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S. Alfonso Maria de Liguori
Vittorie dei Martiri

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§. 35. Di s. Ireneo vescovo.

1. Credesi che s. Ireneo fosse nato nella città di Sirmio. Quantunque poi i suoi genitori, secondo raccogliesi dagli atti del suo martirio, probabilmente fossero gentili, egli nondimeno sin da fanciullo abbracciò la fede di Gesù Cristo. Avanzato in età prese moglie, da cui ebbe molti figliuoli, che tutti lasciò in età molto tenera, quando diede la vita per Gesù Cristo. Diede poi il santo tanti e tali esempj di virtù, che anche nella sua età giovanile meritò di essere fatto vescovo di Sirmio: e così indi combattendo contro i nemici della fede, e per difendere il popolo alla sua cura commesso, ebbe la sorte di conseguir la corona del martirio.

2. Nell'anno 314. giunsero in Sirmio gli editti dell'imperator Diocleziano contro i cristiani; onde Probo governatore della Bassa Pannonia si affrettò a metterli in esecuzione; e cominciò ad infierire primieramente contro gli ecclesiastici, e con modo particolare contro i vescovi, sperando che, abbattuti i pastori, facilmente restasse dissipata la greggia di Gesù Cristo. Ireneo pertanto, che in quel tempo era ancor giovine, presto fu preso da' soldati, e presentato a Probo, che gli disse: Ubbidisci ai precetti imperiali e sacrifica agli dei. Rispose il santo: Dice la scrittura: Chiunque sacrifica agli dei e non a Dio sarà esterminato. Soggiunse Probo: I principi hanno comandato che voi cristiani o sacrifichiate, o siate messi a' tormenti.


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Ireneo rispose: Ed a me è stato comandato di eleggere prima i tormenti che negare Iddio, e sacrificare ai demonj. Probo: O sacrifica, o ti farò tormentare. E il santo: Avrò piacere se lo farai; poiché così sarò fatto partecipe della passione del mio Signore. Comandò pertanto il presidente che fosse posto a' tormenti, ne' quali Probo vedendo il santo da quelli già molto straziato, gli domandò: Che dici, Ireneo? Sacrifica. E il santo: Sacrifico colla mia confessione al mio Dio, al quale sempre ho sacrificato.

3. Mentre Ireneo era così tormentato, vennero il suo padre, la moglie, i figli e tutti i suoi domestici ed amici a pregarlo che ubbidisse all'imperatore. I figliuoli gli abbracciavano i piedi, e gli diceano: Padre, se non avete pietà di voi abbiatela almeno di noi. La moglie piangendo lo scongiurava a non volerla lasciare abbandonata. Gli amici l'esortavano a non volersi perdere nella sua età ancor fresca. Ma il santo, come forte scoglio in mezzo alle onde, avendo davanti gli occhi quella sentenza di Gesù Cristo che dice: Chiunque mi negherà innanzi agli uomini, non sarà da me riconosciuto per mio alla presenza di mio Padre che sta ne' cieli: non rispose loro neppur una parola, anelando di conseguir presto il martirio che gli sovrastava. Allora Probo gli disse: Ireneo, lascia questa tua pazzia; provvedi alla tua florida età, e sacrifica. Rispose il santo: Io provvedo a me per tutta l'eternità se non sacrifico. Finalmente fu deposto dai tormenti e condotto in carcere, dove per molti giorni soffrì altri supplicj.

4. Dopo qualche tempo Probo sedendo in tribunale si fece presentare di nuovo il santo vescovo e gli disse: Sacrifica ormai, Ireneo, e liberati dalle pene che ti sovrastano. Il santo rispose: Fate pure quel che vi è comandato di fare, e non aspettate da me che in ciò io vi ubbidisca. Sdegnato Probo lo fece battere in sua presenza, e il santo in quelle battiture diceva: Io sin da' miei primi anni adorai un Dio che in tutte le cose mi assiste e mi conforta; non posso adorare dei fatti per mano di uomini. E Probo: Liberati dalla morte; ti bastino i tormenti che finora hai sofferti. Replicò Ireneo: Io mi libero dalla morte , quando colle pene che mi fai soffrire conseguisco la vita eterna. Gli dimandò poi Probo se avesse moglie, se figliuoli e se genitori. Ed Ireneo a tutte queste dimande rispose che no: Dico che no, perché Gesù Cristo ha dichiarato che chi ama il padre o la madre e la moglie o i figliuoli più di lui, non è di lui degno. Probo ripigliò: Sacrifica almeno per amore de' tuoi figli. E il santo: I miei figli hanno Dio che può salvarli, come l'ho io. E Probo: Non mi costringere, Ireneo, a metterti di nuovo a' tormenti. E il Santo: Fa quel che vuoi, ma presto vedrai qual costanza il mio Signor Gesù Cristo mi darà contro tutte le tue insidie. Allora Probo pronunziò la sentenza, con cui condannò s. Ireneo a morire precipitato nel fiume. Il santo udendo tal sentenza, disse: Io mi aspettava dopo tante minacce, che mi faceste soffrire molti tormenti, e poi tagliare a pezzi: ma voi non l'avete fatto; vi prego a farlo, affinché vediate come i cristiani per la fede nel loro Dio disprezzano la morte.

5. Sdegnato Probo da tali parole comandò che gli fosse tagliata la testa,


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e poi fosse gettato nel fiume. Allora il santo, vedendosi già prossimo alla morte, ringraziò Gesù Cristo di avergli data la fortezza che gli bisognava e che con quella morte lo chiamava a parte della sua gloria. Giunto che fu poi ad un ponte detto di Diana, luogo del supplizio, si spogliò delle sue vesti, stese le mani al cielo, e pregò così: Signor mio Gesù Cristo, che vi siete degnato di morire per la salute del mondo, vi prego a far ricevere dagli angioli lo spirito mio, mentre io per il vostro nome e per la chiesa tutto volentieri soffro. Accoglietemi, voi per pietà nella vostra gloria, e confermate il mio gregge nella vostra fede. Dopo ciò dai ministri gli fu troncato il capo, e il suo corpo fu gettato nel fiume Savo.




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