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S. Alfonso Maria de Liguori
La vera Sposa di Gesù Cristo

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Introduzione

"La vera sposa di Gesù Cristo", comunemente nota col sottotitolo di "Monaca santa", è una delle più belle opere spirituali di sant'Alfonso de Liguori (1696-1787). Apparve a Napoli nel 1760-1761 in due volumi, che non formano però due parti distinte.

Il libro, ritenuto il migliore trattato di perfezione del Settecento ecclesiastico, appartiene alla maturità del Dottore zelantissimo, che lo compose a 64 anni nel collegio di Pagani (Salerno). La stesura era stata preceduta da un trentennio di predicazione di esercizi spirituali ai molteplici monasteri o conservatori napoletani, ove dimoravano Suore Carmelitane, Clarisse, Redentoriste, Benedettine, Domenicane, Visitandine, ecc. Non nacque quindi a tavolino come studio o semplice elaborazione di appunti personali. Non è un monologo arido, ma una specie di dialogo a largo respiro con battute frizzanti.

L'opera, organica pur senza essere chiusa nei soliti schemi, riassume in 24 capitoli, distribuiti spesso in paragrafi, le più copiose esperienze dell'infaticabile scrittore missionario. Vi si riflette forse più che in altri scritti il clima monastico di quel periodo inquieto, che si dibatteva tra il rigorismo teorico e il lassismo pratico. Certi atteggiamenti austeri possono sembrare strani o per lo meno esagerati alla mentalità moderna. Si tratta invece di una situazione allora concreta: le analisi psicologiche procedono da casi non ipotetici, ma reali, che denunziano uno stato di decadimento, derivato da troppe vocazioni non spontanee a causa del deprecato maggiorasco in vigore. Le monache coriste in grandissimo numero titolate, dette "donne nobili", già nel '600 si erano create un ambiente di agi eccessivi sino a disporre di una serva, in contrasto con la povertà dello Sposo crocifisso!

L'aristocrazia feudale manteneva le sue ingerenze interessate, nonostante il divieto dei decreti pontifici, fomentandovi il lusso con disappunto dei vescovi locali. Gli storici potrebbero agevolmente rilevare che nei conventi femminili settecenteschi la cultura ascetica languiva e la pietà era diventata un appannaggio, salvo lodevoli eccezioni. Non è difficile provare che in quelle mura serrate si respirava aria quasi mondana, che sboccava in rappresentazioni di commediole e di melodrammi non sempre edificanti con l'aperto compiacimento delle dame e dei cavalieri, che v'intervenivano con frotte di cicisbei.

La crisi era profonda e scoraggiante: i pessimisti delle curie disperavano di mettervi un rimedio radicale.

Sant'Alfonso, compiuta una diagnosi accurata, non si accomodò agli abusi e reagì con fermezza apostolica per riportare le anime claustrali all'altezza della propria vocazione, che è essenzialmente distacco dalle creature e unione con Dio. Il tono forte e deciso, anzi tagliente del libro scaturisce dal desiderio soprannaturale di epurare i conventi da ogni scoria profana per spingerli sul sentiero dell'eroismo. Sotto questo aspetto si spiegano talune minacce folgoranti che vi si leggono intercalate: bisogna confessare che non risuonarono invano in quel secolo frivolo e raziocinante, benché ora abbiano perduto il loro preciso significato per la mutazione dei costumi. Rimangono a testimoniare il pericolo incombente della debolezza umana, proclive a obliare gli impegni più sacri di penitenza assunti con riti solenni!

"La vera sposa di Gesù Cristo" è densa di dottrina e di pratica ascetica: è un autentico codice delle anime dedite al servizio divino. Nello sviluppo dei temi si sente il maestro che si basa sopra l'insegnamento biblico, e attinge lautamente nelle fonti più pure della tradizione. Con i criteri di una sana pedagogia parla alla mente e al cuore delle suore senza spaventarle; con fine intuito si industria di conseguire l'intento, suscitando slanci di fiducia e di gioia interiore. Gli 'incisi negativi che fustigano le coscienze pigre sono infatti rari; predomina l'elemento positivo, che mira a ricostruire un santuario crollato o a difendere quello insidiato.

Così com'è, richiama trattati simili a molti altri in circolazione, ma risaltano nello stile inconfondibile i suoi caratteri peculiari. Sant'Alfonso non articolò il libro sulle vecchie impalcature delle tre famose vie o gradi, pur apprezzandoli nelle allusioni rapide; né seguì gli autori antecedenti ligi alle divisioni scientifiche. Assimilandone i valori più sicuri si districò dalle abituali forme sistematiche per dare una lettura devota svelta e nutriente. La ragione si deve probabilmente ricercare nel suo concetto di perfezione come uniformità della volontà umana a quella divina. Per lui gli stati mistici, dei quali erano ghiotte le monache di ieri, non sono elementi costitutivi della santità predicata da Cristo. Per tal guisa contribuì indirettamente a ostacolare ogni rigurgito di quietismo mai abbastanza morto.

Il santo sottolineò nel compendio Avvertimento preliminare: "Chi più ama Dio, più lo conosce. Inoltre non già le cognizioni, ma gli affetti sono quelli che propriamente a Dio ci uniscono e ci fanno ricchi di meriti per la vita eterna".

Nel brano è additato un metodo personale. Tra le diverse correnti ascetiche che si agitavano nel '700 sant'Alfonso scelse la propria, e vi si inserì con notevole vantaggio delle anime. Organizzò la materia adunata nello spazio di oltre sei lustri in lezioni costellate di esempi e in preghiere con una visione unitaria. Senza rumore creò un'ascesi più libera, schiva d'impacci tecnici, di idee peregrine e di speculazioni sottili, care ai teologi.

Il nucleo dell'opera può individuarsi nel trattatello che pubblicò anonimo nel 1743, intestandolo: "Breve pratica per la perfezione raccolta dalle dottrine di santa Teresa".

Il pensiero teresiano, spogliato delle cime vertiginose della contemplazione, è come il sostrato ideologico, ampliato e gradualmente documentato con spunti del Rodriguez, Saint-Jure, san Francesco di Sales, santa Maria Maddalena de' Pazzi, Blosio e di centinaia di altri scrittori ecclesiastici passati e recenti, letti direttamente o nei repertori.

Nel fornire indirizzi mai appare indulgente o dolciastro come avrebbero bramato gli arcadi. Con l'afflato di una persuasione calda avvince ogni sorta di lettori, facendoli vibrare di schietto entusiasmo per l'ideale della perfezione religiosa.

Il processo di ascensione è lineare. Sono segnalate le tendenze malsane e suggeriti i mezzi di santificazione nel quotidiano esercizio delle virtù mediante l'impulso del più generoso amore a Gesù Cristo. Ecco l'essenziale su cui pone l'accento a costo di ripetersi.

***

Il libro, dal sapore biografico in parecchi squarci, ha santificato non poche generazioni di suore nei due secoli trascorsi, e ha consolato in pari tempo moltissimi novizi, sacerdoti e persino laici. Né sembra che debba considerarsi ormai un cimelio al confronto di manuali simili più adorni di fiorami, ma meno vigorosi. Crediamo che sia destinato a essere operante in avvenire, per cui non dovrebbe mancare nelle biblioteche dei conventi di vita. attiva e contemplativa. Da solo supplisce molte opere come una enciclopedia. Occorre però sfogliarne le pagine con l'attenzione e l'energia della santa Madre Francesca Cabrini (m. 1917), fondatrice delle Missionarie del Sacro Cuore, avida di "una virtù seria, soda, maschia, robusta".

Il servo di Dio Don Calabria (canonizzato nel 1999) notava nel 1955:

"Questo libro, come tutti gli scritti del Santo, raccoglie preziosissime gemme di santità che meritano di essere conosciute e valorizzate. Gli scritti di sant'Alfonso hanno un pregio loro tutto caratteristico: non vanno mai fuori di moda, non sono mai vecchi... Leggendo questi scritti sembra di avere a noi dinanzi l'amabile Santo; par di sentirlo predicare con quella unzione spirituale che inteneriva i suoi uditori e moveva a compunzione i cuori, infiammando tutti dell'amore di Dio".

A parte taluni modi espressivi propri del Settecento e qualche termine napoletano, esso è pieno di attualità ed efficacia, come ci accertano le versioni continue e le ristampe nel testo originale susseguitesi ininterrottamente. In duecento anni se ne contano circa trecento.

Il messaggio alfonsiano contenuto nella "Vera sposa di Gesù Cristo" non si è fermato alle falde del Vesuvio: dopo essere penetrato nelle comunità religiose italiane ed europee, schiudendo sterminati orizzonti di speranza, procede inarrestabile nel mondo dagli Stati Uniti di America all'Australia con deliziosi frutti secondo la constatazione dei bibliografi competenti.

Oreste Gregorio

in S. ALFONSO M. DE LIGUORI

La vera sposa di Gesù Cristo

Edizioni Paoline 1965, pp. 5-9

 

 

 




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