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S. Alfonso Maria de Liguori
Sermoni compendiati

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Primo teatro dell'orto.

 

Dopo aver egli nel giovedì a notte lavati i piedi ai discepoli, dopo aver lasciato a noi se stesso nel ss. sagramento dell'altare in pegno del tenero amore che per noi serbava, giunge all'orto verso la mezza notte, e buttandosi a terra, si mette in orazione. Ivi l'assalta un gran timore, un gran tedio, ed una grande mestizia.

 

Cominciò dunque per prima a sentire un gran timore della morte e delle pene che doveva soffrire: Coepit pavere. Ma come? Non si era egli stesso spontaneamente offerto a tali patimenti? Oblatus est, quia ipse voluit. Non aveva egli tanto desiderato questo tempo della sua passione, avendo poc'anzi detto: Desiderio desideravi hoc pascha manducare vobiscum? E poi allora come apprese tanto timore di sua morte, che giunse a pregare suo Padre a liberarnelo? Pater mi, si possibile est, transeat a me calix iste. Ah sì, che l'amante Signore ben voleva morire per noi, per dimostrarci l'amore che ci portava; ma affinché gli uomini comprendessero a quale acerbità di spasimi, ed a qual mar di dolori egli andava incontro nella sua passione, perciò permise che fosse soprafatto da sì orribile timore: Coepit timere.

 

Coepit taedere: Cominciò anche a sentire gran tedio delle pene che gli erano apparecchiate. Quando v'è tedio, anche le delizie riescono penose. Or quali angoscie unite a tal tedio dovette cagionare a Gesù l'orrido apparato che gli si rappresentò alla mente, di tutti i tormenti interni ed esterni, che in quel resto di vita dovevano fieramente cruciare il corpo e l'anima sua benedetta! Ah sì che allora se gli fecero avanti distintamente tutti i dolori, gli scherni, le ignominie, le infamie, i flagelli, le spine, la croce, e spezialmente se gli fece innanzi quella morte obbrobriosa e desolata che far doveva su l'infame patibolo, abbandonato da tutti, dagli uomini e da Dio, in un mare di dolore e disprezzi. E ciò fu che gli cagionò un tedio così amaro, che l'obbligò a chieder conforto all'eterno suo Padre: Coepit taedere.

 

Ma col timore e col tedio cominciò Gesù a sentire insieme una grande malinconia ed afflizion di animo: Coepit contristari et moestus esse. Ma, Signor mio, non siete voi quello che a' vostri martiri avete data tanta gioia nel patire, che giungevano a disprezzare i tormenti e la morte? e come voi stesso, o Gesù mio, vi eleggeste morendo una tanta mestizia per voi? Ah sì che in quell'istante se gli rappresentarono alla mente tutti i peccati del mondo, le bestemmie, i sacrilegi, le disonestà,


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e tutte le altre colpe che si avevano a commettere dagli uomini dopo la sua morte, ciascuna delle quali venne allora, come una fiera crudele, a lacerargli il cuore nella sua propria malizia. Sicché allora par che dicesse il nostro afflitto Signore colà agonizzante nell'orto: Dunque questa è, o uomini, la ricompensa che voi avete a rendere all'immenso amor mio? Ah sì che il vedere dopo tanti miei spasimi tanti peccati, dopo tanto mio amore tanta ingratitudine, questo è ciò che mi affligge, mi fa mesto fino alla morte, e mi fa sudar vivo sangue: Et factus est sudor eius, sicut guttae sanguinis decurrentis in terram.

 

Ah mio innamorato Gesù, io non vedo in quest'ortoflagellispinechiodi che vi feriscano; e come poi vi miro tutto bagnato di sangue da capo a piedi? Dunque i miei peccati furono il torchio crudele che allora a forza di afflizione e di mestizia spremettero tanto sangue dal vostro cuore? Dunque io ancora fui allora uno de' vostri più crudeli carnefici? Ma a che intrattenerci a parlar con Gesù, mentre Gesù di già ne corre all'amantissima passione? Di fatti ecco Giuda insieme co' giudei e soldati già si avviano per andare a prender Gesù Cristo nell'orto: Gesù già lo vede, e che fa? Stando ancor bagnato di sangue, ed avendo il cuore tutto infiammato d'amore verso di noi, si alza e dice ai tre discepoli che stavano seco: Surgite eamus, ecce qui me tradet1. Andiamo dunque all'incontro ai nemici che vengono a catturarmi. Ed avendoli già incontrati, Giuda si fa innanzi, l'abbraccia e lo bacia. Questo bacio era il segno del tradimento: onde Gesù Cristo glie lo rinfacciò: Iuda, osculo filium hominis tradis2? Rivolto poi a' giudei, disse: Quem quaeritis? quelli risposero: Iesum Nazarenum; e poi l'afferrano senza rispetto, e lo legano come un ribaldo: Comprehenderunt Iesum et ligaverunt eum3. Oimè; un Dio legato come reo! Piange s. Bernardo: O Rex regum, quid tibi et vinculis? le funi toccano a' malfattori, ma non a voi che siete innocente, e il santo de' santi. Mira, dice s. Bonaventura, Intuere, homo, canes illum trahentes.

 

Legato pertanto Gesù Cristo in mezzo a quella canaglia vien cacciato dall'orto, e portato in Gerusalemme al pontefice Caifasso. E i discepoli dove sono? almeno accompagnassero il loro maestro per difenderlo: no, tutti l'hanno abbandonato: Tunc discipuli eius, relicto eo, fugerunt4.

 

Entra dunque di notte in Gerusalemme: al rumore di tanta gente che passa, si svegliano quelli che stavano nelle case, si affacciano alle finestre, e dimandano chi è quel carcerato: e viene risposto loro: è Gesù Nazareno che si è scoperto un impostore, un ingannatore.

 

Vien presentato al pontefice che l'aspettava; quel superbo siede, e Gesù gli sta davanti legato da reo cogli occhi bassi, tutto umile e mansueto. Il pontefice gli domanda, quali cose era andato insegnando; Gesù risponde: Ego palam locutus sum mundo... ecce hi sciunt quae dixerim ego5. Ma dopo una risposta così giusta e mansueta, si fa avanti un manigoldo, e gli un forte schiaffo, dicendogli con furore: Sic respondes pontifici? Ma come una risposta così


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umile meritava un'ingiuria così grande alla presenza di tanta gente? Ed il pontefice, in vece di riprendere quel ministro insolente, tace, e col tacere approva l'ingiuria fatta. Allora Gesù Cristo disse: Si male locutus sum, testimonium perhibe de malo; si autem bene, quid me caedis1?

 

Indi Caifasso scongiurò il Signore, in nome di Dio, a confessargli se egli era vero figlio di Dio: Adiuro te per Deum vivum, ut dicas mihi, si tu es Christus filius Dei2. Il Signore, sentendo il nome di Dio, rispose la verità, e disse: Ego sum, io sono, ed un giorno mi vedrete sedere alla destra del Padre, e venire sulle nuvole del cielo a giudicare il mondo. Ciò udendo Caifasso, in vece di gittarsi colla faccia a terra per adorare il Figlio di Dio, si stracciò le vesti sclamando che Cristo avea bestemmiato: Blasphemavit; e rivolto a' sacerdoti suoi compagni, disse: Nunc auditis blasphemiam; quid vobis videtur3? Ed allora tutti quelli risposero ch'era reo di morte: Reus est mortis. Sì, mio Salvatore, ben siete reo di morte, mentre avete voluto obbligarvi a pagare la pena de' nostri peccati.

 

Allora lo presero i manigoldi, e come uomo già condannato a morte cominciarono a sputargli in faccia e maltrattarlo con pugni e schiaffi: Tunc expuerunt in faciem eius et colaphis eum caeciderunt; alii autem palmas in faciem eius dederunt4. E deridendolo da falso profeta, gli coprivano la faccia e poi gli dicevano: Prophetiza nobis, Christe, quis te percussit?

 

Venuta la mattina, al far del giorno condussero Gesù a Pilato per farlo condannare a morte; ma Pilato non trovando ragione di condannarlo lo dichiarò innocente: Nihil invenio causae in hoc homine5. Ma perché i giudei insistevano, mandò Gesù C. a farlo giudicare da Erode. Erode si rallegrò in vedersi Gesù avanti per la curiosità che avea di vedere qualche miracolo di que' tanti che avea inteso essere stati fatti dal Signore. Onde gli fece più dimande, ma Gesù non mai gli rispose; perlocché il re superbo lo fe' vestire da pazzo con una veste bianca, ed in questa forma lo rimandò a Pilato, facendolo burlare e dispregiare per via da tutta la sua corte: Sprevit autem illum Herodes cum exercitu suo, et illusit indutum veste alba, et remisit ad Pilatum6. O Figlio di Dio, o Sapienza eterna, quest'altro dispregio vi mancava, di esser trattato da pazzo!

 

Vedendo Pilato che per liberarsi dal condannare quell'innocente non gli era giovato mandarlo ad Erode, pensò di liberarlo per altra via. In quel tempo di pasqua il popolo avea la libertà di ottenere la liberazione di un reo, onde propose al popolo chi volessero liberato, Gesù Cristo, o Barabba omicida e scelerato; ma il popolo aizzato dalla rabbia de' sacerdoti, che voleano morto Gesù Cristo, esclamò: Non hunc, sed Barabbam7. Ecco dunque quel che succede ad un uomo che commette un peccato mortale: allora gli è proposto chi vuole, Gesù Cristo, o quel peccato, quella vendetta, quel piacere ec. Quando il consenso al peccato, allora dice: Non hunc, sed Barabbam.

 

Pilato, dopo che vide non essergli


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riuscito il mezzo di proporre Gesù con Barabba, pensò di farlo flagellare, e poi liberarlo: Emendatum ergo illum dimittam1. Ed eccoci al secondo teatro delle pene di Gesù Cristo: Tunc ergo apprehendit Pilatus Iesum, et flagellavit2. Quanto avrebbe meno patito il Signore, se Pilato ne avesse avuta minor compassione, e l'avesse condannato subito a morir crocifisso! tutto servì per accrescere gli strazj al nostro Salvatore.

 




1 Marc. 14. 32.

2 Luc. 22. 48.

3 Io. 18. 12.

4 Marc. 14. 50.

5 Io. 18. 20. 21.

1 Io. 18. 28.

2 Matth. 26. 63.

3 Matth. 26. 65.

4 Matth. 67. 68.

5 Luc. 2. 23.

6 Luc. 23. 11.

7 Matth. 27.

1 Luc. 23. 15.

2 Io. 19. 1.




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