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Introduzione
Questa risposta del Santo, uscita nel 1775, si
innesta nel clima delle contestazioni suscitate dalla pubblicazione del suo
libro Le Glorie di Maria.
La mariologia del Santo, come si sa, urtò la sensibilità di
Ludovico Antonio Muratori e dei suoi seguaci; e Alfonso dovette controbattere
le loro contestazioni anche con Risposte singole, cioè rivolte agli
autori, per confermare il suo pensiero.
Così toccò ad un certo abate, Leoluca Rolli, calabrese, e
prima, nel 1756, allo stesso nipote del Muratori, Francesco Soli.
Il Rolli aveva pubblicato un libro intitolato Il novello
progetto..., nel quale pretendeva, al pari di Muratori, di mettere riforma
a diverse preghiere e devozioni che si praticavano nella Chiesa cattolica verso
Maria SS. e verso altri santi.
S. Alfonso passa in rassegna le devozioni contestate dal Rolli
e ne dà la sua risposta; ma non completamente sua perché egli si rifà anche ad
una pubblicazione appena uscita.
Infatti il santo Dottore, all'inizio del suo opuscolo,
confessa che "per onore della B. Vergine, e per affetto e devozione
speciale che sin da fanciullo ha professato verso di lei", ha pensato di
dare in questa Risposta un compendio "delle male proposizioni"
espresse dal Rolli nel suo libro e delle giuste confutazioni offerte dal P.
Giovanni Idelfonso Cardoni, minimo, in una sua "divota e dotta
operetta".
Ultimamente
mi è capitata una divota e dotta operetta del P. Gio. Idelfonso Cardoni
minimo,1 dove eruditamente confuta un libro nuovamente dato alla luce
dall'abbate D. Leoluca Rolli, intitolato Il
novello progetto, ecc.,2 nel quale egli pretende di metter riforma
a diverse preghiere e divozioni che si praticano nella Chiesa cattolica verso
Maria SS. e verso altri santi. Onde per onore di essa B. Vergine, e per
l'affetto e divozione speciale che sin da fanciullo le professo, ho pensato di
dare qui una compendiosa contezza dell'una e dell'altra opera, cioè delle male
proposizioni dell'una e delle giuste confutazioni dell'altra.
Primieramente
l'abbate Rolli, parlando della miracolosa traslazione della santa casa di
Loreto portata dagli angeli da
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Nazaret nella Dalmazia, e dalla
Dalmazia alla diocesi di Recanati nella Marca di Ancona, e proprio nel
territorio di una buona donna nomata Lauretta, e finalmente sulla collina, ove
al presente si venera, un miglio e mezzo distante da quel territorio: il
mentovato abbate chiama la storia di questa traslazione «racconto che corre»3 come fosse una favoletta, quando che
il pontefice di f.m. Benedetto XIV nella sua bell'opera delle feste di Maria,
parlando di quella santa casa, la chiama: Conclave,
ubi Verbum divinum humanam carnem assumpsit, angelorum ministerio translatum
est; ita adstipulantibus tum vetustis monumentis, perpetuaque traditione, tum
Summorum Pontificum testimoniis, communi sensu fidelium, et continuis quae in
diem eduntur miraculis (Ben. XIV, De fest., l. 2, c. 16, n. 4).4 Ed
in fatti il Tursellino nella storia della casa lauretana, asserisce che quasi
tutti i Papi dopo Pio II han parlato del miracolo della traslazione della S.
casa di Loreto;5 e Sisto V nell'anno 1583 istituì un ordine sotto gli
auspici di S. Maria loretana.6
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Posto ciò, l'abbate
Rolli ingiustamente par che aderisca al Launoio, Vergerio, Ospiniano, ed altri
protestanti, che han contradetta la miracolosa traslazione, oltre di Teodoro
Beza e Davide Parea calvinista, che chiamano la santa casa loretana idolum lauretanum.7 Ma tutti
costoro sono stati ben convinti dai più dotti scrittori cattolici, cioè da
Canisio, Turiano, e Gretsero, con invitte ragioni, come scrive Teofilo
Rainaudo.8 Il Tursellino
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poi (Turselin., in Clyp. Lauret.)
con gravi autori riferisce il miracolo, che vien confermato da Pietro Giorgio,
da Girolamo Angelita, e da Giovan Bonifacio (Io. Bonif., Hist. B. Virg.),
rapportato da Benedetto XIV, il quale scrive che anche gli eretici entrando in
questa santa casa si convertono e tacciano l'empietà - hac in aede mutantur, impietatem eiurant - di coloro che si
oppongono al miracolo.9
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L'abbate
Rolli poi entra a criticare i titoli di
Turris davidica, Turris eburnea e di Domus
aurea, che nelle litanie si danno alla S. Vergine, chiamandole voci
affettate e quasi ridicole, e che non significano niente.10 Come
niente? ben significano la fortezza con cui la Madre di Dio difende i suoi
divoti; e l'ardente carità dell'anima sua benedetta, che degna la rendé di
esser fatta tempio del Verbo Eterno; come appunto spiegano questi titoli S.
Bernardo, S. Efrem, Riccardo di S. Lorenzo,11 ed altri.
Parlando
poi de' titoli, Speculum iustitiae,
Refugium peccatorum, Stella matutina, Ianua caeli, scrive che udendo un
cattolico questi titoli attribuiti alla Vergine, dee fare un atto di fede, e
credere che solo a Gesù Cristo questi titoli convengono e non già a
Maria;12 come se i medesimi fossero alla fede pregiudiziali. E perciò
vorrebbe che tutte queste litanie si abolissero, non ostante ch'elle da tanti
secoli si recitano e cantano in tutte le chiese da preti e religiosi,
coll'approvazione di molti pontefici; costando che tali titoli non sono già
voci affettate e ridicole, ma sono tutte di pietà e di tenerezza verso la
nostra santa regina, affinché maggiormente confidiamo nella di lei protezione.
Chi può negare che queste litanie,
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secondo la disciplina usata da
tanti anni, appartengono al culto pubblico della Chiesa?
Indi
l'abbate Rolli si prende molto fastidio a vituperare l'uso presente, che chiama
espressamente abuso, di cantar le
litanie loretane davanti al SS. Sagramento esposto.13 Egli in ciò si
avvale del sentimento di Ludovico Muratori, il quale nel suo libro della Regolata Divozione, pag. 29, non già
chiama come Rolli abuso il costume di
cantar le litanie della Vergine innanzi al SS. Sagramento né lo disapprova, ma
solamente dice che sarebbe cosa da ponderare, se fosse più proprio che quando
sta esposto il Sagramento, si cantassero preghiere dirette propriamente a Gesù
nostro Salvatore.14 Del resto io non
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posso intendere che
disdica supplicar la divina Madre ad interponere per noi le sue preghiere
presso Gesù nel Sagramento esposto. Ognuno sa che Dio ci ha donato Gesù Cristo,
affinché a lui ricorriamo come nostro principal mediatore; ma dice S. Bernardo
che Dio ci ha donata anche Maria per avvocata presso Gesù Cristo: Advocatum habere vis et ad ipsum? ad Mariam
recurre: exaudiet utique matrem Filius (S. Bern., Serm. de
aquaeductu).15 Ed in altro luogo aggiunge il medesimo santo: Opus est mediatore ad mediatorem Christum;
nec alter nobis utilior, quam Maria (Idem, Serm. B.V., Sign.
magn.).16 Dice, opus est, è
necessario avere un altro mediatore appresso Gesù Cristo, s'intende di
necessità, non di mezzo, ma morale, per maggiormente aiutare la nostra
confidenza: poiché solo Gesù Cristo è il nostro mediatore assolutamente
necessario. S. Girolamo poi per togliere a noi ogni scrupolo, che ricorrendo a
Maria non ricorriamo già a lei come autrice delle grazie - siccome c'infamava
Calvino17 - ma solo come interceditrice, dice che perciò noi diciamo a
G. Cristo, Miserere nobis, ma alla S.
Vergine ed a' Santi Ora pro nobis, e
così S. Girolamo convinse Vigilanzio su questo punto.18
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Non
contento poi l'abbate Rolli di aver chiamati i titoli dati alla Vergine nelle
litanie loretane voci affettate, quasi ridicole e nulla significanti, passa a
metter bocca alla sagra antifona della Salve
Regina;19 non ostante che la vegga approvata dalla S. Chiesa nelle
Ore Canoniche ch'ella impone di recitare a tutti i cori. Lutero diceva già che
questa preghiera è piena di scandalo e di empietà, dandosi alla Vergine le
proprietà di Dio (Luther., Serm. de Nat. B.M.).20 E parimente l'eretico
Pietro Martire (P. Mart., in Cap. 3, ep. 1 ad Cor.), scrisse che essendo Gesù
Cristo l'unico nostro mediatore, è a lui
di somma ingiuria l'ammettere per avvocata e mediatrice nostra Maria.21
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Il
nostro abbate Rolli poi nel suo Novello
progetto, pag. 41, parlando della Salve
Regina, non ha renitenza di scrivere queste parole: Per cieco rispetto e con ispirito quasi di partito si sostengono i
titoli dati nella Salve Regina alla Vergine. Dice in oltre che il frate
Ermanno Contratto da lui creduto autore di
questa antifona,22 per pura pietà e divozione chiamò la divina
Madre Spes nostra ed Advocata nostra, quandoché solo Gesù
Cristo è l'unica nostra speranza e l'unico nostro avvocato.23 Or questo
parlare potrebbe alcuno dire che non molto si discosta da quel che dicea Pietro
Martire addotto di sopra; mentre il signor Rolli dice che la Salve Regina è una di quelle cose che per cieco rispetto e con ispirito quasi
di partito si sostengono; e che 'l frate Ermanno per pura pietà chiama la
Vergine speranza nostra e avvocata nostra, sapendo ognuno che Gesù Cristo è
l'unica speranza nostra. Ma se S. Epifanio (S. Epiph., Serm. de laud.
Deip.) chiama la S. Vergine nostra mediatrice, (ch'è lo stesso che
avvocata):24 e se S. Efrem (S. Ephraem, De laud. Dei Matris) la chiama
speranza di coloro che disperano, Spem
desperantium,25 come l'abbate Rolli ardisce
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di dire che
tali titoli si sostengono per cieco
rispetto e con ispirito quasi di partito? Dunque la Chiesa ammette questa
preghiera della Salve Regina per cieco
rispetto e con ispirito quasi di partito?
Indi
l'abbate Rolli lascia le litanie e la Salve
Regina, e si mette a parlare della divozione agli scapulari e Rosario della
divina Madre, ed anche a' cingoli e corregge di altri Santi, chiamandole tutte divozioncelle, come cose quasi
inutili;26 quando all'incontro noi sappiamo che tali divozioni i Sommi
Pontefici le hanno approvate ed arricchite d'indulgenze. Il dotto Papebrochio
chiama perverso chi negasse la divozione di portare lo scapulare di Maria non
essere stata ornata da' Pontefici di grazie e privilegi, e che Dio l'abbia
comprovata con molti benefizi: Improbus
porro sit, son le parole del Papebrochio, qui negat multis Romanorum Pontificum gratiis et privilegiis ornatam,
multis etiam divinis beneficiis comprobatam esse scapularis Mariani devote
gestandi religionem (Papebroch., Part. 2, Resp., art. 20, n. 28.)27
Parimente Bzovio (Bzovius, ad ann. Chr. 1213; Monelia, Diss. de orig. sacr.
prec.) ed i Bollandisti28 parlano con molta lode del Rosario di Maria,
che da più Papi Leone X, S. Pio V, Gregorio XIII, Sisto V, ed altri è stato
molto lodato. Di tali divozioni religiose scrive il dotto Pouget: Qui
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ista vituperant... quaecumque ignorant blasphemant (Pouget, Instit.
cath., t. 2, part. 3, sect. 2).29
L'abbate
Rolli poi si scaglia con gran furore contro quei Cristiani che praticano queste
divozioni stando in peccato, colla speranza di ricevere misericordia da Dio per
mezzo di quelle; egli esclama che tali divoti sono tutti dannati. Ed in ciò,
come osservo, ha per maestro Lamindo Pritanio, cioè Ludovico Muratori, nel suo
libro della Regolata divozione, dove
scrisse che se un fedele vive in disgrazia di Dio, e per la confidenza che
tiene alla S. Vergine spera per la di lei intercessione di non esser preso da
morte subitanea e di aver tempo di riconciliarsi con Dio, o pure sperasse
qualche grazia temporale, scrisse che tale speranza è nociva, superstiziosa e contraria agl'insegnamenti della Chiesa, ed
affatto ha da rigettarsi (Pritan., Reg. Div., c. 22, p. 320).30 Ma
in ciò è affatto contrario a Pritanio ed
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a Rolli il cardinal
Bellarmino citato da Lambertini nel suo libro delle feste (Lambertin., nelle
feste, Lib. 2, cap. 6);31 il cardinale Bellarmino (Bellarmin., L. 2 de
poenit, c. 7) scrive che le divozioni fatte in peccato, se non giustificano,
almeno dispongono ad ottener la giustificazione per li meriti della divina
Madre o di altri santi.32 Ma quel che più pesa, è loro contrario il
maestro de' Teologi S. Tommaso, il quale insegna che le opere divote de'
fedeli, benché fatte in peccato, se non vagliono ad ottener la salute, vaglion
nondimeno a tre cose: 1. ad assuefarsi alle opere divote; 2. a conseguire i
beni temporali; 3. a disponere chi le pratica a ricevere la divina grazia. Ecco
le parole del S. Dottore: Opera ista ad
triplex bonum valent: ad assuefactionem bonorum operum, ad temporalium
consecutionem et ad dispositionem ad gratiam (S. Thomas, Suppl., q. 14, a.
4).33 Lo stesso Dottore Angelico poi insegna che la preghiera del
peccatore, sebbene non è degna della grazia per sé, nondimeno l'impetra per
mera misericordia divina: Peccatoris
oratio impetratoria est ex mera Dei misericordia.34 E soggiunge che anzi fieri potest, ut ex infinita Dei
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misericordia peccatoris oratio exaudiatur,
etiam sine proposito (efficaci nimirum, ac stabili) emendandae vitae; dummodo
non tam obstinato sit animo, ut omne poenitentiae consilium perpetuo abiecerit
(Idem, 2-2, qu. 83, art. 6).35
Dice
poi un'altra cosa il mentovato Pritanio nel citato suo libro, cioè che la Vergine ed i Santi, quando pregano per
noi, interpongono appresso Dio, non già i loro propri meriti, ma bensì
l'efficacia de' meriti del Salvatore; così il Muratori nel citato suo libro
(Pritan., Reg. Div., c. 10, p. 119).36 Ma ben lo confuta sovra tal
proposizione il dotto D. Costantino Gaudio nel suo libro: Difesa dell'illibata divozione, ecc. contro di Lamindo Pritanio.37
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Lo
stesso Pritanio poi in un altro luogo del suo libro (Idem, lib. cit., c. 22,
pag. 304) Scrive: Una ragione può
addursi, cioè che le nostre suppliche avranno più forza accompagnate da quelle
della Santa Madre; ma esso medesimo si dà una risposta incongrua e niente
corrispondente alla sua dottrina; dice: Ma
questa ragione prova troppo e però nulla prova; altrimenti non converrebbe mai
supplicare Gesù, senza interporvi l'intercessione di Maria.38 Oh
Dio che risposta! Dunque il pregare Gesù Cristo col sempre interporvi l'intercessione
di Maria non è cosa che conviene? quando il Concilio di Trento insegna (Sess.
25, de invoc. sanctor.): Bonum atque
utile esse suppliciter eos invocare?39 Pertanto se l'intercessione
de' Santi e specialmente di Maria SS. è cosa buona ed utile, dunque è cosa che sempre conviene il procurare di
ottenerla. E perciò S. Bernardo esorta e consiglia tutti a domandare le grazie
a Dio, e a domandarle per mezzo di Maria, perché le preghiere di Maria presso
Dio son preghiere di madre e perciò non trovano mai ripulsa: ecco le parole di
S. Bernardo: Quaeramus gratiam et per
Mariam quaeramus; quia mater est et frustrari non potest (S. Bern., Serm.
de aquaeductu).40 Gran cosa. Ludovico
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Muratori, ch'io sempre
ho venerato, egli è stato un uomo celebre presso tutta l'Europa, come apparisce
dalla sua bella vita dottamente scritta dal suo nipote,41 ma verso la
Madre di Dio in più luoghi delle sue opere, come ho notato, non ha mostrata
tutta quella pietà che conveniva al suo spirito di dimostrarle!
Non
occorre ch'io più mi stenda sulle proposizioni di sopra qui riferite; a
scrivere quel poco che sulle medesime ho scritto mi ha mosso il vedere poste in
discredito dall'abbate Rolli le divote preghiere e' titoli che comunemente da'
fedeli si danno a Maria SS. nelle litanie e nella Salve Regina, come anche il sentir chiamare divozioncelle gli scapulari ed il rosario di Maria: divozioni così
religiose, e che mi sono state care sin dalla fanciullezza. Del resto chi vuol
vedere a lungo e intieramente confutata la riforma che l'abbate Rolli pretendea
piantare di tutte queste cose, legga il libro del P. Cardoni minimo, da me
riferito nel principio di questo breve foglietto.
1 Riflessioni di Gio. Idelfonso
CARDONI, minimo, sopra il Novello
Progetto, o sia Dissertazione del buon uso delle Litanie, ed altre preghiere di
D. Leoluca Ab. Rolli. Napoli, 1775.
2 Dell' opera di D. Leoluca ROLLI, ecco quanto leggiamo nel
TANNOIA, Della vita ed istituto di S.
Alfonso Maria de' Liguori, lib. 4, cap. 3: «Lo stesso anno che giunse in
Pagani (dopo accetta dal Papa la rinunzia al vescovado e preconizzato il
successore, luglio 1775), così occupato (vedi cap. 2, Tenor di vita di Alfonso in Nocera) ed aggravato com' era, si
applicò Alfonso a dar compimento alla sua opera sulla Condotta ammirabile della divina Provvidenza nel salvare l' uomo per
mezzo di Gesù Cristo.. Fra tanto, essendosi pubblicato colle stampe il
progetto della stravagante riforma intentata nella Chiesa dall' abate Rolli,
prete calabrese, contraria alla dovuta pietà verso Maria Santissima, Alfonso
non omise di confutarlo.... Alfonso fu tocco così nel vivo da tanta empietà
dell' abate, che, quantunque gli errori del medesimo fossero già stati combattuti
da Idelfonso Cardone, religioso di S. Francesco di Paola, pure anch' egli li
volle confutare brevemente.» - La Breve
risposta apparve la prima volta in Napoli, Paci, nel 1775, in appendice
alla Condotta ammirabile della divina
Provvidenza. In appresso fu pubblicata ordinariamente insieme alle Glorie di Maria in Appendice.
3«Corre un racconto, benché qualche
cervello critico l' abbia per leggenda, che nell' anno 1291, ecc. » ROLLI, Novello progetto, pag. 16.
4 «Nostro Opere de Canonizatione
Sanctorum.... vetustiorum scriptorum auctoritate duce, demonstravimus,
Lauretanam Aedem non esse integram domum, sed illud solum eius domus conclave,
ubi Maria salutata fuit ab Angelo; ideoque.... facile concedi posse, in eo, in
quo domus illa erat, loco ecclesiam esse exstructam; sed ex ea domo, quod
reliquum conclave supererat, ubi Verbum divinum humanam carnem assumpsit, illud
Angelorum ministerio translatum esse; ita sibi invicem adstipulantibus tum
vetustis monumentis perpetuaque traditione, tum Summorum Pontificum
testimoniis, communi sensu fidelium, et continuis, quae in dies eduntur,
miraculis.» BENEDICTUS PP. XIV, De Festis D. N. I. C et B. M. V., lib. 2, cap. 16, n. 4. Opera, IX, pag. 313, col. 2.
5 Pio II fa un voto alla Madonna di
Loreto, viene guarito, e quindi può rendersi ad Ancona per le necessità della
Crociata contro i Turchi; quindi la fama di Loreto, sparsa fino allora nelle
sole circostanti regioni, si spande per tutto il mondo: TURSELLINUS, Historia Lauretana, lib. 1, cap. 26. -
Per i susseguenti Pontefici: la stessa
opera, passim.
6 L' Ordine equestre dei Cavalieri Lauretani o Loretani venne istituito
pria da Paolo III, ma, per mancanza di entrate, fu estinto da Gregorio XIII. L'
immediato successore di Gregorio, Sisto V, lo rinnovò fin dal primo anno del
suo pontificato, fissando il numero dei cavalieri a 200. Sessanta ne aggiunse
egli stesso, due anni dopo, nel 1588, e settanta Alessandro VII nel 1656. I cavalieri di S. Maria di Loreto godevano
considerevoli privilegi: erano riputati commensali e famigliari del Papa; i
loro primogeniti avevano il titolo di conti Lateranensi, ed i secondogeniti di
cavalieri doratio aurati. I loro obblighi erano, oltreché di custodire la città
e il santuario di Loreto, di difendere dai corsari le spiaggie della Marca d'
Ancona, e dagli assassini tutta la Romagna. L' insegna dell' Ordine era una
medaglia d' oro, appesa al collo, aventa da un lato l' immagina della Madonna
di Loreto, e dall' altro lo stemma di Sisto V che aveva concesso ai cavalieri
tal distintivo. Cf. MORONI, Dizionario di
erudizione storico-ecclesiastica, vol. XXXVII, Venezia, 1846, pag. 177,
178, v. Lauretani.
7 Impugnatori della Santa Casa, citati da S. Alfonso. - Io. LAUNOIUS (de Launoy, 1603-1678,) fautore del
giansenismo. Tra le altre molte sue opere, vi è la Dissertatio de auctoritate negantis argumenti, Opera, Tomi secundi
pars prima (cioé vol. III), Coloniae Allobrogum, 1731, pag. 1-71. dice l' editore
stesso (Praefatio editoris, p. I):
«Tota Launoiani aedificii moles, quanta est, neganti argumento, tamquam
cardine, volvitur ac revolvitur .» Coll' uso e l' abuso di quel suo principio
negativo, condannò ogni tradizione che non avesse l' appoggio di un documento
scritto contemporaneo, o quasi. Si meritò il poco glorioso soprannome di
«dénicheur de saints», e di lui si è detto che avesse cacciato dal paradiso più
santi che dieci Papi non ve ne avessero fatti entrre. Sorse contro il Launoy Teofilo Raynaud (specialmente nel suo
trattato Hercules Commodianus, Ioannes
Launoyus, series 1, quaesitum 5, Opera,
XVIII, pag. 336-338). «Salebrosa autem haec est quaestio de vi negantis
argumenti,» osserva Benedetto XIV, che la discute e la scioglie con molta
saggezza ne De Servorum Dei
beatificatione, ecc., lib. 3, cap. 10, n. 1-6, Opera, III, pag; 79-85. - Petrus
Paulus VERGERIUS, già segretario di Clemente PP. VII, mandato in Germania
come Legato Apostolico, vescovo di Modri, poi di Capodistria, sua patria, si
recò nel 1548, nella Rezia, ed ivi apostatò, come pure il fratello Giovanni
Battista, vescovo di Pola. QUindi, tra molti opuscoli, parte in latino, parte
in italiano, contro la Chiesa Cattolica - opuscoli pieni di fiele, e, dice il
Feller, «disprezzati anche dai protestanti» - ne scrisse uno, in latino ed in
italiano, De idolo Lauretano. Morì in
Tubingen, nel 1565. - HOSPINIANUS, citato da Benedetto XIV, De festis, lib. 2, cap. 16, n. 7, pag.
314, col. 1. Probabilmente : «Hospinien Rodolphe,
ministre Zwinglien (1547-1626)... Ses ouvrages ont été recueillis
à Gèneve en 1681, en 7 vol. in fol. Les principaux sont: 1° un traité des temples....» De Feller, Dictionnaire historique, IX, pag. 34, v. Hospinien. - Theodorus BEZA, principale
cooperatore di Calvino, a cui succedette (1564), col titolo di «moderatore»,
come patriarca ginevrino; fallirono (1587)i tentativi di S. Francesco di Sales
per ricondurlo alla Chiesa Cattolica: morì nel 1605. - David Parea, o meglio Pareus,
più conosciuto sotto il nome di WOENGLER (1548-1622), insegnò nell'
Accademia di Heidelberg. Fu continuamente occupato in controversie contro i
cattolici, specialmente contro S. Roberto Bellarmino. Le sue opere, pubblicate
dal figlio in Francoforte, 1647, formano 4 vol. in -fol.
8 Difensori della S. Casa di Loreto, citati da S. Alfonso. -
BENEDICTUS XIV: 1° De Servorum Dei
beatificatione et Beatorum canonizatione, lib. 3, cap. 5, Opera, III, Prati, 1840, pag. 81-83, e
specialmente per la Santa Casa, pag. 82, col. 1, seconda metà, e col. 2, prima
metà. Ivi, il dotto Pontefice , praticissimo di quelle questioni per le cause
di beatificazione, dà il suo parere sulla celebre e così importante
controversia de argumento negativo, cioé
dei casi in cui si può cavare una legittima conseguenza dall' assenza di
documenti contemporanei. - 2° Id. op., lib.
4, pars 2, cap. 7, n. 3, Opera, IV, Prati, 1841, pag. 473. - 3° Ibid., cap. 10, n. 11-16, pag. 496-499.
- 4° De festis D. N. Iesu Christi et B.
Mariae Virginis, lib. 2 (De festis B.
M. V.), cap. 16 (De festo
Translationis Sanctae Domus Lauretanae), Opera, IX, Prati, 1843, pag.
311-315. - TURSELLINUS Horatius, S.
I. (1544-1599: fu anche superiore del Collegio dei Gesuiti in Loreo), Lauretanae historiae libri quinque. Prima
edizione: Romae, 1598. Edizione definitiva: Moguntiae, 1600. Opera
che si raccomanda più ancora che per l' eleganza del latino, per l' accuratezza
delle ricerche: per questo pregio, venne lodata da Benedetto XIV. - S. PETRUS
CANISIUS, S. I., De verbi Dei
corruptelis, II, De Maria Virgine incomparabili et Dei Genitrice sacrosancta, lib. 5, tutto il capitolo 25: Lugduni, 1584,
II, pag. 585-590. - Franciscus TURRIANUS
(Torres, nato nel 1504, entrò nella Compagnia di Gesù nel 1566, in età di 62
anni, morì nel 1584, entrò nella Compagnia di Gesù nel 1566, in età di 62 anni,
morì nel 1584), Responsio apologetica ad
capita argumentorum Petri Pauli Vergerii haeretici, ex libelloe ius inscipto:
de Idolo Lauretano. Ingolstadii, 1584. - GRETSERUS Iacobus, S. I. (Gretscher, + 1625, detto «protestantium malleus»),
nel suo trattato De sacris
peregrinationibus libri IV, Ingolstadii, 1606. - Theophilus RAYNAUDUS (Raynaud), S. I., Antemurale Adversus fortia ingenia, Opera, Lugduni, 1665, VIII,
pag. 144, 145 (luogo citato con lode da Benedetto XIV); Hercules Commodianus, Ioannes Launoius (Lanunoy), series 1,
quaesitum 5, Opera, XVIII, pag. 337,
col. 2, 338, col. 1. - Io. BONIFACIUS,
S. I., De Divae Virginis Mariae vita et
miraculis, ossia, come lo stesso autore chiama l' opera sua e vien
comunemente citata, Historia Virginalis, lib.
2, cap. 4, De templo augustissimo
Virginis Lauretanae. Coloniae, 1610, pag. 212-222. - «PETRUS GEORGIUS
(Tolomeiè, Praepositus Teremanus, eximia integritate ac prudentia vir,
complures iam annos Lauretanae Domus gubernato erat: Nicolao autem Astio
(episcopo Recinetensi) vita functo, etiam administrator Recinetensis factus.
Hic igitur, Pio Secundo Pontifice, anno eius saeculi circiter LX (1460),
Lauretanae historiae summam - depromptam scilicet ex ea, quae olim, ut supra ostendimus,
Recineti edita fuerat - in Lauretana Aede proposuit in gratiam peregrinorum: ut
eius cognoscendare potestas omnibus fieret.» Tursellinus, Historia Lauretana, lib. 1, cap. 28. - «Hieronymus ANGELITA, civis Recinetensis
(Segretatio perpetuo della Republica di Recanati), domi suae, vel generis
nobilitate, vel integritate vitae clarus in paucis fuit. Is VIrginis Lauretanae
historiam ab se conscriptam Clementi (VII) Pontifici per id tempus
dicavit.Scribendae dicandaeque Pontifici historiae causa fuit, quod per eadem
ferme tempora, ut ante dictum est, sacrosanctae Domus e Galilea in Dalmatiam,
inde in Picenum asportae narrationem ex Flumensibus Annalibus Dalmatae quidam
ad Recinetensem pertulerant civitatem.» Tursellinus,
Historia Lauretana, lib. 2, cap. 26. - Questa storia dell' Angelita, presentata al Pontefice nel
1531, fu data alle stampe, forse a Venezia, nel 1534; e di nuovo, a Venezia,
nel 1598, per cura di Gian Francesco Angelita, figlio di Girolamo.
9 BENEDICTUS PP. XIV, De festis, come sopra, lib. 2, cap. 16,
n. 9, Opera, IX, pag. 314: «..... Et Canisius: «Homines flagitiis obrutos in Dei filios transformari, ut ex
haereticis catholici, ex lupis oves evadant.» Et Ioannes Bonifacius in Historia
B. Virginis: «Perditi homines hac in aede mutantur, impietatem eiurant
haeretici, ultores iras simultatesque deponunt.» - Io. BONIFACIUS, De B.
VIrginis Mariae vita et miraculis, lib.2 , cap. 4, Coloniae, 1610, pag.
216, pag; 216: «Perditi homines hac in aede repente mutantur, quae domus Dei
est et porta caeli. Impietatem eiurant haeretici; ultores, suaeque
nimium tenaces dignitatis, fas nefasve sit, nullo discrimine iras simultatesque
deponunt, suamque viam ad Evangelii regulam dirigunt, ubi primum in Christi et
eius Matris vestigis pedem posuerunt; fraudatores fallere desinunt, et quae
interverterunt plene cumulateque restituunt.» - Ci piace qui ricordare che S.
Alfonso volle egli stesso nel 1762 visitare la Santa Casa di Loreto, dove passò
tre giorni d' ineffabili consolazioni. Cf. BERTHE S. Alfonso de Liguori, tomo II, cap. 1.
10 ROLLI, Novello Progetto, pag. 7.
11 S.
BERNARDUS Sermones de diversis, sermo
52, n. 2, ML, 183-674, 675: «(Sapientia
aedificavit sibi domum. Prov. IX, 1.) .... Haec itaque sapientia quae Dei
erat, et Deus erat, de sinu Patris ad nos veniens, aedificavit sibi domum,
ipsam scilicet Matrem suam VIrginem Mariam, in qua septem columnas excidit.
Quid est in ea septem columnas excidere, nisi ipsam dignum sibi habitaculum
fide et operibus praeparare?» - In
Antiphonam «Salve Regina» sermo 4, n. 3, inter Opera S. Bernardi, ML 184-1074: «Itaque tu sancta, tu es castellum
in quod Iesus intravit, habens turrim humilitatis - qui enim se humiliat,
exaltatur - et murum virginitatis.» - S. EPHRAEM, Oratio ad Deiparam, Opera, VI, Opera graece et latine (et latine
tantum), III, Romae, 1746, pag. 529: «(Domina mea.....) tabernaculum sanctum,
quod spiritalis Beseleel aedificavit.» - IDEM, Oratio ad SS. Dei Matrem, pag. 547: «Salve,
Templum divinissimum. Salve, sedes Dei.» - IDEM, Oratio ad SS. Dei Genitricem, pag. 551: «Turris fortitudinis,
armatura bellica, acies robusta, et dux et propugnatrix invicta esto nobis
indignis a facile inimicorum nostrorum.» - RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. Mariae, lib. 10, cap. 30,
pag. 280-286; Maria domus; lib. 11, cap. 5, pag. 313-315: Maria turris. Inter Opera S. Alberti Magni, XX, Lugduni, 1651.
12 ROLLI, id. op., pag. 26.
13 ROLLI, id. op., pag. 30, 31.
14 «Chieggo perdono, se aggiungo
un' altra riflessione di pari tenore. Allorché il benedetto Salvator nostro Gesù sotto le specie
sagramentali viene esposto alla pubblica adorazion de' fedeli, i quali
umilmente poi ne ricevono la santa e salutifera sua benedizione, uso è di tanti
paesi, che davanti a Lui si cantano le Litanie della beata Vergine, prima di
benedire i divoti astanti. E' da lodar quest' uso, e tanto più perché sapendo
esso popolo queste preghiere, né avendone altre da recitare alla presenza del
divino Redentore, il prega, come può e sa, per mezzo della sua gloriosissima
Madre. Sarebbe nondimeno da ponderare, se fosse più proprio che i fedeli
tenessero qualche particolar Litania, con cui pregassero in quell' occasione il
Re de' Regi, il quale presente ascolta dal trono le suppliche de' devoti suoi
sudditi; giacché le Litanie di Maria furono istituite per essere cantate
davanti alla di Lei sagra Immagine venerata in Loreto, e non già perché
servissero davanti a Dio Sagramentato. Sembra pure, che essendo noi ammessi
allora con tanta benignità all' udienza del divino Signor nostro, tornasse bene
di porgere direttamente le suppliche nostre a Lui, pronto a far grazie. Lesa
crederebbe un Principe della terra la sua dignità, qualora dando udienza al suo
popolo, con intenzione di esercitar sopra di lui la sua beneficenza, mirasse i
memoriali indirizzati, non a sé, ma al suo favorito. Una sola ragione, a mio
credere, può addursi pel rito suddetto: cioé che le nostre suppliche al
Sanvatore avran più forza, se accompagnate ed avvalorate da quelle della sua
santa Madre. Ma questa ragione pruova troppo, e però nulla pruova, nel presente
caso. Altrimenti non converrebbe mai supplicare Gesù senza invocar l'
intercession di Maria: il che niuno oserà di dire. I santi, e chiunque s'
accosta alla sagra Mensa, fanno, e santamente fanno i lor colloqui con quel
amoroso Signore; e a misura della lor divozione e fervore ne ricavano frutti di
vita eterna. E ne abbiamo l' infallibil promessa dalla bocca del Redentore
stesso, che così dice: Se mi chiederete
qualche cosa in mio nome, lo farò (Io. XIV, 14). Non dice in nome altrui,
ma in nome mio. E forse che ci dee
mancar la fiducia e la voce, per supplicar questo benedetto Signore?.... E
certamente che si dee credere che ami più il suo popolo, la Vergine e i Santi,
o pure Gesù Cristo? Né pur si dovrebbe mettere in disputa..... Il perché non
dovrebbe parer fuor di proposito il desiderio di chi ricercasse una Litania
apposta, indirizzata al benefico ed amabilissimo Signor nostro, allorché sta
Egli esposto sul sagro altare, per benedire il divoto suo popolo. Il darla,
appartiene a chi regge la Chiesa universale di Dio; e se un giorno la desse,
chi non benedirebbe la paterna sua provvidenza e divozione verso il divino
Salvator nostro? Divozione non solo utile, ma necessaria ad ogni cristiano.» Lod. Ant. MURATORI, Della regolata divozione de' cristiani, cap. 22. Opere, VI, Arezzo, 1768, pag. 202, 203.
15 «Advocatum
habere vis et ad ipsum (mediatorem Iesum)? Ad Mariam recurre.... Nec
dubius dixerim, exaudietur et ipsa pro reverentia sua. Exaudiet
utique Matrem Filius.» S. BERNARDUS, In
Nativ. B. M.
V., sermo de
aquaeductu, n. 7. ML 183-441.
16 «Per unum
nihilominus virum et mulierem unam omnia restaurantur; nec sine magno fenore
gratiarum.... Sic nimirum prudentissimus et clementissimus artifex, quod
quassatum fuerat, non confregit, sed utilius omnino refecit, ut videlicet nobis
novum formaret Adam ex veteri, et Evam transfunderet in mariam... Iam itaque nec
ipsa mulier benedicta in mulieribus videbitur otiosa.... Opus est eim mediatore
ad mediatorem istum (Iesum), nel alter nobis utilior quam Maria.» D. BERNARDUS,
sermo in «Signum magnum», n. 1, 2. ML
183-429.
17 CALVINUS Ioannes, Institutio christianae religionis,
lib. 3, cap. 20, § 4 et 5, num. 17-27. Amstelodami, 1667, pag
231-235. N. 27, pag. 235, col. 1, riassume così la sua dottrina: «Summa haec
sit, quum Scriptura in Dei cultu hoc nobis summum caput commendet ut eum
invocemus... non sine manifesto sacrilegio orationem ad alios dirigi.... Quod
ad intercessionis munus pertinet, etiam vidimus Christo peculiare esse... Inde
colligimus nihil eos Christo reliquum facere, qui pro nihilo ducunt eius
intercessionem, nisi accedant Georgius et Hippolytus, aut similes larvae.» Nel
numero di quelle «larvae» comprende anche Maria SS.
18 Queste non sono parole di S.
GIROLAMO, ma la legittima interpretazione e conclusione di quanto scrive nel Liber contra Vigilantium, lib. unic., n.
5, 6, ML 23-343, 344: «Quis enim, o insanum caput, aliquando martyres adoravit?
quis hominem putavit Deum? Nonne Paulus et Barnabas (Act.
XIV) cum a Lyeaonibus Iupiter et Mercurius putarentur, et eis vellent hostias
immolare sciderunt vestimenta sua, et se homines esse dixerunt? Non quod
meliores non essent olim mortuis hominibus Iove atque Mercurio: sed quod sub
gentilitatis errore, honor eis Deo debitus deferretur....» Non si pregano
dunque i Santi come si prega Dio, autore d' ogni bene. Però si domanda
loro che, come intercessori, preghino
per noi: «Dicis in libello tuo, quod dum vivimus, mutuo pro nobis orare
possumus; postquam autem mortui fuerimus, nullius sit pro alio exaudienda
oratio.... Si apostoli et martyres adhuc in corpore constituti possunt orare pro
ceteris, quando pro se adhuc debent esse solliciti: quanto magis post coronas,
victorias et triumphos?.... Paulus apostolus ducentas septuaginta sex sibi
dicit in navi animas condonatas (Axt. XXVII), et postquam, resolutus, esse
coeperit cum Christo, tunc ora clausurus, est, et pro his qui in toto orbe ad
suum Evangelium crediderunt, mutire non poterit? meliorque erit Vigilantius
canis vivens, qual ille leo mortuus (Eccl. IX, 4)?»
19 ROLLI, Novello Progetto, pag. 41.
20 Martinus LUTHERUS, Epistolarum
et Evangelorum enarrationes: In die Nativitatis Mariae, Enarratio Evangelii,
Opera, VIII, Basileae, 1546, fol. 463, col. 2: «Vertite vos ad sanctissimam
virginem Mariam, ad cantilenam illam quam Salve,
regina misericordiae, vita, dulcedo et spes nostra. Annon haec encomia
immodica? Quis, quaeso, hoc ommode interpretabitur, quod sit vita nostra,
dulcedo et spes?.... Nonne hoc est Christi gloriae detrahere, quod creaturae
tribuimus ea quae Dei sunt eique soli competunt? Quare tam impia et blasphema
verba omittantur.»
21 «Habent sane Dei ministri
amplissima dona.... Nihilominus videte, ne illis nimium vel attribuas
vel fidas. Scriptum quippe est: Maledictus qui fidit in homine, et qui spem
ponit brachium suum. Deo faciunt insignem contumeliam, ut Ambrosius hoc loco (I
Xor. III, 4) scribit, qui eis, cum sint creaturae, honores Deo debitos
exhibeant. Quod a gentilium perversitae parum abest, qua rebus creatis divinos
honores praestabant. Quod idem cavendum est ne fiat erga sanctos, quos exspoliamus
propria dignitate, dum titulis divinis ornamus. Tunc enim, cum nostris
ornamentis et dignitatibus eos non possimus aequare Deo, demimus illis, quantum
in nobis est, ut ministri Dei sint, quod eorum naturae maxime convenit. Quomodo
illos excusabimus, qui beatam VIrginem vulgo nuncupant matrem misericordiae,
quod priprium est Dei, qui Pater misericordiarum in Scripturis dicitur? Vitam
suam quoque illam nominant, cum Christus ad Colossensen vita nostra dicatur, et
ipsemet de se dixerit: Ego sum via, veritas et vita. Dulcedo item in illa
cantione vocitatur, quasi sit reposita in ea piorum consolatio; atqui Deus patr
consolationis est atque solatii. Demumque illam dicunt spem suam, quasi velint
in creatura spem ponere. Ostende nobis, inquiunt, Iesum Christum filium tuum.
Id autem tantummodo ad patrem spectat, quemadmodum scriptum est: Nemo venit ad
me, nisi Pater traxerit eum.» PETRUS MARTYR (Vergmigli), Florentinus (Canonico
Regolare apostata, + 1562), In I ad Cor
Commentarii, cap. 3. Tiguri, 1551, fol 67 (ab utroque latere).
22 «Hermannus, a debilitate membrorum qua laboravit ab infantia dictus Contractus, » dei Conti di Veringen, fu
messo agli studi all' età di sette anni, forse nel monastero di San Gallo. E'
certo che dappoi si fece monaco nel monastero «Augiae Divitis», cioé di
Rechenau. Il suo amico e discepolo Bertoldo
scrisse nel suo Elogio (ML
143-28): «Catus item historiales plenarios, utpote quo musicus peritior non
erat, de S. Georgio, S. Gordiano et Epimacho, S. Afra martyre, S. Magno
confessore, et de S. Wolfgango episcopo mira suavitate et elegantia euphonicos,
praeter alia huiusmodi perplura, neumatizavit et composuit.» Non fa menzione né
della Salve Regina né dell' Alma Redemptoris, che gli vengono
comunemente attribuite: saranno comprese in quei «perplura» di Bertoldo. - Si
esclude però la clausola della Salve
Regina: O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria. - Fu Ermanno monaco
esemplare, di carattere molto amabile, dotto ed artista. Morì nel 1054, in età
di anni 41, e fece alla morte liete accoglienze.
23 «In quella, senza dir altro, il
Frate per pura pietà, ardente divozione, religioso affetto, chiama la Vergine
Santissima, Spes nostra, Advocata nostra.
Ognun sa, che Gesù Cristo Uomo-Dio è l' unica speranza nostra: Quoniam tu es, Domine, spes mea, etc.
Egli l' Avvocato presso l' Eterno Padre. Dunque l' espressione d' un uomo
pietoso deve passar per voce di santa Chiesa?» ROLLI, Novello Progetto, pag. 41.
24 «Ipsa enim
est caeli et terrae mediatrix, quae unionem naturaliter peregit.» Oratio de laudibus sanctae Mariae Deiparae. Inter Opera (dubia aut spuria) S. Epiphanii, episcopi Constantiae in
Cypro. - Il Petavio sospetta che questa Omilia, ed altre, siano di qualche
altro Epifanio, Aecivescovo di Cipro: due
ve ne furono di questo nome.
25 «Immauclata et intemerata....
Virgo Dei sponsa ac Domina nostra.... unica spes desperantium, oppressorum
auxilium, et ad te recurrentium praesentaneum sublevamen, omniumque
denique Christianorum praesidium...» S. EPHRAEM, Ad SS. Dei Genitricem oratio. Opera, (ed.
Assemani), VI, Opera graece et latine (et
latine tantum), IIII, Romae, 1746, pag. 577, col. 1. - «Tu peccatorum et
auxilio destitutorum unica advocata es et adiutrix.» Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis Mariae laudibus, pag. 575,
col. 2.
26 ROLLI, Novello Progetto, pag. 55 e seg.
27 Le stesse parole del Papebrochio, continuatore del Bollando
per gli Acta Sanctorum, riferisce Benedetto XIV, De festis, lib. 2, cap.
6, n. 10. L' opera qui accennata è la Risposta
(Anversa, 1697) alle accuse del P. Sebastiano
di S. Paolo. - Vedi, nel nostro volume precedente, l' Appendice, 10, pag. 394-401, principalmente il § II, pag. 395-399.
28 BZOVIUS Abraham, O. P., Annales
Ecclesiastici (post Baronium: ann. 1198-1299), Antverpiae, 1617, ad ann
1213, n. 9-12, pag. 162-168. - Acta
Sanctorum Bollandiana, col. XXXV, mensis augusti I, die 4 augusti, De S. Dominico Confessore, Commentarius
praevius, § 19, n. 339-361: Quid sit Psalterium seu Rosarium, et an sanctus
Praedicatorum Fundator illud primus instituerit; § 20, n. 362-386: Argumenta eorum, qui primam Rosarii
institutionem S. Dominico tribuunt, et responsa quae illis opponi possunt; §
21, n. 387-412; Argumenta eorum, qui
originem Rosarii putant antiquiorem aetate S. Dominici, et ad ea responsiones,
variaeque ad haec responsa observationes. - MONELIA Thomas Vicentius, O. P., Dissertatio de origine sacrarum precum, Romae,
1725. Delle testimonianze dei Papi citati da S. Alfonso, ed altri, in favore
del Rosario, parla nel cap. 1. Così pure BENEDETTO XIV, De festis D. N. Iesu Christi et B. M. V., lib. 2, cap. 12, n. 3, Opera, IX, Prati, 1843, pag. 295; n.
11-17, pag. 297, 298: De servorum
Dei beatificatione et beatorum canonizatione,
lib. 4, pars 2, cap. 10, n. 23, Opera,
IV, Prati, 1841, pag. 503, 504.
29 Franciscus Amatus POUGET, Congregationis
Oratorii, institutiones catholicae in
modum catecheseos, II, pars 3, cap. 10, § 2, Parisiis, 1725, pag. 941, col.
2: «Interrogatio: Quid facto opus iis
qui adscripti sunt in confraternitatem aliquam,, cuius id moris est ut
confratres secernantur ab aliis signo aliquo exteriori; verbi grtia, rosario,
scapulari, uniculo, cingulo pelliceo? - R.... 2°.... Res illas singulorum
devotioni permittit Ecclesia , nec nisi temere, ne dicam impie, culpatur, quod
Ecclesia approbat... Qui ista vituperant, forte ex eorum numero sunt de quibus
loquitur Iudas Apostolus: Quaecumque
(quidem ) ignorant, blasphemant (Iud. 10)». - Nel § 3, pag. 942, 943, viene
raccomandato il rosario e la corona della Madonna.
30 «Se mai taluno amplificasse si
fatta speranza (nelle preghiere di maria), sino a promettere che chi è suo
divoto non potrà dannarsi, non sarà preso da morte subitanea, e gli resterà
tempo di riconciliarsi con Dio, ed anche promesse di beni temporali: sappiano i
fedeli che cotali insegnamenti - così generalmente parlando - non possono aver
luogo nella pura religione di Cristo, cioé nella Cattolica Romana. Certamente
chi ha una vera interior divozione alla Madre di Dio, accompagnata da costumi
corrispondenti a tal divozione, dee sperar molto dall' intercessione di chi
tanto può presso Dio. Ma non s' ha già da spacciare una sì larga promessa, che
può divenire una lusinghiera speranza, per far addormentare i cattivi con una
sola esterior divozione alla Vergine nei loro vizi, e far camminare con poca
vigilanza i buoni. Eh che il cristiano, secondoché abbiamo da san Paolo
(Philipp. II, 12), dee, sinché vive, operar con timore e tremore l' eterna sua salute. Abbiamo inoltre per dogma di
fede, che la perseveranza finale, non che il risorgimento dai peccati, è un
dono gratuito di Dio, né senza una chiara rivelazione - la quale chi può
sperarla? anzi sarebbe più tosto da sospettare che venisse dal diavolo
ingannatore - noi non possiam giammai essere sicuri di finire in bene. Perciò
la speranza suddetta, siccome nociva ai Cristiani e contraria agl' insegnamenti
della Chiesa, ed anche superstiziosa, affatto si ha da rigettare. Contansi, è
vero, alcuni miracoli, per far credere sussistente questo preteso privilegio
dei divoti della Vergine. Ma racconti sì fatti non sono insegnamenti di fede;
né il saggio cristiano dee appoggiare il grande interesse dell' anima sua a
dubbiosse o finte leggende, ma bensì all' infallibil verità delle divine
Scritture, che son contrarie a simili pretensioni, e ai Santi padri e teologi
più assennati, che le ripruovano.» L. A. MURATORI,
Della regolata divozione de' crisiani, cap.
2. Opere, Arezzo, 1768, VI, p. 200,
201.
31 Prosper LAMBERTINI, cioé BENEDICTUS XIV, De festis, lib. 2, cap. 6, n. 8, Opera, IX, Prati, 1843, pag. 270, col. 1: «Et apposite ad hanc rem
scripsit Bellarminus, Controversiar.
tom. 4, lib. 2, de Poenitentia, cap.
7: «Saepenumero Scriptura divina tribuit vim iustificandi, aut etiam salvandi,
diversis rebus, non quod, solae, illae iustificare aut salvare possint, sed
quod ilae vim suam habeant ad iustificationem aut salutem, et ad eum finem
perducant, si tamen cetera non desint.»
32 S. Robertus BELLARMINUS, quarta Controversia generalis, De Sacramento Poenitentiae, lib. 2, De contritione, cap. 7, Ventiis, 1721,
III, p. 514, col. 1: «Saepenumero....», come nella nota precedente.
33 «Opera extra caritatem facta non
sunt meritoria ex condigno neque aeterni neque temporalis alicuius boni apud
Deum. Sed quia divinam bonitatem decet ut ubicumque dispositionem invenit,
perfectionem adiiciat, ideo ex merito congtui dicitur aliquis mereri aliquod
bonum per opera ista extra caritatem facta. Et secundum hoc opera ista
ad triplex bonum valent, scilicet ad temporalium consecutionem, ad
dispositionem ad gratiam, et ad assuefactionem bonorum operum. Quia tamen hoc
meritum non proprie dicitur meritum, ideo magis concedendum est quod hiusmodi
opera non sint alicuius boni meritoria, quam quod sint.» S.
THOMAS, Sum. Theol., Supplementum tertiae
partis, qu. 14, art. 4, c.
34 S. THOMAS, Sum. Theol.,
II-II,
qu. 83, art. 16, c.: «Si..... peccator orando aliuqid petit, inquantum
peccator, id est secundum desiderium peccati, in hoc a Deo non auditur ad
vindictam... Orationem vero peccatoris ex bono naturae desiderio procedentem
Deus audit, non quasi ex iustitia, quia peccator hoc non meretur, sed ex pura
misericordia, observatis tamen quatuor praemissis conditionibus (art. praec. ad
2), ut scilicet pro se petat, necessaria ad salutem, pie et perseveranter.» Ibid., ad 2: «Peccator non potest pie
orare, quasi eius oratio ex habitu virtutis informetur; potest tamen
eius oratio esse pia quantum ad hoc quod petit aliquid ad pietatem pertinens;
sicut ille qui non habet habitum iustitiae, potest aliquid iustum velle.... Et
quamvis eius oratio non sit meritoria, potest tamen esse impetrativa, quia meritum
innititur iustitiae, sed impetratio innititur gratiae.» - Nell' articolo
precedente (art. 15, ad 1), S. Tommaso ci dà la ragione per cui, senza la
grazia santificante, la preghiera abbia pur la virtù d' impetrare, e possa
esser pia, procedendo anch' essa da
una grazia, assai preziosa, la grazia attuale di pregare. Si era fatta questa
obiezione: «Omne meritum procedit quia etiam ipsa gratia per orationem
impetratur.» E risponde: «Oratio sine gratia gratum faciente meritoria non est,
sicut nec aliquis alius actus virtuosus. Et tamen etiam oratio quae impetrat
gratiam gratum facientem, procedit ex aliqua gratia, quasi ex gratuito dono;
quia ipsum orare est quoddam donum
Dei, ut Augustinus dicit (lib. De
perseverantia, cap. 23, ad fin.).» - Sum.
Theol. , II-II, qu. 178, art. 2, ad 1: «Oratio in impetrando in innititur
merito, sed divinae misericordiae, quae etiam ad malos se extendit: et ideo
etiam quandoque peccatorum oratio a Deo exauditur.»
35 Dopo «e soggiunge » si deve supplire «Benedetto XIV», di cui sono le
parole che seguono. «Peccatoris enim oratio impetratoria est ex mera Dei
misericordia, modo «pro se petat necessaria ad salutem pie perseveranter,» ut
docet D. Thomas II-II, qu. 83, art. 6 (leggi:
16). Fieri enim potest, ut infinita Dei misericordia peccatoris oratio
exauditur (leggi: exaudiatur), etiam
sine porposito emandandae vitae; dummodo non tam obstinato sit animo, ut omne
poenitentiae consilium perpetuo abiecerit, piaque devotione et firma fide in
oratione perseveret, a Deo petens auxilia quae sibi opus sunt ad aeternam
salutem consequendam.» BENEDICTUS XIV, Opera
IX, Prati, 1843, De gestis D. N. Iesu
Christi et B. Mariae Virginis, lib. 2, cap. 6, n. 7, pag. 269, col. 1. -
Come si vede, le parole tra parentesi sono di S. Alfonso.
36 «La stessa beatissima Vergine,
Madre di questo Dio, e i Santi, allorché pregano per noi, interpongono presso
Dio Padre, non già i lor propri meriti, ma bensì l' efficacia de' meriti del
Salvatore, sapendo anch' essi, che Gesù Cristo solo è il nostro proprio
Mediatore, e il nostro proprio Avvocato presso il Pafre, che il rende propizio
a noi pel perdono de' nostri peccati.» Lud.
Ant. MURATORI, Della regolata
divozione de' cristiani, cap. 10. Opere, VI, Arezzo, 1768, pag. 113. - Si
sa che il Muratori pubblicò più opere sotto
vari finti nomi, di Colonia, di
Antonio Lampridio, di Ferdinando Valdesio, ma più spesso e fin
dai primordi della sua vita letteraria, di Lamindo
Pritanio.
37 Costantino GAUDIO, Della
illibata divozione dei fedeli difesa contro di Lamindo Pritanio, Venezia,
1759, cap. 9, pag. 103 e seg., e passim fino
alla fine del capitolo, pag. 145.
38 «Una sola ragione, a mio
credere, può addursi pel rito suddetto (di cantar le Litanie della Madonna dinanzi al SS. Sagramento esposto): cioé che
le nostre suppliche al Salvatore avran più forza, se accompagnate da quelle
della sua santa Madre. Ma questa ragione pruova troppo, e però nulla pruova,
nel presente caso. Altrimente non converrebbe mai supplicare Gesù senza invocar
l' intercession di Maria: il che niuno oserà di dire.» Lud. Ant. MURATORI, Della
regolata divozione de' cristiani, cap. 22. Opere, VI, Arezzo, 1768, pag. 202, 203.
39 CONCILIUM TRIDENTINUM, sessio
25, De invocatione, veneratione et
Reliquiis Sanctorum; et sacris Imaginibus: «Mandat S. Synodus omnibus
episcopis, et ceteris docendi munus curamque sustinentibus, ut .... in primis
de Sanctorum intercessione, invocatione, Reliquiarum honore, et legitimo
imaginum usu, fideles diligenter instruant, docentes os, Sanctos, una cum
Christo regnantes, orationes suas pro hominibus Deo offerre; bonum atque utile
esse suppliciter eos invocare, et ob beneficia impetranda a Deo per Filium eius
Iesum Christum, Dominum nostrum, qui solus noster Redemptor et Salvator est, ad
eorum orationes, opem auxiliumque confugere; illos vero qui negant sanctos...
invocandos esse, aut qui asserunt, vel illos pro hominibus non orare, vel
eorum, ut pro nobis eetiam singulis orent, invocationem esse idolatriam, vel
pugnare cum verbo Dei, adversarique honori unium Mediatoris Dei et hominum Iesu
Christi; vel sstultum esse, in caelo regnantibus voce vel mente supplicare:
impie sentire.»
40 «Exaudiet
utique Matrem Filius, et exaudiet Filium Pater.... Quid enim? potesne Filius
aut repellere aut sustinere repulsam; non audire aut non audiri Filius potest?
Neutrum plane.... Quid nos alia concupiscimus, fratres? Quaeramus gratiam, et
per Mariam quaeramus; quia quod quaerit, invenit, et frustrati non potest.» S. BERNARDUS,
In Nativ. B. M. V. sermo de aquaeductu, n. 7, 8. ML
183-441, 442.
41 La Vita
del Muratori fu scritta dal suo nipote (figlio della sorella) «il Proposto Soli»; quello stesso che nell' Appendice all' opera Lamindi Pritanii Redivivi, Epistola
paranetica ad Patrem Benedictum Piazza, da lui o scritta o piuttosto fatta
scrivere, impugnò le Glorie di Maria e
la Teologia Morale di S. Alfonso. -
Vedi, nel nostro vol. precedente, l' Appendice,
7 pag. 377 e seg., e specialmente il num. 3, pag. 382, 383.
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