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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Storia delle Eresie

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§. 2. Si risponde alle obbiezioni.

 

8. Si oppone per primo il passo di s. Dionisio nella lettera a Caio: Deo viro facto unam quamdam theandricam, seu deivirilem operationem expressit in vita. Si risponde con Sofronio che questo luogo fu corrotto dai Monoteliti; poiché, in vece di leggere unam quamdam, dovea leggersi novam quamdam theandricam operationem. Ciò fu ben avvertito nel concilio lateranese III., in cui s. Martino impose a Pascasio notaio di leggere l'esemplare grande, e si trovò novam quamdam etc.: la qual lezione niente si oppone al dogma cattolico, e può spiegarsi in due buoni sensi. Il primo è questo, come dice s. Giovan Damasceno2: che ogni operazione fatta da Cristo, o colla natura divina, o colla umana, si chiama teandrica, deivirile, perché tutte sono operazioni di un uomo Dio, e tutte si attribuiscono alla persona che termina insieme la natura divina e l'umana. Il secondo senso, secondo Sofronio e s. Massimo, è questo: che la nuova operazione teandrica, di cui parla s. Dionisio, debba restringersi a quelle sole operazioni di Cristo, in cui concorreva la natura divina e l'umana, e perciò distingueano in Cristo tre sorte di operazioni: 1. quelle ch'erano puramente della natura umana, come il camminare, mangiare, sedere: 2. quelle ch'erano puramente


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della natura divina, come il rimettere i peccati, il far miracoli e simili: 3. quelle che procedeano da ambe le nature, come il sanare i morbi col tatto, risuscitare i morti colla voce ecc., e di quest'ultima sorta di operazioni si spiegava il luogo di s. Dionisio.

 

9. Si oppone per 2. s. Atanasio1 che ammise voluntatem deitatis tantum. Ma si risponde che ciò non escludea la volontà umana, ma solo la volontà contraria che nasce dal peccato, come consta da tutto il contesto. Si oppone per 3. s. Gregorio Nazianzeno2 che scrisse: Christi velle non fuisse Deo contrarium, utpote deificatum totum. Si rispose da s. Massimo e dal papa Agatone che senza dubbio s. Gregorio ammettea due volontà, e con ciò non altro volle dire se non che la volontà umana di Cristo non fu contraria alla divina. Si oppone per 4. s. Gregorio Nisseno che contra Eunomio scrisse: Operatur vere deitas per corpus quod circa ipsam est omnium salutem, ut sit carnis quidem passio, Dei autem operatio. Si rispose nel concilio VI. che il santo, attribuendo all'umanità il patire, già ammise che Cristo operò secondo l'umanità; soltanto volle s. Gregorio provare contro Eunomio che i patimenti e le operazioni di Cristo secondo l'umanità han ricevuto un sommo valore dalla persona del Verbo che questa umanità sostentava; e perciò al Verbo attribuivansi queste operazioni. Si oppone per 5. s. Cirillo Alessandrino3, il quale dice che Cristo dimostrò unam quamdam cognatam operationem. Si risponde che il santo, come consta dal contesto, parla de' miracoli di Cristo, ne' quali operava la natura divina colla sua onnipotenza, e l'umana per lo contatto imperato dalla sua volontà umana; e così la stessa opera si chiama dal santo una certa opera associata. Opponeano per 6. molti padri, che hanno chiamata la natura umana di Cristo istromento della divinità. Si rispondea non aver mai tali padri inteso che l'umanità di Cristo fosse un istromento inanimato che niente operava da sé, come diceano i Monoteliti; ma solo voleano dire che, essendo unita l'umanità al Verbo, apparteneva al Verbo il governarla come sua, ed operava per mezzo delle di lei facoltà. Opponeano in fine alcuni passi di Giulio papa, di s. Gregorio Taumaturgo ed alcuni scritti di Menna a Vigilio e di Vigilio a Menna. Ma si rispondea che quei luoghi erano merci di Apollinaristi e di Eutichiani, non già di tali santi. E gli scritti di Menna e Vigilio nell'azione 14 del concilio VI. si dimostrarono supposti da' Monoteliti. In quanto poi all'autorità che anche opponeano di Onorio papa, già si disse nella storia delle eresie al capo VII. num. 8. e 15. che Onorio errò nel modo, ma non già nel dogma.

 

10. Opponeano inoltre varie ragioni i Monoteliti per la loro eresia. Diceano per 1. che se in Cristo ammetteansi due volontà, bisognava ammettere contrarietà fra di loro. Ma si rispondea da' cattolici esser falso che la volontà umana di Cristo fu per sé contraria alla divina. Avendo egli assunta la nostra natura, ma non la colpa, si è fatto bensì simile a noi, ma senza peccato, come scrisse s. Paolo: Tentatum autem per omnia pro similitudine, absque peccato4. E perciò non ebbe mai moti, come gli abbiamo noi, contro la divina legge, ma la sua volontà fu sempre uniforme alla divina. E qui distinguono i santi padri la volontà naturale, che è la facoltà di volere, e la volontà arbitraria, che è la facoltà di voler bene o male alcuna cosa. Cristo ebbe sì bene l'umana volontà naturale, ma non l'arbitraria di poter volere il male; mentr'egli volle, né potea volere che il solo bene, ed il bene più conforme al volere divino: ond'egli dicea: Ego quae placita sunt ei facio semper5. E per non distinguere i Monoteliti queste due volontà, perciò, dice s. Giovan Damasceno, han negata a Gesù Cristo la volontà umana: Sicut origo erroris Nestorianorum et Eutichianorum fuit,


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quod non satis distinguerent personam et naturam; sic et Monothelitis, eo quod nescirent quid inter voluntatem naturalem et personalem, sive arbitrariam discriminis interesset, hoc in causa fuisse ut unam in Christo dicerent voluntatem1.

11. Diceano per 2. che dove una sola è la persona, non vi può essere che una sola volontà; perché uno è il movente, ed una dev'essere la facoltà per cui move egli le potenze inferiori. Ma si risponde che dove una è la persona ed una la natura, non vi può essere che una sola volontà ed una operazione; ma dove vi è una persona e due nature perfette, come in Cristo vi era la divina e l'umana, ivi debbonsi riconoscere due volontà e due operazioni distinte corrispondenti alle due nature. E ben aggiungeano che le volontà e le operazioni non si moltiplicano, secondo si moltiplicano le persone; poiché nel caso che una sola natura è terminata da più persone, come avviene nella ss. Trinità, in questa natura non vi è che una sola volontà e sola operazione comune a tutte le persone che la terminano. E qui corre la ragione de' Monoteliti, perché allora uno solo è il movente. Ma l'opposto accade quando una è la persona e due le nature; perché allora il movente, benché sia solo, dee non però muover le due nature, per le quali opera, e perciò due sono le volontà e due le operazioni.

 

12. Diceano per 3. che le operazioni sono delle persone, e per conseguenza dove vi è una sola persona, non vi può esser che una sola operazione. Si risponde che non sempre quando vi è una persona, vi è anche una sola facoltà operatrice, ma quando più sono le persone, più sono le facoltà operatrici. In Dio vi sono tre persone; ma una è l'operazione comune a tutte, perché una ed indivisa è in Dio la natura. Ma in Gesù Cristo, perché in esso due sono le nature distinte, perciò due sono le volontà per cui opera, e due le operazioni corrispondenti alle due nature. E sebbene tutte le operazioni, tanto quelle della natura divina, quanto quelle dell'umana, si attribuiscono al Verbo che termina e sostiene le due nature, non perciò la volontà e l'operazione della divina debbon confondersi con quelle dell'umana; siccome neppure le due nature restan confuse dall'esser una sola la persona che le termina.

 




2 L. 3. de fide orth. c. 19.

1 In l. de Adv. Chr.



2 Orat. 2. de Filio.



3 L. 4. in Ioan.



4 Hebr. 4. 15.



5 Io. 8. 29.

1 Vide Orat. de duab. Christi volunt.






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