- CONSIDERAZIONE XXXIV - DELLA SANTA COMUNIONE
Precedente - Successivo
Clicca qui per nascondere i link alle concordanze
- 348 -
PUNTO III
Consideriamo
in terzo luogo il gran desiderio di Gesu-Cristo che noi lo riceviamo nella
santa Comunione: «Sciens Iesus quia venit hora eius» (Io. 13. 1). Ma come potea Gesù chiamare «ora sua» quella notte, in
cui doveva darsi principio alla sua amara passione? Sì, Egli la chiama «ora
sua», perché in quella notte dovea lasciarci questo divin Sagramento, per
unirsi tutto coll'anime sue dilette. E questo desiderio gli fe' dire allora:
«Desiderio desideravi hoc Pascha manducare vobiscum» (Luc. 22).1 Parole
con cui volle il Redentore farc'intendere la brama, che avea di congiungersi
con ognuno di noi in questo Sagramento. «Desiderio desideravi», così gli fa
dire l'amore immenso ch'Egli ci porta, dice S. Lorenzo Giustiniani:2
«Flagrantissimae caritatis est vox haec». E volle lasciarsi sotto le specie di
pane, acciocché ognuno potesse riceverlo; se si fosse posto sotto la specie di
qualche cibo prezioso, i poveri non avrebbero avuta la facoltà di prenderlo; e
se anche sotto le specie di altro cibo non prezioso, al meno quest'altro cibo
forse non sarebbesi trovato in tutt'i luoghi della terra; ha voluto Gesù
lasciarsi sotto le specie di pane, perché il pane costa poco, e si ritrova da
per tutto, sicché tutti in ogni luogo posson trovarlo e riceverlo.
Per
questo gran desiderio che ha il Redentore d'esser ricevuto da noi, non solo
Egli ci esorta a riceverlo con tanti inviti: «Venite, comedite panem meum, et
bibite vinum quod miscui vobis» (Prov.
9. 5): «Comedite amici, et bibite, et inebriamini carissimi» (Cant. 5. 1): ma ce l'impone per
precetto: «Accipite, et comedite, hoc est Corpus meum» (Matth. 26).3 Di più affìnché noi andiamo a riceverlo, ci
alletta colla promessa della vita eterna: «Qui manducat meam carnem, habet
vitam aeternam» (Io. 6. 54). «Qui
manducat hunc panem, vivet in aeternum» (Ibid.
58). E se no, ci minaccia l'esclusione dal paradiso: «Nisi manducaveritis
carnem Filii hominis, non habebitis vitam in vobis» (Ib. 53). Questi inviti, promesse e minacce tutte nascono dal
desiderio che ha Gesu-Cristo di unirsi con noi in questo sagramento. E questo
desiderio, nasce dal grande amore ch'egli ci porta,
- 349 -
poiché (come dice
S. Francesco di Sales)4 il fine dell'amore altro non è che unirsi
all'oggetto amato; e perché in questo sagramento Gesù tutto si unisce
all'anima: «Qui manducat meam carnem, et bibit meum sanguinem, in me manet, et
ego in illo» (Io. 6. 35): perciò,
Egli tanto desidera che noi lo riceviamo. Non si trova ape (disse un giorno il
Signore a S. Metilde)5 che con tanto impeto d'amore6 si gitta
sopra de' fiori per succhiarne il mele,7 con quanto io vengo a
quest'anime che mi desiderano.
Oh
se intendessero i fedeli il gran bene che porta all'anima la Comunione! Gesù è
il Signore di tutte le ricchezze, mentre il Padre l'ha fatto padrone di tutto.
«Sciens Iesus, quia omnia dedit ei Pater in manus» (Io. 13. 3). Onde quando viene Gesu-Cristo in un'anima nella santa
Comunione, porta Egli seco tesori immensi di grazie. «Venerunt autem mihi omnia
bona pariter cum illa», dice Salomone, parlando della Sapienza eterna (Sap. 7. 11).
Dicea
S. Dionisio8 che il SS. Sagramento ha una somma virtù di santificare
l'anima: «Eucharistia maximam vim habet perficiendae sanctitatis». E S.
Vincenzo Ferrerio9 lasciò scritto che più profitta l'anima
- 350 -
con una Comunione, che con una settimana di digiuni in pane ed acqua.
La Comunione, come insegna il Concilio di Trento,10 è quel gran
rimedio, che ci libera dalle colpe veniali, e ci preserva dalle mortali:
«Antidotum quo a culpis quotidianis liberemur, et a mortalibus praeservemur»
(Trid. Sess. 13. c. 2). Onde S. Ignazio martire11 chiamò il SS.
Sagramento: «Pharmacum immortalitatis». Disse Innocenzo III12 che
Gesu-Cristo colla passione ci liberò dalla pena del peccato, ma coll'Eucaristia
ci libera dal peccare: «Per Crucis mysterium liberavit nos a potestate peccati,
per Eucharistiae sacramentum liberat nos a potestate peccandi».
In
oltre questo Sagramento accende il divino amore. «Introduxit me Rex in cellam
vinariam, ordinavit in me caritatem. Fulcite me floribus, stipate me malis,
quia amore langueo» (Cant.
2).13 Dice S. Gregorio Nisseno14 che appunto la Comunione è
questa cella vinaria, dove l'anima è talmente inebriata dal divino amore, che
si scorda della terra e di tutto il creato; e ciò è propriamente il languire di
santa carità. Diceva anche il Ven. P. Francesco Olimpio Teatino,15 che
niuna cosa val tanto ad infiammarci d'amore verso Dio, quanto la S. Comunione.
Iddio
è amore, ed è fuoco d'amore. «Deus caritas est» (Io. 4. 8).16 «Ignis consumens
est» (Deuter. 4. 24). E questo fuoco
d'amore venne
- 351 -
il Verbo eterno ad accendere in terra: «Ignem veni
mittere in terram et quid volo nisi ut accendatur?» (Luc. 12. 49). Ed oh che belle fiamme di santo amore accende Gesù
nell'anime, che con desiderio lo ricevono in questo Sagramento! S. Caterina da
Siena17 vide un giorno in mano di un sacerdote Gesù Sagramentato, come
una fornace d'amore, da cui si maravigliava poi la santa, come da tanto
incendio non restassero arsi18 ed inceneriti tutti i cuori degli
uomini. S. Rosa di Lima19 dicea che in comunicarsi pareale di ricevere
il sole, onde mandava tali raggi dal volto, che abbagliavano la vista, ed
usciva tal calore dalla bocca, che chi le porgeva a bere dopo la Comunione,
sentivasi scottar la mano, come l'accostasse ad una fornace. S. Venceslao
re20 col gir solamente visitando il SS. Sagramento, s'infiammava
anch'esternamente di tanto ardore, che il suo servo che l'accompagnava,
camminando sulla neve, metteva i piedi sulle pedate del santo, e così non
sentiva freddo. «Carbo est Eucharistia»,
- 352 -
diceva il
Grisostomo,21 «quae nos inflammat, ut tanquam leones ignem spirantes ab
illa mensa recedamus facti diabolo terribiles». Dicea il santo che il SS.
Sagramento è un fuoco che infiamma, sicché dovressimo22 partir
dall'altare spirando tali fiamme d'amore, che il demonio non avesse più animo
di tentarci.
Ma
dirà taluno: Io perciò non mi comunico spesso, perché mi vedo freddo nel divino
amore. Ma costui, dice Gersone,23 farebbe lo stesso che taluno, il
quale non volesse accostarsi al fuoco, perché si sente freddo. Quando più
dunque ci sentiamo freddi, tanto più dobbiamo accostarci spesso al SS.
Sagramento, sempre che abbiamo desiderio di amare Dio. «Se vi dimandano (scrive
S. Francesco di Sales24 nella sua «Filotea», cap. 21), perché vi
comunicate tanto spesso? Dite loro che due sorte di persone devono comunicarsi
spesso, i perfetti e gl'imperfetti: i perfetti per conservarsi nella
perfezione, e gl'imperfetti per giungere alla perfezione». E S.
Bonaventura25 parimente dice: «Licet tepide, tamen confidens de
misericordia Dei accedas. Tanto magis eget medico, quanto quis senserit se
aegrotum» (De Prof. rel. c. 78). E Gesu-Cristo disse a S. Metilde: «Quando dei
comunicarti, desidera tutto quello amore che mai un cuore ha avuto verso di me,
ed io lo riceverò
- 353 -
come tu vorresti26 che fosse un tal amore»
(Appr. Blos. in Concl. An. fidel. c. 6. n. 6).27
Affetti e preghiere
O
innamorato dell'anime, Gesù mio, a Voi non resta da darci maggiori prove
d'amore, per dimostrarci che ci amate. E che altro vi resta da inventare, per
farvi da noi amare? Deh fate, o bontà infinita, ch'io v'ami da oggi avanti con
tutte le forze e con tutta la tenerezza. E chi dee amare il mio cuore con
maggior tenerezza, che Voi, mio Redentore, che dopo aver data la vita per me,
mi date tutto Voi stesso in questo Sagramento? Ah mio Signore, mi ricordass'io
sempre del vostro amore, per dimenticarmi di tutto e amar solo Voi, senza
intervallo, senza riserva!28 V'amo, Gesù mio, sopra ogni cosa, e solo
Voi voglio amare. Discacciate vi prego dal mio cuore tutti gli affetti, che non
sono per Voi. Vi ringrazio che mi date tempo d'amarvi e di piangere i disgusti
che vi ho dati. Gesù mio, io desidero che Voi siate l'unico oggetto di tutti
gli affetti miei. Soccorretemi Voi e salvatemi; e la salute mia sia l'amarvi
con tutt'il cuore, e sempre, in questa e nell'altra vita.
Madre
mia,29 insegnatemi ad amare Gesù, pregatelo per me.
1 [9.] Luc.,
22, 15.
2 [12.] S. LAUR. IUSTIN., De triumphali Christi agone, c. II; Opera, Venetiis 1721, 229: «Vulnerati
cordis, et flagrantissimae caritatis est vox haec. Habet in se unde pascat
ruminantes se».
3 [26.] Matth., 26,
26.
4 [1.] S. FRANC. DI
SALES, Trattato dell'amore di Dio, l.
I, c. 9; Venezia 1748, 54: «Siccome l'amore tende all'unione, così spesso
l'unione stende ed aggrandisce l'amore... Il fine del suo amore è della qualità
della sua volontà, ma la sua volontà è spirituale, e perciò è parimente
spirituale l'unione alla quale aspira il suo amore, anzi il cuore, sede ed
origine dell'amore». Cfr. Oeuvres, IV, Annecy 1894, 50 ss.
5 [6.] S. Metilde) Santa Metilde BR2.
6 [6.] LANSPERGIO G., Libro
della spiritual grazia, delle rivelazioni e visioni della B. Metilde Vergine, l.
II, c. 4; Venezia 1710, 59: «Niuna ape giammai si getta tanto avidamente ne'
verdeggianti prati per eleggere i dolci fiori, sì come sono parato io di venire
all'anima tua, quando mi chiami».
7 [7.] Mele per
miele.
8 [16.] BOUDON E., L'amore
di Gesù nel SS. Sacramento dell'altare, p. I, istr. VI; Venezia 1679, 243:
«Al che pare alludesse S. Dionisio, allorché disse che la santa Eucaristia vim
maximam habet perficiendae sanctitatis». SPANNER A., Polyanthea sacra, I, Venetiis 1709, 322: «Eucharistia vim maximam
habet perficiendae sanctitatis. S.
Dionysius, l. de Ecc. Hierarchia, c. 2». Cfr. PS. DIONYSIUS AREOPAGITA,
De ecclesiastica hierachia, c. 3; PG
3, 423, 426: «Dicimus igitur ceterorum hierarchicorum symbolorum
participationibus, ex divinis huius perfectivisque muneribus accedere
consummationem. Vix enim fas sit... nisi divinissima Eucharistia, cuiuslibet
initio consecrationis, initiandi cum illo uno perficiat coniunctionem... Quare
si quaelibet hierarchicarum consecrationum imperfecta manet, dum nostri cum
illo uno communionem unionemque non perficit hoc ipso quod non perficitur,
perficiendi vim amittens», ecc.
9 [18.] S. VINC. FERRERIUS,
Sermones aestivales, in festo Corporis
Christi, sermo II; Venetiis 1573, 221, v.: «Plus enim proficimus in gratia per
communionem quam per alia opera, qua ex bonis operibus licet merita
multiiplicantur tamen non ex quolibet bono opere augmentatur gratia».
10 [2.] Concil.
Trident., Sessio XIII, Decretum de SS. Euchar. Sacramento, c. 2.
11 [5.] S. IGNATIUS M., Epist. ad Ephesios, c. XX; PG 5, 662:
«Frangentes panem unum, qui pharmacum immortalitatis est, antidotum ne
moriamur, sed vivamus semper in Iesu Christo».
12 [6.] INNOCENTIUS
III, De sacro altaris mysterio, l.
IV, c. 44; PL 217, 285: «Per crucis mysterium eripuit nos a potestate peccati:
per Eucharistiae sacramentum liberat nos a voluntate peccandi».
13 [13.] Cant., 2,
4-5.
14 [13.] [SARNELLI G.], La
via facile, e sicura del paradiso, cons. XI sopra la comunione; II, Napoli
1738, 135: «S. Gregorio chiama la comunione una santa, e beata ebrietà, che fa
uscir l'anima fuor di sé, e la solleva a riposare nel seno di Dio». Cfr. S.
GREGORIUS NYSSENUS, In Cantica, hom.
IV; PG 44, 846: «Cupit ingredi domum, in qua est vini mysterium ac sacramentum.
Deinde ingressa, ad maius rursus exsilit. Rogat enim ut subiiciatur caritati. Caritas autem est
Deus».
15 [17.] SILOS
G., Vita del Vener. Servo di Dio D.
Francesco Olimpio, l. II, c. 5.; Napoli 1685, 169: «Particolar divozione
ebbe Francesco alla divina Eucaristia. Soleva dire, che non vi avea cosa che
vivamente infiammasse l'affetto e l'amor degli uomini che questo ineffabile
Sacramento, che sotto sottil velo di poche specie sacramentali, racchiude la
più pura midolla del cielo, le delizie della divina carità, gli alimenti della
vita, e il medesimo Dio».
16 [19.] I Ioan., 4, 8.
17 [4.] Da SARNELLI G., Op.
cit., Cons. VIII; II, Napoli 1738, 123. Cfr. B. RAIMONDO DA CAPUA, La vita della serafica sposa di G. Cristo S.
Caterina da Siena, p. II, c. 6, n. 3; Siena 1703, 193: «Poiché
frequentemente vedea nascosto nelle mani del sacerdote un bambino, alcuna volta
fanciullo un poco più grande, altra volta una fornace d'ardente fuoco, in cui
pareale ch'entrasse il sacerdote, allorché prendeva il Sagramento».
18 [6.] restassero arsi) avessero arsi NS7: solo Stasi ha questa lezione.
19 [7.] Da SARNELLI, Op.
cit., 122: «S. Rosa da Lima dopo la santa comunione fu spesso veduta mandar
raggi di luce dal volto, e di tale splendore che abbagliava la vista; domandata
dal confessore, donde ciò procedesse, rispose che nel ricever la sagra
particola, le pareva di accogliere nel suo seno il sole, sperimentando i suoi
medesimi effetti di calore e di luce; ed era tanto l'ardor del suo spirito che
tramandandolo al corpo, facea uscir dalla bocca un respiro così cocente, che
scottava la mano a quel religioso che dopo la comunione le porgea da bere».
Cfr. HANSEN L., Vita mirabilis et mors
pretiosa vener. Sororis Rosae de S. Maria Limensis, c. 22; Romae 1664, 216
ss.; MARCHESE C. G., Sagro diario
domenicano, 30 agosto; IV, Napoli 1676, 446.
20 [11.] ROSIGNOLI C. G., Verità
eterne, lez. VIII, parag. I; Bologna 1689, 152: «Questo piissimo re
[Venceslao], ardendo tutto d'amore divino, usava di notte visitar le chiese a
piè ignudi anche nel verno, quando il terreno era ricoperto d'alta neve.
Conducevasi dietro Podivino suo fedel cortigiano, al quale una volta per lo
gran freddo interizzendo i piedi, conveniva già fermarsi, non avendo più forza
di seguitarlo. Quando il pietoso re avvisollo che mettesse le pedate ove esso
impirmeva le orme. Il che facendo il cortigiano sentì riscaldarsi non solo i
piedi, ma tutte le altre membra di tale ardore che poté seguire con giubilo
nell'aspro cammino il suo padrone». L'episodio è riportato anche dal SAINT-JURE
(Sangiuré), Erario della vita cristiana e
religiosa, p. III, c. 9, sez. II; Venezia 1711, 222 e dal SEGNERI, Cristiano istruito, p. II, rag. V; Opere, III, p. II, Venezia 1742, 46. Cfr. Acta SS. Bolland., (die 28 sept.), 47, Parisiis 1867, 780, n. 6 (Vita altera auctore Carolo
IV imperatore et Bohemiae rege).
21 [1.] Dal Sabb. infra
oct. Corp.
Christi, II noct., lect. V (Hom. 61
cit.). Cfr. CHRYSOST., De poenitentia, hom.
IX; PG 49, 345: «Ne puteris vos accipere divinum corpus ex homine, sed ex ipsis
Seraphim forcipe ignem, ut scilicet Isaias vidit (Is. VI)».
IDEM, In Ioan., hom. 46; PG 59, 260:
«Ab illa ergo mensa recedamus tamquam leones ignem spirantes, facti diabolo
terribiles».
22 [4.] Dovremmo.
23 [7.] GERSONIUS IOANNES, De
praeparatione ad Missam, cons. IV; Opera,
III, Antwerpiae 1706, col. 323: «Sed frigidus sum, dicis, aut tepidus.
Saepe suscipit initium celebrationis hominem parum devotum et frigidum, quem in
fine calescentem dimittit et fervidum. Corpus Christi ignis est spiritualis:
accede fiducialiter ad hunc ignem, calesces facilius».
24 [11.] S. FRANC. DI SALES, Introduzione alla vita divota, p. II, c. 21; Roma 1740, 146: «Se i
mondani vi dimandano, perché vi comunicate spesso... Dite loro che due sorte di
persone devono spesso comunicarsi: i perfetti, perché essendo ben disposti,
averiano gran torto di non accostarsi all'origine e fontana di perfezione; e
gl'imperfetti per poter giungere alla perfezione. I forti, acciò non diventino
deboli, ed i deboli, acciò diventino forti». Cfr. Oeuvres, III,
Annecy 1893, 121-122.
25 [15.] DAVID DE AUGUSTA, De profectu religiosorum, l. II, c. 77; Opera S. Bonaventurae, VII, Lugduni
1668, 612: «Et licet quandoque tepide, tamen confidens de misericordia Dei
fiduialiter accedat: quia se indignum reputat, cogitet quod tanto magis aeger
necesse habet requirere medicum, quanto magis senserit se aegrotum». La critica rivendica a Fr. David d'Augusta il predetto scritto prima
attribuito a s. Bonaventura: cfr. Opera
S. Bonaventurae, VIII, Ad Claras Aquas 1898, Prolegomena, p. XCV.
26 [1.] vorresti) vorrai NS7.
27 [1.] BLOSIUS, Conclave
animae fidelis, p. II Monile spirituale, c. VI, n. 6; Antwerpiae 1564, f;
94: «Christus Sanctae Mechtildi ait: Quando sacram communionem perceptura es,
desidera et opta, ad laudem nominis mei, habere omne desiderium omnemque amorem
quo umquam cor aliquod erga me flagravit, et ita ad me accede. Nam ego amorem
illum in te attendam atque suscipiam, non sicut est in te, sed sicut velles eum
in te esse». Cfr. LANSPERGIO G., Libro
della spiritual grazia, delle rivelazioni e visioni della B. Metilde, l.
III, c. 23; Venezia 1710, 86: «Mentre ti vuoi comunicare, ricevimi con tale
intenzione, come se tu avessi ogni desiderio, ogni amore, col quale già mai
alcuno umano cuore in me si accresce: e così in quello altissimo amore, con cui
possibil sia, che il cuor umano ami, accostati a me. Ed io quell'amore riceverò
in te, non in quanto che in te sia, ma come s'egli fosse tale, e tanto, quanto
tu volevi che fosse».
28 [12.] riserva) riserba VR
BR1 BR2.
29 [19.] Madre mia, insegnatemi ad amare) Maria Madre mia,
aiutatemi ad amare ND1 VR BR1 BR2;
Madre mia ad amare ND3; Madre mia
Maria ad amare Napoli 1766-1769.
Precedente - Successivo
Copertina | Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
IntraText® (V89) © 1996-2006 EuloTech