- CONSIDERAZIONE XXX - DELLA PREGHIERA
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PUNTO I
Non
solo in questo, ma in mille luoghi dell'antico e nuovo Testamento promette Dio
di esaudir chi lo prega. «Clama ad me, et exaudiam te» (Iob. 33. 3): Volgiti a me, ed io ti
esaudirò. «Invoca me, et eruam te» (Ps. 49. 15):2 Chiamami, ed io ti libererò da' pericoli. «Si quid
petieritis me in nomine meo, hoc faciam» (Io.
14. 14):3 Quel che mi domanderai per li meriti miei, tutto farò. «Quodcunque volueritis, petetis, et fiet nobis» (Io. 15. 7): Cercate quanto volete, basta che lo cerchiate, e vi sarà conceduto.
E tanti altri passi simili. Quindi disse Teodoreto4 che l'orazione è
una ma può ottenere tutte le cose: «Oratio cum sit una, omnia potest». Dice S.
Bernardo5 che quando noi preghiamo, il Signore6 o ci darà la
grazia richiesta, o un'altra per noi più utile. «Aut
dabit quod petimus, aut quod nobis noverit esse utilius» (Serm. 5. in Fer. 4.
Ciner.). Intanto
ci fa animo a pregare il profeta, assicurandoci che Dio è tutto pietà verso
coloro che lo chiamano
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in aiuto: «Tu Domine suavis, et mitis, et multae misericordiae omnibus
invocantibus te» (Ps. 85).7 E
maggior animo ci fa S. Giacomo dicendo:8 «Si quis vestrum indiget
sapientia, postulet a Deo, qui dat omnibus affluenter, nec improperat» (Epist. 1. 5).9 Dice questo
apostolo che quando il Signore è pregato, allarga le mani e dona più di ciò che
gli si domanda, «dat omnibus affluenter, nec improperat», né ci rimprovera i
disgusti che gli abbiamo dati; quando è pregato, par che si dimentichi di tutte
l'offese che gli abbiamo fatte.
Diceva
S. Giovanni Climaco10 che la preghiera in certo modo fa violenza a Dio
a concederci quanto gli cerchiamo: «Oratio pie Deo vim infert». Violenza, ma
violenza che gli è cara, e da noi la desidera. «Haec vis grata Deo», scrisse
Tertulliano.11 Sì, perché (siccome parla S. Agostino)12 ha più
desiderio Dio di far bene a noi, che noi di riceverlo: «Plus vult ille tibi
beneficia elargiri, quam tu accipere concupiscas». E la ragione di ciò si è,
perché Dio di sua natura è bontà infinita: «Deus cuius natura bonitas», scrive
S. Leone.13 E perciò ha un sommo desiderio di far parte a noi de' suoi
beni. Quindi dicea S. Maria Maddalena de' Pazzi14 che Dio resta quasi
obbligato a quell'anima, che lo prega, mentre così gli apre la via a contentare
il suo desiderio
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di dispensare a noi le sue grazie. E
Davide15 dicea che questa bontà del Signore in esaudire subito chi lo
prega, facea conoscergli ch'Egli era il suo vero Dio: «In quacunque die
invocavero te, ecce cognovi quia Deus meus es tu» (Ps. 55. 10).16 A torto taluni si lamentano (avverte S.
Bernardo)17 che manchi loro il Signore; molto più giustamente si
lamenta il Signore che molti a lui mancano, lasciando di venire a
cercargli18 le grazie: «Multi queruntur deesse sibi gratiam, sed multo
iustius gratia quereretur deesse sibi multos». E di ciò appunto par che si
lamentasse un giorno il Redentore co' suoi discepoli: «Usque modo non petistis
quidquam in nomine meo; petite et accipietis, ut gaudium vestrum sit plenum» (Io. 16. 24).19 Non vi lamentate
di me (par che dicesse), se non siete stati pienamente felici, lamentatevi di
voi, che non mi avete richieste le
grazie; chiedetemele da oggi avanti e sarete contenti.
Da
ciò i monaci antichi conclusero nelle loro conferenze non esservi esercizio più
utile per salvarsi, che 'l sempre pregare e dire: Signore, aiutatemi: «Deus, in
adiutorium meum intende».20 Il Ven. P. Paolo Segneri21 dicea di
se stesso che nelle sue meditazioni prima
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tratteneasi in fare
affetti, ma poi conoscendo la grande efficacia della preghiera, procurava per
lo più di trattenersi in pregare. Facciamo noi sempre lo stesso. Abbiamo un Dio
che troppo ci ama, ed è sollecito della nostra salute, e perciò sta sempre
pronto ad esaudir chi lo prega. I principi della terra, dice il
Grisostomo22 a pochi danno udienza, ma Dio la dà ad ognun che la vuole:
«Aures principis paucis patent, Dei vero omnibus volentibus» (Lib. 2. de Orat. ad Deum).
Affetti e preghiere
Eterno
Dio, io vi adoro e ringrazio di quanti beneficii mi avete fatti, d'avermi
creato e redento per mezzo di Gesu-Cristo, d'avermi fatto cristiano, d'avermi
aspettato quand'io stava in peccato, e d'avermi tante volte perdonato. Ah mio
Dio, io non sarei mai caduto in offendervi, se nelle tentazioni fossi a Voi
ricorso. Vi ringrazio della luce colla quale ora mi fate conoscere, che tutta
la mia salute consiste nel pregarvi e domandarvi le grazie. Ecco vi prego in
nome di Gesu-Cristo a donarmi un gran dolore de' miei peccati, la santa
perseveranza nella vostra grazia, una buona morte, il paradiso; ma sopra tutto
il sommo dono del vostro amore ed una perfetta rassegnazione nella vostra ss.
volontà. Io già so che non le23 merito queste grazie, ma Voi l'avete
promesse a chi ve le domanda per li meriti di Gesu-Cristo; io per li meriti di
Gesu-Cristo a Voi le chiedo, e le spero.
O
Maria, le vostre preghiere ottengono quanto dimandano, pregate Voi per
me.
2 [8.] Ps., 49, 15: «Invoca me in die tribulationis; eruam te».
3 [9.] Ioan., 14, 15: «Si quid petieritis
Patrem in nomine meo, hoc faciam».
4 [13.] RODRIGUEZ A., Esercizio
di perfezione e di virtù cristiane, p. I, tr. V, c. 14; Venezia 1686, col.
317: «Teodoreto nella sua Historia
religiosa riferisce, che un santo monaco diceva, che i medici guariscono le
infermità del corpo, ciascuna col suo particolar rimedio…; ma l'orazione è un
rimedio generale, ed efficacissimo per tutte le necessità… e così chiamano
l'orazione onnipotente: Omnipotens oratio, cum sit una omnia potest». VIVIEN
M., Tertullianus praedicans, V,
Venetiis 1707, 126 (Concio IV Oratio, n. 3): «Theodoretus tamen orationi
tribuit omnipotentiam: Omnipotens oratio, cum sit una, omnia potest: in Hist.
relig.». LOHNER T., op. cit., tit.
107 Oratio; III, Venetiis 1738, 254. Cfr. THEODORETUS, Religiosa historia, c. 15; PG 82, 1418: «Medici quippe unicuique
morbo suum applicant remedium: sanctorum autem oratio commune malis omnibus est
remedium». La frase è presa di peso dal libro della Sapienza, VII, 27: «Et cum sit una, omnia potest».
5 [14.] S. BERNARDUS, In
Quadragesima, sermo V, n. 5: PL 183, 180: «Et unum indubitanter e duobus
sperare possumus: quoniam aut dabit quod petimus, aut quod nobis noverit esse
utilius».
6 [15.] il Signore) il Signore, NS7: meglio la virgola dopo preghiamo come in tutte le altre edizioni.
7 [2.] Ps.,
85, 5.
8 [3.] Iac.,
1, 5: «... affluenter, et non improperat».
9 [4.] Epist. 1. 5) Epist. 1. BR2.
10 [9.] GRANATA L., Sylva locorum communium, Lugduni 1592, 446: «Qui baculum orationis
iugiter tenet, non offendet... Quippe oratio pie Deo vim infert: Climacus,
Grad. 28». BRENCOLA P., Strada
della perfezione cristiana, e religiosa, c. 22; Napoli 1731, 153: «Anzi è
di tanta efficacia la buona orazione, che quasi forza Iddio a farci le grazie,
che vogliamo. Oratio pie Deo vim infert, dice S. Gio. Climaco, Grad. 28». Cfr.
S. IOAN. CLIMACUS, Scala paradisi, gr.
28; PG 88, 1139: «Oratio enim est quedam pia tyrannis Dei, cuius utilitatem
experimur, cum nos daemones tempore orationis impedire conantur».
11 [12.] TERTULLIANUS, Apologeticus,
c. 39; PL I, 468: «Coimus in coetum et congregatione, ut ad Deum, quasi
manu facta, praedicationibus ambiamus. Haec vis Deo grata est». Cfr. CC. I,
150.
12 [13.] S. AUGUST., Sermo
105, c. 1, n. 1; PL 38, 619: «Erubescat humana pigritia: plus vult ille
dare quam nos accipere: plus vult ille misereri quam nos a miseria liberari».
13 [16.] S. LEO M., Sermo
XXII, in Nativitate Domini II, c. I; PL 54, 194: «Deus omnipotens et
clemens, cuius natura bonitas, cuius voluntas potentia, cuius opus misericordia
est, statim ut nos diabolica malignitas veneno suae mortificavit invidiae,
praeparata renovandis mortalibus suae pietatis remedia inter ipsa mundi
primordia praesignavit».
14 [18.] PUCCINI V., Vita
della veneranda Madre Suor M. Maddalena de' Pazzi, p. III, Firenze 1611,
126-27: «Tanto [Iddio] si compiace di dare, che istima per dono il ricevere,
che altri fa de' suoi doni, e tanto brama comunicarsi, che il voler partecipare
della sua comunicazione gli è come se altri comunicasse qualche gran bene con
esso lui».
15 [1.] Davide) Davidde BR1 BR2.
16 [4.] Ps.,
55, 10: «… ecce cognovi quoniam Deus meus es».
17 [5.] S. BERNARDUS, Sermones de diversis, sermo 17, n. 1; PL 183, 583: «Omnes nobis
causamur deesse gratiam; sed iustius forsitan ipsa sibi queritur gratia deesse
nonnullos».
18 [7.] cercargli) chiedergli VR BR1 BR2.
19 [11.] Questa citazione si trova straziata presso le singole
edizioni: 1758 (Napoli) ha 14, 24; 1759 (Venezia) 12, 24: 1780 (Napoli) 4, 24,
ecc.
20 [17.] Da LOHNER T., op.
cit., tit. 107 Oratio; III, Venetiis 1738, 230, col. 2. Vedi CASSIANUS IO.,
De coenobiorum Instit., l. II, c. 10;
PL 49, 99: «Quamobrem utilius censent breves quidem orationes, sed creberrimas
fieri: illud quidem, tu frequentius Dominum deprecantes iugiter eidem cohaerere
possimus; hoc vero, ut insidiantis diaboli iacula, quae infligere nobis tunc
praecipue, cum oramus, insistit, succincta brevitate vitemus». IDEM, Collat., l. X, c. 10; PL 49, 832: «Quae
sicut nobis paucis, qui antiquissimorum Patrum residui erant, tradita est, ita
a nobis quoque non nisi rarissimis ac vere sitientibus intimatur. Erit itaque
ad perpetuam Dei memoriam possidendam haec inseparabiliter proposita vobis
formula pietatis: Deus in adiutorium meum
intende; Domine, ad adiuvandum me festina. Hic namque versiculus non immerito de toto Scripturarum
excerptus est insrumento».
21 [18.] MASSEI
G., Ragguaglio della vita del ven. servo
di Dio il P. Paolo Segneri, n. 51; Firenze 1701, 76: «Dopo alcun tempo par
che mutasse alquanto il metodo sopraddetto e che si distendesse tutto in
pregare Iddio e in chiedergli grazie come appunto c'insegnò di fare il divino
Maestro nell'orazione domenicale. Così il medesimo P. Segneri confidò una volta
ad un padre de' nostri, dicendo che aveva finalmente aperti gli occhi, per
apprendere il vero modo di orare». Vedi anche L. A. MURATORI, Vita del P. P. Segneri iuniore, Venezia
1743, 460.
22 [5.] Il concetto è del Crisostomo ma non la frase allegata
come può vedersi scorrendo la Oratio II
de precatione; PG 50, 779 ss. Presso LOPEZ IO., Epitome SS. Patrum per locos communes ad sacras conciones, l. XIII,
c. 10; Opera, III, Venetiis 1605, 11
lo stesso discorso è citato come Lib. 2
de orando Deum. In Migne lo scritto è posto tra i dubbi; Cavallera (Indices Patrologiae graecae, 62) al
contrario lo ritiene genuino. Il santo dottore illustra più volte la benignità
e prontezza di Dio in dar udienza a chi lo prega: cfr. Expositio in Ps. IV, n. 2; PG 55, 42; Hom. 54, al. 55 in Matth., 146;
PG 58, 538-539, testo che nell'antica versione di Basilea (II, 315) si legge:
«Deus autem paratus continue ad suorum vocem servorum est, nec unquam ut
oportet vocatus, non obaudit». Vedi pure Ecloga
de oratione, hom. II; PG 63, 580, ecc.
23 [19.] non le, om. VR.
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