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S. Alfonso Maria de Liguori
Condotta ammirabile della Divina Provv.

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RISTRETTO DELL'OPERA - NECESSARIO A LEGGERSI PER INTENDERE TUTTO QUEL CHE NELLA MEDESIMA SI CONTIENE

 

1. In questo ristretto si accenna in breve ciò che si tratterà nell'opera; nella quale intendiamo di mettere in prospettiva quanto ha fatto Iddio per render l'uomo felice in questa e nell'altra vita. Parlandosi delle opere fatte da Dio a beneficio delle sue creature, bisogna sempre intendere che quanto egli ha operato fuori di sé, tutto l'ha fatto per la sua gloria: Universa propter semetipsum operatus est Dominus. Prov. 16, 4. Né poteva altrimenti operare; perché, essendo egli il supremo Signore e l'ente più degno di esser glorificato, non poteva operare per altro fine che per la gloria sua. Questa sua gloria sta nella manifestazione de' suoi divini attributi, della potenza, della sapienza e specialmente della sua bontà; e perché la bontà è per sé naturalmente inclinata a comunicare i suoi beni anche agli altri, perciò Iddio, ch'è bontà infinita per sua natura (Deus cuius natura bonitas), come scrive s. Leone e come prova s. Tomaso, 1. part. qu. 19. art. 1., ha per sua natura una somma inclinazione e desiderio di far parte dei beni che gode alle sue creature.

 

2. A questo fine pertanto egli ha creati gli uomini per renderli partecipi della medesima sua felicità e consorti della sua natura, come scrive s. Pietro: Ut per haec efficiamini divinae consortes naturae; 2. ep. 1. 4. Insieme poi cogli uomini ha creato questo mondo con tante belle creature che l'adornano, affinché tutte servano ad essi uomini per conseguir la felicità eterna ch'egli ha preparata a tutti coloro che gli son fedeli in ubbidire a' suoi precetti. Sicché il Signore ha fatto gloria sua il nostro bene: e perciò la santa chiesa c'impone di ringraziare Iddio per la gloria sua con quelle parole che si dicono nella messa dal sacerdote in nome di


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tutto il popolo cristiano: Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam. Come va questo, che noi ringraziamo il nostro creatore per la gloria sua? La gloria di Dio è bensì oggetto di compiacenza di tutte le anime che l'amano, ma come la divina gloria può essere oggetto de' nostri ringraziamenti? Sì, ben dobbiamo noi ringraziare il Signore della gloria sua, mentre ha voluto egli far gloria sua la nostra felicità.

 

3. Quindi su questo fondamento andremo noi scorgendo nella presente opera quanto è stata ammirabile la condotta da Dio tenuta nell'eseguire per mezzo di tanti prodigj il suo amoroso disegno di render l'uomo beato. Forma egli l'uomo a sua immagine, gli un'anima spirituale ed immortale, ornata delle potenze di memoria, intelletto e volontà; ma il dono più grande che le comparte è l'innalzarla all'ordine sovrannaturale, comunicandole la sua grazia. Ma l'uomo ingrato, appena posto nel mondo, lo disubbidisce, cibandosi del pomo vietato, e con ciò si fa reo con tutti i suoi discendenti della morte temporale ed eterna già minacciata. Tuttavia non volle il Signore abbandonarlo nel suo peccato, e per riparare alla di lui ruina stabilisce di mandare in terra l'unigenito suo Figliuolo a farsi uomo e morire per gli uomini e così redimerli dalla morte eterna. Non lo manda già subito, ma differisce ad inviarlo per quaranta secoli, acciocché l'uomo conosca fra questo tempo la deformità della sua colpa, il precipizio nel quale è caduto ed insieme la necessità del rimedio, e così procuri con maggior desiderio d'impetrarlo colle preghiere e si disponga a riceverlo con maggior gratitudine.

 

4. In quest'opera non si farà già una storia generale di tutti gli avvenimenti accaduti dal principio del mondo, ma solamente si farà menzione de' fatti più principali che riguardano la religione e che maggiormente ci fan conoscere la cura tenuta da Dio nell'antica e nella nuova legge in conservare e difender la sua chiesa a fronte di tutti gli sforzi de' demonj e degli uomini che han cercato di devastarla.

 

5. Si vedrà come, essendosi già moltiplicato il genere umano, Iddio fondò la sua chiesa, eleggendo per suo popolo quei pochi che gli erano restati fedeli dalla moltitudine di tutti gli altri immersi nelle tenebre del vizio e dell'infedeltà. A questi pochi partecipò la notizia del vero Dio e del futuro Messia, che dovea un giorno riparar la perdita fatta dagli uomini della divina grazia, fortificandoli con modo particolare a resistere ai nemici della loro salute. E castigò tutti gli altri che, non ostante il castigo del diluvio predicato da Noè da parte del Signore, vollero restare ostinati nelle loro scelleraggini, facendoli morir sommersi col diluvio universale.

 

6. Preservò nondimeno il Signore dal comune flagello nell'arca la famiglia di Noè, la quale presto si moltiplicò, e di nuovo riempì la terra. E da quel tempo sino alla venuta del Messia procurò Dio di conservar nel suo popolo per mezzo dei profeti i lumi già dati a' patriarchi, replicando loro la promessa e la speranza del rimedio de' mali cagionati dal peccato colla venuta del Redentore.

 

7. Giunge poi il tempo della redenzione; scende dal cielo il Figliuolo di Dio, si veste di carne umana nell'utero della vergine Maria, e dopo avere illuminata la terra per lo spazio di trent'anni co' suoi divini esempi annunzia la salute al suo popolo e predica la nuova legge. Ma perché il popolo ricusa di riconoscerlo per suo Salvatore e lo riprova con farlo morire in croce condannato da Pilato, il Signore riprova questo suo popolo ed in pena di non averlo voluto credere dopo tante chiare predizioni e segni certi della sua venuta dispone che per mezzo de' romani sia discacciato dal proprio regno e vada ramingo e disperso per la terra, palesando da se stesso con ciò la pena della sua ostinazione. All'incontro si elegge Iddio un popolo nuovo, chiamando un gran numero di gentili ad abbracciar la fede per mezzo degli apostoli; ed i chiamati vengono ubbidienti a comporre la nuova chiesa, che sempre è stata e sarà sostenuta dal Signore per mezzo della croce, poiché in virtù della croce è stata abbracciata la fede per tutta la terra.

 

8. Indi si parlerà della fortezza de' martiri, che colla loro costanza nel soffrire i tormenti e la morte furono cagione che la fede maggiormente si aumentasse. Si farà anche menzione delle eresie più celebri che sembravano per qualche tempo dovere abbatter la fede, ma finalmente poi sono mancate. Le profezie del vecchio testamento, tutte poi avverate nel nuovo, e la conversione de' gentili coll'ostinazione degli ebrei, come vedremo, fanno troppo chiaramente conoscere la verità della nostra fede.

 

9. Fra tutto poi questo tempo si vedranno le esaltazioni di diversi regni ed imperj ed indi le loro cadute: specialmente si ammireranno le vicende gloriose e funeste dell'impero romano; e si vedrà che tutti questi sollevamenti e ruine di diversi dominj tutti han cooperato al disegno di Dio di conservar sempre illesa e di aumentar la sua chiesa.

 

10. Si parlerà indi delle morti funeste che han fatte i tiranni i quali han perseguitati i cristiani coi tormenti per far loro perder la fede; e le morti spaventose che hanno fatte gli eretici che han cercato colle false dottrine di pervertire i cattolici per separarli dalla vera chiesa. Gli ebrei all'incontro, quantunque avessero veduta abbracciata da per tutto la fede di Gesù Cristo da tante nazioni del mondo e benché avessero avuti molti segni e prove certe della venuta del Messia, han voluto restare ostinati in non volerlo crederericevere. Ma nella fine del mondo, secondo ci fan sapere le divine Scritture, Iddio avrà di loro compassione, e per mera sua misericordia avranno la grazia di ravvedersi de' loro inganni ed abbracceranno la fede di Gesù Cristo.

 

11. Finalmente nel giudizio finale Iddio manifesterà agli uomini la rettitudine e saviezza di tutta la sua condotta nel governo del mondo, e ciò sarà di eterno gaudio a tutti coloro che sono stati a Dio fedeli; ed all'incontro sarà di somma confusione agli empj: sicché in fine tutto ridonderà in esaltazione della divina gloria, per la quale già il Signore ha creato il mondo.

 




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