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S. Alfonso Maria de Liguori
Avvertimenti...a' condannati a morte

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Testo


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È opera di gran carità l'assistere a' moribondi, ma di molto maggior merito è l'assistere a' condannati alla morte, per la maggior compassione ch'essi meritano, trovandosi in tale stato. Si vedono i miserabili la morte davanti gli occhi, che fra due o tre giorni dee torli da questo mondo. Scrisse s. Paolo: Qui consolatur nos in omni tribulatione nostra, ut possimus et ipsi consolari eos qui in omni pressura sunt, per exhortationem etc.1. Ci esorta l'apostolo a consolare coloro, qui in omni pressura sunt, E chi mai più afflitto da tutte le parti, e più degno di compassione può trovarsi, che un povero malfattore già condannato a morire tra breve per li suoi misfatti? Si trova il misero circondato da' ministri della giustizia in un fondo di carcere, abbandonato da' parenti e dagli amici: si vede afflitto 1. dal timore dell'inferno meritato per tanti suoi peccati. 2. Si vede afflitto in dover morire per mano di carnefice in età, in cui sperava di vivere per molti altri anni su questa terra. 3. Si vede afflitto in dover perder la vita giustiziato in pubblico con una morte vituperosa. 4. Si vede afflitto dalla passione di lasciare i parenti, genitori, moglie, e figli poveri, e senza guida. A rispetto pertanto di tutte queste afflizioni deve il sacerdote procurare con tutta la sua diligenza di consolarlo.

 

Primieramente pertanto avverta di astenersi di parlare al condannato del rigore della divina giustizia, e di simili cose di terrore; gli ponga dinanzi gli occhi la divina misericordia, e la volontà che ha Dio, che tutti si salvino. Onde dal principio in cui si abbocca col condannato gli dica chiamandolo col suo nome: N. allegramente; Iddio ti vuol salvo; ti chiama a lasciar questa vita di miserie, per condurti all'altro mondo, dove ti vuol rendere felice per tutta l'eternità. Or fatti una bella confessione; basta che tu ti penta delle offese che hai fatte a Dio, ed egli sta colle braccia aperte per abbracciarti, e farti per sempre contento nel paradiso.

 

Dopo queste parole poi ed altre di coraggio procuri di consolarlo circa le mentovate afflizioni, che possono tenerlo perturbato. Per 1. In quanto al timore di dannarsi per la mala vita fatta, lo consoli, dicendogli, che Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta, e viva colla vita eterna. Nolo mortem impii (egli dice) sed ut convertatur, et vivat2. In altro luogo dice, che quando il peccatore si pente di averlo offeso, egli si scorda di tutt'i suoi peccati: Si impius egerit poenitentiam, omnium iniquitatum eius non recordabor3. Parlando a gente rozza non occorre dir passi latini; appena può addursi qualche passo, ma breve, a qualche condannato che fosse uomo di lettere. Siegua poi a dargli confidenza, mettendogli avanti Gesù crocifisso; onde può dirgli: Ma come possiamo noi diffidare del perdono, mentre G.C. è morto per perdonare i peccati? Non veni vocare iustos, sed peccatores4. Ed in altro luogo dice G.C., ch'egli non sa discacciare ognuno che viene pentito a' piedi suoi: Eum qui venit ad me, non eiiciam foras5. Dice dippiù6, ch'esso va cercando la pecorella perduta, e quando la trova, se la stringe sopra le spalle. Abbiamo poi la madre di Dio Maria, che va cercando i peccatori per portarli a Dio. Ella rivelò a s. Brigida, che quando un peccatore a lei ricorre, non guarda i peccati che ha fatti, ma l'intenzione con cui viene; e dice, che quando viene risoluto di emendarsi, ella si prende la cura di sanargli tutte le piaghe fatte da' suoi peccati, e gli ottiene di far pace con Dio.

 

Se poi dicesse il condannato, ch'esso muore con poca confidenza, perché muore senza aver fatta penitenza di tante sue colpe, gli risponda: Figlio mio, sappi, che l'accettare la morte in penitenza de' propri peccati, è la penitenza più grande e più cara a Dio che gli si possa offerire. Accetta dunque la morte dalle mani di Dio, e con questo atto solo fatto di cuore il Signore ti perdonerà tutte le pene che ti hai meritate per le offese che gli hai fatte.

 

Per 2. in quanto l'afflizione di dover morire prima del tempo, gli dica, ch'esso dee ringraziare Dio, che non l'ha fatto morire prima, quando stava in peccato, in tanti pericoli che ha passati; ed ora lo fa morire avvalorato coi santi sagramenti, e con tanta speranza di salvarsi. E che se seguiva a vivere,


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per li mali abiti fatti, morendo in altro tempo, difficilissimamente si sarebbe salvato.

 

Per 3. In quanto al morire con una morte svergognata, gli dica, doversi egli consolare, che muore come morì G.C., il quale era figlio di Dio, signore del mondo, e morì svergognato in una croce, giacché la morte in croce era allora la morte più obbrobriosa che vi era pei condannati. Lo esorti pertanto ad unire la morte sua colla morte di Gesù Cristo, e così l'offerisca a Dio. Narrasi di un condannato a morir sulla forca, che confessandosi egli ad un buon sacerdote, gli disse, ch'egli veramente era innocente di quel delitto che gli aveano apposto; onde il confessore gli propose ch'esso voleva aiutarlo, e far conoscere la sua innocenza; ma il condannato rispose: No, padre, io da tanti anni prego G.C. che mi faccia morire svergognato, come volle morire esso sovra una croce; egli mi ha fatta la grazia, e voi me ne volete privare? Voglio morire svergognato, perché così morì Gesù Cristo mio.

 

Per 4. In quanto poi alla pena di lasciar la famiglia abbandonata, gli dica, che s'egli si salva, come dee sperare, meglio potrà aiutare i suoi parenti dal cielo, che non gli avrebbe aiutati vivendo. Oltreché non lascerà Dio di soccorrerli, Iddio, che gli ama assai più di quello ch'esso può amarli.

 

L'angustia più grande per li sacerdoti che assistono a' condannati è quando trovano alcun ostinato, che non vuole convertirsi, dicendo, che non può perdonare i nemici che sono stati causa della sua condanna. Accadendo ciò deve il sacerdote fargli capire, che se non perdona, e muore coll'odio nel cuore, muore certamente dannato. Il Signore ha detto: Dimittite et dimittemini. Chi perdona è perdonato. Onde può dirgli: «Figlio mio, sappi, che se tu perdoni, stai certo che ti salvi, perché Dio ha promesso di perdonare chi perdona il suo nemico. Se poi non vuoi perdonare, sappi, che la giustizia pure si eseguirà, e morirai certamente dannato. Tu vorresti, che Dio ti perdonasse tante offese che gli hai fatte, e poi non vuoi perdonare il tuo nemico, come Dio ti comanda? Che dici? Dici, che non t'importa, che vai all'inferno? Ah figlio mio, tu parli così, perché non sai che viene a dire inferno. Un'ora d'inferno è più tormentosa, che se uno patisse per mille anni tutte le pene e dolori che vi sono in questa terra. Non ti fare ingannar dal demonio, che per questa via vuole strascinarti a quella fossa di fuoco. E sappi, che se ti danni per quest'odio che tieni, nell'inferno la tua pena maggiore sarà il pensare, che se lasciavi l'odio, ti saresti salvato; ma arrivato che sarai all'inferno, vedrai, che non vi sarà più rimedio alla tua dannazione per tutta l'eternità. Via su vinci questa tentazione, perdona tutti per amore di Gesù Cristo, il quale è morto per te, e sta per abbracciarti, se tu perdoni per l'amor suo.»

 

Se poi il condannato dice, che non può perdonare i giudici, perché questi ingiustamente l'han condannato, gli dica, che i giudici sono obbligati a far la giustizia, ed a far la sentenza secondo le prove che trovano fatte nel processo; ond'esso ingiustamente odia i giudici.

 

Più difficile poi sarebbe a convertirsi un condannato, che per l'abisso de' suoi eccessi fosse giunto a odiare Dio. Ma pure bisogna aiutarlo quanto si può. Il condannato dice, che Dio l'odia, e che l'ha creato per mandarlo all'inferno, e perciò gli ha mandate tante disgrazie. Il sacerdote gli risponda: «No, figlio mio, Iddio non odia te, ma il peccato tuo; leva il peccato, e Dio non ti odierà più. E sappi, che quantunque al presente tu odii Iddio, egli ancora ti vuol bene, ed è pronto ad abbracciarti, e darti il paradiso, se tu gli domandi perdono, e l'ami. Non è vero, che Dio ti ha creato per l'inferno; ti ha creato per lo paradiso; tu sei stato quello che hai voluto farti reo dell'inferno colle offese che gli hai fatte; e Dio con tutto ciò è pronto a perdonarti, se tu ti penti d'averlo offeso. Come dici, che Dio t'odia, quando egli è morto crocifisso per l'amore che ti ha portato? Amalo dunque, figlio mio, non l'odiare più, perché non se lo merita. L'esorti poi, vedendolo ancora ostinato, a ricorrere alla ss. Vergine, e gli faccia dire: Maria Madre di Dio, vedete ch'io sto vicino a dannarmi: voi mi potete aiutare; abbiate pietà di me.»

 

Tutte queste parole e riflessioni son buone; ma quando si trova qualche condannato ostinato, più che le parole


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bisogna accrescere le orazioni: il sacerdote lo raccomandi a Gesù Cristo, alla divina Madre, e lo faccia raccomandare a più comunità di religiosi; procuri anche di far celebrare più messe per la di lui conversione, poiché tali infermi difficilissimamente si guariscono senza molte orazioni.

 

 




1 2. Cor. 1. 4.



2 Ezech. 31. 11.



3 Ez. 18.



4 Matth. 1. 13.



5 Io. 6. 37.



6 Matth. 18. 12.




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