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S. Alfonso Maria de Liguori Apparecchio alla Morte IntraText CT - Lettura del testo |
PUNTO I
Se l'inferno non fosse eterno, non sarebbe inferno. Quella pena che non dura molto, non è gran pena. A quell'infermo si taglia una postema, a quell'altro si foca una cancrena; il dolore è grande, ma perché finisce tra poco, non è gran tormento. Ma qual pena sarebbe, se quel taglio o quell'operazione di fuoco continuasse per una settimana, per un mese intero?1 Quando la pena è assai lunga, ancorché sia leggiera, come un dolore d'occhi, un dolore di mole, si rende insopportabile. Ma che dico dolore? anche una commedia, una musica che durasse troppo, o fosse per tutto un giorno, non potrebbe soffrirsi per lo tedio. E se durasse un mese? un anno? Che sarà l'inferno? dove non si ascolta sempre la stessa commedia, o la stessa musica: non vi è solo un dolore d'occhi, o di mole: non si sente solamente il tormento d'un taglio, o di un ferro rovente, ma vi sono tutti i tormenti, tutti i dolori; e per quanto tempo? per tutta l'eternità: «Cruciabuntur die ac nocte in saecula saeculorum» (Apoc. 20. 10).
Quest'eternità è di fede; non è già qualche opinione, ma è verità attestataci da Dio in tante Scritture: «Discedite a me, maledicti, in ignem aeternum» (Matth. 25. 41). «Et hi ibunt in supplicium aeternum» (Ibid. num. 46). «Poenas dabunt in interitu aeternas» (2. Thess. 1. 9). «Omnis igne salietur» (Marc. 9. 48). Siccome il sale conserva le cose, così il fuoco dell'inferno nello stesso tempo che tormenta i dannati, fa l'officio di sale conservando loro la vita. «Ignis ibi consumit (dice S. Bernardo),2 ut semper reservet» (Medit. cap. 3).
Or qual pazzia sarebbe quella di taluno, che per pigliarsi una giornata di spasso, si volesse condannare a star chiuso in una fossa per
venti, o trenta anni? Se l'inferno durasse cent'anni; che dico cento? durasse non più che due o tre anni, pure sarebbe una gran pazzia, per un momento di vil piacere, condannarsi a due o tre anni di fuoco. Ma non si tratta di trenta, di cento, né di mille, né di cento mila anni; si tratta d'eternità, si tratta di patire per sempre gli stessi tormenti, che non avranno mai da finire, né da alleggerirsi un punto. Hanno avuto ragione dunque i santi, mentre stavano in vita, ed anche in pericolo di dannarsi, di piangere e tremare. Il B. Isaia3 anche mentre stava nel deserto tra digiuni e penitenze, piangeva dicendo: Ah misero me, che ancora non sono libero dal dannarmi! «Heu me miserum, quia nondum a gehennae igne sum liber!»
Ah mio Dio, se mi aveste mandato all'inferno, come già più volte l'ho meritato, e poi me ne aveste cacciato per vostra misericordia, quanto ve ne sarei restato obbligato? ed indi qual vita santa avrei cominciato a fare? Ed ora che con maggior misericordia Voi mi avete preservato dal cadervi, che farò Tornerò ad offendervi e provocarvi a sdegno, affinché proprio mi mandiate ad ardere in quella carcere de' vostri ribelli, dove tanti già ardono per meno peccati de' miei? Ah mio Redentore, così ho fatto per lo passato; in vece di servirmi del tempo che mi davate per piangere i miei peccati, l'ho speso a più sdegnarvi. Ringrazio la vostra bontà infinita, che tanto mi ha sopportato. S'ella non era infinita, e come mai avrebbe potuto soffrirmi? Vi ringrazio dunque di avermi con tanta pazienza aspettato sinora; e vi ringrazio sommamente della luce che ora mi date, colla quale mi fate conoscere la mia pazzia e il torto che vi ho fatto in oltraggiarvi con tanti miei peccati. Gesù mio, li detesto e me ne pento con tutto il cuore; perdonatemi per la vostra passione; ed assistetemi colla vostra grazia, acciocché più non vi offenda. Giustamente or debbo temere che ad un altro peccato mortale Voi mi abbandoniate. Ah Signor
mio, vi prego, mettetemi avanti gli occhi questo giusto timore, allorché il demonio mi tenterà di nuovo ad offendervi. Dio mio, io vi amo, né vi voglio più perdere; aiutatemi colla vostra grazia.
Aiutatemi, o Vergine SS., fate ch'io sempre ricorra a Voi nelle mie tentazioni, acciocché non perda più Dio. Maria, Maria4 Voi siete la speranza mia.