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S. Alfonso Maria de Liguori Consid. ed affetti sovra la Passione IntraText CT - Lettura del testo |
Testo
Dice S. Agostino non esservi cosa più utile ad acquistar la salute eterna quanto il pensare ogni giorno alle pene che Gesù Cristo ha patito per nostro amore: Nihil tam salutiferum, quam quotidie cogitare quanta pro nobis pertulit Deus Homo. 1 E prima scrisse Origene che non può certamente regnare il peccato in quell'anima che spesso considera la morte del suo Salvatore: Certum est, quia ubi mors Christi animo circumfertur, non potest regnare peccatum. 2 Rivelò inoltre il Signore ad un santo solitario, non esservi esercizio più atto ad accendere in un cuore l'amor divino che il meditare la Passione del nostro Redentore. 3 Quindi dicea il P. Baldassarre
Alvarez che l'ignoranza de' tesori che noi abbiamo in Gesù appassionato era la rovina de' Cristiani: ond'egli diceva poi a' suoi penitenti che non pensassero d'aver fatto cosa alcuna, se non giungeano a tener sempre fisso nel cuore Gesù crocifisso. 4
Le piaghe di Gesù Cristo, dicea S. Bonaventura, son piaghe che impiagano i cuori più duri ed infiammano le anime più gelate: O vulnera, così egli esclamava, corda saxea vulnerantia et mentes congelatas inflammantia! 5
Posto ciò, saggiamente scrive un dotto autore (P. Croiset sopra le Dom. tom. 3) che nulla meglio ci scovre i tesori che son rinchiusi nella Passione di Gesù Cristo, quanto la semplice storia della sua stessa Passione. Basta ad un'anima fedele, per infiammarsi nel divino amore, solamente il considerar la narrazione che ne fanno i sagri Vangeli e vedere con occhio cristiano tutto quel che il Salvatore ha sofferto ne' tre principali teatri di sua Passione, cioè nell'orto degli ulivi, nella città di Gerusalemme, e sovra il monte Calvario. 6
Son belle e buone le tante contemplazioni che sulla Passione hanno fatte e scritte gli autori divoti; ma certamente fa più impressione ad un cristiano una sola parola delle sagre Scritture che cento e mille contemplazioni e rivelazioni che si scrivono fatte ad alcune persone divote; mentre le Scritture ci assicurano che tutto ciò ch'esse ci attestano è certo con certezza di fede divina. Ed a tal fine io ho voluto qui a beneficio
e consolazione delle anime innamorate di Gesù Cristo mettere
in ordine e riferir semplicemente, con aggiungervi solo alcune brevi riflessioni ed affetti, quel che ci dicono della Passione di Gesù Cristo i sagri Vangelisti, i quali ben ci somministrano materia da meditare per cento e mille anni, e da infiammarci insieme di santa carità verso il nostro amantissimo Redentore.
Oh Dio, com'è possibile che un'anima la quale ha fede e considera i dolori e le ignominie che Gesù Cristo ha sofferte per noi, non arda per lui d'amore e non concepisca forti risoluzioni di farsi santa per non essere ingrata ad un Dio così amante? Fede ci vuole; altrimenti, se la fede non ce ne assicurasse, chi mai potrebbe credere quel che in verità ha fatto un Dio per amor nostro? Semetipsum exinanivit formam servi accipiens (Philip. II, 7). Chi mai, vedendo Gesù nato in una stalla, potrebbe credere ch'esso è quegli stesso ch'è adorato dagli angeli in cielo? Chi lo vede andar fuggiasco in Egitto per liberarsi dalle mani di Erode, credere ch'egli è l'onnipotente? Chi lo vede agonizzare nell'orto per la mestizia, crederlo felicissimo? Vederlo ligato alla colonna, appeso in un patibolo, e crederlo Signore dell'universo?
Quale stupor sarebbe vedere un re che si facesse verme, che si strascinasse per terra, che si trattenesse in un buco di loto e di là formasse leggi, creasse ministri e governasse il regno! O santa fede, svelateci chi è Gesù Cristo: chi è quest'uomo che comparisce vile come tutti gli altri uomini? Verbum caro factum est (Io. I, 14). Ci attesta S. Giovanni ch'egli è il Verbo eterno, è l'Unigenito di Dio. E quale fu la vita poi che menò in terra quest'Uomo Dio? Eccola, ce la riferisce il profeta Isaia: Et vidimus eum... despectum et novissimum virorum, virum dolorum (Is. LIII, 2 et 3). Egli voll'essere l'uomo de' dolori: Virum dolorum, il che significa che Gesù Cristo voll'essere afflitto da tutti i dolori, e che per lui non vi fu momento in cui egli stesse libero da' dolori. Fu l'uomo de' dolori e l'uomo de' disprezzi: Despectum et novissimum virorum; sì, perché Gesù fu il più disprezzato e maltrattato, come fosse l'ultimo e 'l più vile di tutti gli uomini. Un Dio legato da' birri qual malfattore! un Dio flagellato da schiavo! un Dio trattato da re di scena! un Dio che muore appeso ad un legno infame! Qual'impressione non debbon fare questi prodigi a chi li crede? E qual desiderio non debbono infonderci di patire per Gesù Cristo? Dicea San Francesco di Sales: «Tutte le piaghe
del Redentore sono tante bocche, le quali c'insegnano come bisogna patire per lui. Questa è la scienza de' santi, soffrire costantemente per Gesù Cristo, e così presto diverremo santi. E di qual amore non resteremo accesi a vista delle fiamme che trovansi nel seno del Redentore! Ed oh qual ventura potere esser bruciati dallo stesso fuoco di cui brucia il nostro Dio! e qual gioia è l'esser a Dio uniti colle catene dell'amore!» 7
Ma perché poi tanti fedeli mirano Gesù Cristo sulla croce con occhio indifferente? assistono ben anche nella settimana santa alla celebrazione della sua morte, ma senza alcun sentimento di tenerezza né di gratitudine, come si facesse memoria di cosa non vera o non appartenente a noi? Forse non sanno o non credono ciò che ci dicono i Vangeli della Passione di Gesù Cristo? Rispondo e dico che ben lo sanno e lo credono; ma non ci pensano. Eh che chi lo crede e ci pensa, non è possibile che non s'accenda ad amare un Dio che tanto patisce e muore per suo amore: Caritas Christi urget nos, scrisse l'Apostolo (II Cor. V, 14). 8 E volle dire che nella Passione del Signore non tanto dobbiamo considerare i dolori e i disprezzi ch'egli patì, quanto l'amore con cui li patì; mentre Gesù Cristo volle tanto soffrire non solo per salvarci, giacché a salvarci bastava una semplice sua preghiera, ma per farc'intendere l'affetto che ci portava, e per così guadagnarsi i nostri cuori. Eh sì, che un'anima che pensa a quest'amore di Gesù Cristo, non può far di meno di amarlo. Caritas Christi urget nos: si sentirà ella ligata e costretta quasi per forza a dedicargli tutto il suo affetto. Ed a questo fine è morto per tutti noi Gesù Cristo, acciocché tutti non viviamo più a noi, ma solo a questo amatissimo Redentore, che noi ha sagrificata la sua vita divina.
O beate voi, anime amati, dice Isaia, che spesso meditate la Passione di Gesù: Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris (Is. XII, 3). Voi da queste felici fonti delle piaghe del vostro Salvatore ritrarrete acque continue d'amore e di confidenza.
- E come mai può diffidare della divina misericordia qualunque peccatore, enorme che sia, s'egli si pente delle sue colpe, a vista di Gesù crocifisso, sapendo che l'Eterno Padre ha posti sopra di questo diletto Figlio tutt'i nostri peccati, acciocché esso li soddisfaccia per noi? Et posuit Dominus in eo iniquitates omnium nostrum (Is. LIII, 6).
Come possiamo temere, soggiunge S. Paolo, che Dio abbia a negarci alcuna grazia dopo averci donato il suo medesimo Figlio? Qui etiam proprio Filio suo non pepercit, sed pro nobis omnibus tradidit illum, quomodo non etiam cum illo omnia nobis donavit? (Rom. VIII, 32).