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Sant'Alfonso Maria de Liguori Confessore diretto…campagna IntraText CT - Lettura del testo |
PUNTO II. Del giuramento.
3. Il giuramento si definisce: Est invocatio nominis Domini in testimonium veritatis. Si giura dunque quando si dice per Dio, o per lo tal santo, o per qualche cosa sagra, come per li sagramenti, per la croce, per lo vangelo, per la chiesa ec.; oppure se si giura per le creature in cui risplende la potenza di Dio, come per l'anima, per lo mondo, per lo cielo ec. Non è giuramento poi il dire, per la mia coscienza, oppure in fede mia, purché non s'intenda la fede cristiana. Né il dire, viva Dio, Dio lo vede, è vero come il vangelo. Né il dire, giuro esser così, se non fosse che altri ti richiedesse allora a giurare con vero giuramento7.
4. Il giuramento può essere di quattro modi. I. Assertorio, quando si asserisce qualche cosa. II. Promissorio, quando si promette con giuramento. III Esecratorio, ossia imprecatorio, v. g. Dio mi castighi se ecc. IV. Comminatorio, v. g. Se fai la tal cosa, per Dio ti castigo. Posto ciò dee sapersi che nel giuramento assertorio pecca gravemente chi asserisce una bugia, benchè sia di cosa leggiera. Così anche pecca nel promissorio chi giura senza animo di giurare o di attendere alla promessa: dico senza animo, perché se intende di
osservar la promessa e poi non l'attende, ma la cosa è leggiera, allora probabilmente non pecca che solo venialmente. Il giuramento poi imprecatorio non importa colpa grave quando non v'è nominato Dio, oppure quando si giura una cosa giusta; e lo stesso corre per lo comminatorio1.
5. Per essere lecito il giuramento debbono concorrervi tre cose, il giudizio, la giustizia e la verità. Il giudizio, cioè che si giuri con giusta causa, altrimenti il giurare per cose vane è colpa veniale. La giustizia cioè che la cosa giurata sia lecita, altrimenti il giurare di fare una cosa illecita è colpa grave; e ciò benché sia venialmente illecita. La verità, cioè che la cosa che si asserisce, o l'intenzione della promessa giurata, sia certa. Quando poi v'è giusta causa, è lecito rispondere coll'equivoco, o colla restrizione non pura mentale: s'intende non pura mentale, quando dalle circostanze possono gli altri accorgersi, che tu parli con equivoco: v. g. se sai una cosa in segreto, puoi dire non la so, cioè non la so in modo che possa palesarla: così comunemente Gonet, Soto Wigandt, Tournely, ed altri innumerabili. Colla pura mentale poi non mai si può asserire alcuna cosa, e tanto meno giurare con equivoco; cioè quando in niun modo l'equivoco può avvertirsi, come si ha dalle proposizioni 26. e 27. dannate da Innocenzo XI. Di più si avverta che nel foro giudiziale neppure è mai lecito il dire equivoci2. Del resto fuori di giudizio si osservino i casi in cui è lecito l'equivoco3.
6. In oltre bisogna notare due regole circa il giuramento: la prima, che 'l giuramento non può mai obbligare a fare una cosa illecita: la seconda che 'l giuramento dee sempre adempirsi, quando si può senza peccato. Se n'eccettua la promessa, che venisse irritata dalla legge, com'è il giuramento di contrar nozze o sponsali estorto per timore. Del resto ogni promessa fatta con giuramento s'intende fatta colle seguenti condizioni. 1. Se l'accetta la persona a cui si fa; oppure se non la rimette. 2. Se non si mutano notabilmente le cose, oppure se non si fosse preveduta qualche circostanza, attesa la quale non si sarebbe fatta la promessa. 3. Se cessa la causa finale. 4. Se non può osservarsi la promessa senza danno grave4.
7. L'obbligo del giuramento si toglie coll'irritazione che può farne il padre, il prelato, la badessa, il marito, il tutore, ed ognun altro che ha la potestà dominativa; e ciò quantunque sia in pregiudizio del terzo. Di più può togliersi colla dispensa, commutazione o rilassazione, la quale può farsi da ognuno, che può dispensare o commutare i voti, purché vi sia giusta causa; ma l'irritazione può farsi anche senza causa. Da chi poi possa rilasciarsi il giuramento fatto in beneficio altrui, v. l'Istruz.5.