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S. Alfonso Maria de Liguori
Apparecchio alla Morte

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PUNTO III

«Ibit homo in domum aeternitatis suae»:1 dice il profeta, «ibit», per dinotare che ciascuno anderà a quella casa, dove vuole andare; non vi sarà portato, ma esso vi anderà di propria volontà. È certo che Dio vuol tutti salvi, ma non ci vuole salvi per forza. «Ante hominem vita, et mors».2 Ha posta avanti ad ognuno di noi la vita e la morte, quella ch'eleggeremo, ci sarà data: «Quod placuerit ei, dabitur illi» (Eccli. 15. 18). Dice finalmente3 Geremia che il Signore ci ha date due vie


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da camminare, una del paradiso e l'altra dell'inferno: «Ego do coram vobis viam vitae, et mortis» (Ier. 21. 8). A noi sta di scegliere. Ma chi vuol camminare per la via dell'inferno, come mai potrà ritrovarsi poi giunto al paradiso? Gran cosa! tutti i peccatori si voglion salvare, e frattanto si condannano da se stessi all'inferno con dire, spero di salvarmi. Ma chi mai, dice S. Agostino,4 trovasi così pazzo, che voglia prendersi il veleno colla speranza di guarirsi? «Nemo vult aegrotare sub spe salutis». E poi tanti cristiani, tanti pazzi, si danno la morte peccando con dire: Appresso penserò al rimedio! O inganno che ne ha mandati tanti all'inferno!

Non siamo noi così pazzi come questi; pensiamo che si tratta d'eternità. Quante fatiche fanno gli uomini per farsi una casa comoda, ariosa e in buon'aria, pensando che vi han da abitare per tutta la loro vita? E perché poi sono così trascurati, trattando di quella casa, che loro toccherà in eterno? «Negotium pro quo contendimus, aeternitas est», dice S. Eucherio;5 non si tratta d'una casa più o meno comoda, più o meno ariosa, si tratta di stare o in un luogo di tutte le delizie tra gli amici di Dio, o in una fossa di tutti i tormenti tra la ciurma infame di tanti scelerati,6 eretici, idolatri. E per quanto tempo? non per venti, o per quarant'anni, ma per tutta l'eternità. È un gran punto. Non è questo negozio di poco momento, è un negozio che importa tutto. Quando Tommaso Moro7 fu condannato a morte da Arrigo VIII, Luisa


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sua moglie andò a tentarlo di consentire al volere di Arrigo; egli le disse allora: Dimmi, Luisa, già vedi ch'io son vecchio, quanti anni potrei aver di vita? Rispose la moglie: Voi potreste vivere venti altri anni. O sciocca mercantessa, ripigliò allora Tommaso, e per venti altri anni di vita su questa terra vuoi che perda un'eternità felice, e mi condanni ad una eternità di pene?

O Dio, dacci8 lume. Se il punto dell'eternità fosse una cosa dubbia, fosse un'opinione solamente probabile, pure dovressimo9 metter tutto lo studio per viver bene, acciocché non ci ponessimo al pericolo di essere eternamente infelici, se mai quest'opinione si trovasse vera; ma no, che questo punto non è dubbio, ma certo; non è opinione, ma verità di fede: «Ibit homo in domum aeternitatis suae».10 Oimè che la mancanza di fede, dice S. Teresa,11 è quella che è causa di tanti peccati e della dannazione di tanti cristiani. Ravviviamo dunque sempre la fede, dicendo: «Credo vitam aeternam». Credo che dopo questa vita vi è un'altra vita, che non finisce mai; con questo pensiero sempre avanti gli occhi prendiamo i mezzi per assicurare la nostra salute eterna. Frequentiamo i sagramenti, facciamo la meditazione ogni giorno e pensiamo alla vita eterna; fuggiamo le occasioni pericolose. E se bisogna lasciare il mondo, lasciamolo, perché non vi è sicurtà che basta12 per assicurare questo gran punto dell'eterna salute. «Nulla nimia securitas, ubi periclitatur aeternitas» (S. Bernardo).13


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Affetti e preghiere

Dunque, mio Dio, non vi è via di mezzo; o dovrò io esser sempre felice, o sempre infelice: o in un mar di contenti, o in un mare di tormenti: o sempre con voi in paradiso, o sempre lontano e separato da voi nell'inferno. E quest'inferno so certo che tante volte me l'ho meritato: ma so certo ancora che voi perdonate chi si pente e liberate dall'inferno chi spera in voi. Voi me ne assicurate: «Clamabit ad me... eripiam eum, et glorificabo eum» (Ps. 90).14 Presto dunque, Signor mio, presto perdonatemi e liberatemi dall'inferno. Mi pento, o sommo bene, sopra ogni male di avervi offeso. Presto restituitemi nella vostra grazia, e datemi il vostro santo amore. Se ora stessi15 nell'inferno, non potrei più amarvi; vi avrei da odiare per sempre; ah mio Dio, e che male m'avete fatto Voi, che vi avessi da odiare? Voi mi avete amato sino alla morte? Voi siete degno d'infinito amore. O Signore, non permettete, ch'io più mi separi da Voi. Io v'amo, e vi voglio sempre amare. «Quis me separabit a caritate Christi16 Ah Gesù mio, solo il peccato mi può separar da Voi, deh non lo permettete, per quel sangue che avete sparso per me. Fatemi prima morire. «Ne permittas me separari a te».17

Regina e Madre mia, aiutatemi colle vostre preghiere; ottenetemi prima la morte e mille morti, ch'io abbia più a separarmi dall'amore del vostro Figlio.




1 [23.] Eccle., 12, 5.



2 [27.] Eccli., 15, 18.



3 [29.] finalmente) similmente ND1 VR ND3 BR1 BR2.



4 [6.] Ps. AUGUSTINUS, De fide ad Petrum sive de regula verae fidei, c. III, n. 40; PL 40, 766: «Nullus hominum debet sub spe misericordiae Dei in suis diutius remanere peccatis; cum etiam in ipso corpore nemo velit sub spe salutis aegrotare». I critici odierni ne ritengono autore S. FULGENTIUS Ruspensis, De fide seu de regula verae fidei ad Petrum, c. III, n. 38; PL 65, 690 (cfr. Glorieux, 27).



5 [16.] SINISCALCHI L., La scienza della salute eterna, Introduzione; Venezia 1786, ed. VII, p. 13-14: «Sofia, santissima matrona e madre di s. Clemente vescovo di Ancira, vedendo le crudelissime persecuzioni di Diocleziano e Massimiano e temendo che suo figlio non prevaricasse per l'atrocità de' tormenti, come l'avvalorò? con una massima eterna: Figlio, gli disse, avverti bene che qui si tratta di eternità: Negotium pro quo contendimus, vita aeterna est». Cfr. SYMEON METAPHRASTES, Vita et certamen s. Clementis Ancyrani, c. I, n. 5; PG 114, 818: La madre Sofia gli disse: «Para ergo te ipsum et ad magni animi virtutem tuam incita animam, ne te imparatum offendant certamina. Non enim adversus hostes contemnendos, neque de rebus levibus est decertatio… agitur autem de vita aeterna et honore, aut rursus de dedecore, quod numquam terminatur et supplicio». Vedi pure Acta SS. Bolland., 23 ianuar.; III, Parisiis 1863, 71 ss.



6 [19.] scelerati) scellerati VR BR1 BR2.



7 [22.] SANDERUS N., De origine ac progressu schismatis anglici, I, Romae 1586, 138: «Et quam diu, Aloysia, potero hac

vita frui? Tum illa: Totis viginti annis, mi vir si Deus voluerit. Vis ergo, ait Morus, ut aeternitatem viginti annis commutem? Nam tu imperita es mercatrix, mea uxor; nam si annorum viginti millia diceres aliquid tu diceres, sed ad aeternitatem quid essent?»



8 [7.] dacci) dateci VR BR1 BR2.



9 [8.] Dovremmo.



10 [12.] Eccle., 12, 5.



11 [13.] S. TERESA, Cammino di perfezione, c. 30; Op. spirit., I, Venezia 1680, 205: «O Dio buono! che fa l'aver così addormentata la fede per l'uno, e per l'altro, che né finiamo d'intendere quanto certo avremo il castigo, né quanto certo il premio». Cfr. Obras, III, Burgos 1916, 140.



12 [20.] basta) basti BR2.



13 [22.] ENGELGRAVE H., Lux evangelica, Emblema I, par. 4; I, Coloniae Agrippinae 1677, 11: «Haec nos semper et ubique sollicitos teneat illudque melliflui Doctoris pro aculeo animis infixum haereat: Nulla satis magna securitas, ubi periclitatur aeternitas». Cfr. DREXELIUS, op. cit.; I, Lugduni 1658, 31; CRASSET G., La morte dolce e santa, Venezia 1743, 215. L'autore de I prodigi della grazia espressi nella conversione di alcuni grandi peccatori morti da veri penitenti nel monastero della Troppa, Ragguaglio della morte di don Zozimo; Firenze 1715, trad. dal francese, 58, attribuisce il predetto testo a S. Gregorio M.



14 [8.] Ps., 90, 15.



15 [11.] stessi) stassi ND1 VR ND3 BR1 BR2.



16 [16.] Rom., 8, 35: «Quis ergo nos separabit a caritate Christi?»



17 [19.] Oratio: Anima Christi. Si ritiene in genere s. Ignazio di Loiola autore di questa preghiera ma non è sua; è più antica e si conoscono diverse versioni (cfr. P. LETURIA, Libros de Horas, Anima Christi y Ejercicios espirituales de S. Ignacio, in Arch. historicum Soc. Iesu, 17 (Roma 1948), 3 ss.).






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