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S. Alfonso Maria de Liguori Vittorie dei Martiri IntraText CT - Lettura del testo |
§. 40. De' ss. Epipodio ed Alessandro.
1. Era Epipodio nativo di Lione, ed Alessandro greco di origine, ed ambedue di famiglie illustri. Aveano essi sin dalla gioventù nelle scuole contratta una stretta amicizia, che sempre più era cresciuta coll'esercizio delle virtù da essi esercitate nella religione cristiana, in cui furono allevati dai loro genitori. Trovavansi pertanto questi santi nel fiore degli anni e sciolti da' legami di matrimonio, quando incrudeliva la persecuzione dell'imperator Marco Aurelio contro i cristiani, specialmente in Lione, dove la strage de' fedeli fu sì grande, che i gentili credeano di avere estinta ivi la religion cristiana.
2. In questo tempo Epipodio ed Alessandro per tradimento di un loro domestico furono denunciati come cristiani al presidente, il quale comandò che fossero presi. Ma essi avendo saputo un tal ordine, secondo il consiglio evangelico, lasciarono la città e si rifugiarono in un tugurio d'una povera vedova cristiana di un villaggio, e quivi stettero nascosti per qualche tempo. All'improvviso però furono un giorno trovati ed arrestati, e dopo tre giorni colle mani legate furono presentati al presidente, al quale subito confessarono di essere cristiani. Gl'idolatri allora subito gridarono, e chiesero che fossero martirizzati. Il giudice cominciò a dir loro: Dunque ancora persiste la temerità de' cristiani in disprezzare gli dei e gli editti de' principi? Abbiamo castigati colla morte tutti questi temerarj lasciando insepolti i loro corpi, e pure ancor si parla di Cristo? Quale ardire è il vostro in voler professare una religione vietata dagli imperatori? Ma presto ne pagherete la pena.
3. Mandò indi Alessandro alla carcere, e fece restare Epipodio ch'era più giovine, credendolo più facile a poter essere pervertito. Prima gli parlò con piacevolezza, dicendogli: È un peccato che tu, essendo giovine, voglia perire perseverando in questa falsa setta. Noi adoriamo gli dei che sono adorati da tutti i popoli, e specialmente da' nostri principi. Il culto che rendiamo loro ci fa menare una vita allegra in giuochi e piaceri; ma voi, cristiani, adorate un uomo crocifisso, che ama di vedere i suoi seguaci afflitti dalle penitenze e lontani dai piaceri. Ma quai beni può dare a' suoi servi uno che non ha potuto difendersi dalla morte che gli han data i giudei? Lascia, figliuol mio, questa setta, e godi tu ancora i piaceri che godiamo noi. Epipodio rispose: La pietà che voi dimostrate di me, è una vera crudeltà. Poiché il vivere come vivete voi altri, è lo stesso che morire eternamente; quando all'incontro il morire seguendo Gesù Cristo, è il maggior bene che possa desiderarsi. Voi sapete che Cristo è morto crocifisso, ma non sapete poi ch'egli è risorto, essendo Dio ed uomo, ed ha così aperta la via ai suoi servi, per condurli dopo questa misera e breve vita a regnare nel cielo eternamente. Voi non intendete le verità della fede cristiana, ma ben potete intendere che i piaceri del corpo non possono contentare l'anima
nostra, che è creata da Dio per la vita eterna. Noi neghiamo al corpo i diletti della terra, per salvare l'anima che è eterna. Voi credete che col finir la vita presente finisca ogni cosa; ma noi crediamo che, terminando la vita presente sì piena di miserie, passiamo a godere una vita felice che non mai finisce.
4. Il presidente, benché fosse stato alquanto commosso da quel discorso, tuttavia dando luogo alla sua rabbia, ordinò a' ministri che percuotessero la bocca del santo con pugni; ma il santo colla bocca che mandava sangue, disse allora con coraggio: Io confesso esser Cristo col Padre e collo Spirito santo un solo e vero Dio; ed è giusta cosa ch'io renda l'anima a chi n'è stato il creatore e redentore. Così non perdo la vita, ma ne acquisto una molto migliore. Poco poi importa in qual modo si sciolga questa macchina del mio corpo, purché l'anima mia vada al cielo, e ritorni a chi me l'ha data. Mentre così parlava s. Epipodio, per ordine del giudice fu posto all'eculeo, in cui due carnefici gli lacerarono i fianchi con uncini di ferro. Inoltre il popolo faceva istanza di avere il santo in mano, per farlo morir lapidato; onde il presidente, temendo che il popolo furioso glielo togliesse dalle mani con disprezzo della sua autorità, gli fece subito tagliar la testa, e così presto il santo giovine conseguì la corona.
5. Morto s. Epipodio, il giudice si fece presentar il suo compagno Alessandro e gli disse: Sta ancora in tuo potere di schivare la morte data agli altri. Io penso che tra i cristiani tu solo sei rimasto; se vuoi salvar la tua vita, bisogna che onori e sacrifichi a' nostri dei. Alessandro fatto più coraggioso dal martirio del suo compagno, rispose: Io ringrazio Dio, che, mentre voi mi rappresentate la morte de' miei fratelli, mi confermate coi loro esempj nel desiderio d'imitarli. Forse voi pensate che essendo essi morti, siano anche morte le loro anime? No, sappiate ch'elle ora possedono il cielo. V'ingannate, se credete di estinguere la fede cristiana, la quale è stata da Dio talmente fondata, che colla morte de' fedeli ella più si propaga. Quelli che voi credete aver tolti dal mondo, ora godono i beni del cielo e li goderanno in eterno; all'incontro voi co' vostri dei sarete un giorno fittati nel fuoco dell'inferno a penare in eterno. Io son cristiano, come il mio caro fratello Epipodio che regna nel cielo; onde fate del mio corpo quel che vi piace, perché l'anima mia sarà accolta da quel Dio che me l'ha donata.
6. A queste parole infuriato il presidente comandò a tre carnefici che crudelmente battessero il santo, il quale, implorando in quei tormenti il divino aiuto, soffrì tutto con costanza. Il giudice, vedendo che dopo la lunga carnificina del corpo del santo egli niente si arrendea, gli dimandò se ancora stava ostinato nel suo proponimento? Alessandro rispose: Io non mai cambierò il mio proponimento, perché di quello è custode un Dio onnipotente, a differenza de' vostri dei che non sono altro che demonj. Ripigliò il presidente, e disse: I cristiani sono sì pazzi, che credono di acquistarsi gloria colle loro pene; e perciò bisogna che costui sia punito come merita. Onde ordinò che subito fosse posto in croce. E ciò fu presto eseguito, e così presto Alessandro
consumò il suo martirio; poiché il suo corpo era stato talmente lacerato, che gli comparivano le interiora scoperte, onde poco durò sul patibolo, e andò a ricevere il premio de' suoi patimenti. Il martirio di questi due santi credesi avvenuto nel mese di aprile dell'anno 178. I loro sacri corpi furono predati da' cristiani segretamente, e nascosti nello scavo di una collina, che poi divenne celebre per molti miracoli operati in occasione di una peste che poco dopo la morte dei santi afflisse la città di Lione, come attesta lo scrittore degli atti, i quali sono anche rapportati dal Ruinart.