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S. Alfonso Maria de Liguori
Vittorie dei Martiri

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§. 23. Di s. Giovanni Grisostomo.

1. Sebbene questo gran santo non sia morto per la fede e per mano di carnefice, nondimeno ben può dirsi martire, avendo egli perduta la vita a cagion de' maltrattamenti sofferti per difender l'onore di Dio e 'l bene della chiesa. Nacque s. Giovanni in Antiochia circa l'anno 347. d'una delle prime famiglie di quella città. La madre rimasta vedova in età di 20. anni ebbe tutta la cura di bene educar questo figlio. Gli fece studiare sotto eccellenti maestri la rettorica e la filosofia. Il santo giovane dimostrava di dover fare gran fortuna nel mondo;


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ma egli sin dall'età di 20. anni si applicò allo studio delle sacre scritture ed all'orazione, e si consacrò tutto all'amore del crocifisso. Onde s. Melezio suo vescovo gli prese affetto, l'istruì per tre anni e lo fece lettore nella sua chiesa.

2. Indi, dopo essere stato da sei anni in circa in Antiochia applicato a santificarsi con una vita tutta ritirata e mortificata, tuttavia credette aver bisogno di maggior ritiro e mortificazione; onde si ritirò su d'una montagna e di passò ad abitare in una caverna, ove dimorò altri sei anni in continue orazioni e penitenzegrandi che molto ne restò indebolita la sua sanità; onde fu costretto a ritornare in Antiochia, dove s. Melezio l'ordinò diacono, e cinque anni appresso Flaviano successore di s. Melezio l'ordinò sacerdote; e conoscendo la sua grande abilità per il pulpito, gl'impose la carica di predicare nella sua chiesa. Il quale officio fu da lui esercitato con tanto frutto e piacere del popolo, che dagli uditori talvolta veniva lodato in pubblico con acclamazioni clamorose e battimenti di mani, ma il santo loro diceva: A che mi servono questi vostri applausi? Quel che solo desidero è che mettiate in pratica quel che vi predico. Questo è tutto l'applauso che da voi aspetto e desidero.

3. Avvenne poi che nell'anno 397. morì Nettario patriarca di Costantinopoli; e perché il nome del nostro santo si era già fatto celebre per tutte quelle province, l'imperatore Arcadio pregato dal clero e dal popolo risolse di eleggerlo per vescovo di quella città; onde fece venir s. Giovanni a Costantinopoli, e senza palesargli il suo disegno lo prese nel suo cocchio e seco lo condusse in una chiesa fuori della città ed ivi lo fece consacrare da' vescovi, benché con gran ripugnanza del santo. La città di Costantinopoli avea per sua disgrazia avuto per vescovo nello spazio di sedici anni Nettario uomo senza scienza e senza zelo; onde quella gran città piena di forastieri e di eretici avea gran bisogno di riforma. A questa riforma tutto si applicò s. Giovanni. E perché trovò molto rilassati anche i costumi del clero, il santo ch'era pieno di zelo ebbe molto a faticare per riformarli; come anche ebbe da affaticarsi per correggere l'avarizia e la superbia de' grandi che servivano all'imperatore; il che gli fu occasione di acquistarsi molti nemici.

4. Tra questo tempo in Costantinopoli capitarono alcuni solitarj discacciati dall'Egitto da Teofilo vescovo di Alessandria, sotto il pretesto che fossero origenisti; ma perché s. Giovanni li trovò innocenti, scrisse a Teofilo in lor favore e lo pregò a lasciarli in pace. Ma quegli, ch'era uomo superbo, sdegnato col santo che avesse presa la loro protezione, risolse di rovinare il nostro santo e gli riuscì; poiché quantunque Teofilo fu chiamato dall'imperatore in Costantinopoli a giustificarsi, egli, essendovi giunto, si unì con alcuni vescovi e signori della corte e molti altri del clero nemici di Giovanni: ed in tal modo da reo diventò attore; poiché avendosi guadagnato anche il favore dell'imperatore Eudossia, trovandosi ella in quel tempo sdegnata contro del santo, per averla egli ripresa de' danari tolti alla vedova Callitropa e di un campo tolto ad un'altra vedova, unì un conciliabolo


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di 36. vescovi del suo partito in un certo luogo detto della Quercia, dove, per certe false calunnie apposte contro del santo, lo fece deporre, ed ottenne dall'imperatore ordine che s. Giovanni fosse scacciato dalla sua chiesa e mandato in esilio. Il popolo, udendo ciò, circondò la chiesa e la casa, acciocché non gli fosse tolto il suo vescovo. Ma il santo per evitare una sedizione, di cui già si temeva, uscì da una porta segreta e si pose in mano de' soldati che lo condussero in Bitinia. Ma nella notte del giorno seguente in Costantinopoli vi fu un gran tremuoto che tutti considerarono come un segno della divina vendetta. La stessa imperatrice ne fu atterrita in modo che indusse l'imperatore a richiamare nella città il santo vescovo; onde subito fu spedito l'ordine che ritornasse, ed a tale avviso tutto il popolo gli corse incontro, cantando inni, e la maggior parte con torce accese in mano. Giunto che fu s. Giovanni alla chiesa, il popolo costrinselo, benché con sua ripugnanza, a porsi sul trono episcopale.

5. Teofilo all'incontro all'arrivo del santo, insieme cogli altri del suo partito spaventati, fuggirono da Costantinopoli. Il santo ripigliò le sue sacre funzioni e sollecitava presso l'imperatore che si convocasse un concilio per giustificare la sua innocenza; ma un nuovo accidente fece mutar faccia alle cose. Nella piazza della chiesa cattedrale, detta di s. Sofia, erasi alzata una statua d'argento dell'imperatrice, e perciò si erano fatti balli e spettacoli e tali rumori che aveano turbati nella chiesa gli officj divini; onde il santo riprese fortemente il popolo di quella irriverenza portata alla chiesa. Ma di ciò si aggravò Eudossia l'imperatrice, e per vendicarsene si servì di Teofilo e de' vescovi nemici del santo, i quali col pretesto che egli avea ripresi gli esercizj del suo vescovado senza prima giustificarsi in un concilio, si adunarono in un altro conciliabolo, e il condannarono e deposero.

6. Dopo questa ingiustissima deposizione venne ordine dall'imperatore a s. Giovanni che non entrasse nella sua chiesa, ond'egli uscì dalla città; e perché era giorno di sabbato santo andò in una chiesa di campagna a celebrare gli officj, ma i nemici ottennero una truppa di 400. soldati che entrarono colle spade in mano in quella chiesa, ove si amministrava il battesimo, sì che restarono feriti alcuni preti, e le fanciulle che si preparavano al battesimo furono oltraggiate; e giunse l'insolenza sino a calpestare il sacramento dell'altare: in somma fu tale la commozione che le genti andarono per lo spavento a rifugiarsi nelle valli e nei boschi. Finalmente Arcadio, benché non odiasse s. Giovanni, nondimeno spinto dalle insinuazioni di sua moglie e de' vescovi contrarj al santo gl'impose l'esilio, e che subito partisse. Onde il santo a tal ordine sceso in chiesa si licenziò da' vescovi suoi amici, ed uscendo da una porta segreta, si diede in mano de' soldati che lo condussero, camminando di giorno e di notte senza riposo, a Cucuso, piccola città dell'Armenia: onde il santo, benché fosse afflitto da una febbre terzana, ebbe da viaggiare senza compassione. Il viaggio durò settanta giorni, de' quali trenta ne passò s. Giovanni sempre con una febbre violenta addosso.


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7. Giunto che fu a Cucuso, il vescovo di quel luogo lo alloggiò in sua casa e così trovò qualche riposo a tanti disagi patiti. Ivi poi il santo non fu ozioso; si pose ad istruire quella gente ed a sollevare i poveri per quanto poteva; di scrisse più lettere per consolare i suoi ed anche per aiutare le chiese nuove fondate in Persia, cioè nella Gozia e nella Fenicia. Frattanto il papa Innocenzo I., informato delle ingiustizie fatte a s. Giovanni, si adoperò a convocare un concilio universale, ove definitivamente si dichiarasse l'innocenza del santo. Ma i nemici impiegarono tutte le loro forze per impedirlo, e l'ottennero; poiché Arcadio ingannato da' vescovi del contrario partito e dai suoi ministri non fece riuscire il concilio. Anzi i nemici del santo, non potendo soffrire la gloria che egli si acquistava nel luogo del suo esilio, ottennero un ordine da Arcadio che s. Giovanni fosse trasportato a Pitionto, città deserta e l'ultima dell'imperio. Pertanto dovendo partire di s. Giovanni, fu consegnato a due officiali, uno de' quali essendo uomo bestiale ed impegnato da essi nemici a far morire il santo per la strada in quel viaggio, lo facea camminare quando piovea dirottamente e l'esponea ai più grandi calori del sole, né permettea che si fermasse ne' paesi più comodi, ma lo facea alloggiare in villaggi ove mancava tutto.

8. Essendo poi arrivati nella città di Cumana nel Ponto, volle il barbaro proseguire il viaggio e giungere cinque miglia più oltre sino alla chiesa ove era sepolto s. Basilisco martire, stato già vescovo di Cumana; presero ivi alloggio in una casa contigua alla chiesa, e la stessa notte apparve a s. Giovanni il santo martire e lo confortò a star di buon animo, dicendogli: Domani saremo insieme. Il Grisostomo dando fede all'oracolo e vedendo prossimo il fine de' suoi strazj, pregò i soldati a differir la partenza sino alla mattina. Ciò non poté ottenerlo, ma appena dopo poche miglia di viaggio furono costretti a ritornare nella stessa casa, poiché videro il santo ridotto in pessimo stato di vita; e ritornati che furono, il santo mutò le vesti che teneva e si vestì di una veste bianca, e sentendosi mancar la vita prese il santo viatico, e fatta la sua ultima orazione, replicando quella parole che sempre aveva in bocca, Gloria a Dio per tutte le cose, disse Amen, e rendette l'anima a Dio ai 24. di settembre dell'anno 407., dopo 60. anni di vita, e nove e sette mesi in circa di vescovado. Accorse subito dalle provincie vicine gran moltitudine di monaci e di altre persone illustri ad onorar la sua sepoltura. Pochi giorni dopo la morte di s. Giovanni Grisostomo, Iddio non lasciò impuniti i suoi nemici, specialmente in capo a pochi giorni morì Eudossia; non molto appresso finì di vivere ancora Arcadio in età di anni 31., e comunemente queste morti furono riputate effetti della divina vendetta.

9. Ma tuttavia non cessò la persecuzione contro gli aderenti di s. Giovanni e particolarmente contro un sacerdote chiamato Tigrio ed un cherico lettore chiamato Eutropio; poiché essendo stato il santo cacciato la seconda volta da Costantinopoli, avvenne che andò a fuoco la gran chiesa di s. Sofia e il palazzo del senato, e ne fu tra gli altri attribuita la colpa a quei due ecclesiastici. Ritrovavasi


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governatore della città Ottato, empio pagano. Egli fece mettere alla tortura Eutropio che era più giovine, acciocché svelasse gli autori dell'incendio; ma Eutropio lacerato con unghie di ferro nelle coste ed abbrustolito con torce ardenti stette forte a non infamare alcuno; onde scrive Palladio che fra quei tormenti finì la vita. Indi Ottato diede di mano al prete Tigrio. Lo fece flagellare e poi stendere sull'eculeo, ma talmente che gli restarono tutte le ossa slogate. Ed appresso fu mandato in esilio in Mesopotamia, ove lasciò la vita. La chiesa onorò ambedue questi due santi col titolo di martiri.

10. Nell'anno 428. cominciò a celebrarsi il nome di s. Giovanni Grisostomo e finalmente l'arcivescovo Proculo persuase l'imperator Teodosio il giovine a far trasportare il corpo del santo da Cumana, ove riposava, in Costantinopoli. Il trasporto delle sacre reliquie fu di grande onore al santo, poiché tutto il popolo andò ad incontrarlo; lo stretto del mare, per dove passarono, fu tutto coperto di barche ed illuminato di torce. Quando poi giunse il sacro corpo, l'imperator Teodosio cogli occhi bagnati di lagrime e colla faccia dimessa sopra la cassa, domandò umilmente al santo perdono, per suo padre e sua madre, delle ingiustizie contro di lui commesse. Questa traslazione avvenne ai 27. di gennaio dell'anno 438., passati anni 31. dopo la morte di s. Giovanni.




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