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S. Alfonso Maria de Liguori Del gran mezzo della preghiera IntraText CT - Lettura del testo |
Introduzione di Giuseppe Cacciatore C.Ss.R.
1. LE DUE PRIME EDIZIONI
S. Alfonso iniziò la composizione di quest'opera nel 1756 (Lettere, III, 309-310). Nei primi mesi dell'anno successivo pubblica il Breve trattato della necessità della preghiera (cfr. opera 032), nel quale presenta parte del materiale già messo insieme. Il tema che nel Gran mezzo occuperà tutta la seconda parte, qui è accennato nel § 1: l'ascetica non ancora distinta dalle sue implicazioni dommatiche. Nella II ed. dell'opuscolo (1758) S. Alfonso annunzia la prossima pubblicazione dell'opera nei termini seguenti:
Io spero tra breve dare alla luce un libro a parte di questa materia della preghiera, mentre questo mezzo, come apparisce dalle Divine Scritture, e dalla sentenza comune de' SS. Padri, e de' Teologi, egli è un mezzo assolutamente necessario per salvarci, di cui se non ci avvagliamo, è certa la nostra dannazione. E spero insieme di dimostrare in questa mentovata operetta, che la grazia di pregare è data ad ognuno, sicché niuno che si perde può avere alcuna scusa, mentre Iddio comunemente a tutti dona la Grazia di pregare attualmente senza bisogno d'altro aiuto speciale, e colla Preghiera di ottenere gli aiuti maggiori per vincere ogni tentazione, e di esercitare le virtù; onde chi si perde, si perde per mera sua colpa, perché non prega (Operette spirituali, XI ed., Napoli 1758, 11, 224-225).
In una lettera dello stesso anno all'editore di Venezia, Remondini, dà altri particolari: "Questo [libro] della preghiera è un'opera singolare, utilissima a tutti. E non solo è opera ascetica o sia spirituale, ma è opera ancora teologica, che mi costa gran fatica; poiché con questo libro confuto il sistema del P. Berti ... ; e spero che piacerà universalmente a tutti, fuorché alli Bertisti " (Lettere, III, 84). Dalle licenze di stampa chieste dall'editore di Napoli, Di Domenico, risulta che il manoscritto fu consegnato nel novembre del 1758; "finito di stampare" ai primi di marzo del '59 (Lettere, III, 90):
Del gran mezzo / della Preghiera / Per conseguire la salute eterna, e tutte / le Grazie che desideriamo da Dio / Opera / Teologico-ascetica / del Rev. Padre / D. Alfonso De' Liguori / Rettor Maggiore della Congregazione / del SS. Redentore / Utilissima per ogni genere di persone. / Divisa in due parti. / Nella I. Parte dimostrasi che la Grazia / di pregare è data a tutti; ed ivi / si tratta del Modo ordinario col / quale opera la Grazia. / In Napoli MDCCLIX. / Nella stamperia di Giuseppe Di Domenico.
In 12°; 5 ff. non numerati: (dedica "Al Verbo Incarnato"; "Dedica a Giesù ed a Maria"; Indice; Approvazioni) + testo (pp. 354) + 3 opuscoli: I. Atti divoti da farsi nella Visita al SS. Sagramento, ed alla Beatissima Vergine Maria (p. 355-360); II. Regolamento di vita di un Cristiano (p. 361-374); III. Virtù in cui dee esercitarsi un'anima per far vita perfetta (p. 375-384)
Il 5 aprile successivo S. Alfonso spedisce un esemplare dell'edizione di Napoli al Remondini per una ristampa che assicuri all'opera la massima diffusione (Lettere, III, 91, 92-93, 94-95). Il 22 maggio dello stesso anno il Remondini ottiene dai "Riformatori dello Studio di Padova" la licenza di stampa [l]. L'edizione di Venezia deve collocarsi tra i mesi di giugno - agosto:
Del gran mezzo della / Preghiera ... [come nell'ed. precedente]. In Venezia, MDCCLIX. Nella Stamperia Remondini. Con privilegio.
In –12°; 3 ff. non numerati + 278 pp. di testo + 3 Opuscoli (come nell'ediz. precedente), p. 279-308.
Il Remondini riprodusse esattamente l'ed. di Napoli; alcune mutazioni di carattere linguistico o grammaticale furono introdotte dai "pubblici correttori", nel rimanente il testo è invariato [2].
2. LA TERZA EDIZIONE
Dello stesso anno, 1759, abbiamo una terza edizione remondiniana:
Del gran mezzo / della / Preghiera ... [come nelle edd. precedenti]. In Bassano, MDCCLIX. Nella Stamperia Remondini. Con privilegio.
In 12°; pp. 263, numerate dal frontespizio. Soppressi i 3 Opuscoli delle edizioni precedenti. L'approvazione dei Riformatori dello Studio di Padova è quella dell'ed. di Venezia, 22maggio 1759.
Dovrebbe trattarsi, stando alle date, di una terza edizione pubblicata alla fine dello stesso anno o nei primi due mesi dell'anno successivo, 1760; in quest'ultimo caso il Remondini avrebbe seguito il calendario veneziano che computava l'inizio dell'anno a partire dal 1 marzo: il libro, se pubblicato tra il 1 gennaio e il 28 febbraio, poteva portare, more veneto, la data del 1759, ma in realtà, secondo l'uso odierno, 1760. È un'ipotesi. Manca, nelle Lettere di S. Alfonso, qualsiasi accenno ad una ristampa della sua opera entro questo periodo, e ciò è tanto più importante in quanto S. Alfonso, quando si trattava di aggiunte e mutazioni, si mostrava col Remondini anche troppo insistente nel richiedere assicurazioni sulla ricezione dei fogli manoscritti, di solito intercalati nelle edizioni a stampa, e sulla collocazione nei luoghi che indicava volta per volta [3].
L'edizione di Bassano differisce notevolmente dalle due precedenti; le mutazioni riguardano principalmente la Parte II, come diremo subito. A queste S. Alfonso accenna in una serie di Lettere del 1762-1763 a proposito della ristampa in un corpo unico delle sue opere spirituali, promessa dal Remondini e non realizzata. Alcuni esemplari conservati nella Biblioteca del Museo civico di Bassano sono rifusi e riordinati di mano di S. Alfonso; manca l'operetta che ci interessa [4]. Salvo ulteriori ricerche, che potrebbero condurre a risultati più precisi, riteniamo che l'edizione di Bassano debba riportarsi ad una data posteriore. Per i seguenti motivi:
1) Nella Parte II, Cap. III, S. Alfonso cita diverse volte un'opera dell'agostiniano G. L. Berti, Augustinianum systema... vindicatum. La prima citazione (cfr. ed., p. 118, 5-7), comune a tutte le edizioni, è indiretta: proviene da F. da Brescia, Cornelii Jansenii systema ... confutatum (Brixiae 1757), il quale a sua volta cita il Berti dall'ed. di Roma 1747. Nelle aggiunte all'ed. di Bassano S. Alfonso riferisce direttamente dal Berti (ed. p. 141, 142), ma dall'ed. del Remondini, Opus de theologicis disciplinis, 7 voll., Venetiis 1760 [5].
2) Secondo leggi e consuetudini dell'editoria veneta [6], un'aggiunta o mutazione apportata ad un libro dava il diritto, qualche volta anche l'obbligo a seconda dell'estensione e valore delle aggiunte, di "annotare in privilegio" le aggiunte e lo stesso libro. Risulta dai registri dei "Riformatori dello Studio di Padova" che il Remondini, per la ristampa del Gran mezzo, segui questa prassi. Troviamo, difatti [7]:
Addì 28 maggio 1763, Remondini G. B. Stampatore di Venezia.
Attesto io sottoscritto di aver veduto ed approvato quanto a' principi e buoni costumi il libro stampato con brevi aggiunte manoscritte che ha per titolo: Del gran mezzo della preghiera per conseguire la salute eterna. Opera teologico-ascetica utilissima per ogni genere di persone.
In fede di che Giacomo Dott. Rebellini
Lo stesso Registro riporta in data 23 aprile 1763 l'approvazione di Fr. Raimondo Petrelli, "Inquisitore generale del S. Officio di Vicenza".
3) Nel 1767 l'opera risultava a S. Alfonso non ristampata. Il 7 novembre di quell'anno scrive al Remondini: "Tra le mie opere, quella che ha avuto non poco applauso è quella [Del gran mezzo] della preghiera ... V. S. Ill. ma ha avuto cura di stampare altre mie opere, ma questa no ... Avrei molto a caro che la ristampasse" (Lettere, III, 310). Il 18 febbraio 1768 gli chiede "una diecina o dozzina di quel libretto del mezzo della preghiera da V. S. Ill. ma fatto stampare" (Ibid., 312). L'opera dovette essere stampata in quel periodo: fine del 1767 e inizio del 1768, perché le copie furono inviate e ricevute da S. Alfonso nell'ottobre successivo (Ibid., 322, 326, 334, 337, 339). Nel cataloghi del Remondini essa figura in quello del 1771, "2ª ed. con aggiunte"; nei successivi, dal 1772 al 1785, è indicato come anno di stampa il 1771. Si tratta di una edizione distinta? Nessun esemplare è stato rintracciato finora con quella data.
Rimane il problema: perché il Remondini si servì dell'anno 1759 e dell'approvazione dei Riformatori concessa alla I ed. di Venezia?
Probabilmente entrò in gioco la macchina dei privilegi, mossa, come si è detto, da leggi e consuetudini spesso in contrasto tra di loro. Gaspare Gozzi, "Sopraintendente alla stampa", nelle sue "Relazioni" al Riformatori riferisce usi ed episodi significativi: "Hanno un privilegio d'anni dieci: stampano tremila copie del libro privilegiato; in capo a cinque anni, a titolo d'aggiunte, ne stampano altre tremila copie: lo notano in privilegio per altri dieci anni, in effetto diventati quindici; e di là ad altri cinque ripetono. Sicché eccoli giunti a vent'anni. E cosi fanno in eterno" [8].
Da notare: 1) per i libri ascetici di piccola mole e per le ristampe di libri forestieri il privilegio era di dieci anni [9]. 2) La "notazione in privilegio" per le aggiunte era spesso una cautela che impediva al libro di diventare "comune" [10] , "ad uscita di privilegio". Tale notazione era tenuta in serbo, né v'era obbligo di renderla pubblica, per dimostrare, in caso di contestazione, l'anteriorità del primo privilegio che dava diritti di precedenza su altri concorrenti [11] o la sua continuità fino ed oltre la data della ristampa del libro con aggiunte.
È probabile che il Remondini abbia seguito questa prassi per prolungare di altri dieci anni il privilegio ottenuto nel 1759; ciò gli consentiva di porre nel frontespizio la stessa data come anno di stampa per denotare che si trattava solo di un aumento di copie della prima edizione privilegiata. La variazione "Bassano" invece di Venezia si spiega agevolmente col fatto che il Remondini, come stampatore "con macchine in terra ferma" non aveva diritto di porre "nome di Venezia alli libri stampati fuori di Venezia". Per i suoi frequenti abusi egli era stato ammonito più volte con apposite "Terminazioni" a rientrare nell'ordine. In modo speciale era stato colpito nel 1767 [12], donde la necessità di porre la giusta indicazione di Bassano, cosa che per altro osservò solo in parte e per il periodo che ritenne opportuno. In conclusione: il privilegio chiesto e ottenuto nel 1763, metteva l'editore al sicuro di fronte al pubblico "Magistrato alle stampe", mentre la data del 1759 impediva al libro di uscire di privilegio, contro altri librai che potevano e cercavano di concorrere alla ristampa. Simili espedienti erano consueti all'attività editoriale del Remondini, descritta dal Gozzi come tutt'altro che onesta e corretta.
Questi i soli elementi che permettono di giustificare il frontespizio dell'edizione di Bassano e nello stesso tempo spostarne la data tra il 1767-1768. Il Remondini non ristampò subito dopo il 1763, nel quale anno chiese ed ottenne la licenza per le aggiunte, perché intendeva riprodurre l'operetta nella collezione delle Opere spirituali di S. Alfonso [13]; il proposito, rimasto senza effetto, lo indusse, per l'insistenza dell'autore, a stampare separatamente.
La discussione sulla data non è senza importanza; si tratta di stabilire se il testo contenuto in questa edizione sia tutto il testo di S. Alfonso, con le aggiunte e variazioni che egli introdusse tra il 1759 e il 1763. In una lettera datata, "luglio 1763", scrive al Remondini: "Mando qui inclusa un'aggiunta molto importante, che va al libro della Preghiera, nel luogo già distinto a principio in questa carta. Il libro della Preghiera è la prima operetta che va al secondo tomo, secondo l'altro indice che già mandai"(Lettere, III, 173). Ciò fa supporre che l'invio dell'operetta con le aggiunte e gli spostamenti, resi necessari dal criteri adottati per la Collezione, sia anteriore; l'esemplare deve esser quello sottoposto dal Remondini all'approvazione dei Riformatori (2 maggio 1763); l' "aggiunta importante"è posteriore. Non possiamo determinare quale sia perché non abbiamo il foglio "incluso"nella lettera; ma se la data di stampa dell'edizione di Bassano è quella indicata da noi si può presumere che il Remondini l'abbia collocata nel luogo suggerito da S. Alfonso (probabilmente, ed. p. 141, 5 ss.)
Rimane, allora, che il testo di Bassano sia il testo completo e definitivo, sul quale possiamo unicamente basarci per la nostra ricostruzione.
3. LE ALTRE EDIZIONI
Esistono, oltre alle tre precedenti, alcune edizioni comparse a Napoli vivente l'autore. Importante è soltanto quella di Gianfrancesco Paci, Napoli 1761, che contiene la prima parte del Gran mezzo, testo e disposizione curati da S. Alfonso; le altre sono ristampe, più o meno corrette, dell'opera completa. Vanno divise in due categorie a seconda della parte che vi ebbe S. Alfonso:
I. Edizioni curate da S. Alfonso |
II. Ristampe indipendenti |
Napoli 1761, G. F. Paci (ed. parziale, Parte 1) " 1770 " |
Napoli 1762, C. Longobardo " 1765 " " " 1767 " " " 1770, Di Natale (?) " 1776 " " |
Si ha cosi un totale di 10 edd. comparse vivente S. Alfonso: 8 a Napoli, 2 presso il Remondini. Sullo schema precedente è da notare:
1) le edd. della colonna II riproducono servilmente quella del Di Domenico (Napoli 1759); l'approvazione è la stessa; il testo qua e là guasto per soppressioni di frasi, errori tipografici e negligenze. Nell'ed. Di Domenico, p. 237, si trova: " ... Potrebbero opporsi tutte quelle cose che dicemmo contro il Giovenino (al Cap. II, pag. 213) "; le edd. della col. II ripetono ("pag. 213") senza badare che per la diversa paginazione il rinvio non risponde più.
2) Le edd. Longobardo adoperano uno strano modo di porre l'accento su alcune parole latine, plùs minùs, magnè, ecc., affatto estraneo a S. Alfonso
3) Dell'edizione Di Natale 1770 non abbiamo alcun esemplare; ne deduciamo l'esistenza dalla licenza di stampa chiesta in quell'anno e riprodotta nell'ed. successiva, 1776. Il testo è quello del Di Domenico.
4) Le Lettere (II, 159) parlano di una ristampa dell'operetta curata da S. Alfonso nel 1770; riteniamo che si tratti di quella parziale del Paci, corretta nel testo e con qualche aggiunta che sembra suggerita dall'autore.
Da un esame comparato tra il gruppo II e il gruppo I + le tre prime edd. complete si deduce che per la ricostruzione del testo sono da escludere quelle del gruppo II perché S. Alfonso non vi ebbe alcuna parte. La ragione del fatto, riscontrabile in altre opere specialmente ascetiche, è nella libertà di cui godevano i librai. A Napoli non esisteva una legislazione sulla stampa paragonabile a quella di Venezia; una volta concessa l'approvazione, il libro, se era di piccola mole, rimaneva senza alcuna protezione; né S. Alfonso ebbe modo di contrapporre un rimedio. In molti casi non ne ebbe neanche la volontà, dato il suo costume di servirsi degli editori di Napoli per stampare un certo numero di copie, tanto per ubbidire ad una legge che proibiva di stampare fuori del Regno, e nello stesso tempo servirsi di una copia a stampa per rifare il testo da mandare a Venezia (Lettere, III, 96, 101).
Importanti quanto quella di Bassano sono le due edd. Paci, 1761, 1770. S. Alfonso parla esplicitamente della prima (Lettere, III, 132). Purtroppo abbiamo soltanto un esemplare della ristampa [14], l'edizione del '61 non è stata rintracciata; essa offre però dei vantaggi, sia per la serietà dell'editore sia perché anche questa usci assistita dall'autore. Il 9 dicembre 1770 scrive ad un amico, P. Nicola Sapio: "Le mando ... quattro libretti della Preghiera che ho ristampato" (Lettere, II, 159). Non possiamo pensare all'ed. del Di Natale, stampata da questi per conto proprio e senza le mutazioni che il Santo aveva introdotte nella prima parte (1761) e nella seconda (ed. di Bassano). Tale assistenza traspare dal frontespizio:
Del gran mezzo / della / Preghiera / Per conseguire la salute eterna, / e tutte le grazie, che desi / deriamo da Dio. / Operetta / Dell'Ill. e Rev. Monsignor / D. Alfonso de Liguori / Vescovo di S. Agata de' Goti, / e Rettor Maggiore della / Congregazione del SS. / Redentore. / in Napoli MDCCLXX. Presso Gianfrancesco Paci [15].
In 16° (cm. 10/5), pp. 92 numerate dal frontespizio. Contiene, come abbiamo detto, solo la Parte I, ascetica, ma con aggiunte e variazioni notevoli. Principale un breve riassunto (p. 26-32) della dottrina esposta nella Parte II, ritenuto necessario per dare al libretto una certa autonomia e completezza di contenuto. Lo riportiamo qui perché di importanza secondaria nella presentazione del testo integrale.
Ed. Paci (1770), p. 26, r. 22; nostra ed., p. 18, r. 2:
... non possiamo. E su questa autorità di S. Agostino sta fondata la nobil sentenza del dottissimo Card. de Noris da me seguitata, ed a lungo difesa nella mia Opera grande della Preghiera; questa sentenza sembra certamente la più adeguata, circa il modo come opera la grazia; poich'ella ben concilia, come intendasi il dire, che per osservare la Divina Legge è necessaria la grazia efficace, ed all'incontro che la grazia sufficiente veramente basta a salvar l'Uomo, che vuol salvarsi. Il predetto Porporato (Opusc. Jansen. error. calunm. sublata, C. 2. §. I) pruova di proposito, che nello stato presente ogni Uomo ha l'aiuto Sine quo, cioè la grazia ordinaria sufficiente, la quale senza bisogno di altro aiuto Divino dà il potere attualmente pregare, con che si ottiene poi la grazia efficace ad osservare i precetti: Etiam in statu naturae lapsae datur adjutorium Sine quo, secus ac Jansenius contendit; quod quidem adiutorium efficit in nobis actus debiles, nempe orationes minus fervidas pro adimplendis mandatis; in ordine ad quorum executionem, adiutorium Sine quo est tantum auxilium remotum, impetratorium tamen auxilii Quo, sive gratiae efficacis, qua mandata implentur. E soggiunge, che se colla Preghiera tepida non si giunge ad ottener la grazia efficace, almeno si ottiene la preghiera più fervorosa, e con questa si ottiene poi la grazia efficace: Colligo ipsammet orationem fieri a nobis cum adjutorio Sine quo non ac ordinario concursu Dei, cum sint actus debiles, etc., et tamen tepida oratione impetramus spiritum ferventioris orationis, qui nobis adjutorio quo donatur. E ciò lo conferma coll'autorità dello stesso S. Agostino, che sul Salmo 17. scrisse: Ego libera et valida intentione preces ad te direxi, quoniam ut hanc habere possem, exaudisti me firmius orantem. Indi pruova nello stesso luogo il lodato autore de Noris, che ciascuno ha la potenza prossima a pregare, per così impetrare colla Preghiera la potenza prossima a fare il bene; e perciò dice, che tutti posson pregare colla sola grazia ordinaria, senz'altro aiuto; altrimenti, soggiunge il savissimo Cardinale, se per aver la potenza prossima ad attualmente pregare vi bisognasse altra grazia, il Fedele sarebbe privo dell'altra potenza, che gli bisognerebbe per impetrare la grazia di pregare: Manifestum est potentiam ad orandum debere esse proximam in Justo, sive fideli, nam si fidelis sit in potentia remota ad simpliciter orandum, non haberet aliam pro impetranda oratione. La stessa sentenza è insegnata dal celebre Dionisio Petavio, il quale scrive (Theol. Dogm. to. I, l. X, c. 19 e 20), e diffusamente lo pruova, che colla sola grazia sufficiente, senz'altro aiuto, l'Uomo ben può operare, e spesso attualmente opera; giungendo ad asserire, che dire il contrario monstruosum esset, e dice che questa dottrina non è solo de' Teologi, ma della Chiesa. Onde conclude, che la grazia di osservare attualmente i precetti è effetto dell'Orazione e che questo dono dell'Orazione, cioè di poter attualmente pregare senza nuova grazia, Iddio lo dà a noi nello stesso tempo in cui c’impone i precetti. Sicchè, siccome a tutti è imposta la legge, così a tutti è dato il dono di pregare, se vogliono. Della stessa sentenza è Aberto Vabrense, che scrisse sulla Teologia de' Padri Greci, e cita per questa dottrina Du-Vallio, Gamacheo, Isamberto, Perezio, Le-Moyne, ed altri; ed asserisce, che tal dottrina era comune nella Sorbona. La stessa tiene il Tomassino con S. Bonaventura, e Scoto. La stessa tiene l'autore della Teologia ad uso del Seminario Petrocorese. Chi vuol leggere le autorità stesse di questi autori, osservi la mentovata mia Opera grande della Preghiera, ove troverà altre ragioni, ed altri testi di S. Agostino, che tutti favoriscono la detta sentenza; tra' quali ve n’è uno specialmente, ch'è troppo chiaro, e non voglio lasciare di notarlo: Eo ipso (dice il Santo) quo firmissime creditur Deus impossibilia non praecipere, hinc admonemur et in facilibus quid agamus, et in difficilibus quid petamus (S. Aug. De Natur. et Grat. cap. 69. n. 83). Sul quale testo scrive il Card. de Noris: Igitur opera facilia seu minus perfecta facere possumus, absque eo quod majus auxilium a Deo postulemus, quod tamen in difficilioribus petendum est.
I testi del Card. Noris, come anche quelli del Petau, Habert, ecc. si troveranno, con i rinvii opportuni, nella seconda parte del Gran mezzo, Cap. I e IV. Il riassunto qui riferito ha di particolare l'insistenza di S. Alfonso sulla distinzione tra opere facili e difficili, da intendersi con intelligenza. Opere facili sono gli atti incoativi e imperfetti, come il timore, la fede informe, la preghiera debole o tiepida, i quali, come effetto della grazia sufficiente, ritenuta efficace per questi atti, iniziano il processo della giustificazione, mediante il progressivo adattamento o coaptatio, secondo il linguaggio dei primi Scolastici, della grazia alla volontà e di questa a quella. Tale dottrina è mantenuta intatta nel Gran mezzo, ma l'insistenza qui ci sembra maggiore.
4. VARIANTI DI TESTO NELLE PRIME EDIZIONI COMPLETE
Se si eccettua l'edizione parziale, di cui nel § precedente, l'opera di S. Alfonso è data in due redazioni contenute rispettivamente nelle edd. Di Domenico (1759) e Remondini (Venezia 1759), invariate, e Bassano, che abbiamo studiato più sopra. La prima parte non presenta, nell'intero gruppo, varianti notevoli, salvo alcune forme grammaticali introdotte nelle edd. Remondini dai "Correttori" di Venezia; di queste sono state respinte quelle non volute da S. Alfonso o non conformi al suoi modi accertati. Le correzioni sono condotte in base alla sua grammatica e in modo speciale, per la prima parte, mediante confronti con l'ed. Paci, 1770. I quadri che seguono offrono in due colonne le redazioni del testo contenute nella prima ed. (ND), seconda (VR,) e terza (BR), aggiunto a quest'ultirna il rinvio alla nostra edizione (ed.). Riportiamo soltanto le varianti più estese della Parte II del Gran mezzo, testi soppressi o corretti, dai quali risulta un cambiamento di tono o di dottrina; per le rimanenti valgono le notazioni date volta per volta nell'apparato apposito.
Tabella delle principali varianti |
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ND, p. 154, r. 2-18; VR, p. 121, r. 12-28: Nec tamen (dice) est imperfectio ... in salutem. Nè osta quel che dice il Santo nella Somma (1, q. 23, a. 4), dove sembra voler dire che Iddio alcuni predestini alla Gloria, ed altri no, prima d'ogni prescienza di meriti; poichè ivi stesso facendosi (ad 3) la seguente obiezione: Electio quandam discretionem importat, sed vult omnes homines salvos fieri; ergo praedestinatio, quae praeordinat homines in salutem, est absque electione. E risponde così: Ad tertitim dicendum, quod sicut supra dictum est (quaest. 19, art. 5), Deus vult omnes homines salvos fieri antecedenter, quod non est simpliciter velle, sed secundum quid; non autem consequenter, quod est simpliciter velle. E nella citata questione 19 di nuovo e più distintamente dichiara l'Angelico che cosa intende per volontà antecedente, e che cosa per conseguente, dicendo così:[1] Iudex antecedenter vult omnem hominem vivere, sed consequenter vult homicidam suspendi. Similiter Deus antecedenter vult omnem hominem salvari, sed consequenter vult qnosdam damnari, secundum exigentiam suae justitiae. Neque tamen id quod antecedenter volumus, simpliciter volumus sed secundum quid, quia voluntas comparatur ad res, secundum quod in seipsis sunt, in seipsis autem sunt in particulari. Unde simpliciter volumus aliquid, secundum quod volumus illud consideratis omnibus circumstantiis particularibus, quod est consequenter velle. Ed infine conclude: Et sic patet, quod quicquid Deus simpliciter vult, fit; licet illud quod antecedenter vult, non fiat. Sicchè l'Angelico Maestro distingue in Dio due volontà, antecedente, e conseguente: coll'antecedente vuol veramente salvi tutti, nonperò non li vuol salvi semplicemente, ma secundum quid, cioè secondo le cose particolari come sono in se stesse, cioè secondo le circostanze particolari di merito o di demerito, che sono negli oggetti; colla volontà conseguente poi vuol salvi semplicemente coloro che considerate le circostanze particolari della corrispondenza alla Grazia, son degni della Gloria. Neppure osta quel che scrive s. Tommaso nell'art. 5 della medesima questione 23. part. I. dicendo che la prescienza de' meriti non è causa della predestinazione: poichè ivi distingue la Gloria che si dà per li meriti, e la Grazia che Dio dà per meritare la Gloria; e rettamente risolve che la predestinazione alla Grazia precede ogni merito; ma non dice lo stesso della predestinazione alla Gloria. E ciò il Santo già prima in altro luogo (a1) ben l'avea espressamente dichiarato con dire: [2] Circa ordinem autem praescientiae et praedestinationis, dicunt quidam, quod praescientia meritorum bonorum et malorum est ratio praedestinationis, ut scilicet intelligatur quod Deus praedestinet aliquos, quia praescit bene operaturos; et secudum hoc littera legitur: Quos praescivit conformes fieri imaginis Filii sui, hos praedestinavit. Et hoc quidem rationabiliter diceretur, si praedestinatio respiceret vitam aeternam, quae datur meritis. Cosi dice parlando della predestinazione alla Gloria; ma parlando poi della predestinazione alla Grazia, immediatamente soggiunge: Sed sub praedestinatione cadit omne beneficium salutare, ab aeterno divinitus praeparatum. Unde ponere quod aliquod meritum ex parte nostra praesupponatur, cujus praescientia sit causa praedestinationis, nihil est aliud quam gratiam ponere dari ex meritis nostris, et quod principium bonorum operum est ex nobis, et consummatio est ex Deo: ed indi siegue a parlare della Grazia. Dunque in quanto alla Grazia giustamente nega il Santo essere i meriti causa della predestinazione di quella, mentr'è certo (secondo tutti i cattolici) che Iddio dona a noi la grazia affatto gratuitamente, senza alcun riguardo, o previsione dei nostri meriti. Ma in quanto alla Gloria ben concede il Santo, che la prescienza de' meriti è la ragione così della predestinazione alla Gloria, che della condanna alla pena eterna; altrimenti non avrebbe potuto insegnare il Santo in tanti luoghi, come abbiam veduto, che Dio con vera e sincera volontà vuol salvi tutti, e ciascuno degli uomini. Ed in verità io non so comprendere, come coloro i quali vogliono, che Dio senz'altro riguardo a' meriti abbia eletti alcuni alla Gloria, ed altri esclusi, possano poi dire che Esso voglia salvi tutti; se non intendano pure che questa volontà di Dio, non sia vera e sincera, ma più presto metaforica: non intendo, dico, come possa mai asserirsi, che Dio voglia tutti gli Uomini salvi, e partecipi della Gloria, quando da Esso la maggior parte di loro fossero stati già antecedentemente ad ogni loro demerito esclusi dalla Gloria, quando all'incontro la sentenza dell'Apostolo è assoluta, e decretoria: Deus vult omnes homines salvos fieri; le quali parole nel senso proprio spiegano, che Dio veramente vuol salvi tutti; essendo per altro regola comunemente ricevuta da tutti, che le parole della Scrittura non si debbano storcere a senso improprio, se non nel solo caso che il senso litterale ripugna alla fede o ai buoni costumi. E questo è quel che volle dire S. Bonaventura, scrivendo così: Dicendum quod, cum Apostolus dicat, quod Deus vult omnes homines salvos fieri, necesse habemus concedere quod Deus velit (a2) [3].
Ma passiamo a vedere altri testi che comprovano lo stesso ...
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BR, p. 114, r. 32; ed. p. 83, r. 16-23: Nec tamen (dice) est imperfectio... in salutem.
E nella citata questione 19 di nuovo e più distintamente dichiara l'Angelico che cosa intende per volontà antecedente, e che cosa per conseguente, dicendo così: Iudex antecedenter vult omnen hominem vivere, sed consequenter vult homicidam suspendi. Similiter Deus antecedenter vult omnem hominem salvari, sed consequenter vult quosdam damnari, secundum exigentiain suae justitiae.
Io non intendo qui di riprovar la sentenza, che vuol la predestinazione alla Gloria avanti la previsione dei meriti; dico solo che non so comprendere, come coloro, i quali voglion che Dio senza alcun riguardo a' meriti abbia eletti alcuni alla Vita eterna, ed altri esclusi, possan poi persuadersi, ch'Esso voglia salvi tutti; se pur non intendano, che questa volontà di Dio non sia vera e sincera, ma più presto una volontà ipotetica, e metaforica. Non intendo, dico, come mai possa asserirsi, che Dio voglia tutti gli Uomini salvi, e partecipi della Gloria, quando da Esso la maggior parte di loro fossero stati già antecedentemente ad ogni lor demerito da questa Gloria esclusi.
BR, p. 115, r. 27 ss; ed. p. 84, r. 1: Dice Petavio in difesa della sua sentenza contraria ... chi lo prega (p. 118, r. 15; ed. p. 85, r. 19). Ma ritorniamo al nostro punto, che Dio con sincera volontà voglia salvi tutti. Vediamo altri testi che comprovano lo stesso ...
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ND, p. 169, r. 25; VR p. 133, r. 22: om.
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BR, p. 125, r. 14; ed. p. 90, r. 3-4: colla condizione nonperò della nostra corrispondenza.
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ND, p. 124, r. 19-20; VR, p. 176, r. 18-2o:
la grazia rimota di poter pregare, o almeno di pregare come si dee.
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BR, 162-163, r. 29-30, 1-2; ed. p. 117, r. 11-12: la grazia rimota di pregare come si dee, o di pregare in qualunque modo. |
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ND, p. 262, r. 17; VR, 209, r. 16: om. E parlando delli due sistemi ... |
BR, p. 192-194, r. 29-30; ed. p. 136, (r. 6), p. 137, r. 28:
Né vale a dire, altro essere il sistema di Giansenio ... superare. Pertanto il Tournely parlando dei due sistemi ... |
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ND, p. 269, r. 17-20; VR, p. 211, r. 27-30: la volontà creata è potenza per se stessa passiva, onde per venire all'atto dell'opera è necessario che sia mossa da Dio. |
BR, p. 196, r. 15-19; ed. 138, r. 27-30: la volontà creata è potenza passiva, essendo nella potenza di ricevere la mozione della grazia; onde per venire all'atto dell'opera è necessario che sia mossa da Dio. |
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ND, p. 272, r. 5-6; VR, p. 211, r. 27-28: Prima supponebat (gratiam) expeditam et liberam, ... |
BR, p. 198, r. 6-7; ed. p. 140, r. 2: Prima supponebat (potentiam) expeditam et liberam, ... |
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ND, p.272, r. I5-I7;VR, p. 214, r. 6-8: .. tal grazia inferiore debba dirsi propriamente grazia parva ed inefficace, e non già sufficiente. |
BR, p. 198, r. 16-18; ed. p. 140, r. 9: ... tal grazia inferiore debba dirsi propriamente grazia inefficace, e non già sufficiente |
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ND, p. 274-276; VR, p. 215-216: ... non intendo come tale opinione possa accordarsi colle Autorità delle Scritture: Fidelis autem Deus est, qui non patietur vos tentari supra id quod potestis. 1. Cor. 10. 13. Quid est quod debui ultra facere vineae meae, et non feci? Isa. 5. 3. Vos semper Spiritui Sancto resistitis. Act. 7. 51. E come possa accordarsi colle dottrine de' SS. Padri, e specialmente di S. Agostino di sopra riferito; e come finalmente accordarsi colla ragione, mentre io non vaglio a capire, come Iddio, anche nello stato presente della Natura caduta, ma riparata già soprabbondantemente da Gesù Cristo coll'opera dell'Umana Redenzione, negando egli la potenza compita e prossimamente spedita (la quale se non è compita, non sarà mai vera e libera potenza), e per conseguenza non concedendo a molti la grazia sufficiente neppure in atto primo per osservare i precetti imposti, o almeno per mettere i mezzi (com'è l'Orazione) per li quali possano almeno mediatamente ottenere lo aiuto maggiore a poterli adempire, possa poi giustamente pretendere da essi l'osservanza de' medesimi, e possa giustamente castigarli se non l'osservano. |
BR, p. 200-205; ed. p. 141, r. 5 ss: ... non intendo, come le proposizioni del P. Berti si accordino insieme, ... ut possis. |
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ND, p. 303, r. 1; VR, p. 238, r. 10: om. |
BR, p. 224, r. 15-23; ed. p. 157; r. 6-11: Dello stesso modo risponde Tournely ... fieri posset. |
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Note relative alle varianti [1] 24-33/1-9. Da TOURNELY, Praelect. theol., Venetiis 1739, I, 463-464. [2] 39-44/1-19. Da TOURNELY, op. cit., 1, 600-622. [3] 11-26. Da TOURNELY, op. cit., I, 500-512. (a1) S. Tom., In epist. ad Rom, 8, 29, Lect. 6. (a2) S. Bonav. I Sent. Dist. 46. a. I. qu. I. |
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5. VALORE COMPARATIVO DELLE VARIANTI
Le due redazioni differiscono sostanzialmente:
1) sul tema della predestinazione alla gloria, P. II, Cap. 1, Prelim. 1,
2) nella critica del sistema agostiniano del P. Berti, P. II, Cap. III.
Le altre varianti contengono precisazioni di dottrina o di espressione.
1. Sul primo tema S. Alfonso aveva sostenuto l'opinione della predestinazione alla gloria post praevisa merita; autore preferito il Tournely, dal quale derivava i testi e il metodo positivo-scolastico. L'argomento generale, costituito dalla dottrina della volontà salvifica di Dio sincera e universale, e dalla nozione tomistica di volontà antecedente e conseguente, rimane anche nella seconda redazione. La definizione data da s. Tommaso nel Commentario alle Sentenze, 1, dist. 46, q. 1, a. 1, è posta a confronto con la Somma, I., q. 19 a. 6, e unificata: "L'Angelico è stato fermo nel dichiarare che cosa intendeva Egli per volontà antecedente, e che cosa per conseguente". Per S. Alfonso non può sostenersi cattolicamente che la volontà antecedente di Dio di salvar tutti sia un actus suspensus o una volontà metaforica, una pura velleità equivalente ad una nozione astratta; al contrario: è una volontà reale ed effettiva, come reale ed effettiva è la volontà manifestatasi nel fatto della Redenzione. Oltre al testi di s. Tommaso, S. Alfonso riferisce l'autorità di s. Bonaventura. Non sappiamo se egli abbia avuto sotto mano i grandi teologi della prima scolastica, presso i quali la nozione qui difesa era una nozione comune: la dimostrazione di S. Alfonso richiede un completamento di prove. Su di essa, intanto, egli stabilisce l'esistenza di una grazia sufficiente universale, efficace ed operativa, ma relativa e fallibile nei primi gradi, tale, cioè, che risponda alle condizioni temporali degli individui.
Non egualmente sicura dovette sembrargli la deduzione della predestinazione alla gloria post praevisa merita. Nella seconda redazione, difatti, il proposito di una dimostrazione scolastica di quella conclusione è abbandonato; subentra un atteggiamento più cauto: i testi della Somma di s. Tommaso, riportati dal Tournely, soppressi o raccorciati, mentre si fa innanzi il metodo storico-positivo suggerito da una lettura più attenta del Petau, del quale, col metodo, riferisce considerazioni e larghi estratti dal De Theologicis dogmatibus, I, Lib. X, Cap. III. Con questi S. Alfonso crede che, al di là della Scrittura e della Tradizione, non sia possibile una dimostrazione speculativa del mistero il quale, appunto perché mistero, ci obbliga soltanto a piegare le ginocchia adorando e pregando; ma in atteggiamento vigile e attivo, come se nulla ci fosse di irrimediabilmente fisso e determinato, ma tutto posto nelle nostre mani e nella grazia che è data a tutti: "Io non intendo qui di riprovar la sentenza, che vuol la predestinazione alla gloria avanti la previsione dei meriti; dico solo che non so comprendere ... ; poiché del resto, essendo questo affare della Predestinazione un arcano sì profondo ... dobbiamo sottometterci al volere del Signore ... confidando sempre nelle sue infallibili promesse di esaudire e salvar chi lo prega".
Con questa affermazione, che non è rinunzia ma presa di posizione contro l'astrattismo della seconda Scolastica, S. Alfonso si apre la via verso la grande teologia della prima Scolastica, intuita, più che vista, nel suo atteggiamento fondamentale, fatto di rispetto del mistero e di religiosità umile e attiva. Si ha l'impressione in più, che la sua opera acquista maggiore unità e coerenza di contenuto. E di metodo, giacché essa si muove costantemente sul terreno positivo della Scrittura e della Tradizione.
2. Un secondo gruppo di varianti (P. II, Cap. III) riguarda il sistema dell'agostiniano G. L. Berti (+ 1766). S. Alfonso si era interessato alle opere maggiori del Berti, Opus de theologicis disciplinis e Autgustinianum systema de gratia ... vindicatum (cfr. più avanti, N. 6) fin dal 1757: "Ho letto la Difesa che fa di sè il P. Berti, dove si difende a meraviglia. Ma con tutto ciò la sua Teologia non lascia di esser pericolosa in farla leggere ai giovani. Voglio meglio osservare la Teologia in fonte " (Lettere, III, 684). Non hanno importanza i suoi riferimenti allo scritto di Mons. Yse de Saléon contro Berti e Belelli: il suo giudizio è indipendente.
La prima redazione del Gran mezzo contiene l'esposizione della dottrina del Berti sulla "dilettazione relativamente vittrice" e la sua nozione di grazia sufficiente che il Santo ritiene inaccettabile. Il giudizio negativo è notato solo con le parole: "Io non intendo come una tale opinione possa accordarsi colle autorità delle Scritture ... e colle dottrine de' Ss. Padri, e specialmente di S. Agostino". La seconda redazione, notevolmente più estesa, presenta uno sviluppo polemico dovuto certamente ad un dissenso opposto alla sua critica. Chi sia l'oppositore, non sappiamo. Nelle opere del Berti manca qualsiasi accenno allo scritto di S. Alfonso, e tuttavia è lecito pensare che questi intenda rispondere allo stesso Berti. Dalla corrispondenza di quest'ultimo col Remondini risulta che egli ebbe in omaggio, il 13 ottobre 1759, "due libri ascetici del P. Ligorio" [16], stampati dal Remondini in quell'anno [17]. Il 31 marzo 1764, durante la nota polemica col Patuzzi, S. Alfonso scrive al comune editore di Venezia: "Io molto stimo il P. Patuzzi e P. Berti, perchè sono uomini veramente dotti, ma solamente Iddio e la Chiesa sono infallibili" (Lettere, III, 205). S. Alfonso risponde evidentemente ad alcune critiche dei due avversari trasmesse per lettera dal Remondini. Non è escluso che, oltre alla Morale bersagliata dal Patuzzi, sia stato preso di mira, da parte del Berti, il Gran mezzo della preghiera. Dal carteggio del Remondini con S. Alfonso, Patuzzi e Berti si rileva che egli, per agevolare il suo commercio librario, trasmetteva all'uno e all'altro dei suoi scrittori i "fogli ", oggi diremmo i "sedicesimi ", dei loro scritti polemici via via che si stampavano in modo da accelerare le repliche ed alimentare il lavoro della sua tipografia. In tal modo S. Alfonso e il Patuzzi poterono pubblicare i loro scritti dopo aver letto punto per punto il manoscritto avversario [18]. Non abbiamo la lettera nella quale il Remondini comunica a S. Alfonso le critiche del Berti, ma possiamo arguire che sulla Morale di S. Alfonso dovette riversarsi un risentimento provocato nell'agostiniano, probabilmente fin dal 1759, dalle riserve avanzate sul suo sistema; mezzo di trasmissione come al solito, il comune editore, Remondini.
6. LA BIBLIOGRAFIA DEL "GRAN MEZZO"
Sulle fonti della Parte I abbiamo accennato altrove [19] con particolare riguardo alle condizioni d’ambiente, storiche e letterarie, che influirono sulla formazione del pensiero di S. Alfonso. Gli elenchi che seguono comprendono l’intero gruppo delle fonti del Gran mezzo, Parte I e II; intero, per quanto è possibile, giacché qualche opera, certamente presente oltre alle enumerate, ci sfugge. Le edizioni sono per lo più quelle utilizzate da S. Alfonso e da noi poste a profitto nella costituzione del testo; in mancanza delle prime segniamo con un * l’edizione da noi usata.
PARTE PRIMA
Fonti dirette
L. LESSIO, De justitia et jure, Venetiis 1734 *.
P. COLLET, Continuatio praelectionujm theologicarum H. Torneley, I-IX in 12°, II, De virtute religionis, P. II, c. II, De oratione.
L. HABERT (+1718), Theologia dogmatica et moralis, IV, I-VIII in 12°, Venetiis 1747, De virtute religionis, c. IV, De oratione.
G. B. SCARAMELLI S. J. (+1752), Direttorio ascetico, I-II, Venezia 1753.
A. RODRIGUEZ S. J. (+1644), Esercitio di perfettione, Venetia 1686.
(P. DU SAULT, + 1716), Avvisi e riflessioni sopra le obbligazioni dello stato religioso, I-II Venezia 1730, 1735, 1740, 1780*.
P. SEGNERI S. J. (senior, 1694). Il cristiano istruito nella sua legge, vol. III delle Opere, Venezia 1742*.
G. SARNELLI (+ 1744), Il mondo santificato, Napoli 1740.
G. B. SAINT-JURE S. J. (+1637), Erario della vita cristiana, e religiosa o vero l’arte di conoscere Christo Giesù, e di amarlo, I-VI Venezia 1700. Trad. dal francese: De la connaissance et de l’amour du Fils de Dieu N. S. J. C., Douai 1639.
G. ALVAREZ DE PAZ (+1620), Opera, I-III in f., Lugduni 1608-1617, III, De oratione.
GIUSEPPE MANSI, Bibliotheca morali praedicabilis, I-IV in f., Venetiis 1703.
T. LOHNER S. J., Instructissima bibliotheca manualis concionatoria, I-VI in f., Venetiis 1738.
L. DI GRANATA, Sylva locorum communium, Lugduni 1592*.
G. LOPEZ O. P., Epitome SS. Patrum per locos communes, I-IV, Venetiis 1605.
BEYERLINCK L., Promptuarium morale, Coloniae Agrippinae 1634.
A. SOFFIETTI S. J., La misericordia impegnata al sollievo dell’enime penanti nel purgatorio, Venezia 1729.
S. TERESA D’AVILA, Opere, I-II, Venezia 1739; Lettere, I-II, Venezia 1739.
S. FRANCESCO DI SALES, Opere, I-II, Venezia 1735.
Fonti implicite:
P. M. PETRUCCI (+ 1701), Lettere e Trattati spirituali e mistici, I-II, Jesi 1676-1678, Venezia 1679, 1681, 1685
PARTE SECONDA
Fonti dirette:
O. TOURNELY (+ 1739), Praelectiones theologicae, I-V, Venetiis 1739, I e III. - Compendium Theologiae ad usum seminariorum, I-VII Venetiis 1758.
D. PETAU S. J. (Petavius, + 1652), De theologicis dogmatibus, I-VII in f., Venetiis 1757, I e III.
G. B. GONET (+ 1681), Clypeus theologiae thomisticae, I-V in f., Antuerpiae 1744*
V. L. GOTTI (+ 1742), Theologia scholastico-dogmatica iuxta mentem Divi Thomae Aquinatis, I-XV in 4°, Bononiae 1727-1735*.
(R De Serre), Theologia speculativa et dogmatica ad usum seminarii petrocorensis, I-III, Patavii 1735.
C. SFONDRATI (+ 1696), Nodus praedestinationis ex Sacris Litteris, doctrinaque SS. Augustini, et Thomae, quantum homini licet, dissolutus. Romae 1696*, 1698.
M. GRANDIN (+ 1691), Opera theologica, I-VI in 4°, Parisiis 1710-1712. I voll. III e VI contengono Disputationes theologicae ad opera M. G. di C. Duplessis-D'Argentré.
A. BOUCAT (+ 1718), Theologia Patrum dogmatica scholastico-positiva, I-V in 8°, Venetiis 1736.
FORTUNATO DA BRESCIA 0. M. C. (+ 1754), Cornelii Jansenii Yprensis Episcopi systema de gratia Christi methodice expositum et theologice confutatum, Brixiae 1757.
G. SAENZ DE AGUIRRE (+ 1699), S. Anselmi Episcopi cantuariensis theologia, I-III in f., Romae 1690.
L. THOMASSIN (+ 1695), Dogmata theologica, I-III in f., Parisiis 1689.
L. DI GRANATA (+ 1588), Opera, I-III in f., Coloniae Agrippinae 1628, III, Conciones.
G. JUÉNIN, Institutiones theologicae, I-II, Lugduni 1736.
(YSE DE SALÉON), Jansenismus redivivus in scriptis PP. FF. Belelli et Berti, s. 1., 1744.
G. BONTEMPI (+ 1672), Palladium theologicum, I-VII in f., Lugduni 1676-1677.
G. L. BERTI (+ 1766), Opus de theologicis disciplinis, Romae 1745-1747, Venetiis 1760.
E. NORIS, Opera, Veronae 1729, II, Jansenii erroris calumnia sublata.
S. R. BELLARMINO, Opera, Lugduni 1721, IV, De gratia et libero arbitrio.
Probabili:
I. HABERT (+ 1668), Theologiae graecorum Patrum circa universam materiam de gratia vindicatae, Libri III, Parisiis 1647.
CORNELIO GIANSENIO (+ 1639), Augustinus, Rotomagi 1643.
Fonti indirette:
F. ZUMEL (+ 1607), In primam partem S. Thomae Commentaria, Salmanticae 1594.
D. NUÑEZ DE CABEZUDO (+ 1614), Commentaria ac disputationes in tertiam partem S. Thomae, Venetiis 1612.
P. DE LEDESMA (+ 1616), Tractatus de divinae gratiae auxiliis, Salmanticae 1611.
D. BAÑEZ O. P. (+ 1604), Scholastica commentaria in I partem D. Thomae, Lugduni 1588.
J. GRAVESON O. P. (+ 173 3), Opera, Venetiis 1740, VI, Epistolae.
J. H. SERRY O. P. (+ 1738), Praelectiones theologicae, Venetiis 1742.
F. GAMACHE (Gamachaeus, + 1625), Summa theologica, Parisiis 1627.
N. YSAMBERT (+ 1642), Commentaria in S. Thomae summam, Parisiis 1639.
G. DU PERRON (+ 1618), Réplique à la réponse du Roy de la Grande Brétagne, Paris 1620, Liv. IV, Obs. III.
A. LE MOYNE, De dono orandi, Parisiis 1650.
A. DUVAL (+ 1638), Commentaria in Summam S. Thomae, Parisiis 1636.
B. PEREIRA (+ 1610), Selectae disputationes in S. Scripturam, I-III. in f., Lugduni 1602-1606, II, In Epist. ad Rom., 2, 4.
B. MEDINA O. P. (+ 1581), Scholastica commentaria in I-II S. Thomae, Coloniae Agrippinae 1619.
F. MACEDO (+ 1681), Scrinium divi Augustini de praedestinatione, gratia et libero arbitrio, Londini 1644.
- Cortina divi Augustini, Parisiis 1648.
A. DE BOURZEIS (+ 1672), In nomine Domini, Parisiis 1649.
LESCIO CRONDERMO (= Celso Cerri), Cornelii Jansenii Episcopi Yprensis Augustinus sol in eclipsi, Coloniae 1705.
D. SOTO O. P. (+ 1560), De natura et gratia, Lugduni 1581.
A. VEGA O. F. M. (+ 1560), Tridentini decreti de justificatione expositio et defensio, Compluti 1564.
M. FELISIUS (Cats, + 1576), Institutionis christianae catholica et erudita elucidatio, Antuerpiae 1575.
E. DI GAND, Aurea quodlibeta. Commentariis illustrata M. Vitalis Zuccolii Patavini, Venetiis 1613, II, Q. VIII.
GOFFREDO DI FONTAINE (+ 1303 c.), Le Quodlibet V, VI, VII de Godefroid de Fontaine, Louvain 1914, ed. M. De Wulf - I. Hoffmans, nella coll. "Les philosophes belges", III, Quod. VII, Q. X.
R. PULLEYN (Pullus, + 1153), Sententiarum Libri VIII, PL 186, 894.
PIETRO Di TARANTASIA (+ 1276), Innocentii Quinti Pont. Max. ... In IV Libros sententiarum, Tolosae 1652.
RICCARDO DI S. VITTORE (+ 1173), De eruditione interioris hominis; De statu interioris hominis, PL 196, 1281-1282; 1122, 1133.
7 . DIPENDENZA DALLE FONTI E INDIPENDENZA DI GIUDIZIO
1. Importanti, per una prima valutazione dell'opera di S. Alfonso, sono le fonti dirette; da esse si deducono i termini cronologici, sei-settecento, della letteratura utilizzata e il carattere proprio di questa onde si differenzia la prima dalla seconda parte, ascetica e teologia. Mancano, nelle nostre rassegne, a) le Vite dei Santi che non possono, a rigore, considerarsi come fonti, salvo casi particolari, come l'Autoblografia di s. Teresa, nella quale la narrazione biografica è soltanto appoggio o esperienza vissuta di una dottrina; b) talune enumerazioni d'autorità, poste, secondo una maniera tipica di S. Alfonso, a conferma di un punto di dottrina, ma derivate dalle fonti dirette.
Alcuni autori, Tournely, Petau, Gotti, Sfondrati, presenti in tutta l'opera, figurano come fonti della seconda parte perché qui essi danno il loro contributo più esteso. In particolare è da notare:
Nei riferimenti S. Alfonso si attiene generalmente agli autori consultati; da ciò deriva una maggiore esattezza nella seconda parte del Gran mezzo, dove il materiale patristico è fornito da teologi o eruditi che leggono direttamente i Padri nelle migliori edizioni allora disponibili. Non così nella prima parte; sebbene S. Alfonso abbia fissato in essa punti di dottrina molto importanti, come la necessità assoluta o di mezzo della preghiera nell'opera della salvezza, la sua esposizione rimane essenzialmente ascetica e riflette in gran parte la sua predicazione. Conseguente all'indole è la documentazione, dovuta per lo più a fondi eruditi di scarsa pretesa dottrinale, Biblioteche, Sentenziari, ecc. o asceti che prendono dalle vaste raccolte del Sei-settecento [20]: testi inesatti, attribuzioni erronee, riferimenti da opere spurie si trovano nelle fonti immediate; sono da attribuire a S. Alfonso alcuni equivoci di lettura dovuti alle edizioni del tempo non sempre curate in modo da distinguere la parafrasi dell'autore da un testo riferito.
Alla prima categoria appartengono:
ed. p. 24, r. 9-19: pseudo lettera di s. Cirillo (+ 386) a s. Agostino sui miracoli di s. Girolamo (+ 420) |
Mansi, Lohner, i quali riferiscono da Dionisio Cartusiano |
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p. 34, r. 5, testo di Teodoreto, inesistente. |
Rodriguez. |
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p. 42, r. 21-22, testo di F. Toleto attribuito a s. Ambrogio. |
Lohner. |
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p. 56, r. 32-33, testo di G. Perauld, attribuito a s. Tommaso. |
Saint-Jure. |
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p. 69, r. 24-25, testo della Glossa. |
Mansi, Lohner. |
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p. 78, r. 8-10, notizie storiche non attendibili. |
Tournely. |
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151, r. 4, "il Professore Elia", errore di lettura. |
Boucat. |
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Sono da attribuire a S. Alfonso: |
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p . 20, r. 14, fusione di testi diversi |
Primasio-Tournely |
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p. 38, r. 26, " " " |
s. Giov. Crisost-Habert |
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p. 63, r. 15, " " " |
s. Basilio-Sfondrati |
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p. 65, r. 5-6, " " " |
s. Giov. Crisost.-Habert |
|
p. 67, r. 29/1, " " " |
s. Agostino-Habert |
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p. 149, r. 25/1-3, " " " |
Medina-De Serre |
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Per quanto riguarda il valore attribuito al singoli autori si può notare facilmente la selezione operata da S. Alfonso.
Nella Parte I, autori principali sono: L. Habert, Rodriguez, Segneri, Scaramelli, Sarnelli, Mansi, Lohner. Secondari: Alvarez de Paz, Bayerlinck, Du Sault, ecc. La lettura di G. Lopez è soltanto probabile.
Nella Parte II, principali: Petau, Tournely, Sfondrati, Fortunato da Brescia, Gotti, De Serre. Secondari: Grandin, Gonet, Duplessis-D'Argentré, Thomassin, Boucat. ecc.
2. Il modo tenuto da S. Alfonso nella valorizzazione delle fonti è quello da noi segnalato nella nostra Introduzione generale. Le osservazioni ivi fatte (p. 220-224) sulla prima parte del Grati mezzo valgono anche per la seconda, teologia posta al di sopra della prima come suo tema generale o derivante da essa con un procedimento che dalla conclusione risale alla premessa. S. Alfonso si muove fra i teologi del Sei-settecento; non molti, veramente, né interrogati in quel che hanno di più esteso sul problema della grazia, onde la nuda enumerazione lascia l'impressione generica di una scarsità di mezzi che lo pongono al di sotto dei ponderosi volumi dei suoi informatori. Se si eccettua il Petau, al quale S. Alfonso chiede il meglio delle sue prove, gli altri sono consultati più o meno frequentemente soltanto su quei punti che lo interessano. Lo stesso Tournely, che nella prima redazione dell'opera ebbe le prime parti, passa, nella redazione definitiva, in seconda linea. La concordanza fra le due teologie è parziale. Al Tournely mancò, nonostante certa sua apparenza erudita, una coscienza storica esatta del problema, fisso come era nella formulazione che di essa aveva dato la seconda Scolastica. S. Alfonso ha una sua posizione da porre in chiaro e difendere. Ciò si fa evidente, tra l'altro, dall'atteggiamento che egli assume di fronte ad alcuni autori. "Il Cardinal Gotti in un luogo della sua Teologia par che da noi non dissenta... Che se poi ciò non l'intende cosi l'Eminentissimo Gotti, certamente così l'intende S. Francesco di Sales" (ed. p. 152). La selezione è anche ricerca avviata verso una direzione determinata.
Si può vedere negli elenchi da noi forniti che egli mette insieme alcuni teologi del cinque-settecento con altri che appartengono a correnti anteriori: Goffredo di Fontaine, Roberto Pulleyn (Pullus), Enrico di Gand, Pietro di Tarantasia ecc. È un saggio e un rinvio, suggerito certamente dai brani riassuntivi che egli legge nei suoi informatori: contro le apparenze incerte, quei teologi, e gli altri ai quali si ricollegano, costituiscono il suo vero terreno, da s. Bernardo ai Vittorini, Ugo e Riccardo, ad Alessandro di Hales alla corrente di s. Bonaventura alla dottrina più certa di s. Tommaso. Questo fatto, che potrebbe sembrare un po' singolare, si fa invece chiaro e dimostrabile solo che si istituisca un confronto tra la posizione di S. Alfonso e la teologia di quei teologi; in altri termini, tra S. Alfonso e la prima Scolastica.
Altra conclusione deducibile dal nostri elenchi e dalla cronologia da essi segnata è questa: non ha senso la denominazione di "sistema sorbonico-alfonsiano" che di solito si dà nel manuali alla dottrina di S. Alfonso; i suoi autori sono altri e diversi né d'altra parte si sa nulla dell'esistenza di un sistema proprio alla Sorbona, al quale S. Alfonso si sarebbe accostato.
Inoltre: esiste una corrente tomistica oggi rimessa in luce e ridata come unica corrente rimasta fedele all’Angelico sulkla dottrina della grazia e della predestinazione: Gonzalez de Albelda, Bancel, Massoulié, Reginaldo, Gonet, almeno in gran parte, ed altri [21]. Questi teologi, ad eccezione dell’iltimo, mancano in S. Alfonso. Non si può parlare, dunque, di un accostamento al loro tomismo, per il semplice motivo che s. Alfonso non ne ebbe sentore. La concordanza generica su alcuni punti, come la nozione di grazia sufficiente, intrinsecamente efficace, ma di una efficacia progressiva, cioè relativa e fallibile nei primi gradi, è spiegabile con il atto che quei teologi sono soltanto tributari di un insegnamento che li precede e li sovrasta. Anche qui la loro lettura basta a convincere che essi provengono dai grandi della prima Scolastica, s. Tommaso compreso, il quale, sul tema della grazia, è il riflesso più netto e sobrio della dottrina agostiniana. Il più netto, non il solo. Con lui sono da riprendere e rileggere i suoi grandi predecessori e contemporanei, nei quali è ancora vivo S. Agostino, con il suo metodo psicologico-descrittivo e con la dottrina che non scruta il mistero inscrutabile, ma lo espone e lo fa storia; storia effettiva che noi operiamo di ora in ora, non noi soli, ma Dio con noi.
In conclusione: è escluso che S. Alfonso abbia avuto sotto mano tutti i teologi al quali si riferisce la sua dottrina; rimane ciò nonostante la forza del suo intuito che attraverso poche letture lo trasportò di scatto nel cuore di una teologia che ebbe nei secc. XII e XIII le sue espressioni maggiori.
Riassumendo:
1. Il testo del Gran mezzo della preghiera ha come base l'edizione di Bassano, terza delle edizioni complete, stando al frontespizio ma da porre, secondo le nostre ricerche, ad una data posteriore. Tra le varianti che risultano dal confronto tra questa e le precedenti, Di Domenico, Napoli 1759, Remondini, Venezia 1759, Paci, Napoli 1761 (nella ristampa del 1770), abbiamo accettato soltanto quelle introdotte certamente da S. Alfonso. Sono stati respinti alcuni adattamenti linguistici dovuti ai "Correttori" di Venezia, dove essi non rispondono agli usi accertati dell'autore.
La prima parte è stata anche confrontata con l'ed. Paci (1761), nella ristampa del 1770
Per l'ortografia, punteggiatura e forme grammaticali valgono in generale i risultati raggiunti dagli studi precedenti e consegnati nella nostra Introduzione generale. A questo scopo è stato ivi riprodotto, in appendice al Cap. I (105-115), il testo della "grammatica" di S. Alfonso, Alcuni brevi avvertimenti per la lingua toscana. Le norme fissate in questo scritto, composto intorno al 1750, non sono, tuttavia, definitive, dato il costume di S. Alfonso di rivedere di continuo e variare il suo testo secondo forme che gli apparivano via via più corrette.
Con gli stessi criteri è stata condotta è edizione degli opuscoli, Della necessità della preghiera e Avvertimenti necessari. Nessuna variazione negli scritti sulla speranza e sull'orazione mentale, ridati integralmente secondo i manoscritti originali.
2. L'apparato delle Note comprende: in primo piano e in corsivo le Note di S. Alfonso poste, nel solo Gran mezzo, a piè di pagina; negli altri scritti i rinvii sono nel testo, sciolti o tra parentesi. Seguono, in caratteri quadri, le varianti di testo.
In secondo piano sono distribuite: l'indicazione delle fonti e, separate dallo spazio di un rigo, le citazioni redatte sulle edizioni che interessano volta per volta; il rinvio al Migne o alla collezione CSEL è dato quando le redazioni si rispondono; negli altri casi sono state richiamate edizioni proprie.
Abbiamo dato le fonti in un piano distinto perché da esse, a nostro giudizio, l'opera di S. Alfonso riceve la sua configurazione storica e letteraria. Le indicazioni ivi fornite valgono, naturalmente, per gli studiosi; saranno invece da sopprimere in una eventuale editio minor destinata al popolo.
Introduzione di
Giuseppe Cacciatore
in S. Alfonso, Opere ascetiche, vol.2, Roma 1962, Edizioni di Storia e Letteratura, pp. X-XLII
------------------- NOTE ----------------
[l] Venezia, ARCHIVIO DI STATO, Riformatori dello Studio di Padova, Filza 341, Mandati di licenze per stampe, N. 46. Le licenze dell'inquisitore del S. Ufficio, G. P. Zapparella, e del Pubblico revisore, G. F. Pivati, nella Filza 313, rispettivamente, N. 46, 8 maggio e 12 maggio.
[2] Cfr. la nostra Introduzione generale, 76.
[3] Lettere di S. Alfonso, III, nn. 81-88, al Remondini, p. 132-146. Nella Lettera 88, a p. 146 scrive: "La prego intanto ad avvisarmi se ha ricevute tutte queste aggiunte, che l'ho inviate in tre lettere ed in tre volte".
[4] Cfr. Introduzione generale, 54-58.
[5] Dal carteggio Berti-Remondini, conservato nella Biblioteca e Archivio del Museo civico di Bassano, si ricava che il De theol. discipl., con le Apologie fu terminato di stampare alla fine del 1760; l'autore ricevette le prime copie il 15 febbraio 1761: Bassano, Arch. cit., Epistolario Remondini, III, 28, 630.
[6] GASPARE GOZZI, Prose critiche e letterarie, II, Stato dell'arte degli stampatori e librai nello Stato veneto, 410.
[7] Venezia, Archivio di Stato, fondo cit., Filza 315, N. 893.
[8] G. Gozzi, op. cit., 463.
[9] ID., ibid., 413-414
[10] Un libro uscito di privilegio diventava "comune", cioè, poteva essere stampato da chiunque.
[11] Gozzi, ibid., 454.
[12] ID., ibid,, 456. Sull'attività del Remondini, accusato di usurpazioni, peculato ecc., vedi la Relazione del Gozzi del 6 giugno 1780, Intorno alla Stamperia Remondini, 477-495.
[13] Introduzione generale, 19-35; 51-59.
[14] Si conserva nel Collegio S. Luigi, dei PP. Gesuiti, in Napoli, Biblioteca della Facoltà teologica di Posillipo.
[15] Nel frontespizio interno: Die 20 Mensis Augusti 1770. Reimprimatur.
[16] Bassano del Grappa, Arch. del Museo civico, Epist. Remondini, III, 28, 622.
[17] Il Remondini stampò nel 1759 il Gran mezzo e L'Apparecchio alla morte.
[18] Bassano, Epist. cit., XVII, 17, 4805, 4808 ss., passim. S. Alfonso, Lettere, III, 205, 212, 214, 215, ecc.
[19] Introduzione generale, 220-224.
[20] Cfr. Introd. gen., 145 ss.
[21] P. MARIN SOLA, El sistema tomista sobre la moción divina, in "La ciencia tomista", XXXII (1925), 1-54; ibid., an. 1926, Respuesta a algunas objeciones.
OPERE DI INFORMAZIONE
S. ALFONSO, Lettere, I-III, Roma 1887
- Theologia moralis, I-1V, ed. Gaudé, Romae 1905-1912.
- Opera dogmatica, I-II, ed. A. Walter, Romae 1903.
- 0euvres complètes, I-XVIII (opere ascetiche), trad. di L.-J. Dujardin, Tournai 1856-1878
- Opere ascetiche, Edizioni originali.
O. GREGORIO, G. CACCIATORE, D. CAPONE, S. Alfonso, Opere ascetiche, Introduzione generale, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1960.
M. DE MEULEMEESTER, Bibliographie générale des écrivains rédemptoristes, I-III, Louvain 1933-1939.
A. TANNOIA, Della vita ed istituto del Ven. Servo di Dio D. A. M. d. L., I-III, Napoli 1798-1802.
G. Gozzi, Prose critiche e letterarie, scelte ed annotate da N. Tommaseo, I-II, Napoli 1879.
E. DEKKERS, Clavis Patruin latinorum, Steenbrugis 1951.
P. GLORIEUX, Pour revaloriser Migne, in "Mélanges de scienece religieuse ", IX (1952), Cahier suppl.
ARCHIVIO GENERALE DEI REDENTORISTI, Inediti di S. Alfonso Roma.
Venezia. ARCHIVIO DI STATO, Riformatori dello Studio di Padova.
Bassano del Grappa. ARCHIVIO E BIBLIOTECA DEL MUSEO civico, Epistolario Remondini.
SIGLE
NP = Napoli, Paci.
NM= Napoli, Migliaccio.
ND = Napoli, Di Domenico.
VR = Venezia, Remondini.
BR = Bassano, Remondini
agg. = aggiunge
om. = omette.