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S. Alfonso Maria de Liguori
Apparecchio alla Morte

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PUNTO I

Non solo in questo, ma in mille luoghi dell'antico e nuovo Testamento promette Dio di esaudir chi lo prega. «Clama ad me, et exaudiam te» (Iob. 33. 3): Volgiti a me, ed io ti esaudirò. «Invoca me, et eruam te» (Ps. 49. 15):2 Chiamami, ed io ti libererò da' pericoli. «Si quid petieritis me in nomine meo, hoc faciam» (Io. 14. 14):3 Quel che mi domanderai per li meriti miei, tutto farò. «Quodcunque volueritis, petetis, et fiet nobis» (Io. 15. 7): Cercate quanto volete, basta che lo cerchiate, e vi sarà conceduto. E tanti altri passi simili. Quindi disse Teodoreto4 che l'orazione è una ma può ottenere tutte le cose: «Oratio cum sit una, omnia potest». Dice S. Bernardo5 che quando noi preghiamo, il Signore6 o ci darà la grazia richiesta, o un'altra per noi più utile. «Aut dabit quod petimus, aut quod nobis noverit esse utilius» (Serm. 5. in Fer. 4. Ciner.). Intanto ci fa animo a pregare il profeta, assicurandoci che Dio è tutto pietà verso coloro che lo chiamano


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in aiuto: «Tu Domine suavis, et mitis, et multae misericordiae omnibus invocantibus te» (Ps. 85).7 E maggior animo ci fa S. Giacomo dicendo:8 «Si quis vestrum indiget sapientia, postulet a Deo, qui dat omnibus affluenter, nec improperat» (Epist. 1. 5).9 Dice questo apostolo che quando il Signore è pregato, allarga le mani e dona più di ciò che gli si domanda, «dat omnibus affluenter, nec improperat», né ci rimprovera i disgusti che gli abbiamo dati; quando è pregato, par che si dimentichi di tutte l'offese che gli abbiamo fatte.

Diceva S. Giovanni Climaco10 che la preghiera in certo modo fa violenza a Dio a concederci quanto gli cerchiamo: «Oratio pie Deo vim infert». Violenza, ma violenza che gli è cara, e da noi la desidera. «Haec vis grata Deo», scrisse Tertulliano.11 Sì, perché (siccome parla S. Agostino)12 ha più desiderio Dio di far bene a noi, che noi di riceverlo: «Plus vult ille tibi beneficia elargiri, quam tu accipere concupiscas». E la ragione di ciò si è, perché Dio di sua natura è bontà infinita: «Deus cuius natura bonitas», scrive S. Leone.13 E perciò ha un sommo desiderio di far parte a noi de' suoi beni. Quindi dicea S. Maria Maddalena de' Pazzi14 che Dio resta quasi obbligato a quell'anima, che lo prega, mentre così gli apre la via a contentare il suo desiderio


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di dispensare a noi le sue grazie. E Davide15 dicea che questa bontà del Signore in esaudire subito chi lo prega, facea conoscergli ch'Egli era il suo vero Dio: «In quacunque die invocavero te, ecce cognovi quia Deus meus es tu» (Ps. 55. 10).16 A torto taluni si lamentano (avverte S. Bernardo)17 che manchi loro il Signore; molto più giustamente si lamenta il Signore che molti a lui mancano, lasciando di venire a cercargli18 le grazie: «Multi queruntur deesse sibi gratiam, sed multo iustius gratia quereretur deesse sibi multos». E di ciò appunto par che si lamentasse un giorno il Redentore co' suoi discepoli: «Usque modo non petistis quidquam in nomine meo; petite et accipietis, ut gaudium vestrum sit plenum» (Io. 16. 24).19 Non vi lamentate di me (par che dicesse), se non siete stati pienamente felici, lamentatevi di voi, che non mi avete richieste le grazie; chiedetemele da oggi avanti e sarete contenti.

Da ciò i monaci antichi conclusero nelle loro conferenze non esservi esercizio più utile per salvarsi, che 'l sempre pregare e dire: Signore, aiutatemi: «Deus, in adiutorium meum intende».20 Il Ven. P. Paolo Segneri21 dicea di se stesso che nelle sue meditazioni prima


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tratteneasi in fare affetti, ma poi conoscendo la grande efficacia della preghiera, procurava per lo più di trattenersi in pregare. Facciamo noi sempre lo stesso. Abbiamo un Dio che troppo ci ama, ed è sollecito della nostra salute, e perciò sta sempre pronto ad esaudir chi lo prega. I principi della terra, dice il Grisostomo22 a pochi danno udienza, ma Dio la ad ognun che la vuole: «Aures principis paucis patent, Dei vero omnibus volentibus» (Lib. 2. de Orat. ad Deum).

Affetti e preghiere

Eterno Dio, io vi adoro e ringrazio di quanti beneficii mi avete fatti, d'avermi creato e redento per mezzo di Gesu-Cristo, d'avermi fatto cristiano, d'avermi aspettato quand'io stava in peccato, e d'avermi tante volte perdonato. Ah mio Dio, io non sarei mai caduto in offendervi, se nelle tentazioni fossi a Voi ricorso. Vi ringrazio della luce colla quale ora mi fate conoscere, che tutta la mia salute consiste nel pregarvi e domandarvi le grazie. Ecco vi prego in nome di Gesu-Cristo a donarmi un gran dolore de' miei peccati, la santa perseveranza nella vostra grazia, una buona morte, il paradiso; ma sopra tutto il sommo dono del vostro amore ed una perfetta rassegnazione nella vostra ss. volontà. Io già so che non le23 merito queste grazie, ma Voi l'avete promesse a chi ve le domanda per li meriti di Gesu-Cristo; io per li meriti di Gesu-Cristo a Voi le chiedo, e le spero.

O Maria, le vostre preghiere ottengono quanto dimandano, pregate Voi per me.




2 [8.] Ps., 49, 15: «Invoca me in die tribulationis; eruam te».



3 [9.] Ioan., 14, 15: «Si quid petieritis Patrem in nomine meo, hoc faciam».



4 [13.] RODRIGUEZ A., Esercizio di perfezione e di virtù cristiane, p. I, tr. V, c. 14; Venezia 1686, col. 317: «Teodoreto nella sua Historia religiosa riferisce, che un santo monaco diceva, che i medici guariscono le infermità del corpo, ciascuna col suo particolar rimedio…; ma l'orazione è un rimedio generale, ed efficacissimo per tutte le necessità… e così chiamano l'orazione onnipotente: Omnipotens oratio, cum sit una omnia potest». VIVIEN M., Tertullianus praedicans, V, Venetiis 1707, 126 (Concio IV Oratio, n. 3): «Theodoretus tamen orationi tribuit omnipotentiam: Omnipotens oratio, cum sit una, omnia potest: in Hist. relig.». LOHNER T., op. cit., tit. 107 Oratio; III, Venetiis 1738, 254. Cfr. THEODORETUS, Religiosa historia, c. 15; PG 82, 1418: «Medici quippe unicuique morbo suum applicant remedium: sanctorum autem oratio commune malis omnibus est remedium». La frase è presa di peso dal libro della Sapienza, VII, 27: «Et cum sit una, omnia potest».



5 [14.] S. BERNARDUS, In Quadragesima, sermo V, n. 5: PL 183, 180: «Et unum indubitanter e duobus sperare possumus: quoniam aut dabit quod petimus, aut quod nobis noverit esse utilius».



6 [15.] il Signore) il Signore, NS7: meglio la virgola dopo preghiamo come in tutte le altre edizioni.



7 [2.] Ps., 85, 5.



8 [3.] Iac., 1, 5: «... affluenter, et non improperat».



9 [4.] Epist. 1. 5) Epist. 1. BR2.



10 [9.] GRANATA L., Sylva locorum communium, Lugduni 1592, 446: «Qui baculum orationis iugiter tenet, non offendet... Quippe oratio pie Deo vim infert: Climacus, Grad. 28». BRENCOLA P., Strada della perfezione cristiana, e religiosa, c. 22; Napoli 1731, 153: «Anzi è di tanta efficacia la buona orazione, che quasi forza Iddio a farci le grazie, che vogliamo. Oratio pie Deo vim infert, dice S. Gio. Climaco, Grad. 28». Cfr. S. IOAN. CLIMACUS, Scala paradisi, gr. 28; PG 88, 1139: «Oratio enim est quedam pia tyrannis Dei, cuius utilitatem experimur, cum nos daemones tempore orationis impedire conantur».



11 [12.] TERTULLIANUS, Apologeticus, c. 39; PL I, 468: «Coimus in coetum et congregatione, ut ad Deum, quasi manu facta, praedicationibus ambiamus. Haec vis Deo grata est». Cfr. CC. I, 150.



12 [13.] S. AUGUST., Sermo 105, c. 1, n. 1; PL 38, 619: «Erubescat humana pigritia: plus vult ille dare quam nos accipere: plus vult ille misereri quam nos a miseria liberari».



13 [16.] S. LEO M., Sermo XXII, in Nativitate Domini II, c. I; PL 54, 194: «Deus omnipotens et clemens, cuius natura bonitas, cuius voluntas potentia, cuius opus misericordia est, statim ut nos diabolica malignitas veneno suae mortificavit invidiae, praeparata renovandis mortalibus suae pietatis remedia inter ipsa mundi primordia praesignavit».



14 [18.] PUCCINI V., Vita della veneranda Madre Suor M. Maddalena de' Pazzi, p. III, Firenze 1611, 126-27: «Tanto [Iddio] si compiace di dare, che istima per dono il ricevere, che altri fa de' suoi doni, e tanto brama comunicarsi, che il voler partecipare della sua comunicazione gli è come se altri comunicasse qualche gran bene con esso lui».



15 [1.] Davide) Davidde BR1 BR2.



16 [4.] Ps., 55, 10: «… ecce cognovi quoniam Deus meus es».



17 [5.] S. BERNARDUS, Sermones de diversis, sermo 17, n. 1; PL 183, 583: «Omnes nobis causamur deesse gratiam; sed iustius forsitan ipsa sibi queritur gratia deesse nonnullos».



18 [7.] cercargli) chiedergli VR BR1 BR2.



19 [11.] Questa citazione si trova straziata presso le singole edizioni: 1758 (Napoli) ha 14, 24; 1759 (Venezia) 12, 24: 1780 (Napoli) 4, 24, ecc.



20 [17.] Da LOHNER T., op. cit., tit. 107 Oratio; III, Venetiis 1738, 230, col. 2. Vedi CASSIANUS IO., De coenobiorum Instit., l. II, c. 10; PL 49, 99: «Quamobrem utilius censent breves quidem orationes, sed creberrimas fieri: illud quidem, tu frequentius Dominum deprecantes iugiter eidem cohaerere possimus; hoc vero, ut insidiantis diaboli iacula, quae infligere nobis tunc praecipue, cum oramus, insistit, succincta brevitate vitemus». IDEM, Collat., l. X, c. 10; PL 49, 832: «Quae sicut nobis paucis, qui antiquissimorum Patrum residui erant, tradita est, ita a nobis quoque non nisi rarissimis ac vere sitientibus intimatur. Erit itaque ad perpetuam Dei memoriam possidendam haec inseparabiliter proposita vobis formula pietatis: Deus in adiutorium meum intende; Domine, ad adiuvandum me festina. Hic namque versiculus non immerito de toto Scripturarum excerptus est insrumento».



21 [18.] MASSEI G., Ragguaglio della vita del ven. servo di Dio il P. Paolo Segneri, n. 51; Firenze 1701, 76: «Dopo alcun tempo par che mutasse alquanto il metodo sopraddetto e che si distendesse tutto in pregare Iddio e in chiedergli grazie come appunto c'insegnò di fare il divino Maestro nell'orazione domenicale. Così il medesimo P. Segneri confidò una volta ad un padre de' nostri, dicendo che aveva finalmente aperti gli occhi, per apprendere il vero modo di orare». Vedi anche L. A. MURATORI, Vita del P. P. Segneri iuniore, Venezia 1743, 460.



22 [5.] Il concetto è del Crisostomo ma non la frase allegata come può vedersi scorrendo la Oratio II de precatione; PG 50, 779 ss. Presso LOPEZ IO., Epitome SS. Patrum per locos communes ad sacras conciones, l. XIII, c. 10; Opera, III, Venetiis 1605, 11 lo stesso discorso è citato come Lib. 2 de orando Deum. In Migne lo scritto è posto tra i dubbi; Cavallera (Indices Patrologiae graecae, 62) al contrario lo ritiene genuino. Il santo dottore illustra più volte la benignità e prontezza di Dio in dar udienza a chi lo prega: cfr. Expositio in Ps. IV, n. 2; PG 55, 42; Hom. 54, al. 55 in Matth., 146; PG 58, 538-539, testo che nell'antica versione di Basilea (II, 315) si legge: «Deus autem paratus continue ad suorum vocem servorum est, nec unquam ut oportet vocatus, non obaudit». Vedi pure Ecloga de oratione, hom. II; PG 63, 580, ecc.



23 [19.] non le, om. VR.






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