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S. Alfonso Maria de Liguori
Vittorie dei Martiri

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§. 49. Di s. Vittore e compagni.

1. Nella città di Marsiglia a tempo dell'imperator Massimiliano si era molto dilatata la religione cristiana: per lo che essendo giunto ivi questo gran nemico de' cristiani, ne fece una grande strage. Fra i martiri vi fu s. Vittore, il quale era official militare, ma era insieme buon cristiano e molto zelante della fede, in modo che non lasciava occasione di animare i fedeli a morire per Gesù Cristo. Ed a tal fine di notte tempo portavasi in casa de' cristiani per esortarli a soffrire ogni pena prima che rinnegar Gesù Cristo.

2. Questo suo zelo non poté star molto tempo occulto; onde presto fu arrestato e condotto davanti ai prefetti della città, Asterio ed Eutichio. I prefetti, quando fu loro presentato Vittore, gli dissero ch'essi gli avrebbero ottenuto il perdono se avesse sacrificato agli dei; e pertanto l'esortavano a non perdere il frutto de' suoi servizj per andare appresso ad un uomo morto, qual era Gesù Cristo. Rispose Vittore che gli dei de' pagani non erano che demonj, i quali non meritavano che di esser disprezzati. Soggiunse ch'egli si vantava di seguir Gesù Cristo, quell'uomo morto, il quale, essendo Figliuolo di Dio, si era fatto uomo per la salute degli uomini, ma non avea perciò lasciato di esser Dio: mentre nel terzo giorno dopo la sua morte per propria virtù era risorto e salito in cielo, ove regnava insieme col Padre. I pagani, udendo queste cose che loro sembravano favole, si posero ad ingiuriarlo; ma perché Vittore era nobile, i prefetti rimisero la sua causa al giudizio dell'imperatore.

3. L'imperatore, quando l'ebbe davanti, cercò di spaventarlo colle minacce; ma vedendo che Vittore non ne facea conto, comandò ch'egli fosse strascinato per tutta la città colle mani e co' piedi legati. Ricondotto che fu poi il santo tutto lacero e coperto


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di sangue innanzi ai prefetti, quelli, credendolo avvilito dalla pena sofferta, procurarono in tutti i modi d'indurlo a rinunziare Gesù Cristo, rappresentandogli i beni che potea godere in questo mondo, se ubbidiva all'imperatore, ed i mali che avrebbe sofferti, se disubbidiva. Vittore più coraggioso di prima rispose: Io non ho commesso alcun delitto contro l'imperatore, né ho lasciato di servirlo quando dovea. Prego di più ogni giorno Iddio per la di lui salute. Ma come poi potrò esser condannato, se preferisco i beni eterni ai temporali? Non sarei pazzo, se volessi far più conto di questi beni vili e che presto finiscono, che non di quelli che sono immensamente più grandi e non finiscono mai? E non sarà cosa giusta ch'io preferisca alla grazia dell'imperatore la grazia di quel Dio che mi ha creato e mi promette una felicità eterna? I tormenti poi che voi mi minacciate, io gli stimo piuttosto beneficj che tormenti, poiché questi mi libereranno dai tormenti eterni; e la morte che mi preparate sarà per me un passaggio ad una eterna vita. Non avrei perduto il cervello, se volessi preferire i vostri dei, i quali non sono che demonj, al mio Dio vivo e vero?

4. Proseguiva intanto Vittore ad innalzare la religion cristiana e le glorie di Gesù Cristo, narrando gl'innumerabili miracoli da lui fatti quando vivea su questa terra. Ma i prefetti, non potendolo più soffrire, gli dissero: Orsù, Vittore, non più parole, eleggi o di placare i nostri dei o di finir la vita con una morte infelice. E Vittore rispose: Giacché questa è la vostra risoluzione, fate ciò che volete, preparate i supplicj: io disprezzo i vostri dei e adoro il mio Cristo. Quindi altercarono i prefetti fra di loro circa il modo di tormentarlo, ma finalmente per ordine di Asterio fu posto il santo in una lunga e dolorosa tortura, durante la quale gli apparve Gesù Cristo che gli disse: Animo, Vittore, io son teco nel combattimento per aiutarti, e sarò tuo rimuneratore in cielo dopo che avrai vinto. Onde il santo confortato da tali parole, con volto sereno lodava Dio. All'incontro i carnefici, stanchi in tormentarlo, lo chiusero in una carcere più oscura: ma colà vennero gli angeli a consolarlo, e s. Vittore si pose con essi a cantare le divine lodi. I custodi vedendo la luce che splendeva in quel luogo, si gettarono a' piedi del santo e gli dimandarono il battesimo. Questi custodi chiamavansi Alessandro, Longino e Feliciano. Il santo gl'instruì, come meglio poté, e nella stessa notte gli fece battezzare da un sacerdote che mandò a chiamare.

5. Nel seguente giorno, divulgatasi la conversione dei tre custodi, l'imperatore ordinò che Vittore fosse di nuovo posto ai tormenti, e che i custodi, se ricusassero di lasciar la fede abbracciata, fossero decapitati: come seguì. E Vittore dopo essere stato messo di nuovo ai tormenti, fu portato a sacrificare avanti ad un altare di Giove. Egli lo buttò a terra con un calcio; onde l'imperatore subito gli fece tagliare il piede; e poi lo fece porre sotto una macina di molino, la quale, benché l'avesse tutto pesto e franto, prima non però di torgli la vita si disfece; per lo che al santo, parimente come agli altri, fu troncata la testa; e nell'atto ch'egli spirò, s'intesero quelle parole come venute dal cielo: Hai vinto, Vittore,


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hai vinto. Il tiranno ordinò che i corpi de' martiri fossero buttati in mare: ma Dio dispose che i medesimi fossero condotti alla parte opposta al porto; donde poi i cristiani li presero e li deposero in una grotta, ove il Signore volle poi onorarli con molti miracoli.




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