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S. Alfonso Maria de Liguori Apparecchio alla Morte IntraText CT - Lettura del testo |
PUNTO II
Considera in oltre la misericordia che usa Dio in chiamare il peccatore a penitenza. Quando Adamo si ribellò dal Signore, e poi si nascondea dalla sua faccia, ecco Dio che avendo perduto Adamo, lo va cercando e quasi piangendo lo chiama: «Adam, ubi es?» (Gen. 3. 9). «Sunt verba Patris (commenta il p. Pereira)1 quaerentis filium
suum perditum». Lo stesso ha fatto Dio tante volte con te, fratello mio. Tu fuggivi da Dio, e Dio t'andava chiamando, ora con ispirazioni, ora con rimorsi di coscienza, ora con prediche, ora con tribolazioni,2 ora colla morte de' tuoi amici. Par che dica Gesu-Cristo, parlando di te: «Laboravi clamans, raucae factae sunt fauces meae» (Ps. 68. 4). Figlio, quasi ho perduta la voce in chiamarti. Avvertite, o peccatori, dice S. Teresa,3 che vi sta chiamando quel Signore, che un giorno vi ha da giudicare.
Cristiano mio, quante volte hai fatto il sordo con Dio, che ti chiamava? Meritavi ch'egli non ti chiamasse più. Ma no, il tuo Dio non ha lasciato di seguire a chiamarti, perché volea far pace con te e salvarti. Oh Dio, chi era quegli che ti chiamava? un Dio d'infinita maestà. E tu chi eri, se non un verme miserabile e puzzolente? E perché ti chiamava? non per altro che per restituirti la vita della grazia, che tu avevi perduta: «Revertimini, et vivite» (Ez. 18. 32). Acciocché taluno potesse acquistare la divina grazia, poco sarebbe, se vivesse in un deserto per tutta la sua vita; ma Dio ti esortava4 a ricever la sua grazia in un momento, se volevi con un atto di pentimento: e tu la rifiutavi. E Dio con tutto ciò non ti ha abbandonato; ti è andato quasi piangendo appresso e dicendo: Figlio, e perché ti vuoi dannare? «Et quare moriemini, domus Israel?» (Ez. 18. 31).
Allorché l'uomo commette un peccato mortale, egli discaccia Dio dall'anima sua. «Impii dicebant Deo: Recede a nobis» (Iob. 21. 14).5 Ma Dio che fa? si pone6 alla porta di quel cuore ingrato: «Ecce sto ad ostium, et pulso» (Apoc. 3. 20). E par che preghi l'anima a dargli l'entrata: «Aperi mihi, soror mea» (Cant. 5. 2). E si affatica a pregare: «Laboravi rogans»7 (Ier. 15. 6). Sì, dice S. Dionisio Areopagita,8
Dio va appresso a' peccatori come un amante disprezzato, pregandoli che non si perdano: «Deus etiam a se aversos amatorie sequitur, et deprecatur ne pereant». E ciò appunto significò S. Paolo, quando scrisse a' discepoli: «Obsecramus pro Christo, reconciliamini Deo» (2. Cor. 5. 20). È bella la riflessione, che fa S. Gio. Grisostomo9 commentando questo passo: «Ipse Christus vos obsecrat. Quid autem obsecrat? reconciliamini Deo; non enim Ipse inimicus gerit, sed vos». E vuol dire il santo che non già il peccatore ha da stentare per muovere Dio a far pace con esso, ma esso ha da risolversi a voler far pace con Dio; mentr'egli, non già Iddio, fugge la pace.
Ah che questo buon Signore va tutto giorno appresso a tanti peccatori, e va loro dicendo: Ingrati, non fuggite più da me, ditemi perché fuggite? Io amo il vostro bene, ed altro non desidero che di rendervi felici, perché volete perdervi? Ma, Signore, Voi che fate? Perché tanta pazienza e tanto amore a questi ribelli? che bene Voi ne sperate? È poco vostro onore il farvi vedere così appassionato verso di questi miseri vermi che vi fuggono. «Quid est homo, quia magnificas eum? Aut quid apponis erga eum cor tuum?» (Iob. 7. 17).
Ecco, Signore, a' piedi vostri l'ingrato, che vi cerca10 pietà: «Pater, dimitte».11 Vi chiamo Padre, perché Voi volete ch'io così vi chiami. Padre mio, perdonatemi. Io non merito compassione, mentre perché Voi siete stato più buono con me, io sono stato più ingrato con Voi. Deh per quella bontà che v'ha trattenuto, mio Dio, a non
abbandonarmi, quand'io vi fuggiva, per questa stessa ricevetemi ora che torno a Voi. Datemi, Gesù mio, un gran dolore dell'offese che v'ho fatte, e datemi il bacio di pace. Io mi pento più d'ogni male dell'ingiurie che v'ho fatte, le detesto, le abbomino, ed unisco questo mio abborrimento a quello, che ne aveste Voi, mio Redentore, nell'orto di Getsemani. Deh perdonatemi per li meriti di quel sangue, che spargeste per me in quell'orto. Io vi prometto risolutamente di non partirmi più da Voi, e di scacciare12 dal mio cuore ogni affetto che non è per Voi. Gesù mio, amor mio, io vi amo sopra ogni cosa, e voglio sempre amarvi, e solo Voi voglio amare; ma datemi Voi forza d'eseguirlo; fatemi tutto vostro.
O Maria speranza mia, Voi siete la madre della misericordia, pregate Dio, per me, e abbiate pietà di me.
invitantis ad fidenter comparendum, et intrepide colloquendum. Sunt patris quaerentis filium suum perditum. Sunt medici requirentis ab aegroto locum vulnerum».
la premura, colla quale pretende Iddio la vostra risoluzione ed il vostro ravvedimento: Aversos et resilientes a se amatorie sequitur, et contendit et deprecatur, ne se deserant (Epist. ad Demophil.)». Cfr. Ps. DIONYSIUS AREOPAGITA, Epist. VIII ad Demophilum monachum; PG 3, 1087: «Quid quod a se deficientes amore prosequatur, contendatque ac roget, ne dedignentur amore; quin et deliciosos ipsos ac temere provocantes sustinet atque ipsemet excusat».