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S. Alfonso Maria de Liguori Del gran mezzo della preghiera IntraText CT - Lettura del testo |
CAPO II - DEL VALORE DELLA PREGHIERA
Sono sì care a Dio le nostre Preghiere, ch'Egli ha destinati gli Angeli a presentargliele, subito che quelle da noi gli vengono fatte.
Angeli, dice S. Ilario, praesunt Fidelium Orationibus, et eas quotidie Deo offerunta 1. Questo appunto è quel sagro fumo d'incenso, cioè le Orazioni de' Santi, che vide S. Giovanni ascendere al Signore, offertogli per mano degli Angeli, Apoc. cap. 82. Ed altrove (ibid. cap. 5.) scrive il medesimo S. Apostolo che le preghiere de' Santi son come certi vasetti d'oro, pieni di odori soavi, e molto graditi a Dio. Ma per meglio intendere quanto vagliano appresso Dio le Orazioni, basta leggere nelle Divine Scritture le innumerabili promesse, che fa Dio a chi prega, così nell'antico, come nel nuovo Testamento: Clama ad me, et exaudiam te. Jer. 33. 3. Invoca me, et eruam te. Ps. 49. 15. Petite, et dabitur vobis; quaerite, et invenietis; pulsate, et aperietur vobis. Matth, 7. 7. Dabit bona petentibus se. Matth. 7. 11. Omnis enim qui petit accipit, et qui quaerit invenit. Luc. Il. IC. De omni re, quamcumque petierint, fiet illis a Patre meo. Matth. 18. 19. Omnia quaecumque orantes petitis, credite, quia accipietis, et evenient vobis. Marc. Il. 24. Si quid petieritis me in nomine meo hoc faciam. Jo. 14. 14. Quodcumque volueritis, petetis, et fiet vobis. Jo. 15. 7. Amen, amen dico vobis: si quid petieritis Patrem in nomine meo dabit vobis. Jo. 16. 23. E vi sono mille altri testi consimili, che per brevità si tralasciano.
Iddio ci vuol salvi, ma per nostro maggior bene ci vuol salvi da vincitori. Stando dunque in questa vita, abbiamo da vivere in una continua guerra, e per salvarci abbiam da combattere, e vincere. Nullus sine victoria poterit coronari, dice S. Gio. Grisostomob 3. Noi siam molto deboli, ed i Nemici son molti, ed assai potenti: come potremo loro
far fronte, e superarli? Animiamoci, e dica ciascuno, come dicea l'Apostolo: Omnia possum in eo qui me confortat. Philip. 4. 13. Tutto potremo coll'Orazione, per mezzo di cui ci darà il Signore quella forza, che noi non abbiamo. Scrisse Teodoreto, che l'orazione è onnipotente; ella è una, ma può ottenere tutte le cose: Oratio, cum sit una, omnia potest4. E S. Bonaventura asserì, che per la Preghiera si ottiene l'acquisto d'ogni bene, e lo scampo da ogni male: Per ipsam impetratur obtentio omnis boni, et liberatio ab omni malo5. Dicea S. Lorenzo Giustiniani, che noi per mezzo della Preghiera ci fabbrichiamo una Torre fortissima, dove saremo difesi e sicuri da tutte le insidie e violenze de' Nemici: Per Orationis exercitium secum arcem erigere valet homo c 6. Son forti le potenze dell'Inferno, ma la Preghiera è più forte (dice S. Bernardo) di tutti i Demoni: Oratio Daemonibus omnibus praevaletd 7. Sì, perché coll'Orazione acquista l'Anima l'aiuto Divino, che supera ogni potenza creata. Così si animava Davide ne' suoi timori: Io (dicea) chiamerò il mio Signore in aiuto, e sarò liberato da tutti i Nemici: Laudans invocabo Dominum, et ab inimicis meis salvus ero. Ps. 17. 4. In somma dice S. Gio. Grisostomo: Magna armatura precatio, tutela, portus, et thesauruse 8. L'Orazione è un'arme valevole a vincere ogni assalto de'
Demoni; è una difesa, che ci conserva in qualunque pericolo; è un porto che ci salva da ogni tempesta; ed è un tesoro insieme, che ci provvede d'ogni bene.
Dio conoscendo il gran bene, che apporta a noi la necessità di pregare, a questo fine (come si disse nel Capo I.) permette, che siamo assaliti da' Nemici, acciocché gli domandiamo l'aiuto, ch'Egli ci offerisce, e ci promette. Ma quanto si compiace, allorché noi a Lui ricorriamo ne' pericoli, altrettanto gli dispiace il vederci trascurati nel pregare. Siccome il Re, dice S. Bonaventura, stimerebbe infedele quel Capitano, che trovandosi assediato nella Piazza, non gli cercasse soccorso: Reputaretur infidelis, nisi expectaret a Rege auxilium f 9, così Dio si stima come tradito da colui, che vedendosi insidiato dalle tentazioni, non ricorre a Lui per aiuto: mentr'Egli desidera, e sta aspettando, che gli si domandi, per soccorrere abbondantemente. Ben ciò lo dichiarò Isaia, allorché da parte di Dio disse al Re Achaz, che gli avesse domandato qualche segno, affin di accertarsi del soccorso, che 'l Signore volea dargli: Pete tibi signum a Domino Deo tuo. Isa. 7. 11 13. L'empio Re rispose: Non petam, et non tentabo Dominum. Io non voglio cercarlo, perché non voglio tentare Dio. Ciò lo disse, perché confidava nelle sue forze di vincere i Nemici, senza l'aiuto Divino. Ma il Profeta indi lo rimproverò: Audite ergo Domus David, numquid parum vobis est molestos esse hominibus, quia molesti estis et Deo meo? Significandoci con ciò, che rendesi molesto, ed ingiurioso a Dio, chi lascia di domandargli le grazie, che 'l Signore gli offerisce.
Venite ad me omnes, qui laboratis, et onerati estis, et ego reficiam vos. Matth. 11. 28. Poveri figli miei, dice il Salvatore, che vi trovate combattuti da' Nemici, ed oppressi dal peso de' vostri peccati, non vi perdete d'animo, ricorrete a Me coll'Orazione, ed io vi darò la forza da resistere, e darò riparo a tutte le vostre disgrazie. In altro luogo dice per bocca d'Isaia: Venite, et arguite me (dicit Dominus), si fuerint peccata vestra ut coccinum, quasi nix dealbabuntur. Is. 1. 18. Uomini (dice) ricorrete a Me, e benché aveste le coscienze assai macchiate, non lasciate
di venire, e vi do licenza anche di riprendermi (per così dire), se mai dopo che farete a me ricorso, Io non farò colla mia grazia, che diventiate candidi come la neve. Che cosa è la Preghiera? Udiamo il Grisostomo: Oratio est fluctuantibus anchora, pauperum thesaurus, morborum curatio, custodia sanitatisg 10. La Preghiera è un'ancora sicura a chi sta in pericolo di naufragare: è un tesoro immenso di ricchezze a chi è povero, è una medicina efficacissima a chi è infermo, ed è una custodia certa a chi vuol conservarsi in sanità. Che fa la Preghiera? Udiamo S. Lorenzo Giustiniani: Placat Deum, postulata reportat, adversarios superat, immutat hominesh 11. L'Orazione placa lo sdegno di Dio, che perdona a chi con umiltà lo prega; ottiene la grazia di tutto ciò, che si domanda, supera tutte le forze de' Nemici: in somma muta gli Uomini da ciechi in illuminati, di deboli in forti, da peccatori in santi. Chi ha bisogno di luce, la domandi a Dio, e gli sarà data: subito ch'io son ricorso a Dio, disse Salomone, Egli mi ha conceduta la sapienza: Invocavi, et venit in me spiritus sapientiae. Sap. 7. 7. Chi ha bisogno di fortezza, la chieda a Dio, e gli sarà donata: subito ch'io ho aperta la bocca a pregare, disse Davide, ho ricevuto da Dio l'aiuto: Os meum aperui, et attraxi spiritum. Psalm. 118. 134. E come mai i santi Martiri acquista-
rono tanta fortezza da resistere a' Tiranni, se non coll'Orazione, che ottenne loro il vigore da superare i tormenti, e la morte?
Chi s'avvale in somma di questa grand'arme dell'Orazione, dice S. Gio. Grisostomo: Nescit mortem, relinquit terras, Caelos intrat, convivit Deoi 12. Non cade in peccato, perde l'affetto alla Terra, entra a dimorar nel Cielo, e comincia sin da questa vita a godere la conversazione di Dio. Che serve dunque ad angustiarsi taluno col dire: Chi sa s'io sono scritto o no al libro della Vita? Chi sa se Dio mi darà la grazia efficace, e la perseveranza? Nihil solliciti sitis, sed in omni oratione, et obsecratione, cum gratiarum actione, petitiones vestrae innotescant apud Deum.
Che serve, dice l'Apostolo, a confondervi in queste angustie e
timori? Via discacciate da Voi tutte queste sollecitudini, che ad altro non vagliono, che a scemarvi la confidenza, e a rendervi più tepidi, e pigri a camminar per la via della salute. Pregate, cercate sempre, e fate sentire le vostre Preghiere a Dio, e ringraziatelo sempre delle promesse che v'ha fatte, di concedervi i doni che bramate (sempre che glieli cercate), la grazia efficace, la perseveranza, la salute, e tutto quel che desiderate. Il Signore ci ha posti nella battaglia a combattere con Nemici potenti, ma Egli è fedele nelle sue promesse, né sopporta, che
Noi siam combattuti più di quel che vagliamo a resistere: Fidelis autem Deus est, qui non patietur vos tentari supra id quod potestis. 1. Cor. 10. 13. È fedele, poiché subito soccorre chi l'invoca. Scrive il Dotto Eminentissimo Cardinal Gotti, che 'l Signore non già è tenuto per altro a darci sempre una grazia, che sia eguale alla tentazione; ma è obbligato, quando siam tentati, e a Lui ricorriamo, di somministrarci per mezzo della grazia (che a tutti tiene apparecchiata, ed offerisce) la forza bastante con cui possiamo attualmente resistere alla tentazione: Tenetur
Deus, cum tentamur, nobis ad Eum confugientibus per gratiam a Deo paratam et oblatam vires adfuturas praebere, et qua possimus resistere, et actu resistamus; omnia enim possumus in Eo, qui nos confortat per gratiam, si humiliter petamusl 13. Tutto possiamo col Divino aiuto, che si dona a ciascuno che umilmente lo chiede; onde non abbiamo scusa, allorché noi ci facciamo vincere dalla tentazione. Restiamo vinti solo per nostra colpa, perché non preghiamo. Coll'Orazione ben si superano tutte le insidie e forze de' Nemici: Per Orationem cuncta noxia effugantur14, scrisse
Dice S. Bernardino da Siena, che la Preghiera è un'Ambasciatrice fedele, ben nota al Re del Cielo, e solita d'entrare sin dentro al suo gabinetto, e di piegare colla sua importunità l'animo pietoso del Re concedere ogni soccorso a noi miserabili, che gemiamo fra tanti combattimenti e miserie in questa valle di lagrime:15 Est Oratio Nuncius
fidelissimus, notus Regi, qui cubiculum Regis adire, et qui importunitate pium Regis animum flectere, et laborantibus opem impetrare solitus estn. Ci assicura ben anche Isaia, che quando il Signore sente le nostre Preghiere, subito si muove a compassione di noi, e non ci lascia molto piangere, ma nello stesso punto ci risponde, e ci concede quanto gli domandiamo. Plorans nequaquam plorabis, miserans miserebitur tui, ad vocem clamoris tui, statim ut audierit, respondebit tibi. Is. 30. 19. Ed in altro luogo parla il Signore per bocca di Geremia, e di noi lagnandosi dice: Numquid solitudo factus sum Israeli, aut terra serotina? Quare ergo
dixit Populus meus: Recessimus, non veniemus ultra ad te? Jer. 2. 31. Perché (dice Iddio) voi dite, che non volete più ricorrere a Me? forse la mia Misericordia è terra sterile per voi, che non sappia darvi alcun frutto di grazie? o terra tardiva, che renda il frutto molto tardi? Con ciò il nostro amoroso Signore volle darci ad intendere, ch'Egli non lascia mai di esaudire, e di subito esaudire le nostre Preghiere, e con ciò vuol anche rimproverar coloro, che lasciano di pregarlo per diffidenza di non essere esauditi.
Se Dio ci ammettesse ad esporgli le nostre suppliche una volta il mese, pur sarebbe un gran favore. I Re della Terra danno udienza
poche volte l'anno, ma Dio dà sempre udienza. Scrive il Grisostomo, che Dio sta continuamente apparecchiato a sentire le nostre Orazioni; né si dà mai caso, ch'Egli essendo pregato come si dee, non esaudisca chi lo prega: Deus paratus continue ad vocem Servorum suorum est, nec unquam ut oportet vocatus non obaudivito 16. E altrove dice, che quando noi preghiamo Dio, prima che terminiamo di esporgli le nostre suppliche, Egli già n'esaudisce: Semper obtinetur, etiam dum adhuc oramus17.
Anzi di ciò ne abbiamo la promessa di Dio medesimo: Adhuc illis loquentibus, ego audiam. Is. 65. 24. Il Signore, dice Davide, sta vicino ad ognun che lo prega, per compiacerlo, esaudirlo, e salvarlo: Prope est Dominus, omnibus invocantibus eum; omnibus invocantibus eum in veritate (cioè come si dee). Voluntatem timentium se faciet, et deprecationem exaudiet, et salvos faciet illos. Psal. 144. 19. Ciò era quello, di cui gloriavas Mosè dicendo: Non est alia Natio tam grandis, quae habeat deos appropinquantes sibi; sicut Deus noster adest cunctis obsecrationibus nostris Deuter 4. 7. I Dei de' Gentili eran sordi a chi l'invocava, perché eran misere creature, che niente poteano; ma il nostro Dio, che può tutto, non è già sordo alle nostre Preghiere, ma sta sempre vicino a chi lo prega e pronto a concedere tutte le grazie che gli domanda: In quacunque die invocavero te, ecce cognovi, quoniam Deus meus es. Psal. 55. 1118. Signore (diceva il Salmista) in ciò ho conosciuto esser Voi il mio Dio tutto Bontà, e Misericordia, in vedere che sempreché a Voi ricorro, subito Voi mi soccorrete.
Noi siamo poveri di tutto, ma se domandiamo, non siamo più poveri. Se noi siam poveri, Dio è ricco; e Dio è tutto liberale, dice l'Apostolo, con chi lo chiama in aiuto: Dives in omnes, qui invocant illum. Rom. 10. 12. Giacché dunque (ci esorta S. Agostino) abbiam che fare con un Signore d'infinita potenza, e d'infinita ricchezza; non gli cerchiamo cose picciole e vili, ma domandiamogli qualche cosa di grande: Ab Omnipotente petitis, aliquid magnum petite19. Se uno cercasse al Re una vil moneta, un quattrino, costui par che farebbe al Re un disonore. All'incontro noi onoriamo Dio, onoriamo la sua Misericordia e la sua Liberalità, allorché vedendoci così miseri come siamo ed indegni d'ogni beneficio, gli cerchiamo nondimeno grazie grandi20, fidati alla Bontà di Dio, ed alla sua Fedeltà, per la promessa fatta di concedere a chi lo prega qualunque grazia che gli domanda: Quodcumque volueritis petetis, et fiet vobis. Jo. 15. 7. Dicea S. Maria Maddalena de' Pazzi21, che
'l Signore si sente così onorato, e tanto si consola quando gli cerchiamo le grazie, che in certo modo Egli ci ringrazia, poiché così allora par che noi gli apriamo la via a beneficarci, ed a contentare il suo genio, ch'è di far bene a tutti. E persuadiamoci, che quando noi cerchiamo le grazie a Dio, Egli ci dà sempre più di quello, che gli domandiamo. Si quis indiget sapientia, postulet a Deo, qui dat omnibus affluenter, nec improperat. Jac. 1. 5. Così dice S. Giacomo, per dinotarci che Dio non è come gli Uomini avaro de' suoi beni; gli Uomini, ancorché ricchi, ancorché pii e liberali, se dispensano limosine, sempre sono stretti di mano, e per lo più donano meno di ciò che loro si domanda, perché la loro ricchezza, per quanto sia grande, sempre è ricchezza finita; onde quanto più danno, tanto più lor viene a mancare. Ma Dio dona i suoi beni, quando è pregato, affluenter, cioè colla mano larga, dando sempre più di quello che gli si cerca, perché la sua ricchezza è infinita; quanto più dà, più gli resta che dare. Quoniam tu Domine suavis, et mitis, et multae misericordiae omnibus invocantibus te. Psal. 85. 5. Voi, mio Dio, dicea Davide, siete troppo liberale e cortese con chi v'invoca; le misericordie che Voi gli usate, son tutte abbondanti, che superano? le sue dimande.
In questo dunque ha da consistere tutta la nostra attenzione, in pregare con confidenza, sicuri che pregando si apriranno a nostro favore tutt'i tesori del cielo. Hoc studeamus (il Grisostomo), et aperiemus nobis Caelum22. L'Orazione è un tesoro, chi più prega, più ne riceve. Dice S. Bonaventura, che ogni volta che l'Uomo ricorre divotamente a Dio colla Preghiera, guadagna beni, che vagliono più che tutto il Mondo: In quacumque die lucratur homo oratione devota plus, quam valeat totus Mundusp 23. Alcune Anime divote impiegano gran tempo in leggere, e meditare, ma poco attendono a pregare. Non ha dubbio, che la Lezione spirituale, e la Meditazione delle Verità eterne sieno cose molto utili; ma assai più utile, dice S. Agostino, è il pregare; nel leggere, e meditare noi intendiamo i nostri obblighi, ma coll'Orazione
otteniamo la grazia di adempirli: Melius est orare quam legere; in lectione cognoscimus quae facere debemus, in oratione accipimus quae postulamusq 24. Che serve conoscere ciò che siamo obbligati a fare, e poi non farlo, se non per renderci più rei innanzi a Dio? Leggiamo, e meditiamo quanto vogliamo, non sodisfaremo25 mai le nostre obbligazioni, se non chiediamo a Dio l'aiuto per adempirle.
E perciò riflette S. Isidoro, che in niun altro tempo il Demonio più s'affatica a distoglierci col pensiero delle cure temporali, che quando si accorge che noi stiamo pregando, e cercando le grazie a Dio: Tunc magis Diabolus cogitationes ingerit, quando orantem aspexeritr 26. E perché? Perché vede il Nemico, che in niun altro tempo noi guadagniamo più tesori di beni celesti, che quando oriamo. Il frutto più grande dell'Orazione mentale questo è, il domandare le grazie a Dio, che ci bisognano per la perseveranza, e per la salute eterna. Per questo principalmente l'Orazione mentale è moralmente necessaria all'Anima per conservarsi in grazia di Dio, perché se la persona non si raccoglie in tempo della Meditazione a domandare gli aiuti, che le son necessari per la perseveranza27, non lo farà in altro tempo; poiché senza meditare non penserà al bisogno, che ha di chiederli. All'incontro chi ogni giorno fa la sua Meditazione, ben vedrà i bisogni dell'Anima, i pericoli in cui si trova, la necessità che ha di pregare; e così pregherà, ed otterrà le grazie, che lo faranno poi perseverare e salvarsi. Dicea parlando di sé il P. Segneri28, che a principio nella Meditazione egli più si tratteneva in fare affetti che in preghiere, ma conoscendo poi la necessità, e l'immenso utile
della Preghiera, indi in poi per lo più, nella molta Orazione mentale ch'egli faceva si applicava a pregare.
Sicut pullus hirundinis, sic clamabo, dicea il divoto Re Ezechia. Is. 38. 14.
I pulcini delle rondini non fanno altro che gridare, cercando con ciò l'aiuto, e l'alimento alle loro madri. Così dobbiamo far tutti, se vogliamo conservarci la vita della Grazia, dobbiamo sempre gridare, chiedendo a Dio soccorso, per evitare la morte del peccato, e per avanzarci nel suo santo Amore. Riferisce il P. Rodriguez29, che i Padri antichi, i quali furono i nostri primi Maestri di spirito, fecero consiglio fra di loro, per vedere qual fosse l'esercizio più utile, e più necessario per la salute eterna, e risolsero esser il replicare spesso la breve Orazione di Davide: Deus in adjutorium meum intende. Lo stesso (scrive Cassiano)30 dee fare chi vuol salvarsi, dicendo sempre: Dio mio aiutami, Dio mio aiutami. Questo dobbiamo fare dal principio, che ci svegliamo la mattina, e poi seguitarlo a fare in tutti i nostri bisogni, ed in tutte le applicazioni, in cui ci troviamo, così spirituali, come temporali, e più specialmente poi quando ci vediamo molestati da qualche tentazione, o passione. Dice S. Bonaventura, che alle volte più presto si ottiene la grazia con una breve preghiera, che con molte altre opere buone: Quandoque citius brevi oratione aliquis obtinet, quod piis operibus vix obtinerets 31. Soggiunse S. Ambrogio, che chi prega, mentre prega, già ottiene; poiché lo stesso pregare è ricevere: Qui petit a Deo, dum petit, accipit; ipsum namque petere est acciperet 32. Quindi scrisse S. Grisostomo, che non
vi è più potente di un uomo che prega, Nihil potentius homine oranteu 33; perché costui si rende partecipe della potenza di Dio. Per salire alla perfezione, dicea S. Bernardo, vi bisogna la meditazione, e la Preghiera34: colla meditazione vediamo quel che ci manca, colla preghiera riceviamo quel che ci bisogna: Ascendamus meditatione, et oratione; illa docet quid desit, haec ne desit obtinet35.
Il salvarsi in somma senza pregare è difficilissimo, anzi impossibile (come abbiam veduto) secondo la divina providenza ordinaria; ma pregando, il salvarsi è cosa sicura, e facilissima. Non è necessario per salvarsi andare tra gl'Infedeli a dar la vita; non è necessario ritirarsi ne' deserti a cibarsi36 d'erbe. Che ci vuol a dire: Dio mio aiutami, Signore assistimi, abbi pietà di me? vi è cosa più facile di questa? e questo poco basterà a salvarci, se saremo attenti a farlo. Specialmente esorta S. Lorenzo Giustiniani a sforzarci di fare orazione almeno in
principio di qualunque azione: Connitendum est, ut in primordio saltem cujusque operis dirigatur oratio37. Attesta Cassiano38, che i Padri antichi esortavano sommamente il ricorrere a Dio con brevi ma spesse preghiere. Niuno faccia poco conto (dicea S. Bernardo) della sua orazione, giacché ne fa conto Iddio, il quale o ci dona allora ciò che cerchiamo o ciò ch'è più utile per noi: Nemo parvipendat orationem suam, quia Deus non parvipendit eam... aut dabit quod petimus, aut quod novit utiliusv 39. Ed intendiamo, che se non preghiamo, per noi non v'è scusa, perché la grazia di pregare è data ad ognuno; in mano nostra sta l'orare sempre che vogliamo, come di sé parlando dicea Davide: Apud me oratio Deo vitae meae, dicam Deo, susceptor meus es. Ps. 41. 9-10. Di questo punto se ne parlerà a lungo40 nella Seconda parte, in cui farò chiaro
abbastanza, che Dio dona a tutti la grazia di pregare; acciocché pregando possano poi ottenere tutti gli aiuti, anche abbondanti, per osservare la Divina Legge, e perseverare sino alla morte. Per ora dico solamente, che se non ci salveremo, tutta la colpa sarà la nostra, e solo per noi mancherà, perché non avremo pregato.
[5-6.] S. ILARIO, Comm. in Matth., c. 18, n. 5: «Fidelium orationibus pracesse angelos, absoluta auctoritas est»; PL 9, 1020.
[5-6.] Testo riassunto, TEODORETO, Historia religiosa, c. 16: «....varios omnisque generis morbos uno curari medicamento. Medici enim unicuique morbo exhibent conveniens medicamentum. Sanctorum autem deprecatio est commune omnium morborum remedium»; PG 82, 1418, così anche nelle edd. anteriori delle opere di Teodoreto, Parisiis 1555 ecc.
[7-8.] S. BONAV., Comm. in Luc., II, 3; Opera ed. Quaracchi, VII, 279.
[13.] Ps.-s. BERNARDO (ma TOMMASO DA FROIDMONT; GLORIEUX,. 184), De modo bene vivendi, c. 49: «Oratio daemonibus omnibus malis praevalet»; PL 184, 1272.
[18-19.] Testo riassunto, di provenienza dubbia: s. GIOV. CRISOST., Hom. XXX in Gen.: «Magna arma sunt preces, magna securitas, magnus thesaurus, magnus portus, tutissimus locus»; PG 53, 279-280; nell' ed. cit. di Basilea, V, Hom. 41 ad Pop. anthioch., 185 (B): «armis itaque nobis opus est, magna vero armatura oratio». S. EFREM, Ser. 96, De oratione: «Magna enim vero armatura oratio, thesaurus indeficiens, divitiae numquam exhaustae, portus tranquillus», Opera, graece et latine, Romae 1732-1746, III, 455.
[11.] Ps.-s. BONAV. (ma GUGLIELMO DI LANICIA), Diaeta salutis, Tit. 2, c. 5, Opera, Lugduni 1668, VI, 283; sull' autore cfr. nell' ed. di Quaracchi vol. VIII, Prol., c. III, art. II, n. 8, CXI.
[4-5.] S. GIOV. CRISOST., Hom. de consubstantiali contra Anomoeos (VII), n. 7; PG 48, 766.
[9-10.] S. LOR. GIUSTINIANI, De perfectionis gradibus, c. 12, Opera, ed. cit., 607.
[23-24.] S. PIER CRISOLOGO, Sermo 43, De oratione, jejunio et eleemosina: «Per haec Elias nescit mortem, relnquit terras...»; PL 52, 321.
[25.] Ps.-S. AGOST. (ma PAOLINO d'AQUILEIA, sec. VIII; GLORIEUX, n. 40), De salutaribus documentis, c. 28: «Per orationes piissimas... cuncta noxia effugantur»; PL 40, 1057.
[31/1-2] S. BERNARDINO DA SIENA, Serm. VI, In die rogationum, Opera, ed. Quaracchi, VII, 79-80; s. Bernardino cita da s. Bernardo; cfr. PL 183, 764.
[23-24.] S. GIOV. CRISOST., Hom. 55 in Matth., ed di Basilea cit., II, 315: «Deus autem paratus continue ad suorum vocem servorum est, nec unquam ut oportet vocatus, non obaudivit»; trad. diversa nella PG 58, 538-539 (Hom. 54. al. 55 in Matth.)
[23.] S. AGOST., In Ps. 62, n. 14; PL 36, 755.
[22-23.] S. GIOV. CRISOST., Hom. 36 in Acta Apost., n. 3; PG 60, 261.
[26-27.] S. BONAV., De perfectione vitae ad sorores, c. V, ed. Quaracchi, VIII, 117: «Homo.... una hora lucratur plus orando, quam....».
[1-2.] Sentenza oratoria composta di passi diversi: Ps.-s. BERNARDO (ma TOMMASO DI FROIDMOT), De modo bene vivendi, c. 50: «Melius est orare, quam legere.... Nam per lectionem discimus quid facere, quid cavere, quo tendere debeamus»; PL 184-1272; ID. (ma GUIGONE IL CARTUSIANO; GLORIEUX, n. 184), Scala claustralium, c. 2: «Lectio inquirit, meditatio invenit, oratio postulat»; cfr. anche c. X,; PL 184, 476, 481: la prima parte da S. ISIDORO DI SIVIGLIA, Sententiarum Lib. III, c. VIII, n. 1-2; PL 83, 679.
[9-10.] S. ISIDORO, op. cit., lib. III, c. VII, n. 11: «Tunc autem magis diabolus cogitationes curarum saecularium humanis mentibus ingerit, quando orantem aspexerit»; PL 83, 674.
[18-19.] Ps.-s. BONAV. (ma DAVIDE DA AUGUSTA), De profectu religiosorum, lib. II, c. 65, Opera, ed. di Lione, VII, 603; manca nell' ed. di Quaracchi.
[20-22.] Cit. del LOHNER, loc. cit., n. 66: «S. Ambros. Epist. 84 ad Demet.». «Qui petit a Deo....» come nel t.: sono parole di Fr. TOLETO, In sacrosanctum Joannis Evangelium commentarii, Romae 1588, in c. XVI, Ann. XXXVI, 291: «Magnum ergo est bonum oratio quae Deo fit, et hoc non ex nobis, sed ex Deo; ut docte notat Ambro, epist. 84 ad Demetriadem, est enim Deus qui nos facit petere. Unde fit, ut nemo petat a Deo sine fructu..... At petitio Deo facta fructus est magnus, et qui petit a Deo, dum petit accipit: ipsum namque petere est accipere». Toleto cita da Divi Ambrosii episcopi mediolanensis Omnia Opera, Parisiis 1539, Ad virginem Demetriadem..... Epistola 84, f. 187v (L-M). Dell' Epist. sono soltanto le parole da noi sottolineate. Per il testo cfr. PL 55, 178-179 (tra le opere di s. Leone Magno); per l' autore, DEKKERS, Clavis, n. 529.
[1.] S. GIOV. CRISOST., Hom. 57 (al 58) in Matth., n. 4; PG 58, 563.
[15-16.] S. LOR. GIUSTIN., Lignum vitae, Tr. XIII, De oratione, c. 6, Opera, ed. cit. 74.
[16-17.] CASSIANO, De coenobiorum institutis, lib. II, c. X; PL 49, 100.
[20-21.] S. BERN., In quadrag., Serm. 5, n. 5; PL 183, 180.