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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Confessore diretto…campagna

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PUNTO II. Del sagramento dell'ordine.

 

§. I. Dell'ordine in genere.

 

9. Il sagramento dell'ordine si definisce secondo s. Tommaso: Signaculum ecclesiae quo traditur ordinato potestas spiritualis. Gli ordini sono sette, quattro minori, cioè ostiariato, lettorato, esorcistato, ed accolitato: e tre maggiori, cioè il suddiaconato, diaconato, e presbiterato. Si dimanda se ciascun ordine sia sagramento. In quanto al sacerdozio, è di fede che lo sia: in quanto al diaconato anche è certo, ma non di fede: in quanto poi agli altri, è probabile con s. Tommaso, che tutti sieno sagramenti, ma è più probabile che no, perché negli altri vi manca l'imposizione delle mani, la quale, secondo la sentenza più probabile, è l'unica materia dell'ordine7.

 

10. Quindi si fa la seconda domanda, quale sia la materia e la forma dell'ordine. Sovra di ciò vi sono tre sentenze. La prima dice, che la materia è la sola tradizione degli strumenti, colla forma che allora si proferisce; ma questa non è abbastanza probabile. La seconda dice che la materia è doppia integrale; cioè la tradizione degli strumenti, colla quale si la potestà sopra il corpo reale di G.C., colla forma accipe potestatem etc., e l'imposizione delle mani con cui si la potestà sovra il corpo mistico ad assolvere i peccati,


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colla forma accipe Spiritum sanctum etc. La terza sentenza più probabile con Becano, Martene, Tourn., Giovenino, Petrocor., Conc. ed altri, a cui aderisce anche Benedetto XIV., è che l'unica materia sia l'imposizione delle mani che si fa dal vescovo sopra il diaconando, o sopra il presbiterando, allorché sovra di lui il vescovo, insieme co' preti assistenti (i quali debbono essere almeno tre) stende le mani, e la forma sono le orazioni che il vescovo allora proferisce: Oremus, fratres carissimi etc.

 

11. Nondimeno perché la seconda sentenza è bastantemente probabile quella dee seguitarsi in pratica; e perciò necessariamente si ricerca anche nell'ordinazione la tradizione degli strumenti per parte del vescovo, ed il contatto di quelli per parte degli ordinandi; il quale contatto dee esser fisico, e dee farsi nel tempo che si proferisce la forma. Qui si noti per 1. che negli ordini sagri la materia dee farsi dallo stesso vescovo che proferisce la forma; il che non è necessario negli ordini minori, come dice san Tommaso1. Si noti per 2. che se mai un vescovo celebrasse, ed un altro conferisse gli ordini, l'ordinazione sarebbe valida, ma gravemente illecita2. Il ministro dell'ordine è il vescovo. Gli abati però regolari e mitrati posson dare gli ordini minori, ma a' soli loro sudditi religiosi professi, o novizi3.

 

12. Acciocché poi l'ordinando validamente riceva gli ordini, si ricercano tre cose: che sia maschio, che sia battezzato, e che abbia l'intenzione almeno abituale di essere ordinato. Acciocché poi lecitamente riceva gli ordini, si ricercano molte cose: e I. che sia cresimato; ma ciò non sotto precetto grave, secondo la sentenza più comune. II. Che non sia neofito, infame, o irregolare, come ordina il pontificale. III. Che sia ordinato dal vescovo proprio, e se egli sta impedito, almeno colle di lui lettere dimissoriali. Sappiasi, che oggidì sta proibito a' capitoli nelle sedi vacanti il dare ad alcuno le dimissorie per ordinarsi; eccettoché se quegli è artato a prender l'ordine richiesto, secondo il beneficio che possiede4.

 

13. Si dice poi vescovo proprio per 1. il vescovo dell'origine, cioè della diocesi dov'è nato l'ordinando, e dove, quando egli è nato, i suoi parenti aveano il domicilio; perché se fosse nato per qualche caso in altro luogo, allora si dice oriundo e dee ordinarsi non dal vescovo dov'è nato, ma dal vescovo dove i parenti tengono il domicilio. Per 2. si dice vescovo proprio il vescovo del domicilio, dove l'ordinando ha stabilita la sua abitazione con animo di perpetuamente permanervi, come si disse al c. II. n. 15. Per 3. il vescovo del beneficio, perché taluno può anche ordinarsi da un vescovo che gli conferisce un beneficio nella sua diocesi bastante al di lui sostentamento, purché abbia le lettere testimoniali del vescovo del domicilio, e purché sia almeno tonsurato, perché altrimenti non è capace di beneficio. Per 4. può essere ordinato anche taluno per ragione di famigliarità se per tre anni sta a servizio d'un vescovo, vivendo alle di lui spese; purché il vescovo gli conferisca, dopo averlo ordinato un congruo beneficio.

 

14. I regolari poi debbono ordinarsi a titolo di povertà dal vescovo del luogo dove son di famiglia, colle dimissorie de' loro prelati regolari. Onde se il vescovo del luogo tiene ordinazione, da lui debbono esaminarsi ed ordinarsi; ma se quegli è assente, o non tiene ordinazione, come dichiarò Bened. XIV. nella sua bolla Impositi nel 1747. possono bensì essere ordinati da altro vescovo, ma non senza l'attestazione della curia dell'ordinario, ch'egli sia impedito; e non senza che siano esaminati dal vescovo ordinante, giusta il decreto di Clemente5.

 

15. IV. Si ricerca la scienza conveniente all'ordine che si prende. Il concilio di Trento, nella sess. 23., per gl'iniziandi alla prima tonsura ricerca almeno, che sappiano leggere e scrivere, e sieno ben anche instruiti ne' rudimenti della fede: per gl'iniziandi agli ordini minori, che intendano la lingua latina: per gl'iniziandi al suddiaconato e diaconato, che sieno istruiti nelle lettere, ed in quelle cose che spettano ad esercitare l'ordine che prendono, ma ciò non impedisce, che il vescovo possa esigere maggiore scienza da' suoi ordinandi. Finalmente per gl'iniziandi


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al sacerdozio, vuole il concilio, che sieno provati idonei ad insegnare al popolo le cose necessarie alla salute, e ad amministrare i sagramenti, ac ad administranda sacramenta (parole del concilio) idonei comprobentur. Onde i presbiterandi debbono almeno sapere i principii generali della morale, per ben regolarsi in caso di necessità, udendo le confessioni de' moribondi. I regolari però addetti al coro, o all'altare, abbisognano di minore scienza; ma debbono almen essere istruiti nella grammatica, altrimenti sarebbero irregolari anche de iure divino1.

 

16. V. Si ricerca il titolo della sostentazione, il quale è di tre sorte: 1. di povertà, con cui possono ordinarsi i soli regolari professi: 2. di beneficio, che sia certo, e sufficiente secondo la tassa della diocesi: se poi debbano detrarsene i pesi delle messe, ciò dalla s.c. sta rimesso a' vescovi: 3. di patrimonio, che sia costituito sovra una roba certa, fruttifera, e libera da ogni peso, o lite; ma questo titolo dice il concilio che solo può ammettersi per la necessità, o comodità della chiesa. Chi poi si ordina con patrimonio finto, se resti sospeso dall'ordine, è più probabile che sì2.

 

17. VII. Si ricerca, che l'ordine superiore non si prenda prima dell'inferiore; altrimenti chi si ordina per salto, incorre ipso facto la sospensione dell'ordine ricevuto, finché il vescovo vi dispensi. VIII. Che gli ordini si prendano a tempo debito, cioè i maggiori ne' sabbati delle quattro tempora, ed anche nel sabbato ad cineres, e nel sabbato santo: i minori in ogni festa di precetto, e secondo la consuetudine, anche nelle ferie quarta e sesta delle quattro tempora. IX. Che tra gli ordini vi sieno i dovuti interstizi, cioè tra gli ordini minori qualche intervallo; benché in ciò può dispensarvi il vescovo, quando lo stima spediente, nisi aliud episcopo expedire videatur, dice il trid.3. La prima tonsura però può darsi liberamente unita con qualche ordine minore. Per ascendere poi al suddiaconato, si richiede lo spazio di un anno, nisi necessitas, aut ecclesiae (a cui l'ordinando è ascritto) utilitas, iudicio episcopi, aliud exposcat, come dice lo stesso concilio. Per ascendere al diaconato, si richiede un altro anno; ma a questo può il vescovo dispensarvi per ogni giusta causa, dicendo il concilio, nisi aliud episcopo videatur. Per ascendere poi al sacerdozio, si richiede un altro anno; ma per dispensare a quest'anno non solo vi bisogna l'utilità, ma anche la necessità della chiesa: Nisi ob ecclesiae utilitatem ac necessitatem aliud episcopo videatur, dice il concilio4. Per necessità poi s'intende una necessità almeno morale, cioè una utilità notabile e certa. Si noti qui per 1., chi riceve nello stesso giorno due ordini sagri incorre ipso facto la sospensione dell'ultimo, e di più l'irregolarità. Chi poi ricevesse i quattro ordini insieme col suddiaconato, peccherebbe gravemente, ma non resterebbe sospeso; e lo stesso è per chi si ordinasse ne' tempi legittimi, e in diversi giorni, ma senza osservare gl'interstizi. I regolari poi possono ordinarsi extra tempora, purché sia giorno di festa, e vi sia la licenza de' loro prelati5.

 

18. X. Si ricerca il luogo, cioè che l'ordinazione si faccia in luogo sagro, e nella propria diocesi; altrimenti se si fa in aliena diocesi, il vescovo resta sospeso da' pontificali, e l'ordinato dall'ordine ricevuto. XI. Si ricerca l'età dovuta, cioè per la prima tonsura e per gli ordini minori l'età almeno di 7. anni, per il suddiaconato di 22., per il diaconato di 23., e per il sacerdozio di 25., come si ha dal trid.6. Basta però l'anno cominciato, secondo l'uso comune. Per li beneficii semplici bastano 14. anni, trid.7. Ma per li beneficii curati bisognano 25.8. Per li canonicati, anni 22.9, ma nelle collegiate bastano 14. Se poi alcuno scienter si ordina prima dell'età legittima, incorre ipso facto la sospensione, che non può essere assolta che dal papa, o dal vescovo quando è occulta: si dice scienter, onde da quella scusa l'ignoranza anche supina. Se poi incorra l'irregolarità chi riceve il sacerdozio prima dell'età richiesta, la sentenza più comune, e molto probabile, lo nega; e tanto più ciò corre per i diaconi e suddiaconi. XII. Si ricerca, che l'iniziando all'ordine superiore abbia esercitato l'inferiore; ma ciò (come dicono i dottori) non è


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di precetto grave. XIII. Si ricerca per ultimo la vocazione divina; e questo avanti a Dio è il requisito più necessario; ma a questo è il meno che si bada comunemente dagli ordinandi, e perciò la chiesa piange tante ruine. I segni della vocazione divina sono tre, la scienza conveniente, l'intenzione di attendere solo a Dio, e la probità della vita, di cui parlando s. Tommaso dice, requiritur bonitas excellens. Quali cose poi sieno state determinate nel concordato fra la s. sede e 'l nostro monarca di Napoli e Sicilia circa i promovendi allo stato ecclesiastico, vedi l'Esame degli ord.1.

 

§. II. Degli ordini in particolare.

 

19. Parliamo ora brevemente di ciascun ordine in particolare. La prima tonsura non è ordine, ma è disposizione agli ordini; ma chi prende qualche ordine senza la tonsura, pecca gravemente, e resta sospeso a beneplacito del vescovo; chi però fosse già ordinato, non è più tenuto a prender la tonsura. Il tonsurando non solo dee esser battezzato, ma anche cresimato, e giunto almeno all'età di sette anni. Quattro sono i privilegi del tonsurato; il I. privilegio è del foro, per cui è esente dalla giurisdizione laicale; purché porti l'abito e la tonsura, e serva a qualche chiesa per ordine del vescovo, o pure viva in seminario, o in altro convitto. Trid.2. Il II. privilegio è del canone, per il quale chi percuote ingiuriosamente il tonsurato, si fa scomunicato vitando. Il III. è di farsi capace de' beneficii ecclesiastici, purché abbia 14. anni. Il IV. è di poter ricevere la giurisdizione ecclesiastica di fulminar censure, conferir beneficii, e cose simili. Qualmente pecchino poi, e quali pene incorrano i chierici e sacerdoti che non portano l'abito o la tonsura, e quando restino privati de' privilegi del foro e del canone, vedi l'Esame degli ord. n. 49. e 50. E quali sieno poi le materie e forme de' quattro ordini minori; e quali gli obblighi de' minoristi, si osservino dal n. 52. a 56.

 

20. Parliamo ora degli ordini maggiori, e specialmente del suddiaconato. La sentenza più probabile è, che il suddiaconato non è sagramento, secondo quel che dicemmo di sovra. Ma supposto che sia sagramento, come anche è probabile, la materia rimota di quest'ordine è il calice, e la patena vuota, ed il libro dell'epistole; la prossima è la tradizione di tali istrumenti. La forma poi sono le parole del vescovo: Vide cuius ministerium etc.; e l'altra Accipe librum etc. Due sono le obbligazioni principali del suddiacono, l'osservanza della castità, e la recitazione dell'officio divino. In quanto all'obbligo della castità, altri dicono, ch'egli nasce dal precetto della chiesa, ma è più vero che nasca dal voto annesso a tal ordine. Ma se taluno espressamente non volesse obbligarsi a tal voto, allora resta almeno obbligato alla castità per il precetto della chiesa; eccettoché se si ordinasse per timore grave ingiustamente da altri incusso3.

 

21. In quanto all'obbligo dell'officio, pecca gravemente chi volontariamente ne omette parte notabile, come sarebbe un'ora intiera, anche picciola, o simil quantità di altra parte. Per la recitazione dell'officio si ricercano più cose. E per I., che si reciti secondo il breviario romano. Il mutar l'officio con altro notabilmente minore è certamente colpa grave, come si ha dalla prop. 34. dannata da Alessandro VII., dove si dicea, che poteasi commutare l'officio delle palme coll'officio pasquale. Il mutarlo poi in eguale, o quasi, secondo la miglior sentenza di Laymann, Roncaglia, Sporer, Viva, Elbel ecc., è anche grave, se si fa spesso: leggiera, se di rado, v. g. tre o quattro volte l'anno: e neppure leggiera, se si fa con qualche causa, v. g. di viaggio, di studio, e simili. Del resto è probabile, che può dirsi l'officio del luogo dove la persona si trova; ed anche l'officio del socio (purché non sia notabilmente più breve) e specialmente del vescovo, come si ha dalla clement. Dignum de cel. miss., e da un decreto della s.c. Avvertasi qui, esser grave l'obbligo di recitar le litanie nel giorno di s. Marco, e nelle rogazioni; come pure l'officio de' morti, anche in privato4.

 

22. Per II. si ricerca la pronunzia, che sia vocale, intera, e continuata. Vocale, onde non basta dir l'officio mentalmente. Se poi il recitante debba udire se stesso, è probabile che no, con Silvio, Tournely, Laym., Azor., Salm., ecc., i quali dicono, che il precetto è


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di pronunziare, non già di udire l'officio; tanto più che quando la parola si pronunzia, sempre v'è qualche suono di quella, che può udirsi. Se poi alcuno poco percepisse di quel che dice il coro, o il socio, a che sia tenuto; vedi Esame1. Intiera, che non si corrompa notabilmente il senso delle parole; del resto, basta che si serbi la significazione di quelle. Continuata, perché l'interrompere qualche ora senza causa, sarebbe veniale. Il mattutino però ben può dividersi dalle laudi; ed anche i notturni tra di loro per lo spazio di due o tre ore. Per III. l'ordine delle ore; ma l'inversione di esse (fuori del coro) non è più che veniale; come anche è il dir messa prima del mattutino e delle laudi, secondo la sentenza più probabile, come di Bellarm., Soto, Tournely, Concina ecc. Per IV. il tempo prefisso. Il tempo del mattutino comincia dall'ora di vespro del antecedente (ma non prima, come vogliono alcuni) sino al mezzo giorno del susseguente. Il tempo dell'ore picciole comincia dall'aurora sino al mezzo giorno; del vespro poi, e compieta, dal mezzo giorno a mezza notte. V. L'intenzione, e l'attenzione. Si ricerca l'intenzione almeno virtuale di dir l'officio, alla quale per altro basta il prendere il breviario a tal fine. Di più si ricerca l'attenzione esterna ed interna, cioè a Dio, o al senso, o alle parole per bene pronunciarle. Se poi pecchi mortalmente, ed affatto non soddisfi, chi recita l'officio solo internamente, ma volontariamente distratto, è gran questione tra' dottori, che sta a lungo discussa nell'opera grande, e sta accennata anche nel citato Esame degli ord. Del resto sappiasi, per discacciare gli scrupoli, anche secondo la sentenza più tuta, che, affinché dicasi di alcuno non aver soddisfatto all'officio, bisogna che non solo abbia avvertita la distrazione, ma che di più abbia voluto avvertitamente distrarsi dall'officio2.

 

23. Le cause poi, che scusano dalla recitazione dell'officio, sono per 1., l'infermità, che sia grave, o pure sia tale, per cui non possa dirsi l'officio senza grave incomodo. In ciò, standosi nel dubbio, basta seguire il consiglio del superiore, o del medico, o d'altro uomo prudente. Per 2., un giusto impedimento, come sarebbe la necessità di sentir la confessione d'un peccatore, e cosa simile. Per 3., la cecità, o la mancanza del breviario; in tali casi però la persona dee recitare quel che sa a memoria, ed anche dee avvalersi del socio, se può senza grave incomodo; anzi il beneficiato, secondo la sentenza comune, è tenuto a pagare il socio, se non può dirlo solo. Per 4., scusa la dispensa del papa, ed anche del vescovo per qualche breve tempo, se vi è giusta causa. In quanto poi all'obbligo dell'officio che hanno i beneficiati, vedi ciò che si dirà appresso, trattandosi degli obblighi dello stato ecclesiastico.

 

24. Resta a vedere quali sieno le materie e forme del diaconato, e sacerdozio. La materia del diaconato è doppia, secondo la sentenza che dee tenersi in pratica, cioè l'imposizione della mano destra del vescovo, colla forma: Accipe Spiritum sanctum etc. Gli offici del diacono sono predicare, portar la pisside, o l'ostensorio col venerabile; e di più battezzare, ed amministrare l'eucaristia; ma queste due cose non fuori di grave necessità, e non senza la licenza del vescovo, o del parroco3.

 

25. In quanto finalmente al sacerdozio, parimente (come dicemmo di sovra, e come dee tenersi in pratica) è doppia la materia, cioè l'imposizione delle mani del vescovo (ch'è la seconda imposizione ch'egli fa, quando stende le mani verso gli ordinandi insieme co' preti assistenti) colle orazioni, che allora dice, e sono la forma, Oremus, fratres carissimi etc., e la tradizione del calice col vino, e della patena coll'ostia sovra imposta colla forma: Accipe potestatem offerendi sacrificium etc. E di più la terza imposizione delle mani: Accipe Spiritum sactum, quorum remiseris peccata etc. Si avverta per 1., che dall'ordinando non solo dee toccarsi il calice, ma ancora l'ostia, ed anche la patena, dicendosi nel pontificale: Et cuppam calicis, et patenam simul tangant. Si avverta per 2., che se mai nell'ordinazione vi è occorso qualche difetto, se il difetto è stato circa le cose essenziali, cioè circa la materia, o la forma, l'ordinazione dee ripetersi; e tutta, se il difetto, o il dubbio probabile del difetto, è circa la tradizione della prima potestà sul corpo reale di


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Gesù Cristo; ma se è solo circa la seconda potestà sul corpo mistico, questa sola parte dee ripetersi. In quanto poi alle altre cose accidentali, se il difetto è di cosa leggiera, non fa bisogno ripeterla; ma se è di cosa grave, come quando si fosse lasciata l'unzione delle mani, o se il neo-presbitero non avesse dette le parole della consagrazione insieme col vescovo, allora dee supplirsi il difetto quanto prima, e dallo stesso vescovo1. In qual tempo poi debban supplirsi tali difetti, v. Esame2.

 




7 N. 14.



1 Suppl. q. 38. a. 1. ad. 2.

 



2 Istr. c. 17. n. 14-16. -Es. degli ord. n. 25-29.

 



3 Es. degli ord. n. 30.

 



4 N. 32. 33.

 



5 Istr. c. 20. n. 113.



1 Esame degli ord. n. 35. 36.

 



2 N. 38. 39.

 



3 Sess. 23. c. 11.

 



4 Cap. 14.

 



5 Es. degli ord. n. 40-42.

 



6 Sess. 23. c. 12.

 



7 C. 6.

 



8 C. 12.

 



9 Sess. 22. c. 4.



1 N. 51. v. Hic iuvat.

 



2 Sess. 3. c. 6.

 



3 Es. degli ord. n. 6.

 



4 N. 69-72.



1 Es. degli ord. n. 73.

 



2 N. 73-75.

 



3 N. 90. 91.



1 Esame degli ord. n. 92-94.

 



2 N. 94.

 






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