- CAPO XV - Dell'orazione mentale.
- § 2 - Pratica per l'orazione mentale.
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§ 2
- Pratica per l'orazione mentale.
1.
Avendo veduto dunque di sopra quanto sia necessaria ad una religiosa l'orazione
mentale, e quanti beni da quella può ritrarne, consideriamone ora la pratica in
quanto al luogo, al tempo ed al modo.
E per prima in
quanto al luogo, il luogo dee esser solitario. - Disse il nostro Salvatore: Tu autem cum oraveris, intra in cubiculum
tuum, et clauso ostio, ora Patrem tuum (Matth. VI, 6): Quando vuoi fare
orazione, chiuditi nella tua stanza, e così prega il Padre tuo. Dice S.
Bernardo che lo stesso silenzio e quiete da ogni romore, quasi forza l'anima a
pensare a' beni del cielo: Silentium et a
strepitu quies cogit caelestia meditari.1 Per far orazione è buono,
come si è detto, quello della
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propria stanza; ma per le religiose è
miglior poi quello del coro, alla presenza del SS. Sacramento. Diceva il P. M.
Avila ch'egli non sapea desiderare luogo e santuario più divoto che una chiesa,
ove stava Gesù Cristo nel SS. Sacramento.2
In
oltre poi, per bene orare, al silenzio esterno bisogna unire anche l'interno,
cioè il distacco dagli affetti terreni. Disse un giorno il Signore a S. Teresa,
parlando di certe persone attaccate al mondo: Io vorrei lor parlare, ma le creature fan tanto romore nelle loro
orecchie, che non mi lasciano un momento da potermi fare da esse ascoltare.3
- Ma di tal punto ne parleremo meglio nel capo seguente al § 2., parlando della solitudine del cuore.
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2.
In
quanto al tempo di far l'orazione, dicea S. Isidoro che il tempo più
proprio dell'orazione, regolarmente parlando, è la mattina e la sera: Mane et vespere tempus orationis opportunum (S.
Isid., de summo bono, cap. 7).4 Ma specialmente la mattina, dice S.
Gregorio, è il tempo più opportuno ad orare; poiché, dice il santo, quando
l'orazione precede gli affari, i peccati non troveranno entrata nell'anima: Si oratio negotio praecesserit, peccatum
aditum non inveniet.5 Dicea anche a tal proposito il Ven. P. D.
Carlo Carafa, fondatore della Congregazione de' Pii Operari, che un atto
fervoroso d'amore fatto la mattina nell'orazione, basta a mantener l'anima in
fervore per tutta la giornata.6 Nella sera poi anche è necessaria
l'orazione, come scrisse S. Girolamo: Non
prius corpus quiescat, quam anima vescatur (Ep. 22, ad Eustoch.):7
Non si metta a riposar il corpo, prima che l'anima non siasi ristorata
coll'orazione, ch'è appunto il cibo dell'anima. Del resto in ogni tempo ed in
ogni luogo possono le religiose orare, anche lavorando, passeggiando; basta
allora alzar la mente a Dio e far atti buoni, mentre in ciò consiste l'orazione.
3.
In quanto poi al tempo che dee durar l'orazione, la regola de' santi è stata
d'impiegarvi tutte quell'ore che hanno avute libere dall'altre occupazioni
convenienti alla vita umana.
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S. Francesco Borgia v'impiegava otto
ore, perché da' superiori non gli era concesso maggior tempo; e pure quando
terminavano quelle otto ore, cercava per carità il permesso di trattenervisi un
altro poco, dicendo: Per carità, un altro
quarticello.8 S. Filippo Neri v'impiegava le notti intiere.9
S. Antonio abbate stava tutta la notte in orazione, e quando usciva il sole -
ch'era il termine che si era assegnato - si lamentava col sole perché uscisse
così presto.10 Diceva il P. Baldassarre Alvarez che un'anima amante di
Dio, quando sta fuori dell'orazione, dee stare come una pietra fuori del
centro, in uno stato violento:11 poiché in questa vita dobbiamo imitare
per quanto
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si può la vita de' beati, che stanno continuamente a
contemplare Iddio.
Si
avverta di più in quanto al sito, il sito proprio nel far orazione è
inginocchioni; ma quando poi la scomodità del sito apportasse molta distrazione
alla persona per la pena che vi sente, si faccia l'orazione, come dice S.
Giovanni della Croce, sedendo modestamente.12
4.
Ma veniamo al particolare: parlando d'una religiosa che attende alla
perfezione, quanto tempo d'orazione dovrebbe fare? Il P. Torres assegnava alle
religiose sue penitenti un'ora d'orazione la mattina, un'altra il giorno e mezz'ora
la notte, sempre che non fossero impedite da infermità o da altro affare di
ubbidienza.13 Se ciò a voi sembra troppo, almeno vi consiglio di fare
un'altr'ora di orazione, oltre di quella della comunità. Talvolta poi vuole il
Signore che lasciamo l'orazione per attendere a qualche opera di carità verso
del prossimo; ma bisogna notare quel che dice S. Lorenzo Giustiniani: Cum caritas urget, se exponit proximo, sic
tamen ut continue anhelet ad cubilis sponsi reditum (De casto coniug, cap.
11, n. 7):14 Quando la carità lo richiede, la sposa di Gesù va a
servire il prossimo; ma in tal modo che anche in quel tempo continuamente
sospiri di ritornare a conversar col suo sposo in solitudine nella sua cella.
Il P. Vincenzo Carafa, che
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fu generale della Compagnia di Gesù,
rubava tutti i minuzzoli di tempo che poteva, e li dava all'orazione.15
5.
L'orazione tedia la religiosa che sta attaccata al mondo, ma non dà tedio a chi
non ama altro che Dio. Ma come può dirsi che una religiosa non ami altro che
Dio, vedendo ch'ella non si tedia di stare a parlare due ore con un parente o
altra persona che non è parente alla grata, e poi non si fida16 di fare
un'ora di orazione, oltre quella della comunità? Eh che la conversazione con
Dio non apporta amarezza né tedio a chi veramente l'ama: Non enim habet amaritudinem conversatio illius, nec taedium convictus
illius, sed laetitiam et gaudium (Sap. VIII, 16). E che altro è l'orazione,
dice S. Giovanni Climaco, che una familiar conversazione ed unione con Dio? Oratio est familiaris conversatio et
coniunctio cum Deo (Gradu 28).17 Nell'orazione questo si fa, come
dice il Grisostomo, l'anima parla con Dio e Dio coll'anima.18 No, che
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non è vita amara la vita delle religiose sante, che amano l'orazione
e fuggono i divertimenti della terra. Se voi non lo credete, gustate et videte,
quoniam suavis est Dominus (Psal. XXXIII, 9). Fatene la pruova e vedrete quanto
è soave Dio a chi lascia tutto per farsela con lui solo. Del resto, il fine che
noi dobbiam prefiggerci nel porci in orazione, come di sopra più volte si è
detto, non ha da essere la nostra consolazione, ma l'intendere dal Signore quel
ch'egli vuole da noi, spogliandoci d'ogni nostro amor proprio. Ad praeparandum te ad orationem, dice S.
Climaco, exue voluntates tuas (Grad.
28).19 Per ben apparecchiarci a far l'orazione, dobbiam rinunziare a'
nostri voleri, e dire a Dio: Loquere,
Domine, quia audit servus tuus (I Reg. III, 10): Ditemi, Signore, quel che
volete da me, ch'io tutto voglio farlo. E bisogna dirlo con animo risoluto,
altrimenti, senza questa disposizione, il Signore non ci parlerà.
6.
In
quanto al modo poi di far l'orazione mentale, voglio supponere che voi
già ne siate istruita; nulladimeno diciamone qui in breve le cose più
principali, per alcuna giovane principiante a cui capitasse questo mio libro.
L'orazione
contiene tre parti: preparazione, meditazione e conclusione. - La preparazione
comprende tre atti, cioè di fede della presenza di Dio, coll'atto di
adorazione; di umiltà, col pentimento de' peccati; e di domanda di luce. E
potrà dirsi così: per 1. Dio mio, vi
credo a me presente e vi adoro con tutto il cuore. - Si procuri di far
quest'atto con viva fede, perché la memoria viva della presenza di Dio molto
giova a liberarci dalle distrazioni. Diceva il gran Servo di Dio il cardinal D.
Innico Caracciolo, vescovo d'Aversa, che quando alcuno sta distratto, è segno
che non ha fatto bene l'atto di
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fede.20 - Per 2. Signore, io dovrei a quest'ora star
nell'inferno per l'offese che v'ho fatte; me ne pento con tutto il cuore.
abbiate pietà di me. Per 3. Eterno
Padre, per amore di Gesù e di Maria, datemi luce in questa orazione,
acciocch'io ne cavi profitto. Indi bisogna raccomandarsi a Maria SS. con
un'Ave, a S. Giuseppe, all'angiolo Custode ed al S. Avvocato. Questi atti, dice
S. Francesco di Sales, debbono farsi con fervore, ma debbono esser brevi, per
passar subito alla meditazione.21
7.
In entrar poi alla meditazione, bisogna licenziare tutti i pensieri estranei,
dicendo con S. Bernardo: Exspectate hic,
cogitationes meae:22 Pensieri miei, aspettate qui, dopo l'orazione
parleremo delle altre cose che occorrono. Stiasi pertanto con attenzione ad
impedir che la mente scorra per dove vuole; ma all'incontro, se mai entra
qualche distrazione, non dobbiamo
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inquietarci né sforzarci a
discacciarla con violenza ed impazienza; discacciamola con soavità, e
ritorniamo a Dio. Avvertiamo che 'l demonio molto si affatica a metterci
distrazioni in tempo dell'orazione, affinché noi lasciamo di farla; chi lascia
dunque l'orazione per le distrazioni, sappia che dà gusto al demonio. È
impossibile, dice Cassiano, che la nostra mente nell'orazione non abbia alcuna
distrazione.23 Pertanto non lasciamo mai l'orazione, per quante
distrazioni ci avessimo. Dice S. Francesco di Sales che se nell'orazione non
facessimo altro che discacciare e tornare a discacciar distrazioni e tentazioni,
pure l'orazione è ben fatta.24 E prima lo scrisse S. Agostino dicendo
che le distrazioni involontarie non ci tolgono il frutto dell'orazione: Evagatio mentis quae fit praeter propositum,
orationis fructum non tollit (S. Aug., In Reg. 3).25 Quando poi
avvertissimo d'esserci distratti volontariamente, togliamo il difetto,
discacciamo la distrazione, ma non lasciamo l'orazione.
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8.
In quanto poi allo sceglier la materia dell'orazione, la buona regola si è di
metterci a meditare quelle verità e que' misteri dove l'anima trova più pascolo
e sentimento. Ma sopra tutto la materia più propria per meditare, ad una
religiosa amante della perfezione, per lo più dee essere la Passione di Gesù
Cristo. Scrive Blosio che il Signore rivelò a più sante donne, come a S.
Gertrude, a S. Brigida, a S. Metilde ed a S. Caterina da Siena, essergli molto
caro che l'anime meditino la sua Passione.26 Diceva S. Francesco di
Sales che la Passione del nostro Redentore dee esser la meditazione ordinaria
d'ogni cristiano;27 or quanto più lo dee essere d'una sposa di Gesù
Cristo? Oh che bel libro è la Passione di Gesù! Ivi, meglio che in qualunque
altro libro, s'intende la malizia del peccato, ed insieme la misericordia e l'amore
d'un Dio verso dell'uomo. Che perciò ho deliberato di metter nella fine di
quest'Opera alcune divote Riflessioni
sopra quel che hanno scritto i sagri Vangelisti della Passione del nostro
Salvatore.28
Io
rifletto che Gesù Cristo anche a tal fine volle patire tante pene diverse di
flagellazione, coronazione di spine, crocifissione, ecc., acciocché noi, avendo
avanti gli occhi tanti diversi misteri dolorosi, avessimo diverse materie da
meditare della sua Passione, dalle quali potessimo ricavare diversi sentimenti
di gratitudine e d'amore.
Quando
poi la religiosa sta sola, è bene che faccia l'orazione sempre con leggere
prima qualche libro divoto. S. Teresa per
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diciassette anni fece
orazione col libro, un poco leggendo ed un poco meditando;29 e così
giova fare, a guisa della colomba che prima bee e poi alza gli occhi in alto.
9.
Avvertasi nonperò che 'l profitto dell'orazione mentale non tanto consiste nel
meditare, quanto nel fare affetti, preghiere e risoluzioni: questi sono i tre
frutti principali della meditazione. Dice S. Teresa: Il profitto dell'anima non consiste in pensar molto a Dio, ma in molto
amarlo, e questo amore se acquista in determinarsi ad operar molto per lui.30
Dicono pertanto i maestri di spirito, parlando dell'orazione, che la
meditazione è come l'ago, passato il quale, dee succedere il filo d'oro che
vien composto dagli affetti, dalle risoluzioni e dalle preghiere, come sopra si
è detto. Dopo dunque che avete meditato il punto e vi sentite mossa da qualche
buon sentimento, alzate il cuore a Dio ed offeritegli atti buoni d'umiltà o di
confidenza o di ringraziamento; ma sopra tutto replicate nell'orazione atti di
contrizione e d'amore.
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L'atto
d'amore - come anche è l'atto di contrizione - è quella catena d'oro che
stringe l'anima con Dio. Un atto d'amore perfetto basta a farci rimettere tutti
i nostri peccati: Caritas operit
multitudinem peccatorum (I Petr. IV, 8). Il Signore s'è dichiarato che non
sa odiare chi l'ama: Ego diligentes me
diligo (Prov. VIII, 17). La Ven. Suor Maria Crocifissa (Vit., cap. 10) vide
una volta un globo di fuoco, ove poste alcune paglie, subito le mirò consumate;
con ciò le fu dato ad intendere che, facendo l'anima un vero atto d'amore, le
vengono perdonate tutte le colpe commesse.31 In oltre insegna
l'Angelico che ogni atto d'amore ci fa acquistare un nuovo grado di gloria: Quilibet actus caritatis meretur vitam
aeternam.32
Atti
d'amore sono il dire per esempio: Dio
mio, vi stimo sopra ogni cosa. - V'amo con tutto il cuore. - Mi compiaccio
della vostra felicità. - Vorrei vedervi amato da tutti. - Voglio solo quel che
volete voi. - Fatemi conoscere quel che volete da me, ch'io tutto voglio farlo.
- Disponete di me e delle cose mie, come vi piace. Specialmente
quest'ultimo atto d'offerta è molto caro a Dio; S. Teresa almeno cinquanta
volte il giorno si offeriva così a Dio.33
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Si avverta ch'io
parlo qui dell'orazione ordinaria, perché se mai qualche volta l'anima si
sentisse unita a Dio con raccoglimento soprannaturale o sia infuso, senza alcun
pensiero particolare di qualche verità eterna o pure di alcun mistero divino,
allora non dee ella affaticarsi a fare altri atti, se non quelli a cui
dolcemente si sente da Dio tirata; basta che solamente attenda allora con
attenzione amorosa a stare unita con Dio, senza impedir l'operazione divina con
isforzarsi a far discorsi ed atti. Ma ciò sempre s'intende quando il Signore
chiamasse egli l'anima a questa orazione soprannaturale; del resto sin tanto
che non abbiamo questa chiamata, non dobbiamo partirci dal modo ordinario di
orare, servendoci, come si è detto, della meditazione e degli affetti; benché
per le persone abituate nell'orazione, sia meglio l'applicarsi e stendersi
negli affetti che ne' discorsi.
10.
In oltre nell'orazione giova sommamente, e forse più d'ogni altra cosa, il
replicar le preghiere, domandando a Dio con umiltà e confidenza le sue grazie,
cioè la sua luce, la rassegnazione, la perseveranza e simili, ma sovra tutto il
dono del suo santo amore. Dicea S. Francesco di Sales che ottenendosi il divino
amore, si ottengono tutte le grazie;34 poiché in fatti un'anima che
veramente ama Dio con tutto il cuore, senza che altri glielo dica, da sé sfuggirà
di dargli qualunque minimo disgusto e procurerà di compiacerlo quanto può.
Quando
poi voi vi trovaste arida e in oscurità, talmente che vi sentiste quasi
incapace di fare atti buoni, basta che gli dite: Gesù mio, misericordia; Signore, per pietà, aiutatemi; e questa
orazione riuscirà per voi forse la più utile e fruttuosa. - Diceva il Ven. P.
Paolo Segneri che sino che studiò Teologia, si era trattenuto nell'orazione in
far riflessioni ed affetti: ma Iddio,
son sue parole, appresso mi aprì gli
occhi, e d'allora in poi ho procurato di trattenermi in pregare; e se qualche
bene e in me, lo riconosco da questo esercizio di raccomandarmi a Dio.35
Fate lo stesso ancor voi, cercategli le
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grazie in nome di Gesù
Cristo, ed avrete quanto desiderate. Non può mancar la promessa che di ciò il
medesimo nostro Salvatore ci fece: Amen,
amen dico vobis: si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis (Io.
XVI, 23).
In
somma tutta l'orazione dee consistere, in quanto tocca a voi, in fare atti e preghiere.
Siccome appunto dichiarò stando in estasi la Ven. Suor Maria Crocifissa,
dicendo che l'orazione e il respiro dell'anima;36 poiché siccome quando
si respira, l'aere or si attrae, or si ridona, così l'anima colle preghiere
prende da Dio, e cogli atti buoni di offerta e di amore dona se stessa a Dio.
11.
Nel terminar poi l'orazione, bisogna far la risoluzione particolare, come di
fuggir qualche difetto in cui la persona, più spesso è inciampata, o di meglio
praticar qualche virtù,
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per esempio, di soffrir la molestia di alcuna
sorella, di ubbidir più esattamente a qualche religiosa, di mortificarsi nella
tal cosa. E la stessa risoluzione dee replicarsi più volte, finché ci vediamo
liberi da quel difetto o ci troviamo acquistata quella virtù. Indi, finita
l'orazione, bisogna procurare di mettere in pratica le risoluzioni fatte,
subito che si presenterà l'occasione.
In
oltre prima di finir l'orazione, è bene ancora rinnovare i voti fatti nella
professione: questa è cosa di sommo gusto a Dio, mentre coi voti religiosi la
persona si dona tutta a Dio; che però, secondo la dottrina di S. Tommaso, la
religiosa nel giorno della professione, per ragione della donazione che fa di
tutta se stessa a Dio per mezzo de' voti, con cui gli consagra quanto ha, le
robe, il corpo e la volontà, resta assoluta da tutt'i suoi peccati.37 E
lo stesso favore par che si ottenga da colei che con vero spirito di
spogliamento rinnova i suoi voti religiosi. E pertanto vi consiglio di rinnovarli
spesso così nell'orazione comune, come nella comunione, nella visita al
Sagramento, in levarvi la mattina ed in andare a letto la sera.
12.
La conclusione poi dell'orazione consiste 1. in ringraziar Dio de' lumi
ricevuti; 2. in proponere di eseguir le risoluzioni fatte; 3. in domandar
all'Eterno Padre per amore di Gesù e di Maria l'aiuto affin di essergli fedele.
E non si lasci in fine dell'orazione di raccomandargli sempre l'anime del
purgatorio ed i peccatori. Dice S. Gio. Grisostomo che non vi è cosa che più
dichiari l'amor di un'anima verso Gesù Cristo, quando il zelo ch'ella ha di
raccomandargli i suoi fratelli:
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Nihil
declarat quis sit amans Christi, quam si fratrum curam aget (Chrysost.,
Hom. 3).38
Di
più avverte S. Francesco di Sales che l'anima in uscir dall'orazione si porti
il mazzolino di fiori per odorarli nel resto della giornata, cioè una o due
cose, dov'ella ha ritrovato maggior sentimento di divozione, per infiammarsi
con quelle nel resto della giornata.39 Le giaculatorie più care a Dio
son quelle d'amore, di rassegnazione, e di offerta di se stessa. E procuriamo
di non fare alcun'azione senza prima offerirla a Dio; e di più di non far
passare al più un quarto d'ora, in qualunque occupazione che ci troviamo, senza
alzar la mente al Signore con qualche atto buono. Di più nel tempo vacuo di
affari, come quando stiamo aspettando qualche persona o passeggiamo per lo
giardino o stiamo a letto infermi, procuriamo, per quanto si può, di unirci a
Dio. Di più bisogna, col tener silenzio e cercar la solitudine, per quanto è
possibile, e colla memoria della presenza di Dio, conservare il sentimento
degli
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affetti concepiti nell'orazione. Ma di ciò nel capo seguente ne
parleremo più a lungo.
13.
Per ultimo qui soggiungo esser necessario, acciocché la religiosa sia anima di
orazione, che usi fortezza a non lasciarla in tempo di aridità. Troppo son
belli i documenti che su questo punto ci lasciò scritti la nostra maestra S.
Teresa. In un luogo dice: Sa il demonio
che l'anima, che con perseveranza attende all'orazione, egli l'ha perduta.40
In altro luogo dice: Chi persevera
nell'orazione, per quanti peccati opponga il demonio, tengo per certo che
finalmente il Signore lo condurrà al porto della salute.41 In altro
luogo dice: Chi nel cammino dell'orazione
non si ferma, benché tardi, pure arriva.42 In altro luogo ci
avverte così: Non consiste l'amore di Dio
in tenerezze, ma in servirlo con fortezza ed umiltà.43 In altro
luogo finalmente conchiude dicendo: Con
aridità e tentazioni fa prova il Signore de' suoi amanti. Benché tutta
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la vita duri l'aridità, non lasci l'anima l'orazione; tempo verrà che
tutto le sarà pagato molto bene.44
Dice
l'Angelico maestro che la vera divozione non consiste nel senso, ma nel
desiderio e risoluzione di abbracciare prontamente tutto ciò che Dio
vuole.45 Questa fu l'orazione che Gesù Cristo fece nell'orto, la quale
fu tutta arida e piena di tedio, e pure fu la più divota e meritoria che siasi
mai fatta nel mondo; ella fu: Non quod
ego volo, sed quod tu (Marc. XIV, 36). Per tanto, sorella benedetta, in
tempo di aridità non lasciate mai l'orazione. Se qualche volta è troppo il
tedio che vi assalisce, almeno dividetela in più volte: ed in quella per lo più
esercitatevi in pregare, ancorché vi sembri di pregar senza confidenza e senza
frutto. Basterà che dite e replicate: Gesù
mio, misericordia: Signore, abbiate pietà di me. Pregate, e non dubitate,
che ben Dio vi sente e vi esaudisce.
E
sempre che andate all'orazione, non mai vi prefiggete per fine il gusto e
soddisfazione vostra, ma solamente quel ch'egli vuole da voi; e perciò pregate
sempre che vi faccia conoscere la sua volontà e vi dia forza di eseguirla: questo
è quel tutto che dobbiamo andar cercando nell'orazione, l'aver luce di sapere e
forza di adempire ciò che vuole il Signore da noi.
Preghiera.
Ah
Gesù mio, voi, per farvi amare dagli uomini, par che non avete saputo più che
fare. Basta sapere che avete voluto farvi uomo, viene a dire farvi verme, come
siamo noi: avete voluto menare una vita stentata tra dolori ed ignominie per 33
anni, sino finalmente a consumarla su d'un patibolo infame:
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avete
voluto anche porvi sotto le specie di pane, per rendervi così cibo dell'anime
nostre.
E
come poi avete potuto incontrare tanta sconoscenza anche appresso i Cristiani,
che credono già queste verità, e con tutto ciò così poco v'amano? Misera, che
fra costoro per lo passato sono stata ancor io ingrata: ho atteso solamente a
soddisfarmi, scordata di voi e del vostro amore. Ora conosco il male che ho
fatto, ma me ne pento con tutta l'anima mia: Gesù mio, perdonatemi.
Ora
v'amo e v'amo tanto che prima eleggo la morte e mille morti che lasciare
d'amarvi. Vi ringrazio della luce che voi mi date. Datemi forza, o Dio
dell'anima mia, di crescere sempre più nel vostro amore. Accettate ad amarvi
questo mio povero cuore. È vero ch'egli un tempo v'ha disprezzato, ma ora s'è
innamorato della vostra bontà, e v'ama, ed altro non desidera che amarvi.
O
Maria, o Madre di Dio, aiutatemi: nella vostra intercessione tutta confido.
1
«Iuge quippe silentium, et ab omni strepitu saecularium perpetua quies, cogit
caelestia meditari.» S. BERNARDUS, Epistola 78, ad Sugerium Abbatem Sancti
Dionysii, n. 4. ML
182-193.- Fu questi l' illustre Abbate Sugerio, primo ministro, anzi
governatore del regno mentre il re Luigi VII stava alla Crociata. Egli edificò
la magnifica basilica, per molti secoli sepoltura dei reali di Francia. In
questa lettera, S. Berardo loda Sugerio di aver ridotto se stesso ed il suo
monastero, dallo splendore e fasto mondano, alla modestia religiosa ed alla
disciplina monacale; anzi di aver sorpassato ogni speranza: «Quis nempe te
crederet, saltu, ut ita dicam, repentino, summa occupare virtutum, sublimia
meritorum attingere?» Lascia intendere S. Bernardo che, nelle doglianze sullo
stato anteriore, vi abbia potuto essere qualche esagerazione, mentre ha
riferito ed ora ricorda «quod audivimus, non quod vidimus». Ormai, la «guerra»
contro Clunì -guerra breve, ispirata da vera carità, e feconda in risultati
salutari- non ha più motivo. L' Apologia
a Guglielmo, in cui S. Bernardo tanto inveì contro gli abusi introdotti in
certi monasteri, prendendo specialmente di mira, come lo rivela questa lettera,
l' Abbazia di San Dionigi, è anteriore. La lettera a Sugerio è un vero trattato
di pace. Si noti che la riforma fu intrapresa da Sugerio fin dai primordi della
sua prelatura. Dopo 24 anni di perfetta concordia e d' amichevole
collaborazione, S. Bernardo scrive all' amico malato (a. 1151, Epistola 266, ML 182.470 et seq.) una
lettera commovente, per animarlo a morir, com' era vissuto, da forte, da santo.
Esprime il «veemente» desiderio di rivederlo, «ut benedictio morituri veniat
super me... Forte veniam, forte non veniam. Sed quodlibet horum sit, dilexi a
principio, diligam sine fine.» Morì Sugerio l' anno seguente, e sulla sua tomba
s' iscrisse: «Hic iacet Sugerius Abbas.» Bastava il nome come elogio.
2
«Dixit forte ei e familiaribus unus: «Domine, utinam a Christianis urbs
Hierusalem possideretur, ut paulatim eo commigrare liceret, sanctisque illis
locis emori, ubi Christus nostram operatus est salutem.» Audita re, solita
animi pausa reposuit: «Nonne habes sacrosanctum Altaris Sacramentum? Eius dum
mihi venit in mentem, quaecumque in terris sunt fastidio.» LUDOVICUS
GRANATENSIS, O. P., Opera, III,
Coloniae Agrippinae, 1626: Vita Magistri
Ioannis Avilae, lib. 2, § Quam
deditus Eucharistiae Sacramento fuerit.
3
«Dijome: «¡Ay, hija, què pocos me aman con verdad! què si me amasen, no les
encubriria uo mis secretos. ¿Sabes què es amarme con verdad? Entender que todo
es mentira lo que no es agradable a mi. Con claridad veràs esto que ahora no
entiendes en lo que aprovecha a tu alma.» S. TERESA. Libro de la Vida, cap. 40. Obras,
I, 359, 360.- Vedi quel che abbiamo detto su questo argomento nel vol. I, Appendice, 69.
4
«S. Isidoro, De summo bono, cap. 7»,
dice S. Alfonso. I tre libri delle Sentenze
di S. Isidoro (ML 83) portano anche questo nome. Il capitolo 7 del primo
libro è intitolato De temporibus (ML
83-548); ma è brevissimo, e non contiene altro che nozioni assai generali sul
tempo. Il cap. 7 del terzo libro è intitolato De oratione, ma non vi si trova la sentenza qui riferita da S.
Alfonso, la quale sembra si debba restituire allo Speculum disciplinae («scriptum a Fr. BERNARDO A BESSA, sed saltem
iubente et dirigente et fortasse non pauca subministrante S. Bonaventura»), pars 1, cap. 12, n. 4: «Ceterum mane et vespere
tempus est orationis opportunum, quod penitus peculiari vacuum oratione, si
vacat, culpabiliter praetermittitur.» Opera
S. Bonaventurae, ad Claras Aquas, VIII, 1898, pag. 594.
5
«Peccati nulla alia causa est, quam quod ad ea quae in manibus habent et
studiose tractant negotia, divinum etiam auxilium homines non simul adhibent et
assumunt. Quod si oratio negotium praecesserit, peccatum adversus animam aditum
non inveniet.» S. GREGORIUS NYSSENUS, De
oratione dominica, Oratio 1. MG 44-1121, 1122.
6
«Ammaestrato egli da quello che in se stesso sperimentava, solea ne'
ragionamenti famigliari grandemente raccomandare a' suoi l' esercitarsi in atti
d' amore di Dio nell' orazione della mattina, poichè, come attestava, un solo
atto di esso basta a mantenere l' anima nel santo fervore per tutto il resto
della giornata.» GISOLFI, Vita, cap.
32.
7
«Nec prius corpusculum requiescat, quam anima pascatur.» S. HIERONYMUS, Epistola 22, ad Eustochium, n. 37. ML
22-421.
8
«Cinque, sei, sette ore.... ognidì dava alla meditazione.» BARTOLI, Vita, lib. 4, cap. 4. «Tutto il suo
gusto era nell' orazione... nella quale durando cinque e sei ore, non parea a
lui di durare per un quarto d' ora... Alle volte s' ingolfava tanto in esso...
che il fratello Marco- per tema che non gli facesse danno alla sanità- con
tirargli la veste lo scoteva e lo destava, e gli ordinava che finisse, e il
Padre gli rispondea: «Ancora un poco più, fratello Marco, ancor un poco più».
CEPARI, Ristretto della Vita, Roma,
1624, p. 178.- («Gli ordinò santo Ignazio che, in quello che spettava alla sua
santità, obbedisse al suo compagno, che era un fratello chiamato Michele
Marcos, e fu cosa di meraviglia la sua obbedienza verso di quello.» La stessa opera, pag. 166).- Cf.
RIBADINEIRA, Vita, cap. 14, inter Acta SS. Bollandiana,
die 10 octobris, n. 227 (et 221). «Plusculum temporis da, Marce frater, mox adero.»-
Cf. BARTOLI, Vita, lib. 4, cap. 11.
9
BACCI, Vita, lib. 1, cap. 5, n. 2-5;
cap. 8, n. 2-4; lib. 2, cap. 5, n. 4, 8, 9.- «Talvolta a qualcuno che l' aveva
veduto andar a letto tardi, e poi lo trovava levato di buon' ora, il santo
quasi scherzando dicea: «Io ho dormito pochissimo questa notte: che vuol dire?
che vuol dire?» e rispondendogli quel tale: «Padre, avete fatta orazione», il
santo replicava: «Non è tempo di dormire, perchè il paradiso non è da
poltroni»; e cose simili. Quando nel giorno era impedito, scontava poi la
notte.... e molte volte soleva dire: «Questa notte non ho mai dormito; ieri fui
impedito, mi è bisognato supplire questa notte;» e se talvolta la natura era
oppressa da necessità di riposo, si tratteneva di notte con annodare e snodare
una corda per vegliare.» Op. cit., lib. 2, cap. 5, n. 8.
10
«Pernoctabat in oratione saepissime.» Vita,
auctore S. ATHANASIO, cap. 6: De
Vitis Patrum, lib. 1, ML 73.130.- «(Antonium) ita nonnumquam in oratione
novimus perstitisse, ut, eodem in excessu mentis frequenter orante, cum solis
ortus coepisset infundi, audierimus eum in fervore spiritus proclamantem: «Quid
me impedis, sol, qui ad hoc iam oriris, ut me ab huius veri luminis abstrahas
claritate.» Abbas Isaac, apud
CASSIANUM: Collatio IX, cap. 31, ML
49-807, 808.
11
«Ogni tempo gli parea poco... in applicarsi a questo santo esercizio; onde,
compiendo le altre obbligazioni distrattive, tornava subito a questa, e in lei
spendeva que' ritagli di tempo che gli avanzavano, dicendo che il buon
religioso, in quest' infelice esilio, tutto il tempo che non dimora col suo
Dio, dovea essere come il sasso fuori del suo centro, che quivi sta con
violenza, e come, alla sua maniera, patendo, mentre il trattengono, ma,
togliendogli l' impedimento, incontamente comincia a precipitarsi verso il suo
centro.» Ven. Lod. DA PONTE, Vita, cap. 2, § 1.
12
Sembrerà forse alquanto ardita la supposizione che S. Alfonso, ingannato, nelle
proprie note, dalla somiglianza dei nomi abbreviati, abbia scambiato S.
Giovanni della Croce con S. Giovanni Grisostomo, come, qualche altra rara
volta, il Grisostomo col Crisologo. Dice S.
Gio. Grisostomo: «Ubicumque enim fueris, potes erigere altare, si sobriam
modo voluntatem afferas, nec te aut locus aut tempus impedit, sed etiamsi nec
genua flectas, nec manus ad caelum tendas, si mentem solum afferas fervidam,
nihil tibi ad precationem deerit.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, De Anna, Sermo 4, num. 6. MG 54-668.
13
«Procurerai imitar l' orazione di Gesù, il quale non mai perdè la memoria dell'
Eterno suo Padre... Non lascerai di fare due ore d' orazione almeno ogni di,
una la mattina ed un' altra la sera, e non impedita dalla salute, mezz' altra
la notte.» Antonio de TORRES, Pio
Operaio, Gesù povero e disprezzato. Napoli,
1729, (postuma) (Avvertimenti
spirituali).
14
«(Anima sponsa Verbi) laudabili discretionis moderamine sic secum agit, ut nec
pro commodis proximorum contemplationem deserat, neque pro amore
contemplationis aliorum curam funditus derelinquat... Cum licet, vacat sibi:
cum caritas urget, se exponit proximo, sic tamen ut continuo anhelet ad cubile
Sponsi secreti reditum, de quo fraternae caritatis accensa zelo egressa est.»
S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, De casto
connubio Verbi et animae, caput 12 (verso la fine). Opera, Venetiis, 1721, pag. 139, col. 2.
15
«Essendosi una volta letto in tavola d' un certo religioso della Compagnia, che
non so quante migliaia di volte al dì faceva atti interni or d' una, or d' un'
altra virtù, e massimamente d' amor di Dio, ad un padre, che ne mostrò
maraviglia, rivolto, e pensando che ognun facesse almeno altrettanto, domandò
di che si maravigliasse, e soggiunse ch' egli, ch' era sì tiepido di cuore, pur
aveva molte volte trapassato quel numero. Ed erano i suoi, secondo le forme che
ne ho vedute in alcuni suoi manoscritti spirituali, la più parte atti di
finissima carità... Nell' andare per la città, che solo era dove alcun bisogno
in aiuto delle anime o alcun debito del suo ufficio il chiamava, aveva certi
rosarii di sua privata divozione, uno della Beatissima Trinità, un altro del
Divin Sacramento, della Reina del cielo, degli Angioli, e simili, e li
recitava, framezzandoli a certi luoghi con atti puramente interni. In somma,
fin quando era chiamato dalla camera alla porta, aveva certe sue orazioni
determinate alla misura di quello spazio e di quel tempo, acciocchè non gli
andasse un passo, e con esso un momento, senza Dio.» BARTOLI, Vita, Roma, 1651, lib. 2, capo 11, pag.
210.
16
Non ha forza.
17 «Oratio, si ipsius naturam seu
qualitatem spectes, est familiaris conversatio et coniunctio hominis cum Deo;
si autem vim seu efficaciam, mundi conservatio. Dei reconciliatio, mater
lacrimarum et iterum filia, propitiatio peccatorum, pons tentationum,
propugnaculum adversus impetum afflictionum, bellorum oppressio et exstinctio,
officium angelorum, omnium spirituum alimentum, futura laetitia, actio
sempiterna, virtutum scaturigo, gratiarum divinarum conciliatrix, profectus
spiritualis, nutrimentum animae, mentis illustratio, securis desperationis,
spei demonstratio, tristitiae solutio, divitiae monachorum, thesaurus
solitariorum, irae diminutio, speculum religiosi profectus, dimensionum index,
status declaratio, futurorum significatio, gloriae futurae indicium.» S. IO. CLIMACUS, Scala paradisi, gradus 28 (in
principio). MG 88-1130.
18
«(Homines Deus) precatione ac sua consuetudine dignatur.... Cum Deo revera
precationis tempore colloquimur.... (Mortale genus, precationis ope) assiduo
Dei congressu perfruitur... (Qui orat) cum Deo familiariter versatur.» S. IO.
CHRYSOSTOMUS, De precatione, oratio
1. MG 50-775.
19
«Omnes quidem, sine exceptione, sed illi potissimum qui ad Regem obtinendae
peccatorum veniae causa accedunt, summa indigent contritione. Dum adhuc in
carcere sumus, audiamus eum qui dixit Petro: Accingere linteo obedientiae, et
exue voluntates tuas, et nudus accede ad Dominum in oratione tua. Si enim
ipsius unius voluntatem imploraveris, suscipies Dominum qui gubernaculum animae
tuae reget, et te sine ullo periculo diriget.» S. IO. CLIMACUS, Scala Paradisi, gradus 28. MG 88-1134.
20
«Anzi tanto era fissa la sua mente in Dio, che credea non potersi distrarre la
persona nell' orazione, dopo aver premesso l' atto di fede. Solea egli
esaminare gli Ordinandi anche nella pratica dell' orazione- cosa di somma lode e
degna di essere imitata da' Vescovi- e sul frutto che ne ricavavano. In uno di
questi esami, avendo un chierico del seminario detto che, per frutto dell'
orazione, avea presa la risoluzione di procurare di non distrarsi più in essa,
il Cardinale, volendo far giudizio degli altri da ciò che avveniva a se stesso,
rivoltatosi a me, secretamente mi disse: «Quando si è fatto l' atto di fede
della presenza di Dio, come può la persona distrarsi?» E avendo io risposto
che, anche dopo fatto quest' atto di fede, l' uomo resta uomo, non angelo, egli
altro non replicò se non queste parole: «E' segno che l' atto non fu fatto da
vero e con viva fede, altrimenti mi pare impossibile.» Michele SAGLIOCCO, Canonico della Cattedrale di Aversa, Compendio delle virtù del Card. Innico
Caracciolo, già Vescovo d' Aversa. Napoli, 1760, seconda edizione, pag.
22.- Il Cardinale Caracciolo (1642-1730) fu uno dei più insigni penitenti del
P. Torres: Lod. SABBATINI d' Anfora, Vita del P. D. Antonio de Torres,
lib. 6, cap. 3, § 1, pag. 448-451.
21 «Vous userez donc de l' un de ces
quatre moyens pour mettre votre âme en la présence de Dieu avant l' oraison: et
ne faut pas les vouloir employer tous ensemblement, mais seulement un à la
fois, et cela brièvement et simplement.» S. FRANÇOIS DE SALES, Introduction à la vie dévote, partie 2,
chap. 2. Œuvres, III. 76.- «Que si
vous le voulez, vous pourrez user de quelques paroles courtes et
enfiammées....» Même ouvruge, ch. 3. Œuvres, III, 77.
22 «Intentiones, cogitationes, voluntates,
affectiones, et omnia interiora mea, venite, ascendamus in montem... Curae,
sollicitudines, anxietates, labores, poenae, servitutes, exspectate me hic, cum
asino, corpore isto: donec.... postquam adoraverinus, revertamur ad vos
Revertemur enim, et eheu! revertemur quam citissime... Abdicare et abiurare vos non
patitur veritas caritatis»- GUILLELMUS, ex Abbate S. Theoderici monachus
Signiacensis (amico e primo biografo di S. Bernardo), De contemplando Deo, cap. 1. Inter Opera S. Bernardi, ML 184-367.
23
«Quis nostrum... non illo etiam momento quo Deo supplicans ad sublimia erigit
mentem, quodam stupore collapsus, etiam per id vel invitus offendat, per quod
sperabat veniam delictorum? Quis, inquam, tam exercitus (al. exertus) ac vigilans est, ut dum
psalmum Deo canit, numquam a Scripturae sensu eius animus abducatur?» IO. CASSIANUS, Collatio 23, cap. 7. ML 49-1253, 1254.
24 «Quand votre cœur s' égarera ou se
distraira, ramenez.le tout doucement à son point, remettez-le tendrement auprès
de son Maître; et quand vous ne feriez autre chose, tout au long de votre
heure, que de reprendre tout bellement votre cœur et le remettre auprès de
Notre-Seigneur, et qu' autant de fois que vous l' y remettrez il s' en
dètournerait, votre heure serait très bien employée, et ferez un exercice fort
agréable à votre cher Epoux.» S. FRANÇOIS DE SALES, Lettre 1325, à Madame Louise
de Ballon, religieuse de l' Abbaye de Sainte-Catherine (juin 1617?). Œuvres, XVIII. 37.- «Qunat aux distractions,
pourvu qu' elle ait le désir de prier un peu ardent, elles cesseront petit à
petit: et si elles ne cessent pas, l' oraison en sera d' autant meilleure,
comme faite sans goût ni intérêt, pour le pur amour de plaire à l' Epoux.» Lettre 1090, 20 juin 1615, à Madame de la Fiéchère, Œuvres, XVII,
9. - «Pour ce qui est de l' oraison, elel ne nous est pas moins utile ni moins
agréable à Dieu pour y avoir beaucoup de distractions; ains elle nous sera
peut-être plus utile que si nous y avions beaucoup de consolations, parce qu'
il y a plus de travail, pourvu néanmoins que nous ayons la fidélité de nous
retirer de ces distractions et n' y laissons point arrêter notre esprit
volontairement.» Entretien IX. Œuvres, VI, 149.
25
E' sentenza, non di S. Agostino, ma di S. TOMMASO (II-II, qu, 83, a. 13, ad 3):
«Si quis ex proposito in oratione mente evagetur, hoc peccatum est et impedit
orationis fructum. Et contra hoc Augustinus dicit in Regula (Regula ad servos Dei, n. 3: ML 32-1379, Epistola 211, ad monachas, n. 7. ML
33-960): «Psalmis et hymnis cum oratis Deum, hoc versetur in corde quod
profertur in ore.» Continua poi S. Tommaso: «Evagatio vero mentis quae fit
praeter propositum, orationis fructum non tollit.»
26
«Frequentissime Dominus revelavit carissimis sponsis suis Gertrudi, Birgittae,
Mechtildi, Catharinae, quam sit et sibi acceptum et homini fructuosum recolere
Passionem Christi pia, humili et sincera attentione vel devotione.» Lud. BLOSIUS, Conclave animae fidelis, pars 2 sive Monile spirituale, cap. 2. Opera,
Antwerpiae, 1632, pag. 592.
27 «Mais surtout je vous conseille (l'
oraison) mentale et cordiale, et particulièrement celle qui se fait autour de
la Vie et Passion de Notre-Seigneur: en le regardant souvent par la méditation,
toute votre âme se remplira de lui; vous apprendrez ses contenances, et
formerez vos actions au modèle des siennes.... Il faut s' arrêter là.
Philothée, et croyez-moi, nous ne saurions aller à Dieu le Père que par cette
porte.» S. FRANÇOIS DE SALES, Introduction
à la vie dévote, partie 2, ch. 1. Œuvres,
III 70.- «Le plus ordinaire séjour de l' âme doit être autour de la Croix,
et le pain quotidien de la religion, la méditation de la Passion.» Lettre 2075, à la Mère de Chantal, Œuvres, XXI, 158.
28
Le Considerazioni ed Affetti sovra la
Passione di Gesù Cristo esposta semplicemente come la descrivono i sagri
Vangelisti, si trovano nel vol. V, pag. 135-179.
29
«No me diò Dios talento de dicurrir con el entendimiento, ni de aprovecharme
con la imaginacion... Ahora me parece que proveyò el Señor que yo no hallase
quien me enseñase, porque fuera imposible, me parece, perseverar deciocho años
que pasé este trabajo, y en estas grandes sequedades, por no poder, como digo,
discurrir. En todos estos, si no era acabando de comulgar, jamàs osaba comenzar
a tener oraciòn sin un libro; que tanto temia mia alma estar sin él en oraciòn,
come si con mucha gente fuera a pelear. Con este remedio, que era como una
compañia u escudo en que habia de recibir los golpes de los muchos
pensamientos, andaba consolada. Porque la sequedad no era lo ordinario; mas era
siempre cuando me faltaba libro, que era luego disbaratada el elma; y los
pensamientos perdidos con esto los comenzaba a recoger, y como por halago llevaba
el alma. Y muchas veces en habiendo el libro, no era menester màs. Otras leia
poco, otras mucho, conforme a la merced que el Señor me hacia» S. TERESA, Libro de la Vida, cap. 4. Obras, I, 23, 24, 25.- S. Teresa conta
18 anni; S. Alfonso, 17: forse togliedo quell' anno in cui la Santa Madre
lasciò l' orazione: «Estuve un año, y màs, sin tener oraciòn, pareciéndome màs
humildad.» Libro de la Vida, cap. 7. Obras, I, 46.
30
«El aprovechamiento del alma no està en pensar mucho, sino en amar mucho. ¿
Còmo se adquirirà este amor? Determinàndose a obrar y padecer, y hacerlo cuando
se ofreciere.» S. TERESA, Las
Fundaciones, cap. 5 (a principio). Obras,
V, 38.- «Sòlo quiero qu estéis advertidas que, para aprovechar mucho en
este camino y subir a las moradas que deseamos, no està la cosa en pensar
mucho, sino en amar mucho; y ansi, lo que màs os despertare a amar, eso haced.
Quizà no sabemos què es amar, y no me espantarè mucho; porque no està en el
mayor gusto, sino en la mayor determinaciòn de desear contentar en todo a Dios,
y procurar, en cuanto pudiéremos, no le ofender, y rogarle que vaya siempre
adelante la honra y gloria de su Hijo y el aumento de la Ilesia Cathòlica. Estas son las señales del amor.» Cuartas
moradas, cap. 1. Obras, IV, 48, 49.
31
Essendo novizia presa in refettorio da un insussistente ma pur tormentoso
scrupolo per timore di aver da commettere, nella perplessità della sua
coscienza, una benchè leggerissima colpa cadé tramortita per improviso deliquio
in veduta delle religiose commensali. Questa fu l'occasione opportuna di vedere
stesa al suo soccorso la mano divina. imperochè nella maggiore fievolezza del
corpo, levandole in alto lo spirito, le fè vedere come gran carbone vivamente
acceso, in cui infocatesi molte minutissime pagliuzze, vi si consumavano sopra,
fino al non distinguersi da quel medesimo fuoco, nel quale perdeano l' essere.
Fu accompagnato il sentimento con queste due parole, che udì proferirsi nell'
anima: Nosce et quiesce. E in fatti, conobbe il significato di quella
misteriosa rappresentazione, penetrando con quanta facilità un vero atto di
amor di Dio, qual fuoco ardente incenerisca le aride foglie delle umane
imperfezioni, le quali restano sempre, con eccesso infinito, superate dalla
divina Misericordia. Si quietò altresì,
setimolata a respirare in seno alla stessa Misericordia di Dio.» Girolamo TURANO, Vita, Venezia, 1709, lib. 1, cap. 10. pag. 41.
32
«Quilibet actus caritatis meretur vitam aeternam, non quidem statim exhibendam,
sed suo tempore. Similiter etiam quilibet actus caritatis meretur caritatis
augumentum; non tamen statim augetur, sed quando aliquis conatur ad huiusmodi
augmentum.» S. THOMAS, Sum.
Theol., II-II, qu. 24, art. 6, ad 1.- «Quilibet actus caritatis meretur
absolute vitam aeternam; sed per peccatum sequens ponitur impedimentum
praecedenti merito, ut non sortiatur effectum.» Sum. Theol., I-II, qu. 114, art. 7, ad 3.
33
«Haga cada dia cincuenta ofrecimientos a Dios de si, y est ohaga con grande
fervor y deseo de Dios.» S. TERESA, Avisos,
30. Obras, VI, 51.
34 «O ma fille, quand je dis qu' il ne
faut rien demander ni rien désirer, j' entends pour les choses de la terre;
car, pour ce qui est des vertus, nous les pouvons demander; et demandant l'
amour de Dieu, nous les y comprenons, car il les contient toutes.» S. FRANÇOIS
DE SALES, Entretien XXI. Œuvres, VI, 384.
35
(Il P. Segneri iuniore così racconta di suo zio): «Il P. Segneri di felice
memoria disse piangendo ad un religioso: «Non fate come me, che sino a che
studiai Teologia, passava il tempo della mia orazine in considerare, e fare
altri affetti, e pochissimo in raccomandarmi a Dio. Finalmente il Signore si
degnò di aprirmi gli occhi, ed il d' allora in poi ho procurato più che ho
potuto di passar quel tempo in raccomandarmi a lui. E se ho fatto nulla di bene
o in me o negli altri, tutto mi pare di doverlo riconoscere da questo santo
esercizio di raccomandarsi a Dio.» Lod.
Antonio MURATORI, Vita del Padre
Paolo Segneri iuniore, Venezia, 1743, pag. 460. (Istruzione data dal P.
Paolo Segneri iuniore ad una religiosa: «Modo
di raccomandarsi a Dio»).- Cf. Giuseppe
MASSEI, Breve ragguaglio della vita
del P. Paolo Segneri (seniore), n. 51.
36
Era stata da Dio ridotta Crocifissa correndo l' anno vigesimo quarto dell' età
sua, allo stato di bambina di tre o quattro anni. Credutosi esser una malattia,
si adoperarono, per ordine del duca suo padre, medicine anche violente, senza
profitto. La voleva il Signore in tale stato per renderla libera da ogni
ufficio «d' alcuna, benchè minima, onoranza», e per toglierle il vigore, e,
nella sua fanciullesca semplicità, persino la voglia di sottrarsi alle divine
attrazioni o di nasconderle. Nei suoi rapimenti, le monache notavano in cara
ciò che proferiva.- «Lei presente, venne a farsi discorso intorno all'
orazione, e udirono la già bambina Crocifissa così spiegarsi in parole latine:
«Oratio est aspiratio animae, et anima sine aspiratione vivere non potest, et
ideo oportet semper orare.» Ciò detto, rosseggiante la faccia, sorridente la
bocca, e luminosi gli occhi, componendosi alla bellezza d' un angelo, parea che
accompagnasse il godimento di altre anime, che a lei si davano a conoscere
congiunte a Dio in grado di altissima orazione, proferendo con somma grazia:
«Corrono, corrono dormendo. Dormono, dormono correndo.... Il riflesso di Dio a
sè le congiunge... Magnificate, caeli.... Te Deum laudamus... Cantate, laudate,
canite, canite Dominum.» Al rivenire poi dall' estasi, sclamò: «Eheu quam mihi
sordet tellus, cum caelum aspicio;» e postosi agli occhi un fazzoletto, pretese
Suor Maria Serafica (sua sorella maggiore) farglielo levare: ma fu da essa
risospinta, con gentile e fanciullesca maniera, e così anche le disse:
«Lasciami star alquanto così. Non sai che il passar da un luogo luminoso ad un
oscuro toglie il vedere degli occhi, se prima non si ritengono serrati?» Girolamo TURANO, Vita, Venezia, 1709, lib. 2, cap. 4, pa. 107-110.
37
«Rationabiliter dici potest quod... per ingressum religionis aliquis
consequatur remissionem omnium peccatorum. Si enim aliquibus eleemosynis
factis, homo potest statim satisfacere de peccatis suis (Dan. IV, 24)... multo
magis in satisfactionem pro omnibus peccatis sufficit quod aliquis se totaliter
divinis obsequiis mancipet per religionis ingressum, quae excedit omne genus
satisfactionis, etiam publicae poenitentiae, ut habetu in Decret. 33 (quaest. 1, cap. Admonere); sicut etiam holocaustum excedit
sacrificium, ut Gregorius dicit (in
Ezech. hom. 20). Unde in Vitis
Patrum (lib. 6, libell. 1. n. 9: ML 73-994) legitur quod eamdem gratiam
consequuntur religionem ingredientes quam consequuntur baptizati.- Si tamen non
absolventur per hoc ab omni reatu poenae, nihilominus ingressus religionis
utilior est quam peregrinatio Terrae Sanctae quantum ad promotionem in bonum:
quae praeponderat absolutioni a poena.» S.
THOMAS, Sum. Theol., II-II, qu. 189, a. 3, ad 2.
38 «Paulus ait: Imitatores mei estote, sicut et ego Christi (I Cor. IV, 16). Quomodo factus es
Christi imitator? Omnibus per omnia placens, non quaerens meam utilitatem, sed
multorum, ut salvi fierent (I Cor. X, 33). Rursis alio loco (Rom. XV, 3) dicit:
Etenim Christus non sibi ipsi placuit, sed
multis; neque prorsus alia res est quae perinde declaret doceatque quis sit
fidelis et amans Christi, quam si fratrum curam agat illorumque saluti
prospiciat.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, De
beato Philogonio, n. 2. MG 48-752.- Questa omilia- detta pure «contra Anomaeos sexta»- nelle antiche
edizioni di Venezia e di Parigi, una almeno delle quali servì a S. Alfonso, si
trova nel tomo terzo, verso la fine: Opera,
III, Venetiis, 1574, fol. 337, col. 4. La nota di S. Alfonso deve leggersi
«tom. 3», non già «hom. 3».- Altrove (In
Epist. I ad Cor., hom 25, nn. 2, 3, MG 61-208, 209), il GRISOSTOMO dice: «Sicut et ego per omnia omnibus placeo, non
quaerens quod mihi utile est, sed quod multis, ut salvi fiant. Imitatores mei
estote sicut et ego Christi (I Cor. X, 33; XI, 1). Hoc est regula
perfectissimi christianismi, hoc accurata definitio, hoc summum fastigium, quae
in commune conferunt quaerere: quod et ipse declarans subiunxit, sicut et ego Christi. Nihil enim ita
potest imitatorem Christi facere, ut curam proximi gerere. Sed etiamnsi
ieiunaveris, humi cubueris, si te, ut ita dicam, strangulaveris, proximi autem
coram non geras, nihil magni fecisti, sed adhuc longe abes ab hac imagine haec
faciens.»
39 «J' ai ajoutè qu' il fallait cueillir
un petit bouquet de dévotion; et voici ce que je veux dire. Ceux qui se sont
promenés en un beau jardin n' en sortent pas volontiers sans prendre en leur
main quatre ou cinq fleurs pour les odorer et tenir le long de la journè: ainsi
notre esprit ayant discouru sur quelque mystére par la méditation, nous devons
choisir un ou deux ou trois points que nous aurons trouvés plus à notre goût,
et plus propres à notre avancement, pour nous en ressouvenir le reste de la
journée et les odorer spirituellement.» S. FRANÇOIS DE SALES, Introduction à la vie dévote, partie 2,
ch. 7. Œuvres, III, 82.
40
«¡Oh, vàlame Dios, qué ceguedad tan grande (cioè di lasciare l' orazione sotto
il pretesto di umiltà)! ¡Y qué bien acierta el demonio, para su proposito, en
cargar aqui la mano! Sabe el traidor, que alma que tenga con perseverancia
oraciòn, la tiene perdida, y que todas las caidas que la hace dar, la ayudan
por la bondad de Dios, a dar después mayor salto en lo que es su servicio: algo
le va en ella.» S. TERESA, Libro de la
Vida, cap. 19. Obras, I, 139.
41
«Pues para lo que he tanto contado... para que se entienda el gran bien que
hace Dios a un alma que la dispone para tener oraciòn con voluntad, aunque no
esté tan dispuesta como es menester, y còmo, si en ella persevera, por pecados,
y tentaciones y caidas de mil maneras que ponga el demonio, en fin, tengo por
cierto la saca el Señor a puerto de salvaciòn.» S. TERESA, Libro de la Vida, cap. 8. Obras,
I, 56.- «De lo que yo tengo expiriencia puedo decir, y es que por males que
haga quien la ha comenzado (la oraciòn), no la deje; pues es el medio por donde
puede tornarse a remediar, y sin ella serà muy màs dificultoso.» Ibid., 57.- «Digo que no desmaye nadie
de los que han comenzado a tener oraciòn con decir: si torno a ser malo, es
peor ir adelante con el ejercicio de ella. Yo lo creo si se deja la oraciòn y
no se enmienda de el mal; mas si no la deja, crea que le sacarà a puerto de
luz.» Libro de la Vida, cap. 19. Obras, I, 139.
42
«Comencé a tornar en mi, aunque no dejaba de hacer ofensas a el Señor; mas como
no habia perdido el camino, aunque poco a poco, cayendo y levantando, iba por
él: y el que no deja de andar y ir adelante, aunque tarde, llega. No parece es
otra cosa perder el camino sino dejar la oraciòn. Dios
nos libre por quien El es.» Libro de la Vida, cap. 19. Obras, I, 143.
43 «Si, que no està el amor de Dios en
tener làgrimas, ni estos gustos y ternura que por la mayor parte los deseamos y
consolamos con ellos; sino en servir con justicia y fortaleza de animo y
humildad. Recibir,
màs me parece a mi eso, que no dar nosotros nada.» Libro de la vida, cap. 11. Obras,
I, 81.
44
«Y ansi se deternime, aunque para toda la vida le dure esta sequedad, no dejar
a Cristo caer con la cruz; tiempo vernà que se lo pague por junta. No haya
miedo que se pierda el trabajo, a buen amo sirve, miràndole està.... Su precio
se tienen estos trabajos... Sè que son grandisimos.... Mas he visto claro que no
deja. Dios sin gran premio, aum en esta vida... Tengo para mi, que quiere el
Señor dar muchas veces a el principio, y otras a la postre, estos tormentos, y
otras muchas tentaciones, que se ofrecen, para probar a sus amadores y saber si
prodràn beber el càliz y ayudarle a llevar la cruz, antes que ponga en ellos
grandes tesoros.» Libro de la Vida, cap.
11. Obras, I, 79, 80.
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«Devotio nihil aliud esse videtur quam voluntas quaedam prompte tradendi se ad
ea quae pertinent ad Dei famulatum.» S. THOMAS, Sum. Theol., II-II, qu. 82, a. 1, c.
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