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S. Alfonso Maria de Liguori Apparecchio alla Morte IntraText CT - Lettura del testo |
PUNTO III
In questa terra la maggior pena che affligge l'anime che amano Dio, e sono in desolazione, è il timore di non amare e di non essere amate da Dio. «Nescit homo, utrum amore an odio dignus sit» (Eccle. 9. 1). Ma nel paradiso l'anima è sicura ch'ella ama Dio, e ch'è amata da Dio; vede ch'ella è felicemente perduta nell'amor del suo Signore, e che 'l Signore la tiene abbracciata come figlia cara, e vede che
quest'amore non si scioglierà mai più in eterno. Accrescerà le beate fiamme all'anima il meglio conoscere che farà allora, quale amore è stato di Dio l'essersi fatto uomo, e morire per lei!1 quale amore l'istituzione del SS. Sagramento, un Dio farsi cibo d'un verme! Vedrà allora anche l'anima distintamente tutte le grazie che Dio le ha fatte in liberarla da tante tentazioni e pericoli di perdersi; ed allora vedrà che quelle tribolazioni, infermità, persecuzioni e perdite, ch'ella chiamava disgrazie e castighi di Dio, sono state tutte amore e tiri della divina provvidenza per condurla al paradiso. Vedrà specialmente la pazienza che ha avuta Dio in sopportarla dopo tanti peccati, e le misericordie che le ha usate, donandole tanti lumi e tante chiamate d'amore. Vedrà lassù di quel monte beato tante anime dannate nell'inferno per meno peccati de' suoi, ed ella si vedrà già salva, che possiede Dio, ed è sicura di non avere più a perdere quel sommo bene per tutta l'eternità.
Sempre dunque il beato goderà quella felicità, che per tutta l'eternità in ogni momento gli sarà sempre nuova, come se quel momento fosse la prima volta in cui la godesse. Sempre desidererà quel gaudio, e sempre l'otterrà: sempre contenta, sempre sitibonda: sempre sitibonda, e sempre saziata; sì, perché il desiderio del paradiso non porta pena, e 'l possesso non porta tedio. In somma siccome i dannati sono vasi pieni d'ira, i beati sono vasi pieni di contento, in modo che non hanno più che desiderare. Dice S. Teresa2 che anche in questa terra, quando Iddio introduce un'anima nella cella del vino, cioè del suo divino amore, la rende felicemente ubbriaca, talmente ch'ella perde l'affetto a tutte le cose terrene. Ma in entrare in paradiso, oh quanto più perfettamente, come dice Davide,3 gli eletti «inebriabuntur ab ubertate domus tuae» (Ps. 35. 9). Allora avverrà che
l'anima in vedere alla scoverta,4 e in abbracciarsi col suo sommo bene, resterà talmente inebriata d'amore, che felicemente si perderà in Dio, cioè affatto si scorderà di se stessa, e non penserà d'allora5 in poi che ad amare, a lodare e benedire quell'infinito bene, che possiede.
Quando dunque ci affliggono le croci di questa vita, confortiamoci a sopportarle pazientemente colla speranza del paradiso. S. Maria Egizziaca,6 dimandata in fine della sua vita dall'Abbate7 Zosimo,8 come avea potuto soffrire di vivere per tanti anni in quel deserto? Rispose: «Colla speranza del paradiso». S. Filippo Neri, essendogli offerta la dignità cardinalizia, buttò la berretta in aria dicendo: «Paradiso, paradiso». Fra Egidio Francescano9 in sentir nominare paradiso, era sollevato in aria per lo contento. Così parimenti ancora noi, quando ci vediamo angustiati dalle miserie di questa terra, alziamo gli occhi al cielo e consoliamoci, sospirando e dicendo: «Paradiso, paradiso».10 Pensiamo, che, se saremo fedeli a Dio, finiranno un giorno tutte queste pene, miserie e timori, e saremo ammessi in quella patria beata, dove saremo pienamente felici, mentre Dio sarà Dio. Ecco che ci aspettano i santi, ci aspetta Maria; e Gesù sta colla corona in mano, per renderci re11 di quel regno eterno.
Caro mio Salvatore, Voi mi avete insegnato a pregarvi: «Adveniat regnum tuum»:12 così dunque ora vi prego, venga il tuo regno
nell'anima mia, sicché Voi la possediate tutta, ed ella possegga13 Voi sommo bene. O Gesù mio, Voi non avete niente risparmiato per salvarmi, e per acquistarvi il mio amore; salvatemi dunque, e la salute mia sia l'amarvi per sempre in questa e nell'altra vita. Io tante volte vi ho voltato le spalle, e con tutto ciò Voi mi fate sapere che non isdegnerete di tenermi abbracciato in paradiso per tutta l'eternità con tanto amore, come s'io non mai vi avessi offeso; ed io sapendo ciò potrò amare altri che Voi, vedendo che volete darmi il paradiso, dopo che tante volte m'ho meritato l'inferno? Ah mio Signore, non vi avessi mai offeso! Oh se tornassi a nascere, vorrei sempre amarvi! Ma il fatto è fatto. Or altro non posso che donare a Voi questa vita che mi resta. Sì, a Voi tutta la dono; tutto mi consagro al vostro amore. Uscite del mio cuore, affetti terreni, date luogo al mio Dio, che vuol possederlo tutto. Sì possedetemi tutto, o mio Redentore, mio amore, mio Dio. Da ogg'innanzi non voglio pensare che a compiacervi. Aiutatemi colla vostra grazia; così spero ai meriti vostri. Accrescete sempre più in me l'amor vostro e 'l desiderio di darvi gusto. Paradiso, paradiso! Quando sarà, Signore, che vi vedrò da faccia a faccia? e mi abbraccerò con Voi, senza timore di avervi più a perdere? Ah mio Dio, tenetemi le mani sopra, acciocché non vi offenda più.
O Maria, quando sarà che mi vedrò a' piedi vostri in paradiso? Soccorretemi, Madre mia, non permettete ch'io mi danni e che vada a star lontano da Voi e dal vostro Figlio.