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S. Alfonso Maria de Liguori
Canzoncine spirituali

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Introduzione

1 - Dalle Canzoncine ad un Canzoniere

S. Alfonso M. de Liguori stampando le sue composizioni poetiche le intitolò semplicemente: "Canzoncine divote" (Napoli, 1737) o "Canzoncine spirituali" (Venezia, 1758), come risulta dalle edizioni più antiche. La raccolta delle medesime usiamo ora chiamarla "Canzoniere Alfonsiano" e il nome recente pare sufficientemente giustificato dalla sua propria indole. Lo spirito che lo pervade e lo scopo, a cui tende, ce lo presentano rivestito d'una singolare unità, non ostante le situazioni diverse, nelle quali dovette trovarsi il Santo Poeta.

L'ispirazione resta identica nella molteplicità davvero complessa di quei momenti lirici celebranti Misteri e Persone Celesti. Il tema invariabile dell'Amore Divino si colora via via secondo le più difficili e delicate gradazioni dei caratteri e delle attitudini soprannaturali, il che riesce felicemente a produrre impressioni uguali e non saltuarie dal lato estetico. Laonde come l'amore umano dà l'intonazione vitale al Canzoniere Petrarchesco, così l'Amore Divino, in un ritmo anche più concorde, la dà a quello Alfonsiano.

Lo diciamo inoltre Canzoniere, perché i versi si alternano a spezzarne la monotonia, adattandosi mirabilmente al contenuto. I fluidi e teneri quinari si intrecciano agli ieratici endecasillabi, che in qualche Canzoncina raggiungono una solennità quasi epica: accanto al mite ed umile ottonario muovesi celere e flessuoso il settenario. Ne scarseggia nell'armonia dell'insieme la classica varietà delle strofe: dalla gaia canzonetta e dal mellifluo idillio si passa dolcemente alle ottave pensose, fin ai motivi d'un austero carme epistolare in uno stile di sapore biblico...

Dopo queste ragioni piuttosto estrinseche, accennate a volo, nessuno troverà strano il nome di Canzoniere posto sul frontespizio delle poesie del Mistico Cantore Partenopeo.

È doloroso però constatare che la Critica Letteraria siasi molto poco occupata della Poesia Alfonsiana.

Eccettuato qualche lavoro frammentario, stendesi ancora intorno ad essa come una deplorevole congiura di silenzio. Il colto e chiarissimo Casati (1) ne è rammaricato ed ha scritto testè: "Mi sono meravigliato scorrendo le Storie della Letteratura e del Pensiero nei secoli della vita Italiana, di non trovare il nome di S. Alfonso M. de Liguori in quel '700 ch'egli visse quasi per intero. Eppure né la Letteratura, né la Storia del Pensiero dovrebbero trascurare questa figura eminente e significativa.... "

Cresce il nostro stupore al vedere ricordati nei Sommarii di Storia Letteraria tanti poeti secondari e i loro versi riportati, sia pure per semplice documentazione del passato, in parecchi libri di lettura amena ed educativa. Il Papini (2) nell'"Antologia della poesia Religiosa Italiana" ha raccolto amorevolmente sin un sonetto di S. Filippo Neri: il Marotta (3) nella "Lirica Mariana" ha introdotto saggi di quasi tutti i poeti settecenteschi, anche del Mattei...

S. Alfonso, si capisce, è sempre il dimenticato: egli ch'è degno -- come scrisse il Capecelatro (4) - di stare a lato del Vico, del Muratori e del Filangieri. I suoi canti spirituali, molto più sentiti di quelli del Maggi e non meno tersi di quelli del Rolli, appena invece vengono stampati in opuscoli consacrati specificamente alla Devozione Cristiana. Senza dubbio, preoccupazioni religiose e preconcetti estetici gettarono un velo sopra una produzione poetica, tanto simpatica al popolo semplice non solo d'Italia, ma di tutto il Mondo Cattolico.

È un torto che occorre riparare con generosa ammenda riconoscendo con sincerità che il principe dei Moralisti "fu anche come rilevò il Pucci (5) - senza esagerazione un grande poeta". Questa verità notissima nell'ambiente ascetico tarderà ad aprirsi una via lusinghiera in quello letterario?... Benedetto Croce (6) vi accennò rapidamente negli "Studi sulla vita religiosa a Napoli nel settecento" notando: "Alfonso dei Liguori compose gran numero di Opere Ascetiche, Apologetiche, Teologiche e Morali, ancora assai studiate tra i Cattolici di tutti i paesi e rimò canzonette spirituali, anch'esse cantate dappertutto, tra le quali notissima quella del Natale: . "Tu scendi dalle stelle..."

E quantunque troppo laconiche, sono tuttavia un buon auspicio le parole del Natali (7) nella poderosa ma non sempre esatta sua opera sul settecento: "Il Mattei si difese con l'Apologetico Cristiano contro Mons. Ruggilo facendosi forte anche dell'approvazione del Vescovo Alfonso dei Liguori, del quale non tutti sanno che compose canzonette sacre metastasiane".

Queste brevi voci autorevoli meritano più vaste risonanze: noi osiamo sperarlo per la mutazione stessa dei tempi.

A diffondere pertanto la gloria poetica di S. Alfonso, particolarmente tra coloro che l'ignorano, tende il seguente Studio Critico Estetico. - Noi ci proponiamo come devoti operai della verità di restare in un campo del tutto oggettivo e sin dalla prefazione enunziamo il volere di correggerci, ove errammo, purché ci siano somministrate solide prove. Né stupisca qualche spunto polemico: talora esso si richiede per recare un po' di luce in opinioni erronee inveterate.

Il libro, nato umilmente da articoli pubblicati mensilmente sul Periodico (8) "S. Alfonso", avrà tre parti: nella prima saranno discusse prevalentemente Questioni Critiche, nella seconda verranno presentati Saggi di Analisi Letteraria, nella terza sarà riportato il Testo genuino delle Canzoncine.

Possiamo attestare che il lavoro è frutto di lunghe e serene indagini. La fatica non lieve, condotta sovente in terreno completamente inesplorato, è stata irradiata dalla speranza di vedere l'Italia circondare di culto meritato le Canzoncine Spirituali di S. Alfonso. Coi suoi lauri più belli gli cingerà la fronte spaziosa, che raccoglie tanto azzurro del Cielo di Napoli, additandolo alla generazione presente come l'autentico S. Francesco della fertile e luminosa Campania.

S. Alfonso, tipica figura di meridionale, interpretò splendidamente l'anima del popolo, con cui visse oltre 18 lustri, esercitando sopra di essa un influsso amabile ed incessante, ancora vivo dopo 2 secoli. I suoi casti accenti poetici accendono tuttora le povere moltitudini dei nostri verdi Appennini, arrecando ai loro dolori una santa consolazione... E la più alta lode, certamente, per questo vero Trovatore Popolare dell'Amore Divino, scritto non con la penna, ma col cuore.

Ma la scuola continuerà a tenergli duramente chiuse le porte, essa che le ha aperte con ammirevole simpatia al gesuato Bianco da Siena e al vescovo Gabriele Fiamma ?...

 

2 - Origine delle Canzoncine

Avvertiamo subito che è molto difficile risolvere nettamente la genesi delle Canzoncine Spirituali, poiché S. Alfonso non le concepì come un'opera organica. Assai poveri d'altronde sono i sussidi critici, almeno quelli attualmente noti sia nella Bibliografia sia nella Tradizione orale Liguorina. I moti rivoluzionari del 1860 travolsero nel turbinio parecchi documenti, alcuni forse irreparabilmente, essendo stati manomessi i nostri Archivi Religiosi. Né ciò dispensa da ulteriori e più scrupolose ricerche. Sappiamo quanti dettagli frammentari ma preziosi per discussioni scientifiche sono emersi dalla polvere !...

Può intanto dirsi che il Canzoniere Alfonsiano sia germogliato da due forze, unificatesi bellamente nel cuore del Poeta: l'una intima e naturale, l'altra sopraggiunta e quasi occasionale, sebbene aderente all'anima di lui in maniera indissolubile. La soluzione cercata non dipende che dall'accertamento di tali dati. Fiduciosi d'un risultato duraturo, poniamo il seguente principio: "S. Alfonso nella composizione delle Canzoncine muove dalla sua natura poetica e continua sotto l'impulso del suo spirito Apostolico." È un fatto ormai debitamente provato che egli sviluppa il suo pensiero poetico, partecipando ad esso la luce sublime ed il movimento ammirabile della sua vita missionaria. A simile affermazione giungesi nel laborioso processo ricostruttivo non per mere deduzioni psicologiche, ma sul fondamento di sicure e sode testimonianze. Porsi quindi sopra queste linee maestre significa arrivare felicemente alle limpide origini della lirica Alfonsiana; fuori di esse invece e camminare al buio, col rischio di svisare e snaturare la fisionomia così soavemente poetica del Liguori. Ed è giusto insistere su queste premesse, perché si è avvezzi a venerare in Lui quasi solo l'immortale Moralista come un'antitesi a qualunque metrica. L'illustrazione di questo elemento descrive in antecedenza tutta la individualità fantastica dell'artista, bene avviando alla conoscenza integrale delle esperienze letterarie vissute dal Santo Poeta.

Disposizioni naturali ed estrinseche circostanze crearono S. Alfonso poeta. Dollinger e il suo intempestivo portavoce in Italia, Fratini, nulla compresero di questo fortunato accordo. Alla loro concezione non soltanto tendenziosa, ma completamente antistorica associasi un Professore di Diritto Ecclesiastico e di Storia Eccles. Moderna nella R. Università di Bologna, A. C. Jemolo (9). Costui ha scritto: "Il suo Cattolicesimo astrae affatto dai gusti predominanti, dai valori estetici e dalle posizioni mondane; riassumendo anzi la sua figura morale, non si può immaginare nulla in più aperto contrasto con lo sfondo dei tempi in cui appare... Dal punto di vista teoretico il suo indirizzo si diversifica anche da quello di altri ascetisti contemporanei, specialmente gesuiti, che anche subordinando ad uno scopo superiore il culto delle lettere o arti belle, gli lasciavano ampio campo e lo utilizzavano quasi come gradino di elevazione. Alfonso fa a meno, nella sua teoria, anche di questo gradino, quantunque nella sua giovinezza avesse dato non comuni prove nella musica e nella pittura ....

C. Keusch (10) con un vigoroso studio sulla . "Dottrina spirituale di S. Alfonso". ha demolito le ingiuste accuse. Sin dalle prime pagine pone sotto gli occhi più acuti lo spirito vero del Santo, rilevando con tatto squisito e profondo: "Alfonso era un uomo perfetto, pieno d'intelligenza, e di cuore e di sentimento. La sua natura era armonicamente sviluppata. Egli non era asservito, come certi dotti, ad un indirizzo esclusivamente intellettualistico, ma andava a Dio e al prossimo ancor più col cuore che con la mente, secondo il suo ammonimento: che l'Amore divino più consiste negli affetti del cuore che nelle cognizioni della mente. "

Per queste insigni attitudini era portato spontaneamente all'arte, divenuta per lui come per S. Francesco di Assisi (11), forma di bene e veicolo della grazia celeste. Ebbe anima veramente poetica, per cui amò la natura e cercò nei suoi fenomeni godimenti puri e sante elevazioni spirituali. Oh! quante volte si sottrasse allo sguardo delle moltitudini per trovare nella campagna silente, sotto l'ombra di alcuni alberi annosi, una parola grande e solenne! Sulle fresche rocce di Amalfi, negli olezzanti prati Sarnesi, nel sorriso del cielo e del mare di Napoli oh! come sentì inebriante la presenza di Dio!

Per questo in un aureo trattatello intitolato "Modo di conversare continuamente alla familiare con Dio " scriveva: " Quando voi guardate campagne, marine, fiori, frutta che vi rallegrano colla lor vista, o col loro odore, dite: Ecco quante belle creature Iddio ha creato per me in questa terra, acciocch'io l'ami... Quando mirate fiumi o ruscelli, pensate, che come quell'acque corrono al mare e non si fermano, così voi dovete correre sempre a Dio ch'è il vostro unico bene... Quando udite uccelli che cantano, dite: Anima mia, senti come questi animalucci lodano il lor Creatore; e tu che fai?.. " (12) Osserva a tal proposito il Keusch: (13) "Mancò soltanto un Frater Hugolinus e la misteriosa oscurità del tempo e della lontananza, altrimenti avremmo anche del nostro Santo e dei suoi Primi Discepoli i più ameni Fioretti ".

S. Alfonso fu poeta eziandio nel senso tecnico e scolastico della parola: la sensibilità penetrante e la fantasia vivace trovarono nella casa paterna un'eccellente educazione classica. Per tempo venne messo a contatto della Letteratura italiana, latina, greca e francese, onde lo studio perfezionasse quelle qualità promettenti. Il vicendevole influsso non riuscì senza profitto.

Il Tannoia (14), solerte ed accreditato agiografo; molto caro ai Georgofili Fiorentini pel "Trattato sulle Api", racconta: "Alfonso riuscì così eccellente nella poesia fin da fanciullo che anche vecchio componeva a meraviglia". Anche altri rispettabili contemporanei testificano che la vena poetica del santo non s'inaridì mai. Malato, umiliato, cadente trovava in fondo all'anima una ricchezza di sentimento prodigioso per celebrare la magnificenza del creato. In quella età grande le piccole cose esercitavano su lui un influsso speciale: un fiorellino o un uccellino bastava a commuoverlo.

Né deve essere trascurato il motivo, che spesso indusse S. Alfonso a comporre una Canzoncina. Quanto volentieri prendesse in mano la lira non solo per esprimere i fervidi sentimenti del suo cuore, ma anche per accendere gli altri di Amore Divino e per sostituire con le buone le cattive canzoni, lo ha attestato l'amico delle sue fatiche apostoliche Mons. Testa e l'ha dimostrato eloquentemente il Pichler ai nostri tempi. Il Tannoia (15) che potè consultare fonti vive, non e meno esplicito: "Avendo Alfonso conosciuto il gran male che dalle laide canzoncine risultava ai giovanetti e alle zitelle ed il gran bene che operavano le sue, poste in bocca di questi, volendo spargerle da per tutto, raccolte in un volume le diede alle stampe".

Questo fattore esterno ha impresso la sua orma, che non conviene dimenticare, ne esagerare. S. Alfonso, nato poeta, come il classico del periodo P. Metastasio, si servì di una tal dote per una forma popolare di Apostolato. Avrebbe egli verseggiato senza l'affascinante miraggio della salvezza delle anime?... Certamente, per quella fiamma animatrice, così sensibile alle manifestazioni del bello, ch'era in lui. Ha, come vedremo, delle liriche individuali erompenti dall'anima siccome un bisogno imperioso nelle quali brilla integra la figura del Poeta Santo. "Su lodate, o valli, o monti... " non ha un magnifico riscontro in "Altissimu, onnipotente, bon Signore... " che il Poverello di Assisi lanciò sulle umili origini della nostra Letteratura poetica a guisa di primo fiore, come disse il Nencioni? Tuttavia S. Alfonso è sempre l'interprete del sentimento religioso del popolo in mezzo a cui visse e col quale condivise missionario e vescovo gioie e dolori, anche quando sembra abbandonarsi a una poesia riflessa. Sotto quest'aspetto si avvantaggia molto in rapporto dei "Cantici Spirituali" del B. Grignon de Montfort, che il Dillenschneider (16) trova più didattici e perciò meno movimentati.

Indiscutibilmente tutto il mondo lirico Alfonsiano trova la sua ispirazione primordiale nella natura poetica di lui, fusa con un vasto desiderio salvifico per le anime più derelitte delle campagne. Da qui è sorto rigoglioso, per durare nel tempo dei tempi, un Canzoniere di poesia sacra nella quale tutti gli spiriti, specialmente i più semplici ed annoiati del mondo, verranno ad attingere un'aura serenatrice e il più delizioso dei riposi...

I cercatori eruditi non si arrestano alle proposte considerazioni fondamentali e vanno investigando impulsi più immediati e forse reminiscenze in altre fonti. Appoggiati su qualche episodio secondario, ne hanno talora forzato il significato, subordinando inconsapevolmente il più al meno importante. Ampliando questa base con tendenza piuttosto subiettiva sono venuti formulando come una tradizione culturale con nocumento, s'intende, del vero carattere della Poesia Alfonsiana.

Noi prendiamo in esame soltanto i giudizi più noti e più divergenti nell'indirizzo odierno degli studi, sperando di rischiarare una questione irta di difficoltà.

Mons. Palladino (l7) in un opuscolo critico apprezzatissimo afferma che sia sorta la Canzoncina Alfonsiana dalla laude antica dispogliata in parte della veste natia: "La laudese, nata da tanto secolo, corsa per tante vicende, ora liete ora tristi, aspettava ancora il degno e grande suo interprete nella età moderna; e fu il nostro Alfonso". Completa poi il suo concetto accennando ad un probabile influsso formale subito dal poeta santo per l'epoca artistica, in cui visse: "Egli da Metastasio forse ritraeva la facilità e l'armonia delle strofe, come dalla laudese il mistico calore e dal popolo una fresca giovinezza, la quale dopo un secolo, non si e appassita, né teme di essere comechessia disfiorata".(18) L'influenza, in realtà, scrutinata a fondo non oltrepassa il valore ipotetico: non è un avvicinamento voluto, ma un incontro fortuito. Ciò fa propendere a ritenere siccome erronea la qualifica del Liguori quale poeta metastasiano, scritta nondimeno con troppa facilità fin dal Natali (19): "Anche S. Alfonso dei Liguori metastasianeggiò nelle sue Canzoncine Spirituali". Lo stesso Casati (20) è esagerato nella introduzione del primo saggio sull'Oratoria di S. Alfonso, ove scrive categoricamente: "Alfonso poeta popolare non mediocre benché non di primo ordine non si tolse dall'imitazione metastasiana e dalle ariette melodrammatiche che facevano delirare il '700; ma il suo giudizio sul Metastasio fu severo ".

Le affermazioni, alquanto gratuite, non corrispondono esattamente alla storia e procedono evidentemente da nozioni superficiali intorno al nostro Santo Poeta, che il Dott. W. Oehl ha esaltato come lirico mistico della più alta forza e ardore poetico.

Altri critici ancora, sia italiani che forestieri, sono caduti nel medesimo errore, essendosi mossi da egual punto di veduta. Noi non vediamo questo servilismo accentuato in S. Alfonso come nei genuini epigoni del poeta Cesareo. Le sue Canzoncine, ricordate tuttora con un gusto ed un'ammirazione che hanno del prodigio, ne sono parecchio immuni. L'euritmia della frase alfonsiana, l'armonico seguirsi degli accenti, l'architettura melica della strofa non dipendono dalle ariette metastasiane, ma dallo spirito musicale e dall'amabile delicatezza della sua anima. In lui la fusione della poesia e della musica è completa e nell'una e nell'altra si ammira identità di stile dolce e calmo, scevro di tenerezze arcadiche e di entusiasmo artificioso. Non gli mancò mai il senso dell'equilibrio a moderare vivacissimi impeti d'ispirazione, particolarmente nelle floride giornate della gioventù sacerdotale, trascorse sulla pittoresca costiera di Amalfi. In questa iniziale educazione artistica e un ottimo addentellato per una soluzione più larga e più splendida della genesi del Canzoniere, abbastanza in opposizione col suo secolo letterario, voluttuoso nel contenuto e convenzionale nella forma.

Non tentenniamo a dire che con S. Alfonso l'innografia sacra esce dall'ambiente aulico, ove erasi isterilita, e ritorna attraverso un sentiero di arte semplice e sincera in quello popolare, acquistando libertà e vita... Vi alluse con parole sensate anche il Salvadori (21): "Alle canzonette e agli idilli sdolcinati e spesso licenziosi del Maggi, del Rolli, del Metastasio e di cento altri sospiranti per fantastiche ninfe fuggiasche sempre tra i mirteti d'Arcadia, con semplicità ed efficacia e con fine più che letterario, altamente morale, Alfonso dei Liguori contrapponeva le sue Canzonette spirituali e sacre".

Non bisogna però prendere questa contrapposizione come una causa originante il Canzoniere: si cadrebbe in contraddizione con l'attestato del Tannoia (22), il quale ce la presenta cronologicamente posteriore. Allorché il Metastasio nel 1719 lasciò Roma per trasferirsi a Napoli, ove si allogò presso un avvocato, S. Alfonso aveva ultimato da circa un decennio il suo corso letterario ed era all'apogeo della vita forense.

Non è difficile che il Santo abbia incontrato sui Tribunali o più probabilmente in Corte il giovane poeta. Una simpatia forse si stabilì tra loro... Niun Napoletano della società galante, rallegrata dalla fiorente scuola musicale del Porpora, poteva ignorare gli "Orti Esperidi" scritti nel 1721 per incarico del Vicerè. Ma l'angelico Liguori dovè subito sentire la perniciosità di quelle azioni sceniche d'argomento erotico e romanzesco e compianse nel suo nobile cuore l'idolatrato improvvisatore di versi piacenti e civettuoli. Più tardi l'infaticabile missionario dei Regnicoli scriveva con grande accoramento: "Io nelle mie Opere ho sempre evitato di censurare chi che sia, anche coloro che mi han caricato di vituperi; ma in questo libretto non ho ripugnanza di riprovare le composizioni amorose del Metastasio, conformandomi in ciò a lui stesso, il quale al presente con grande edificazione aborrisce e detesta quelle sue opere che tanto il mondo applaudisce. Già so ch'io con questa mia censura sarò biasimato dai lodatori di Metastasio...(23)". In altra pagina dello stesso libro mostra letizia per la sincera conversione (24) del rinomato poeta: la notizia era caduta come una goccia di balsamo sopra il suo cuore esulcerato. "Mi fu assicurato per cosa certa - egli dice - che il celebre Abbate Signor P. Metastasio, dopo tante lodi ricevute da tutta Europa per le sue composizioni poetiche date alle stampe, che quanto più belle, tanto sono state più nocive (intendo di quelle sole che trattavano di amor profano); poiché le sue espressioni, quanto sono state più tenere e vive, tanto più han potuto accendere ne' cuori dei poveri giovani fiamme perniciose di affetti impuri al presente ha dato fuori un libretto in prosa, ove detesta queste sue fatiche... Quindi, ove io prima detestava la di lui vanità in pregiarsi di tali suoi componimenti (non parlo dei Drammi sacri, che sono eccellenti e degni di ogni lode); ora non mi sazio di lodarlo.."(25). Parole austere che dovrebbero essere rammentate dagli storici della Letteratura Settecentesca: in esse e la condanna coscienziosa di quel cicibeismo, che fu, secondo la frase scultorea di Vittorio Imbriani, l'ultimogenito della fantasia erotica italiana.

I concettini, le frivolezze, i belletti, le cascaggini non educano lo spirito umano; e S. Alfonso voleva una poesia educatrice, che non poteva, né voleva attingere alle fonti metastasiane. È falsa la supposizione di coloro che credono il Liguori aver combattuto direttamente le ariette idilliche, le raffinate odi e gli elegiaci canti del Metastasio. Assai più svalutano la poesia Alfonsiana coloro che reputano metastasiani i versi delle Canzoncine Spirituali, cambiato solo il contenuto da profano in sacro. Essi, sembraci, hanno compreso malamente il senso delle parole del Capecelatro (26): "Poiché Alfonso canta pel popolo, ei canta ed esprime l'amore divino quasi con le stesse parole e gli stessi modi, onde il popolo canta gli amori umani.. Altro è un sapiente adattamento agli usi popolari ed altro una lotta poetica ritorcendo l'argomento. Rifiutiamo affatto l'asserzione. Del resto, se censurava in teoria i principi informativi dell'arte del cantore cesareo, come poi rendevasene in pratica imitatore pedissequo? Ne apparteneva alla classe degli uomini che operano per imitazione: con quella forza di spirito e di carattere, che possedeva, poteva pur formarsi i propri pensieri e prendere liberamente le proprie determinazioni.

Per non dilungarci maggiormente in opinioni, che hanno punti di contatto con le enunziate, rechiamo soltanto il giudizio equilibrato del P. Petrone, (26b) poeta anch'egli e conoscitore profondo della vita e degli scritti del Liguori: "Si è scritto che le Canzoncine di Alfonso risentono del Metastasio. In parte è vero, ma solo per la forma esterna in qualche frase o immagine o altrettali reminiscenze... Ma la sostanza, il pensiero, l'intonazione dei Canti Liguoriani nulla hanno a vedere col Metastasio. Metastasio continua la corrente che viene dall'Adone, dal Quadriregio e dal Decamerone... Al contrario la Musa del Liguori continua la scuola del Guinicelli e più su ancora di S. Tommaso, i quali furono ambedue maestri di Dante. E però le sue Canzoncine non già il Metastasio rispecchiano, ma l'Alighieri..." Il Capecelatro (27) è del medesimo parere.

Ora chiara s'impone una conclusione ed è quella prospettata sin dall'inizio: il Canzoniere è germogliato nella natura poetica di S. Alfonso al soffio dello zelo apostolico. Le poche analogie col Metastasio punto ne sminuiscono l'originalità, essendo appena accidentali. Anche ammesso un lieve influsso, noi abbiamo sempre il diritto di proclamare il Liguori un vero poeta e poeta restauratore della poesia popolare religiosa in Italia. In questo senso Kralik lo considera come l'iniziatore del romanticismo italiano, anzi di una nuova cultura ecclesiastica. Sotto questo lato, poco sviluppato in verità, la storia della genesi del Canzoniere Alfonsiano offre risultati sorprendenti. La Critica letteraria attuale, immune da molte ubbie clericali, prenderà a cuore la questione per porla nella sua giusta luce?...

3 - Tempo della stesura delle Canzoncine

In che tempo S. Alfonso scrisse precisamente il suo Canzoniere? Ecco il quesito che c'imponiamo dopo la genesi, essendo una questione che deriva dalla precedente come un rigagnolo dalla materna sorgiva. Ne d'altronde è ozioso porre in rilievo le circostanze cronologiche, quando prevedesi che possano riuscire proficue per una sana interpretazione del pensiero svariato dell'autore o per la formazione di una edizione critica della sua opera.

Finora veramente non è stata fatta alcuna indagine definitiva intorno alle Canzoncine Alfonsiane, e il tempo e molto più il luogo della stesura sono restati avvolti nel velo d'un silenzio, forse impenetrabile per un buon numero di esse. L'accenno del Tannoia (28) e quello del Prof. Candido Romano (29) sono assai rapidi e appaiono condotti piuttosto incidentalmente. Brevi parimenti sono le "Adnotationes" del Redentorista Reuss (30) in appendice alla encomiata versione in metri latini delle Canzoncine Spirituali... Il Card. G. Van Rossum (31) ebbe piena ragione di rilevare: "Non possediamo ancora un'edizione critica delle Canzoncine Liguoriane, che faccia autorità". Lo studio presente mira appunto a recare il desiderato contributo, onde colmare la lacuna, ed a mettere un argine alla libertà editoriale, che sfrutta S. Alfonso senza preoccupazioni.

Noi sappiamo con certezza che la composizione del Canzoniere non avvenne metodicamente dopo preparazione laboriosa, né su prestabilito disegno. A volta a volta e ad intervalli più o meno lunghi S. Alfonso dettò i suoi versi. Come tale, tutta la produzione poetica di lui appartiene al genere di letteratura occasionale, il che rende maggiormente spinoso il sentiero delle ricerche intorno al tempo della stesura.

Nulla ci è pervenuto delle sue esercitazioni giovanili, compite sotto l'intelligente direzione del Buonaccio, che gl'insegnò con amore la prosodia latina e italiana. Il Berthe (32) ne rimpiange la perdita, poiché quei brevi componimenti "facevano presentire il poeta soave dei Cantici Spirituali".

Abbiamo poi motivi sufficienti per supporre che durante il Decennio Curiale (1713-1723) la cetra di Alfonso tacque quasi che le austere Pandette di Giustiniano e la inestricabile selva delle Leggi Napoletane gli tenessero compresso nel cuore il sacro fuoco della poesia, accesovi dalla natura? I dubbi affiorano da ogni parte: però i biografi c'informano che in questo tempo Alfonso seguì a sollevarsi nelle ore di stanchezza con la musica. Fu in una serata del 1723 ch'egli nel salotto del Duca di Presenzano, dopo aver eseguiti al clavicembalo vari pezzi artistici, accompagnò una romanza cantata dalla promessa. Forse allo stesso modo coltivò la poesia, verso cui era inclinato fortemente...

Sembra tuttavia più opportuno assumere siccome punto di partenza la sconfitta imprevista, subita nell'arringa forense dal santo, all'età di 26 anni. È certo che l'umiliazione della perdita della causa al cospetto del Duca Orsini suo cliente, del Caravita maestro ed amico, allora presidente, e d'una folla straordinaria di giudici, avvocati e curiosi decise il suo avvenire. La mutazione di vita, accaduta sì drammaticamente col passaggio dal Tribunale al Presbiterio, dovè tosto rivelare ogni latente energia. L'avvocato riprese senza sforzo l'abitudine del poeta, riproducendo sulla carta le fatali impressioni. L'opinione non è da rilegarsi tra le nuvole come il sogno d'una fantasia malata. La prova di quel passaggio, segnante un influsso non trascurabile sul Canzoniere, riscontrasi luminosamente nei commossi ottonari: "Mondo, più per me non sei". Nel caso sono più che un singolare documento psicologico la freschezza di ispirazione fa pensare che siano stati scritti non molto dopo quel giorno memorando. Abbiamo eziandio un argomento positivo: sono dei primi versi pubblicati dal Santo Poeta. Leggonsi a pag. 6 del libro del Sarnelli intitolato: "Considerazioni sopra l'Incarnazione del Verbo Divino per apparecchio alla solennità del S. Natale", edito a Napoli nel 1740.

Il senso del distacco ispirò adunque la sua primiera musa e questa per una mirabile rispondenza si trovò contemporaneamente ispirata dalla Liturgia Cattolica, a cui Alfonso, indossando l'abito clericale, dedicavasi senza riserva (23 Ottobre, 1723). Fin da quell'alba sentì intensamente la bellezza estasiante dei Divini Misteri e presto cominciò a tradurla in liriche squisite per sollievo del suo spirito. Come Jacopone da Todi obliava senza rimpianto le formole giuridiche per cantare l'Amore che sublima...

La solida prova di ciò è nelle "Memorie" del Tannoia (33), l'uomo che visse al fianco del Santo per oltre un quarantennio. Egli narra che Alfonso, l'indomani del Sacerdozio (1726), si ritirava sovente, con altri Ecclesiastici suoi amici nella tranquilla villetta del De Alteriis, situata nelle adiacenze di Napoli. " In questo luogo solitario e divoto ritiravansi tutti ogni mese e trattenevansi uniti tre e quattro giorni in esercizi di penitenza, in lunghe meditazioni ed in conferenze di spirito. La mensa era parchissima. Presedeva capotavola una bellissima statuetta di Gesù Bambino ed ognuno facevagli i suoi fioretti... Terminata la tavola, se la divertivano qualche tempo in cantare dolci inni e canzoni, ed indi ripigliavansi di nuovo le sante meditazioni". In questo ascetico trattenimento, non dissimile da quelli formati da qualche Sacra Compagnia medievale inneggiante nelle verdi vallate dell'Umbria o alle porte di Bologna, spiccò sicuramente il talento poetico di Alfonso. La sensibilità del temperamento, il gusto della musica, l'ammirazione della natura e l'entusiasmo, ch'erano in lui, giustificano la nostra credenza.

Un altro dettaglio del medesimo biografo illumina con più soddisfacente ampiezza il periodo in esame. Alfonso, divorato dallo zelo apostolico, istituì le "Cappelle Serotine", prototipi degli odierni Oratori: esse erano frequentate da poveri artieri e dai famosi Lazzarelli dei peggiori rioni di Napoli. Il giovane Sacerdote attendeva al bene spirituale di quei meschini con premure affettuose. Nelle ore pomeridiane "tutti uniti portavansi in qualche Chiesa alla Visita del Sacramento e di Maria Santissima. Soddisfatta la propria divozione, conducevansi in qualche campagna non frequentata o in qualche Chiostro, essendo inverno. Ivi sollevavansi con onesti divertimenti e con discorsi santi. Fatto sera cantando divote canzoni erasi di nuovo alla Cappella per i soliti esercizi (34)". Chi oserà credere essere rimasta inerte la lira di Alfonso in circostanze sì propizie ? Per la rinascita cristiana di quegli abbietti vide un elemento rigeneratore nella poesia religiosa, un'efficace funzione morale. È inutile dire che lo spirito poetico di lui abbracciò il mezzo salutare... Quante Canzoncine, specialmente le vernacole, ci fanno rivivere quei momenti beati! In queste situazioni S. Alfonso sul suggestivo lido partenopeo appare uguale a San Filippo Neri, circondato da una nidiata di vispi fanciulli Romani. L'uno e l'altro nella distanza del tempo e tra costumi sociali diversi trovarono nella poesia un'espressione di Fede e una valida arma contro il male. Da questo sfondo, indeterminato ancora per la deficienza dei documenti, germinarono le primizie del Canzoniere Alfonsiano...

 

Cronologia delle composizioni

La prima notizia cronologica, accertata debitamente, risale al 29 ottobre 1730, come ricavasi da una lettera spirituale, inviata dal Santo Poeta alla Superiora del Monastero di Scala, Suor Maria Angiola del Cielo. Lo scritto è profumato di estro poetico: vi si trovano i 4 versi seguenti:

"Cor mio, confida e spera

che la tempesta ancor

condurre sa talor

la nave in porto".

La chiusa è del tutto originale: . "Mamma ha pigliato a finirmi, onde scrivo una Canzoncina, che ultimamente in onore suo ho composta. La legga alle altre (35)". Sappiamo dal contesto che la laude celebrava la Madonna.

La familiarità dell'espressione insinua a credere naturalmente che altre rime abbiano precedute o seguite le mentovate. Non era quindi un frutto estemporaneo. Le Canzoncine Spirituali erano entrate nelle abitudini dell'Apostolato Sacerdotale di Alfonso, che contava allora 34 anni.

In 2 lettere inedite del Vener. Sarnelli, del luglio 1732, sono menzionate alcune Canzoncine divote del nostro Santo: forse questi desiderava che l'amico l'avesse stampate tra i suoi libri: Candido Romano (36) che riferisce ciò, non fornisce altre utili indicazioni.

Degna di speciale attenzione e la corrispondenza di S. Alfonso con Suor M. Giovanna della Croce. Nella lettera ch'egli le indirizzò da Ciorani nel 22 aprile 1737, dice: "Ti mando questi libretti divoti con alcune Canzoncine fatte da me (37)". Qui si accenna ad un opuscoletto, che non è difficile individuare. G. Riccio, pubblico stampatore napoletano, sin dal 16 luglio 1737 commise la revisione d'un volume del Sarnelli "La via facile e sicura del Paradiso, al Canonico Fontana. Quest'opera è preceduta da pochi fogli, che contengono 9 Canzoncine: essi hanno una paginazione propria e trovansi prima dell'Indice, messo al principio. Noi opiniamo che le Canzoncine già erano state stampate a parte antecedentemente. Né deve supporsi l'inserzione fatta da altri posteriormente, poiché non solo sono identici i caratteri tipografici, ma nel medesimo Indice generale sono riportate le Canzoncine con la pagina relativa. Hanno la seguente intestazione: "Canzoncine Divote in lode della Gran Trinità, di Gesù Cristo, del SS. Sagramento e della Divina Madre: da cantarsi nelle dottrine, nella vita divota, nelle scuole de' fanciulli e delle fanciulle, nelle campagne, nei monasteri e nei lavori "

1.) O bello Dio, Signor del Paradiso,

2.) O felice chi giunger potesse,

3.) Ti voglio tanto bene, o Ninno mio,

4.) Anima mia, che fai.?

5.) Vivo amante di quella Signora,

6.) Su lodate, o valli, o monti,

7.) Quando penso alla mia sorte,

8.) O bella mia speranza,

9.) La più bella Verginella.

A queste Canzoncine doveva alludere S. Alfonso nella citata lettera a Suor Giovanna della Croce: esatto è quello che scrive: "con alcune Canzoncine fatte da me". Non sono tutte sue, ma soltanto alcune. Difatti l'edizioni susseguenti attribuiscono la prima poesia a Mons. Falcoia, direttore spirituale del Santo Poeta, e la settima a Mons. Majello. Nella II parte della "Via facile e sicura del Paradiso" trovansi altri versi: "Ama il tuo Dio con disamar te stesso". Appartengono al Card. Petrucci, che li pubblicò a Venezia nel 1680 nel libro "Poesie Sacre e Spirituali " (p. 374-375).

Nel 1738, nello stesso libro del Sarnelli, apparvero queste altre Canzoncine:

1.) Lodiamo cantando,

2.) 0 voi che in questa valle di pianti,

3.) Fermarono i cieli,

4.) Dal tuo celeste trono,

5.) Gesù mio, con dure funi,

6.) Sia lodato ogni momento,

7.) Bel patire, patire per Dio,

8.) Offesi te, mio Dio.

Nel 1739 o sui principi del 1740 S. Alfonso (38) scriveva al Ven. Sarnelli (39) una lettera, che c'illumina molto intorno alla composizione di altre Canzoncine: citiamo i brani principali: "Sento quel che mi scrivi, Gennaro mio: io ho pochissimo tempo e fra poco debbo andare a Nocera per fare certe prediche, oltre che sto poco bene. Mi bisognerebbe una gran fatica per raccogliere certi fatticelli del Cuore di Gesù e della Passione... Ho detto a Fratello Gennaro (Rendina) che copii le Canzoncine, perché io non posso. Ma io le rivedrò. Per la canzoncina dell'Anima Desolata, basta che mutate quella strofa, accomodata dal Fontana, con dir cosi:

E se per me non mai

vi fosse, o Dio, perdono,

sappi che tua pur sono

e sempre tua sarò.

Appresso ti manderò altri affetti e la Canzoncina della Cantica ". Di quali poesie parlava S. Alfonso?.. Nella lettera trattasi certo d'un buon nucleo, che importava un verace lavoro di trascrizione. Forse sono quelle che uscirono a luce nella III Edizione del "Mondo Santificato", nelle "Considerazioni sopra l'Incarnazione del Verbo Divino" . e nell'"Anima Desolata"; opere stampate tutte tre nel 1740. Noi vi segnaliamo le seguenti Canzoncine come nuove in rapporto alle precedenti:

1.) Mondo, più per me non sei, (Consid.)

2.) Io mi moro per desio, (Consid.)

3). O pane del Cielo, (Consid.)

4.) Fiori felici voi, che notte e giorno, (Consid.)

5.) Selva romita e oscura, (An. Desol.)

6.) Sola sen giva un dì. (An. Desol.)

Erra quindi il Tannoia (40) ponendo la stesura di "Selva romita e oscura" in Iliceto: la sua testimonianza questa volta è insostenibile. Il nostro Santo Poeta non andò in Iliceto che nel 12 novembre 1744 per iniziarvi le pratiche della Fondazione Liguorina. Manca in eonseguenza di ogni base la riflessione del Berthe (41): "Si riconoscerà facilmente alla prima strofa l'uomo che viveva allora sul monte selvoso di Deliceto". Lo stesso ripetono erroneamente il Perrotta (42) il Casati (43) ed altri studiosi de1 Canzoniere Alfonsiano.

Invece della località pugliese perché non scorgere in quel laconico accenno le folte selve circondanti Ciorani, donde scriveva la lettera riportata sopra?. Ma forse la data di questa Canzoncina occorre collocarla più prima. S. Alfonso (44) nel 29 ottobre 1730 scriveva da Napoli alla Superiora surriferita M. Angiola del Cielo: "Madre, la supplico caldamente a pregare e a fare pregare Dio per quella mia povera penitente Maria, per cui non so più che fare né che dire... Le pare che non ci è Dio, e se ci è, ch'essa l'odia e Dio odia lei, e le pare che quest'odio non l'affligga e questo istesso più l'affligge. Onde per la pena, la quale non sa perché e donde le viene, sta quasi stolida, vicina ad impazzire e quasi fuor: di sé... Dico questo acciocché vi moviate a compassione di quest'Anima desolata".

L'analisi dell'intera Canzoncina muove a ricercarne l'ispirazione nelle condiziani psicologiche della convertita Maria. Il contenuto in verità corrisponde pienamente alla lettera. Il Berthe (45) a tal proposito osserva che Alfonso conosceva del pari le prove e gli abbandoni, per i quali lo Sposo Celeste fa passare i cuori a Lui uniti, e per consolazione sua e di una sua penitente Che pativa questo purgatorio, rappresenta l'Anima amante di Dio desolata con i noti versi: Selva romita e oscura. Né la chiosa deve ritenersi una pura ricostruzione mentale: essa è solidamente suffragata dal P. Lorenzo Negro (46), il quale l'attestò nei Processi Nocerini della Beatificazione di S. Alfonso.

Ammesso questo tempo, dovremmo ammettere logicamente quale luogo della composizione l'altura Amalfitana, Santa Maria dei Monti, situata davvero in una selva deserta ed orrorosa. L'ipotesi è meritevole di attenzione, sia perché il Santo Poeta dimorava in quel periodo lassù e sia perché versava nelle descritte condizioni spirituali (47). Un documento recentemente scoperto viene a raffermarci nell'ipotesi avanzata. La famiglia Campanile di Pontone, villaggio limitrofo di Scala, ha donato alle Suore Redentoriste di questa borgata un vecchio manoscritto intitolato: "Canzoncine Spirituali e Morali della Molto Rev. Signora Suor Maria Celeste Crostarosa, Monaca professa del Ven. Monistero del SS.mo Salvatore di Scala. Fatte per eccitar l'Anime all'amor divino e per dare allo Sposo lode di Amore". Tra queste poesie leggesi: "selva romita e oscura" col nome dell'autore "Di Don Alfonzo De Liguoro" con varianti (48) che non sono neppure nella suddetta Edizione del 1740. Quantunque il manoscritto manchi di data, pure possiamo stabilirla approssimativamente. Il 15 maggio del 1733, come sappiamo dall'Autobiografia, Suor M. Celeste Crostarosa lasciò il Monastero di Scala, essendone stata espulsa. Le Suore superstiti cercarono cancellarne la memoria... Il manoscritto è anteriore, senza dubbio, all'uscita della poetessa: facilmente rimonta al 1730-31, allorché era in auge nel chiostro. La Canzoncina Alfonsiana viene ad essere della stessa epoca e coincide eon l'allegata lettera. In tal modo resta scartata l'idea della composizione di "Selva romita e oscura" in Iliceto verso il 1745.

Nel 1742 tra gli "Esercizi di Missione" del Sarnelli comparvero diverse strofe per i sentimenti di notte: " Il tuo Dio mi manda qui ".

Il "Cristiano Illuminato" del medesimo Autore edito nel 1743 recava :

1.) Andate, o speranze, e affetti terreni,

2.) Gesù, dolce mio Ben,

3.) Deh m'apri, o sorella,

4.) O angeli amanti,

5.) O voi che sapete che cosa sia amore,

6.) Sai che vogl'io.

Pare che il Sarnelli pubblicò anche i versi Alfonsiani: "O spine pungenti" come dicono gli Editori Napoletani, che curarono l'"Opera Omnia" nel 1848-1849 con le direttive del santo e dotto Liguorino P. E. Ribera (49) "Mondo Riformato" vol. II pag. 338). Però l'Ed. II del 1739 non li ha.

Fino al 30 giugno 1744, in cui morì il Ven. Sarnelli, S. Alfonso aveva stampato tra i libri di lui un 27 Canzoneine, sparpagliatamente. Non aveva ancora pensato a raccoglierle in un volumetto per comodità dei lettori. Il Tannoia (50) pone questa edizione a parte verso il 1745, quando il Santo soggiornava in Iliceto. La raccolta abbracciava, potremmo dire, le poesie giovanili, nelle quali a preferenza delle rimanenti, respirasi una verginale fresehezza nel contenuto e nella forma. Questo libretto ci è stato irreperibile, nonostante faticose ricerche presso Biblioteche pubbliche e private di Napoli, di Avellino e di Benevento!.. Né abbiamo potuto rintracciare le 5 edizioni successive: siamo in possesso semplicemente dell'Ed. VII curata a Napoli nel 1769. Non furono fortunati più di noi i Censori Ecelesiastici (51) degli scritti Alfonsiani e il Villecourt (52): anch'essi non citano che la medesima edizione siccome la più antica.

Continuando l'improbo lavoro delle ricerche cronologiche, apprendiamo che S. Alfonso non smise di comporre altri versi in mezzo ai profondi e geniali studi sulla Teologia Morale. Lo spirito poetico era sempre vivo in Lui... Nel 10 agosto 1744 scriveva da Ciorani al Can. Sparano: "Ho pregato il Sig. Can. Torni che commettesse la revisione di questo mio piccolo libretto del SS. Sacramento e di Maria SS.ma non ad altri che alla persona di V. S. Ill.ma, sperando certamente che ella me lo sbrighi presto (53)". In quest'edizione, come in quella fatta dal Paci a Napoli nel 1748, erano forse, novelle Canzoncine, cioè:

1.) Partendo dal mondo l'amante Pastore,

2.) Sospira questo core,

3.) Quanto amabile Tu sei,

4.) Io credo, o Gesù mio.

L'edizione del 1749 compita dal Pellecchia reca piccole poesie:

1.) Già t'intendo O mio Signore,

2.) Dolce Maria, speranza mia,

3.) Gesù, mio bene, dolce mio amore,

4.) Mio ben, mio Dio,

5.) Tra due ladri affisso in croce.

Nel 1750 S. Alfonso pubblicando le " Glorie di Maria " aggiunse alle Canzoncine, già edite nelle opere del Sarnelli, le seguenti:

1.) Quanto è dolce, o Madre mia,

2.) Vaga rosa, se pietosa,

3.) O mia Signora, dammi la sorte,

4.) O Verginella, quanto sei bella,

5.) Madre mia, fa che il mio core,

6.) Come giglio tra le spine,

7.) Sei pura, sei pia,

8.) Al cielo, alma mia,

9.) Visse, o Maria, d'amor sempre il tuo core.

Il Capecelatro (54) c'informa che il nostro Santo Poeta dettò: "Il tuo gusto e non il mio" l'indomani della morte del suo amato Direttore spirituale, P. Paolo Cafaro, avvenuta in Caposele il 14 agosto 1753.

Verso il medesimo tempo scrisse i solenni endecasillabi: "Ecco dove finisce ogni grandezza", intorno a cui racconta il Tannoia (55): "Nella Casa di Ciorani, volendo (Alfonso) additare qual gruppo di marciume sia l'uomo in se stesso, delineò a fumo il cadavere di Alessandro il Grande con scriverci sotto: "Ecco dove finisce ogni grandezza" col dippiù che si ha nelle sue canzoni".

Nel 1755 S. Alfonso raccolse alcune sue operette spirituali in 2 parti e le pubblicò coi tipi del Gessari ampliate e corrette (Ed. VI): in appendice alla prima parte mise ordinate 16 Canzoncine, tra cui, oltre le note, "Tu scendi dalle stelle "; in seguito alla seconda altre 12, tra cui:

1.) Ami chi vuole altri che Dio,

2.) La sposa non vive che sol per amare,

3.) Dove mi trovo? Deh quale è questa,

4.) Dalla tempesta fuggi.

Nel 31 dicembre dello stesso anno 1755 inviava al Tannoia i bei versi su San Luigi: "Mio povero core, oh Dio che farai!" (56) Nel 16 luglio 1758 scrivendo al tipografo veneto, Remondini, annunziava: "Ora sto componendo il Settenario di S. Giuseppe (57) ". Nello stesso anno uscì l'operetta e recava la Canzoncina sul Glorioso Patriarca: "Giacché tu vuoi chiamarmi padre".

Il 15 agosto 1758 a Pagani tennero i Liguorini un'Accademia Mariana e S. Alfonso vi recitò con la natia semplicità d'un giullare umbro un sonetto in vernacolo: "Benedetta Maria e chi l'ha fatta (58)".

Al 1760 appartiene l'incomparabile Duetto: era come il canto del cigno. Essendo stato eletto Vescovo di S. Agata dei Goti, poco dopo, egli come rinunziò alla musica cosi probabilmente dovè rinunziare alla poesia a causa delle preoccupanti sollecitudini pastorali. Tanto il recitativo quanto la parte Dialogica del Duetto apparvero stampati, come pare, per la prima volta nel 1774 nella Ed. IX del libretto delle Canzoncine. Nella VII Ed. del 1769 già trovavasi la poesia: " Perché al mondo, al tuo nemico ".

D'incerta data sono altre Canzoncine Alfonsiane, come: 1.) "Curri, curri, Mamma znia..."; 2.) "Quanno nascette Ninno a Bettalemme (59)" ; 3.) la parafrasi della Salve Regina (60)...

 

Questo è il risultato sommario delle nostre indagini. Parecchie date sono assolute, altre al contrario non hanno che un valore relativo. Nuovi documenti tuttavia potranno dare anche a queste la loro vera cornice storica, da cui si arguirà quella topografica. Non pretendiamo all'inerranza. Il prospetto allegato, forse troppo prolissamente, è bastante per se stesso a dimostrare che l'attività poetica di S. Alfonso fu maggiore nei primieri anni del Sacerdozio. Con le Canzoncine Spirituali principiò il luminoso corso di Scrittore Ecclesiastico e con esse lo chiuse. La poesia era l'espressione vivissima e schietta del suo cuore, riflette C. Romano (61). Portato spontaneamente all'arte Alfonso non faceva che secondare l'indole sua poetica. Egli conservò questa maniera sino alla soglia dell'eternità. " Dopo ripatriato qui (a Pagani) - narra G. Messina, teste nella Causa di Beatificazione - rinunziato il Vescovado, Alfonso mi domandò alcune carte musicali da se composte, come la "Salve Regina e il "Duetto di Gesù e l'Anima". Io gliele portai. Esso mi disse che ora, che non era più Vescovo, volea sollevarsi qualche poco (62)...". Ma se il Santo non potè toccare il clavicembalo per il collo inclinato, potè comporre nuove Canzoncine e cantarle nella pace della sua celletta, sporgente sul chiostro profumato da fiori e limoni. A quest'epoca appartengono alcune graziose Ariette, piccole strofette ed anche lunghe poesie, che la Critica ha finora trascurate. Nel capitolo seguente noi cercheremo di provarne l'autenticità, aggiungendole al Canzoniere Alfonsiano. Sono poca cosa, degli slanci spirituali scadenti dal lato artistico: non fa nulla. Ma essi non sono meno preziosi, perché ci aiutano a comprendere meglio la figura del Poeta, tutto serafico in ardore...

 

ORESTE GREGORIO, Canzoniere Alfonsiano - Studio critico ed estetico del testo,
Angri Tip. Contieri, 1933; pp. V-IX; 3-29.

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(1) G. CASATI, Sermoni e Commenti Evangelici di S. Alfonso M. dei Liguori, Milano, 1926, Introduzione.

(2) G. PAPINI, Antologia della poesia Religiosa Italiana, Milano, 1923 p.177.

(3) G. MAROTTA, Lirica Mariana, Torino 1932, p. 187-230

(4) A. CAPECELATRO Card., La vita di S. Alfonso M. dei Liguori, Roma, 1893, vol. I, p.8

(5) E. PUCCI, La poesia del Natale nella Pastorale di S. Alfonso M. dei Liguori, Roma, 25 Dicembre 1928 nel Corriere d'Italia.

(6) B. CROCE, Studi sulla vita religiosa a Napoli nel '700 (La Critica), 1926, Anno XXIV fascicolo 1.

(7) G. NATALI ¨ Il settecento, Milano, 1929, vol. 1, pag. 569.

(8) S. ALFONSO è un periodico mensile di Apostolato Alfonsiano: è sorto a Pagani (Salerno) il 2 Agosto 1930 per opera dell'attivissimo P. Gaetano Damiani, - Sul medesimo stiamo pubblicando un altro libro intitolato: " SANTUARI ALFONSIANI " particolarmente interessante per le notizie finora inedite, onde è adorno.

(9) Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, vol. II, pag. 408-9, Milano 1929 (Treccani).

(10) C. KEUSCH "Dottrina Spirituale di S. Alfonso " pag. 41, Milano, 1931.

(11) A. FOSCO "Poesie di S. Francesco" p. 8-15. Assisi, 1925.

(12) S. ALFONSO "Opere Spirituali" parte prima, p. 185-87 Venezia, 1758, Ed.X.

(13) C. KEUSCH, Op. cit. p.47.

(14) A. TANNOIA, C. SS. R. ¨ "Vita ed Istituto del Ven. Alfonso M. dei Liguori " tomo 1, p. 8, Napoli, 1798. - Benedetto Croce trova questa biografia - riboccante di dialettismi - (La "Critica", 1 genn. 1926).

(15) A. TANNOIA C. SS. R., Op. cit., tom. I, p. 185.

(16) CL. DILLENSCHNEIDER C. SS. R., La Mariologie de S. Alphonse de Liguori, pag. 379, Fribourg, 1931. Questo volume eccellente, a cui seguirà al più presto un secondo, è stato accolto nella interessante collezione dei Domenicani ¨Studia Friburgensia.

(17) M. PALLADINO Mons., S. Alfonso poeta, pag. 28, Ed. III, Caserta, 1917.

(18) M. PALLADINO Mons., Op. cit., p. 30.

(19) G. NATALI , Op. cit., vol. II, p. 732.

(20) G. CASATI, Op. cit.

(21) E. SALVADORI, S. Alfonso poeta. Nel II Centenario della Nascita di S. Alfonso. Roma, 1896 (p. 80).

(22) A. TANNOIA C. SS. R., Op. cit., tomo 1, (p. 185).

(23) S. ALFONSO, Riflessioni divote, pag. 283, Napoli, 1838.

(24) I Critici in genere non accettano il pentimento morale del Metastasio, a cui allude S. Alfonso e ammettono una conversione artistica (Cf. CONCARI, Settecento, Ed. Vallardi, Milano).

(25) S. ALFONSO, Riflessioni divote, pag. 242-43. Napoli, 1838.

(26) CAPECELATRO Al. Card. "Vita di S. Alfonso" vol. 1, pag. 454, Roma, 1893.

(26b) C. PETRONE C. SS. R. "S. Alfonso e Dante" pag. 45, Napoli, 1922.

(27) CAPECELATRO AL. CARD., Op. cit., vol. I pag. 455. Ivi scrive: "Anche senza mettere alcuno studio nell'imitar Metastasio, le Canzoni di Alfonso furono in parte metastasiane; né c'è da stupirne".

(28) A TANNOIA C. SS. R., Op. cit., vol. 1, pag. 8 e 185.

(29) CANDIDO ROMANO, Delle opere di S. Alfonso. Saggio storico, Roma, 1896.

(30) F. S. REUSS C.SS.R., Carmina sacra S. Alphonsi, pag. 253-264, Romae,1896.

(31) G. VAN ROSSUM CARD., S. Alphonsus et Immaculata Conceptio B. M. V., pag. 221. Romae, 1904.

(32) A. BERTHE C.SS.R. "S.Alfonso M. dei Liguori" vol. 1, pag. 9, Firenze,1903.

(33) A. TANNOIA C. SS. R., Op. cit., vol. 1, pag. 38.

(34) A. TANNOIA C. SS. R., Op. cit., pag. 49, vol. 1. Questo scrittore ci narra che dalle Cappelle Serotine uscirono uomini di grandi virtù, operatori di prodigi in vita e dono morte. Il Dott V. Tino pubblicò nel 1776 la vita di Nardiello, il quale, "benché per Napoli col somaro avanti andasse vendendo chiappari e castagne, tuttavolta guadagnava anime a G. Cristo".

(35) S. ALFONSO, "Lettere" corrisp. gen. Vol. l, pag. 8, Roma 1887.

(36) C. ROMANO, Delle opere di S. Alfonso. Saggio storico, pag. 5, Roma, 1896.

(37) S, ALFONSO, Lettere, vol. cit. pag. 61.

(38) S. ALFONSO. "Lettere" vol. 1, Corr. gen., pag. 73-74.

(39) Il SARNELLI verso il 1739 stampò le Glorie e Grandezze della Divina Madre e inserì anche i versi: " O Maria, nostra speranza ".

(40) A. TANNOIA C. SS. R., Op. cit., vol. I p. 185.

(41) A. BERTHE C. Ss. R., Op. cit., vol. I p. 627.

(42) G. PERROTTA C. SS. R., "S. Alfonso nella vita, negli scritti, nell'Istituto", p. 122, Modena, 1925.

(43) G. CASATI., Op. Cit., Introduzione.

(44) S. ALFONSO. "Lettere" Corr. gen. vol. I p. 3.

(45) A. BERTHE C. SS. R., Op. cit., p. 627,

(46) F. S. REUSS C. SS. R., Op. Cit., p. 255.

(47) A. TANNOIA C. SS. R., Op. cit., tom. I p. 53.

(48) Le varianti secondo il Manoscritto saranno riportate nella III parte.

(49). Ecco come annotavano gli Editori nel 1848 nel "Mondo Santificato" vol I. pag. 9: "Infra i RR. PP. del Ss. Redentore, pur troppo commendevoli, non possiamo fare ammeno qui di estrinsecare i sentimenti di maraviglia, che nei nostri animi si è destata osservando in ispezie la instancabilità del R. P. D. Em. Ribera maestro de' Novizi della Congregazione ne' Ciorani sì in apprestarci notizie necessarie a potersi eseguire la edizione con perfezione, e sì anco in far richiesta e provvederci di quelle opere del P. Sarnelli che vendibili non più ve ne ànno".

(50) A. TANNOIA C. SS. R., Op. cit,. tom. I p.185.

(51) Catalogo della Congreg. dei Riti promulgato con decreto di Pio VII.

(52) VILLECOURT CARD., "Vie et Institut de S. Alphonse" Tournai, 1863-64.

(53) S. ALPONSO, "Lettere" corr. gen. vol. I p. 95.

(54) CAPECELATRO ALF. CARD., Op. cit., vol. I p. 341.

(55) A. TANNOIA C. SS. R., Op. cit., tomo 1, p, 8.

(56). S. ALFONSO, "Lettere" corr. gen. vol. 1, p. 317.

(57) S. ALFONSO, "Lettere" corr. scientifica, Roma, 1387, p. 73.

(58) B. GIORDANO C. SS. R., "Discorsi Sacri" p.7, Napoli, 1820.

(59) Questa Canzoncina pare che sia stata stampata la prima volta nel 1816 a Napoli.

(60) Nell'"Arpa di Sacre laudi e Divozioni" - Napoli, Ed. IV, p. 59, 1749 - leggesi una parafrasi della Salve Regina: " Dio ti salvi, o Regina - e Madre universale.

(61) C. ROMANO, Op. cit., p. 3.

(62) F. S. REUSS C. SS. R., Op. cit., p. 259.

 




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