ed in quali cose dobbiamo in pratica uniformarci alla divina volontà.

 

PUNTO I. Tutta la nostra santificazione sta nell'uniformarci alla volontà di Dio.

 

È certo che la nostra salute consiste nell'amare Dio; un'anima che non ama Dio, non già vive, ma è morta: Qui non diligit manet in morte5. La perfezione poi dell'amore sta nell'uniformare la nostra volontà a quella di Dio: Et vita in voluntate eius6. Caritatem habete, quod est vinculum perfectionis7. Questo è l'effetto principale dell'amore, scrive l'Aeropagita, unire la volontà degli amanti, sì che non abbiano che un solo cuore ed un solo volere. In tanto dunque piacciono a Dio le opere nostre, le comunioni, le orazioni, le penitenze, le limosine, in quanto sono secondo la divina volontà; poiché se fossero fatte contro la volontà di Dio, non sarebbero più virtuose, ma difettose e degne di castigo.


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Un giorno Gesù Cristo stando a predicare in una casa, gli fu detto che i suoi fratelli e la sua madre lo aspettavano fuori; egli rispose così: Quicumque enim fecerit voluntatem Patris mei qui in coelis est, ipse meus frater et soror et mater est1. E con tali parole volle darci ad intendere ch'egli riconosceva per suoi parenti ed amici solamente coloro che facevano la divina volontà.

 

I santi in cielo amano perfettamente Iddio: dimando: in che consiste la perfezione del loro amore? Consiste nell'essere essi in tutto uniformati alla divina volontà. Quindi Gesù Cristo c'insegnò a chiedere la grazia di fare la divina volontà in questa terra, come la fanno i santi cielo: Fiat voluntas tua, sicut in coelo et in terra2. Dicea perciò s. Teresa: «Tutto ciò che dee procurare chi si esercita nell'orazione, è di conformare la sua volontà alla divina». Ed aggiungeva: «In ciò consiste la più alta perfezione; chi più eccellentemente la praticherà, riceverà da Dio maggiori doni, e farà più progressi nella vita interiore». Questo è stato l'unico fine de' santi in praticare tutte le loro virtù, l'adempimento della volontà di Dio. Il b. Errico Susone diceva: «Io voglio esser più presto il verme più vile della terra colla volontà di Dio, che un serafino colla mia».

 

Un atto perfetto di uniformità alla volontà divina basta a fare un santo. Ecco san Paolo, che mentre perseguitava la chiesa gli apparve G. Cristo e lo convertì; che fece allora il santo? Altro non fece che offerire a Dio la sua volontà, acciocché disponesse di lui come gli piacesse, con dirgli: Domine, quid me vis facere3? E subito il Signore lo dichiarò ad Anania vaso d'elezione ed apostolo delle genti: Vas electionis est mihi iste, ut portet nomen meum coram gentibus4. Chi dona a Dio la sua volontà gli dona tutto quello che ha. Chi si mortifica per Dio con digiuni e penitenze, chi fa limosine, dona a Dio parte di sé e de' suoi beni; ma chi gli dona la sua volontà gli dona tutto, onde può dire a Dio: Signore, avendovi donata la mia volontà, non ho più che donarvi, mentre vi ho dato tutto. E questo è quel tutto che Dio da noi dimanda, il nostro cuore: cioè la volontà: Praebe, fili mi, cor tuum mihi5. Se dunque Iddio tanto gradisce la nostra volontà, diceva il santo abate Nilo, nelle nostre orazioni non dobbiamo affaticarci a pregare Dio che faccia quel che noi vogliamo, ma che ci dia la grazia che noi facciamo tutto quello ch'egli vuole da noi. Questa verità, che tutto il nostro bene consiste nel fare la volontà di Dio, ognuno la conosce, ma l'importanza sta nel metterla in esecuzione. Perciò veniamo al secondo punto, dove mi restano da dirvi molte cose necessarie alla pratica.

 

PUNTO II. Come ed in quali cose dobbiamo in pratica uniformarci alla volontà di Dio.

 

Per trovarci pronti ad eseguire nelle occasioni la divina volontà, dobbiamo anticipatamente offerirci sempre ad abbracciare con pace tutto ciò che Dio dispone e che vuole da noi; così faceva il santo Davide dicendo: Paratum cor meum, Deus, paratum cor meum6. Ed altro non cercava al Signore, se non che gl'insegnasse a fare la sua divina volontà: Doce me


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facere voluntatem tuam1. E così meritò che Dio lo chiamasse uomo secondo il suo cuore divino: Inveni virum secundum cor meum, qui faciet omnes voluntates meas2. E perché? Perché il santo re stava sempre apparecchiato ad eseguire quanto voleva Dio.

 

S. Teresa cinquanta volte il giorno si offeriva a Dio, acciocché disponesse di lei come gli piacesse, pronta ad abbracciar tutto, così di prospero come di avverso. E qui sta il punto, di offerirsi a Dio senza riserba. Tutti son pronti ad unirsi colla volontà di Dio nelle cose prospere, ma la perfezione sta nell'unirsi anche in tutte le cose contrarie. Vuole Iddio e gradisce che noi lo ringraziamo nelle cose che ci piacciono; ma più si compiace poi quando noi accettiamo con pace le cose avverse. Diceva il p.m. d'Avila: Vale più un benedetto sia Dio nelle cose avverse, che seimila ringraziamenti nelle cose a noi dilettevoli.

 

E dobbiamo uniformarci al divino volere non solo in quelle cose avverse che ci vengono direttamente da Dio, come sono le infermità, le perdite delle robe, la privazione dei parenti o degli amici; ma anche in quelle, che sebbene anche Dio le vuole, poiché quanto accade nel mondo tutto vien disposto da Dio, nondimeno ci vengono da Dio indirettamente, cioè per mezzo degli uomini, come le ingiustizie, le infamazioni, le calunnie, le ingiurie e tutte le altre sorti di persecuzioni. Ma come? Vuole Dio che gli altri pecchino con offenderci nella roba o nell'onore? No, capite bene, non vuole già Dio il peccato di coloro, ma ben vuole che noi soffriamo quella perdita, quella umiliazione; e vuole che noi allora ci uniformiamo alla sua volontà.

 

Bona et mala... a Deo sunt3. Tutti i beni, come sono le robe, gli onori, e tutti i mali, come sono le infermità, le persecuzioni, vengono da Dio. Ma notate che la scrittura intanto li chiama mali, perché noi per la nostra poca uniformità alla volontà di Dio li chiamiamo mali e disgrazie; ma in verità se noi li accettassimo come dovremmo, con rassegnazione dalle mani di Dio, diventerebbero per noi non già mali, ma beni. Le gioie che rendono più ricca la corona de' santi in cielo, sono le tribolazioni sofferte con pazienza per Dio, pensando che tutto viene dalle sue mani. Il s. Giobbe, quando gli fu portata la nuova che i sabei si aveano prese le sue robe, che rispose? Dominus dedit, Dominus abstulit4. Non disse già, il Signore mi ha date le robe, ed i sabei me le han tolte; ma il Signore me le ha date, ed il Signore me le ha tolte: e perciò lo benedicea, pensando che tutto era accaduto per divino volere: Sicut Domino placuit, ita factum est; sit nomen Domini benedictum5. I santi martiri Epitetto ed Atone, essendo tormentati dal tiranno con uncini di ferro e torce ardenti, altro non diceano: Signore, si faccia in noi la vostra volontà; e morendo, queste furono le ultime loro parole: Siate benedetto, o Dio eterno, poiché ci date la grazia di adempire in noi il vostro beneplacito.

 

Non contristabit iustum, quidquid ei acciderit6. Un'anima che ama Dio non si conturba per qualunque


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accidente sinistro che avviene. Narra Cesario1 che un certo monaco, benché non facesse vita più austera degli altri, nondimeno facea molti miracoli. Di ciò maravigliandosi l'abate, gli domandò un giorno quali opere sante egli praticasse? Rispose ch'esso era imperfetto più degli altri, ma che tutta la sua attenzione era ad uniformarsi alla divina volontà. E di quel danno, ripigliò l'abate, che giorni sono ci fece quel nemico nel nostro podere, voi non ne aveste dispiacere? No, padre mio, disse, anzi ne ringraziai il Signore, mentre egli tutto fa o permette per nostro bene. E da ciò l'abate conobbe la santità di questo buon religioso. Così dobbiamo praticare ancora noi in tutte le cose contrarie che ci avvengono; diciamo sempre: Ita Pater, quoniam sic fuit placitum ante te2. Signore, così è piaciuto a voi, così sia fatto.

 

Chi fa così gode la pace che nella nascita di Gesù Cristo annunziarono gli angeli agli uomini di buona volontà, cioè a coloro che tengono unita la loro volontà a quella di Dio. Questi godono quella pace, come dice l'apostolo, che avanza tutti i piaceri del senso: Pax Dei quae exsuperat omnem sensum3. Pace grande e pace stabile, che non è soggetta a vicende: Stultus sicut luna mutatur, sanctus in sapientia manet sicut sol4. Lo stolto, cioè il peccatore si muta come la luna, che oggi cresce domani manca: oggi si vede ridere da pazzo, domani piange da disperato: oggi tutto umile e mansueto, domani superbo e furibondo: in somma il peccatore si muta come si mutano le cose prospere o avverse che gli accadono. Ma il giusto è come il sole, sempre eguale a se stesso, e sempre sereno in ogni cosa che avviene. Nella parte inferiore non potrà evitar di sentire qualche dispiacenza delle cose contrarie che gli succedono, ma quando egli terrà unito il suo volere a quello di Dio, niuno potrà privarlo di quel gaudio spirituale che non è soggetto alle vicende della vita presente: Gaudium vestrum nemo tollet a vobis5.

 

Chi riposa nella divina volontà è simile ad un uomo che sta collocato di sopra alle nuvole; egli vede e sente i lampi, i tuoni e le tempeste che di sotto infuriano: ma niente resta da quello offeso o turbato. E come mai può restar turbato, se gli succede sempre quello che egli vuole? Chi non vuol altro, se non quello che piace a Dio, egli ottiene sempre quanto vuole; perché quando accade tutto accade per volontà di Dio. Le persone rassegnate, dice Salviano, se sono di bassa condizione, tali esser vogliono: se patiscono povertà, vogliono esser povere: in somma, perché vogliono tutto quel che vuole Iddio, perciò stanno sempre contente: Humiles sunt, hoc volunt; pauperes sunt, paupertate delectantur; itaque beati dicendi sunt. Viene il freddo, il caldo, la pioggia, il vento; e chi sta unito alla volontà di Dio, dice: voglio questo freddo, questo caldo: voglio che piova, che faccia vento, perché così vuole Dio. Viene quella perdita, quella persecuzione, quell'infermità, viene anche la morte, e quegli dice: io voglio questa perdita, questa persecuzione, questa infermità, voglio anche la morte, quando viene, perché così vuole Dio. E qual maggior


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contento può avere una persona, che cerca di dar gusto a Dio, che abbracciare con pace quella croce che Dio le manda, sapendo che abbracciandola con pace a Dio il maggior gusto che gli può dare? S. Maria Maddalena de' Pazzi in sentir solo nominare volontà di Dio, era tanto il gaudio che internamente ne provava, che usciva fuori di sé e andava in estasi.

 

All'incontro che pazzia è quella di coloro che ripugnano al volere di Dio; ed in vece di ricever le tribolazioni con pazienza, si arrabbiano e s'imperversano contro Dio, trattandolo da ingiusto o da crudele! Forse col resistere al divino volere non avverrà quel che Dio vuole? Voluntati enim eius quis resistet1? Miseri! Colla loro impazienza minorano forse la croce che Dio lor manda? No, la fanno più pesante, ne raddoppiano la pena. Quis resistit ei, et pacem habuit2? Pazzia! Rassegniamoci noi alla divina volontà, e così renderemo più leggiera la croce, ed acquisteremo grandi meriti per la vita eterna. Questo è quel che intende Iddio, quando ci tribola, intende di vederci santi: Haec est voluntas Dei sanctificatio vestra3. Egli non ci manda le croci perché ci vuol male, ma perché ci vuol bene, e vede che quelle giovano alla nostra salute: Omnia cooperantur in bonum4. Anche i castighi non ci vengono da Dio per nostra ruina, ma per nostro bene, affinché ci emendiamo de' nostri vizj: Ad emendationem, non ad perditionem nostram evenisse credamus5. Il Signore ci ama tanto, che non solo desidera, ma è sollecito del nostro bene: Dominus, diceva Davide, solicitus est mei6.

 

Abbandoniamoci dunque sempre nelle mani di quel Dio, il quale tanto desidera, ed ha tanta cura della nostra eterna salute: Omnem solicitudinem vestram proiicientes in eum, quoniam ipsi cura est de vobis7. Chi vive abbandonato nelle mani di Dio farà una vita contenta ed una morte santa. Chi muore tutto rassegnato nella divina volontà, muore da santo. Ma chi in vita non sarà stato unito al volere di Dio, non lo sarà neppure in morte, e non si salverà. Questa dunque ha da essere la mira di tutti i nostri pensieri nella vita che ci resta, l'adempire la volontà di Dio. A questo fine dobbiamo indirizzare tutte le nostre divozioni, le meditazioni, le comunioni, le visite al ss. sacramento e tutte le nostre preghiere; pregando sempre Dio che ci insegni e ci faccia eseguire la sua volontà: Doce me facere voluntatem tuam8. Ed insieme offeriamoci ad accettare senza riserba quanto egli di noi dispone, pregandolo coll'apostolo: Domine, quid me vis facere9? Signore, ditemi quel che volete da me, che tutto voglio farlo. Ed in ogni cosa poi, o piacevole o sinistra, teniamo sempre in bocca la preghiera del Pater noster: Fiat voluntas tua; replicandola spesso e con affetto di cuore più volte il giorno. Felici noi, se viviamo e terminiamo la vita dicendo: Fiat, fiat voluntas tua.

 




3 Ioan. 6. 38.

4 Rom. 5. 5.

5 1. Ioan. 3. 14.

6 Psal. 29. 6.

7 Coloss. 3. 14.

1 Matth. 12. 50.

2 Matth. 6. 10.

3 Act. 9. 6.

4 Act. 9. 15.

5 Prov. 23. 26.

6 Psal. 107. 2.

1 Psal. 142. 10.

2 Act. 13. 22.

3 Eccl. 11. 14.

4 Iob. 1. 21.

5 Ibid. vers. 21.

6 Prov. 12. 21.

1 Lib. 10. c. 6.

2 Matth. 11. 26.

3 Philip. 4. 7.

4 Eccl. 27. 12.

5 Ioan. 16. 22.

1 Rom. 9. 19.

2 Iob. 9. 4.

3 1. Thess. 4. 3.

4 Rom. 8. 28.

5 Iudith. 8. 27.

6 Psal. 29. 18.

7 1. Petr. 5. 7.

8 Psal. 142. 10.

9 Act. 9. 6.




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