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S. Alfonso Maria de Liguori
Sermoni compendiati

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SERMONE XXXIII. - PER LA DOMENICA IV. DOPO PENTECOSTE

 

La morte è certa ed è incerta.

Laxate retia vestra in capturam. (Luc. 5. 4.)

 

Nell'odierno vangelo abbiamo che essendo Gesù Cristo un giorno salito sopra una barca, ed avendo inteso

 


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da s. Pietro che esso co' suoi compagni avean faticato tutta la notte e non aveano preso pesce, gli disse: Duc in altum et laxate retia vestra in capturam. Così essi fecero, e spinta la barca in mezzo al mare e gittate le reti, presero tanta quantità di pesci, che stava per rompersi la rete. Cristiani fratelli miei, noi siamo questi che Dio ha posti in mezzo al mare della presente vita, e ci ha comandato a gittar la rete a fine di prendere pesci, cioè di fare opere buone per acquistarci meriti per la vita eterna. Beati noi, se adempiamo questo fine e ci salviamo! Ma poveri noi, se in vece di acquistar meriti per il paradiso, peccando ci facciamo meriti per l'inferno e ci danniamo. L'evento della nostra felicità o infelicità eterna si ha da vedere nel punto della nostra morte, la quale è certa ed incerta. Il Signore ci fa sapere che ella è certa, acciocché noi ci apparecchiamo a quella; all'incontro vuole che sia incerta in quanto al tempo, nel quale ha da venire, affinché vi stiamo sempre apparecchiati. Due punti di somma considerazione.

 

Punto I. È certo che abbiamo da morire;

 

Punto II. È incerto il quando abbiamo da morire.

 

PUNTO I. È certo che abbiamo da morire.

 

Statutum est hominibus semel mori1. È fatta la sentenza per ciascuno di noi, tutti abbiamo da morire. Dice s. Cipriano che tutti nasciamo col capestro alla gola; ond'è che quanti passi diamo, tanto ci accostiamo alla forca. La forca di ognuno di noi sarà quell'ultima infermità che ci ha da togliere la vita. Siccome dunque, fratello mio, un giorno voi siete stato scritto nel libro del battesimo, così avrete un altro giorno da essere scritto nel libro de' morti. Siccome ora voi nominando i vostri antenati, dite la buona memoria di mio padre, di mio zio, di mio fratello; così i posteri avranno da dire anche di voi, quando sarete all'altro mondo. E siccome avete più volte udito per gli altri suonare a morto, così gli altri avran da sentir suonare per voi.

 

Tutte le cose future per gli uomini che vivono, sono incerte, ma la morte è certa. Dice s. Agostino: Cetera nostra bona et mala incerta sunt, sola mors certa est. È incerto se quel fanciullo dovrà esser povero o ricco, se avrà buona o cattiva sanità, se avrà da morire giovane o vecchio. Ma è certo che ha da morire, ancorché sia nobile, ancorché figlio di monarca. Ed alla morte, quando arriva l'ora, non vi è chi le possa resistere. Soggiunge lo stesso s. Agostino2: Resistitur ignibus, undis, ferro, resistitur regibus; venit mors, quis ei resistit? Si resiste agli incendj, alle alluvioni, alle spade de' nemici, alla potenza de' principi; ma chi può resistere alla morte? Un certo re di Francia, come narra il Belluacense, giunto in fine di vita disse: «Ecco che io con tutta la mia potenza non posso ottenere che la morte mi aspetti un'ora di più». No, quando è arrivato il termine della vita, la morte non aspetta neppure per un momento: Constituisti terminos eius qui praeteriri non poterunt3.

 

Si ha da morire. Questa verità non solamente la crediamo, ma la vediamo cogli occhi. In ogni secolo le case, le piazze, e le città si riempiono


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di gente nuova, ed i primi son portati a chiudersi nelle fosse. E siccome per coloro che vissero su questa terra, son finiti i giorni della lor vita; così verrà il tempo, nel quale di tutti noi che ora viviamo, niuno sarà vivo: Dies formabuntur et nemo in eis1. Quis est homo qui vivit et non videbit mortem2? Se alcuno volesse lusingarsi di non avere a morire, costui non solo sarebbe infedele, perché è di fede che tutti abbiam da morire, ma sarebbe pazzo. Noi sappiamo che tutti gli uomini, ancorché potenti, principi, imperatori, dopo qualche tempo finalmente sono morti. E questi or dove sono? Dimanda s. Bernardo: Dic mihi, ubi sunt amatores mundi? e risponde: Nihil ex eis remansit nisi cineres et vermes. Di tanti grandi del mondo, sepolti per altro in mausolei di marmo, che altro di loro ne è rimasto, se non un poco di polvere e quattro ossa spolpate? Sappiamo che tutti i nostri antenati non sono più vivi; questo ci ricordano i loro ritratti, i loro libri di memoria, i letti da loro usati, le vesti che ci hanno lasciate: e possiamo sperare o dubitare di non aver noi forse a morire? Quelli che cento anni fa viveano in questo paese chi più ne è vivo? Tutti stanno all'eternità, o in un eterno giorno di delizie, o in una eterna notte di tormenti; e l'una o l'altra sorte a noi ancora ha da toccare.

 

Ma oh Dio, tutti sappiamo già che abbiamo da morire; ma il male è che noi ci figuriamo la morte così lontana, come non avesse mai da venire, e perciò la perdiamo di vista. Ma o presto o tardi, o ci pensiamo o non ci pensiamo, è certo e di fede che abbiamo da morire, ed ogni giorno ci avviciniamo alla morte: Non enim habemus hic, ci avvisa l'apostolo, manentem civitatem, sed futuram inquirimus3. Non è questa la nostra patria, qui siamo pellegrini che vi stiamo di passaggio: Dum sumus in corpore peregrinamur a Domino4. La patria nostra è il paradiso, se sappiamo acquistarcelo colla grazia di Dio e colle opere nostre. La casa nostra non è quella dove al presente abitiamo, in essa ci stiamo di passaggio; la casa nostra è nell'eternità: Ibit homo in domum aeternitatis suae5. Posto ciò, qual pazzia sarebbe quella d'un venditore, che essendo di passaggio per un paese alieno, procurasse ivi di acquistare beni, case e poderi, e spendendo ivi tutto il suo si riducesse a viver poi miseramente in quello, dove ha da stare in tutta la sua vita? E non è pazzo poi chi pensa a rendersi felice in questo mondo, donde presto ha da sloggiare, e si mette a rischio co' suoi peccati di rendersi infelice nell'altro in cui ha da vivere in eterno?

 

Ditemi, dilettissimi miei, se mai vedeste un condannato a morte che già cammina al patibolo per esservi giustiziato, e costui, in vece di apparecchiarsi alla morte che gli è vicina, andasse per la via guardando le case, quale gli va più a genio, andasse pensando a festini e commedie, buttando parole immodeste, mormorando del prossimo; non direste che il misero è uscito di cervello, oppure che è abbandonato da Dio? E voi ora non camminate già alla morte? Perché pensate solo a contentare i vostri sensi? E perché non


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pensate ad aggiustare i conti che un giorno, il quale forse sarà vicino, avete da rendere nel tribunale di Gesù Cristo? Anime che avete fede, lasciate ai pazzi del mondo pensare a far fortuna su questa terra; pensate voi a far fortuna nell'altra vita, che ha da essere eterna; la vita presente ha da finire e presto ha da finire.

 

Affacciatevi a quella fossa ove stan sepolti i vostri parenti ed amici, e guardate quei cadaveri, ognun dei quali vi dice: Mihi heri et tibi hodie1. Quello che è avvenuto a me ha da succedere un giorno anche a te. Hai da diventare polvere e cenere come son io; ed allora l'anima tua ove si troverà, se prima della morte non hai bene aggiustati i conti con Dio? Ah fratelli miei, se volete viver bene e tener aggiustati i conti per quel gran giorno in cui si ha da decidere la vostra causa della vita o della morte eterna, procurate di vivere in questi giorni che vi restano a vista della morte! O mors, bonum est iudicium tuum2. O come bene giudica le cose e dirige le sue azioni chi le giudica e dirige a vista della morte! La memoria della morte fa perdere l'affetto a tutti i beni di questa terra. Dice s. Lorenzo Giustiniani: Consideretur vitae terminus, et non erit in hoc mundo quid ametur3. Sì che ben disprezza tutte le ricchezze, gli onori ed i piaceri di questo mondo chi pensa che tra poco ha da lasciarlo ed esser buttato in una fossa ad esser pascolo de' vermi.

 

Alcuni discacciano da loro il pensiero della morte, come se sfuggendo di pensare alla morte sfuggissero di morire. Ma no che la morte non può evitarsi; e chi discaccia il pensiero della morte si mette in gran pericolo di fare una mala morte. I santi a vista della morte han disprezzati tutti i beni della terra. Perciò s. Carlo Borromeo teneasi nel tavolino un teschio di morto per mirarlo continuamente. Il cardinal Baronio tenea scritto sull'anello: Memento mori. Il venerabile p. Giovenale Anzia vescovo di Saluzzo sopra un altro teschio tenea scritto il motto: Come io sono, sarai anche tu. I santi solitari, quando si ritiravano ne' deserti o nelle grotte si portavano una testa di morto, a che fine? Per apparecchiarsi alla morte; e così un certo eremita dimandato in morte perché stesse così allegro, rispose: io ho tenuta la morte sempre davanti gli occhi, e perciò ora che è giunta non mi spavento. All'incontro oh come spaventa la morte quando giunge a chi poco vi ha pensato!

 

PUNTO II. È incerto il quando abbiamo da morire.

 

Scrive l'Idiota: Nil certius morte, hora autem mortis nihil incertius. È certo che abbiamo da morire, già sta determinato da Dio l'anno, il mese, il giorno, l'ora ed il momento in cui ciascun di noi dovrà lasciar la terra ed entrare nell'eternità: ma questo momento non ha voluto il Signore che fosse noto a noi; e giustamente dice s. Agostino, perché se Dio facesse conoscere a ciascuno il giorno stabilito della sua morte, ciò darebbe a molti motivo di seguire a peccare colla sicurtà di non morire prima di quel giorno: Si statuisset viam omnibus, faceret abundare peccata de securitate4. E perciò scrive il santo che Dio ci ha nascosto il giorno della morte, acciocché viviamo bene in tutti i giorni: Latet ultimus


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dies, ut observentur omnes dies1. Quindi Gesù Cristo ci esorta: Estote parati, quia qua hora non putatis Filius hominis veniet2. Vuole che sappiamo che la morte ci avverrà quando meno ci pensiamo, acciocché stiam sempre apparecchiati alla morte, come scrive s. Gregorio: De morte incerti sumus, ut ad mortem semper parati inveniamur. S. Paolo parimente ci avvisa che il giorno del Signore, cioè il giorno in cui il Signore ha da giudicarci, verrà a noi di nascosto, come il ladro viene di notte: Dies Domini, sicut fur in nocte, ita veniet3. Giacché dunque, dice s. Bernardo, in ogni tempo ed in ogni luogo la morte può assalirti e toglierti la vita, se vuoi morir bene e salvarti bisogna che in ogni tempo e luogo la stii aspettando: Mors ubique te expectat, tu ubique eam expectabis. E s. Agostino scrive: Latet ultimus dies, ut observentur omnes dies4. Il Signore ci nasconde l'ultimo giorno di nostra vita, accioché in tutti i giorni teniamo aggiustati i conti che abbiamo da rendere in morte.

 

La disgrazia di molti cristiani che si dannano avviene perché molti, anche quei vecchi che sentono avvicinarsi la morte, si lusingano che la morte da essi è lontana, e che quando verrà darà loro tempo di apparecchiarvisi. Scrive s. Gregorio: Dura mente abesse longe mors creditur, etiam cum sentitur5. Uditori miei, così pensate ancora voi? Ma voi che ne sapete, se per voi la morte è lontana o vicina? E come sapete che vi darà tempo di potervi apparecchiare? Quanti ne sappiamo noi morti di subito! Chi camminando, chi sedendo, chi dormendo nel suo letto! Chi mai di costoro credea di avere a morir così? Ma tale è stata la loro morte, e se si son trovati in disgrazia di Dio, dove sono andate a parare le loro misere anime? Povera quell'anima a cui la morte arriva improvvisamente! E dico che tutti coloro che tengono ordinariamente la coscienza imbrogliata, muoiono improvvisamente, ancorché abbiano sette, otto giorni da apparecchiarsi a morir bene; perché difficilmente, come dimostrerò nel sermone quarantesimoquarto, in quei giorni di confusione e di spavento non potranno aggiustar bene i conti facendo una vera conversione a Dio. Ma, replico, può essere che la morte ti assalti in modo che neppure ti dia tempo di prendere i sacramenti. E chi lo sa se fra un'altr'ora sei vivo o morto? Ciò facea tremare Giobbe, dicendo: Nescio enim quandiu subsistam, et si post modicum tollat me Factor meus6. Quindi ci avverte s. Basilio che quando la notte ci mettiamo a riposare, non confidiamo di vedere il giorno di domani: Cum in lectulum ad quiescendum membra tua posueris, noli confidere de lucis adventu7.

 

Quando dunque il demonio ti tenta a peccare, dicendoti che appresso poi te ne confessi e rimedii, rispondigli: e che so io se oggi è l'ultimo giorno della mia vita? E se mai in questo punto mi cogliesse la morte, sì che per me non vi fosse più tempo di confessarmi, che ne sarebbe di me per tutta l'eternità? Oimè a quanti poveri peccatori è succeduto che nello stesso tempo che si cibavano di qualche esca avvelenata, sono stati colti dalla morte e mandati all'inferno?


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Sicut pisces capiuntur hamo, sic capiuntur homines in tempore malo1. I pesci allora appunto vengon presi coll'amo quando si stanno mangiando l'esca, entro cui sta l'amo che è l'istromento della loro morte: In tempore malo, il tempo malo è propriamente quello nel quale attualmente i peccatori offendono Dio. Essi peccando si danno pace e si credono sicuri col pensiero di farsene poi una buona confessione e così rimediare alla loro dannazione; ma la morte loro sopravverrà repentinamente e toglierà loro il tempo di rimediare: Cum enim dixerint, pax et securitas, tunc repentinus eis superveniet interitus2.

 

Gran cosa! Se alcuno dee avere una somma da un altro, cerca presto di cautelarsi, con farsi fare dal debitore l'obbligo scritto, dicendo: e chi sa che può succedere? Può venire una morte ed io perdo il mio danaro. E perché poi tanti non usano la stessa cautela per l'anima loro, la quale importa più di ogni interesse? Perché non dicono lo stesso: e chi sa che può succedere? Se perdono quella somma non perdono tutto, e se la perdono per una via possono riacquistarla per un'altra; ma chi perde l'anima in morte perde tutto e non ha speranza di ricuperarla per altra via. Se si morisse due volte, perdendosi l'anima nella prima potrebbe salvarsi nella seconda; ma no: Statutum est hominibus semel mori3. Notate la parola semel, questo caso della morte una sola volta per ciascuno avviene; chi la sbaglia la prima, l'ha sbagliata per sempre; perciò il dannarsi si chiama errore senza rimedio: Periisse semel aeternum est.

 

Il ven.p. Giovanni d'Avila, uomo santo, apostolo delle Spagne, quando gli fu portata la nuova della morte: P. maestro, la vostra morte è vicina, poco vi resta di vita; che rispose questo gran servo di Dio, che sin da fanciullo avea menata vita santa, come si legge nella sua vita? Rispose tutto tremando di paura: Oh avessi un altro poco di tempo per apparecchiarmi a morire! Così ancora tremava s. Agatone abate, morendo dopo tanti anni di penitenza e diceva: Che ne sarà di me? I giudizj di Dio chi li sa? E tu che dirai, cristiano mio, quando ti sarà portata la nuova della morte, e ti sarà detto dal sacerdote che ti assiste: Proficiscere, anima christiana, de hoc mundo? Anima, presto partiti da questo mondo? Dirai forse: piano, aspettate, lasciatemi meglio apparecchiare? No, presto, la morte non aspetta. E perciò bisogna apparecchiarsi da ora: Cum metu et tremore vestram salutem operamini4. Ci avvisa s. Paolo che se vogliamo salvarci dobbiamo vivere temendo e tremando che non ci trovi la morte in peccato. State attenti, fratelli miei, si tratta di eternità: Si ceciderit lignum ad austrum aut ad aquilonem, in quocumque loco ceciderit, ibi erit5. Se troncandosi l'albero di tua vita cadrai dalla parte dell'austro, cioè della salute eterna, beato te! Quale allegrezza sarà per te il poter dire allora: già son salvo, ho assicurato tutto, non posso perdere più Dio, sarò felice per sempre. Ma se cadrai dalla parte dell'aquilone, della dannazione eterna, che dirai? Dirai disperato:


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Oimè l'ho sbagliata, ed all'errore mio non vi è più rimedio! Via su, fa questa mattina una bella risoluzione dopo questa predica di darti davvero a Dio. Questa risoluzione ti farà fare una buona morte, e ti farà star contento per tutta l'eternità.

 




1 Hebr. 9. 27.

2 In psal. 12.

3 Iob. 14. 5.

1 Psal. 138. 16.

2 Psal. 88. 49.

3 Hebr. 13. 14.

4 2. Cor. 5. 6.

5 Eccl. 12. 5.

1 Eccl. 28. 23.

2 Eccl. 41. 3.

3 De ligno vitae c. 5.

4 S. Aug. in ps. 144.

1 Hom. 12. inter 50.

2 Luc. 12. 40.

3 1. Thess. 5. 2.

4 Hom. 13.

5 Moral. l. 8.

6 32. 22.

7 Inst. ad fil. spirit.

1 Eccl. 9. 12.

2 1. Thess. 5. 3.

3 Hebr. 9. 27.

4 Philip. 2. 12.

5 Eccl. 11. 3.




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