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S. Alfonso Maria de Liguori
Compendio della Dottrina cristiana

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Introduzione

1. La prima edizione del 1744.

L’opuscolo di S. Alfonso nasce nel contesto delle esortazioni di Benedetto XIV e dello zelo pastorale del cardinale Spinelli, arcivescovo di Napoli. Il Papa, sin dall’inizio del suo pontificato, il 7 febbraio 1742 aveva emanato l’enciclica Etsi minime Nobis dubitandum, raccomandando la Dottrina cristiana e prescrivendo sia ai vescovi sia ai parroci e ad altri ad attendere a questo fruttuoso ministero, raccomandando l’uso del catechismo di san Roberto Bellarmino, senza per altro precludere altri autori.

L’esortazione pontificia fu ben accolta anche dal potere civile, la Real Camera: "... essendosi riconosciuto detto Breve si è ritrovato che le istruzioni ed ordini che in esso si danno ai Vescovi, affinché nelle loro diocesi si mantenghi ed accresca la prattica di istruire li fedeli ne’ rudimenti della Christiana Dottrina sono molto salutari e lodevoli..." e appoggiata con adeguate iniziative.

Il card. Spinelli, intanto, nel 1741 aveva indetto la Visita generale nella intera Diocesi, facendola precedere dalle missioni a cui aderì il clero di tre congregazioni diocesane: quello delle Apostoliche Missioni, quello di S. Giorgio, e quello del Padre Pavone.

In queste missioni, cui partecipò attivamente S. Alfonso il Beato Gennaro Sarnelli, furono insegnati i rudimenti della dottrina cristiana non solo ai fanciulli, ma anche agli adulti. Per raggiungere lo scopo, il Santo nel 1744 mise tra le mani dei missionari e dei catechisti il suo opuscolo Compendio della Dottrina Cristiana. Anche il Sarnelli ne propose uno nella sua opera Il cristiano illuminato... ed ammaestrato, Napoli 1743.

L’opuscolo di S. Alfonso, presentato in forma anonima, godette della protezione del cardinale, divenendo il testo ufficiale e fu dappertutto divulgato e venduto. Nell’editto emesso dopo la Visita alle parrocchie nel 1746 il cardinale comandava che alla prima e alla seconda messa dei giorni festivi si spiegasse la Dottrina secondo il metodo da lui prescritto.

Su quello che ben presto fu conosciuto come il Catechismo del card. Spinelli ha scritto a lungo Ciro Sarnataro ???????????

2. La seconda edizione del 1758.

Il cardinale Antonino Sersale, successore dello Spinelli dal 1754 al 1775, continuò l’opera catechistica del suo predecessore, valendosi dei consigli di S. Alfonso.

Ma in questi anni la vivace polemica e controversia sulla Esposizione cristiana, suscitata dal filogiansenista francese Francesco Mésenguy, venne a turbare in modo particolare Napoli. Qui, dopo la condanna dell’opera del francese ad opera della Sacra Congregazione dell’Indice, fu divulgata una Nuova Esposizione Catechistica con la protezione di Giovanni Bottaro e del marchese Tanucci, parallelamente alla traduzione italiana dell’altra ad opera del Padre Patuzzi.

Sotto la spinta degli stimoli avversari S. Alfonso riprese la prima edizione del suo catechismo, inserendovi anche il catalogo delle sue opere, e la aggiunse in appendice dell’edizione napoletana e veneta del suo ultimo libro Apparecchio alla morte (1758 / 1759). Siccome, poi, il nome e l’autorità del cardinale Spinelli, allora dimorante in Roma, riconducevano al primo opuscolo, il Santo volle riproporlo anche sul frontespizio della nuova edizione: Compendio della Dottrina Cristiana, stampata a Napoli per ordine dell’Eminentissimo Cardinale Spinelli allora Arcivescovo di Napoli, ed ora ristampata nella stamperia di Alessio Pellecchia, 1758.

3. L’autenticità del catechismo alfonsiano, il suo merito e la sua fortuna.

Sulla paternità alfonsiana del citato catechismo primo testimone è il P. P. Blasucci, il quale nell’orazione funebre in onore di Alfonso, scrive: "Scrive egli a’ fanciulli un Compendio di Dottrina Cristiana, e il modo di servir la messa con una proprietà religiosa. Non isdegna la sua gravità di abbassarsi all’istruzione puerile, perché giova all’innocenza della loro età".

Concordano con questa voce, nel Processo Ordinario di S. Agata, i padri B. Di Costanzo e Caione: "Ai figlioli colla dottrinella".

I criteri interni all’opuscolo ci confermano l’autenticità alfonsiana: chi potrebbe affermare non essere la voce del Santo che chiude l’opuscolo con il suo "Viva Gesù, Maria, Giuseppe e Teresa?"

A questo si aggiunge anche il confronto del Cap. V della Breve istruzione degli esercizi di missione (Napoli 1760, pp. 61-93): coincidono i testi non solo della dottrina, ma finanche le sentenze riportate e i vocaboli usati.

Il valore e il merito di questo catechismo alfonsiano non si nasconde. Basta qui ricordare una testimonianza del simpatizzante giansenista Andrea Serrao (De claris catechistis..., libri III, Napoli, 1769, p. 231), che (con un suo certo rammarico) riconosce S. Alfonso tra coloro che hanno fatto con successo catechismo ai fanciulli, agli adulti, ai rustici... seguendo il Bellarmino.

Ai nostri giorni, il rev.mo mons. Costantino Caminada, successore del Santo alla cattedra di S. Agata nonché cultore delle sue opere, rileggendo il manoscritto alfonsiano, afferma: "Dal punto di vista pedagogico... mi sembra che eccella, oltre che per la sicurezza della dottrina, per la semplicità, per la concretezza, per l’efficacia. Le risposte catechistiche del Santo Vescovo di S. Agata dei Goti sono pressoché tutte semplicissime per la linearità del pensiero e per la costruzione volutamente elementare del periodo... Il Santo, a nostro avviso, ha saputo resistere alla tentazione di voler dir tutto. Ha saputo scegliere l’essenziale, necessario da sapersi da ogni buon cristiano di qualsiasi anche umile condizione, e distillarlo in formule di prima evidenza... Sono concrete e sono efficaci... Certe formule alfonsiane sono rimaste insuperate e forse non sarebbe un male ritornarvi".

(Tratto da un articolo di Raimondo Telleria in Spicilegium Historicum 4 (1956), pp. 259-266)

 




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