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S. Alfonso Maria de Liguori Del gran mezzo della preghiera IntraText CT - Lettura del testo |
CAPO III - DELLE CONDIZIONI DELLA PREGHIERA
Amen, amen dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis. Jo. 16. 23. E promessa dunque di Gesù Cristo, che quanto in nome suo domanderemo al Padre, tutto il Padre ci concederà; ma sempre s'intende, quando domanderemo colle dovute condizioni. Molti (dice S. Giacomo) cercano, e non ottengono perché malamente cercano: Petitis, et non accipitis, eo quod male petatis. Jac. 4.. Onde S. Basilio seguendo il detto dell'Apostolo dice: Ideo quandoque petis, et non accipis, quia perperam postulasti, vel infideliter, vel leviter, vel non conferentia tibi, vel destitistia 1. Infideliter, cioè con poca fede, o sia poca confidenza. leviter, con poco desiderio di aver la grazia. Non conferentia tibi, cercando beni non giovevoli alla salute. Vel destitisti, senza perseveranza. Pertanto S. Tommaso riduce a quattro le condizioni richieste nella Preghiera, acciocch'ella ottenga il suo effetto: cioè che l'Uomo domandi Pro se, necessaria ad salutem, pie, et perseveranterb 2.
La prima condizione dunque della Preghiera è, che si faccia pro se; poiché l'Angelico tiene che un Uomo non può impetrare agli altri ex condigno la vita eterna, e per conseguenza neppure quelle grazie, che s'appartengono alla loro salute: mentre la promessa (come dice) sta fatta non per gli altri, ma solamente a coloro che pregano: Dabit vobis. Ma ciò non ostante, vi sono molti Dottoric 3 che tengono l'opposto, appoggiati sull'autorità di S. Basilio, il quale insegna, che l'Orazione in virtù della Divina promessa ha infallibilmente il suo effetto,
anche per gli altri per cui si prega, purché gli altri non vi mettano positivo impedimento. E si fondano sulle Scritture: Et orate pro invicem, ut salvemini; multum enim valet oratio justi assidua. Jac. 5. 16. Orate pro persequentibus, et calumniantibus vos. Matth. 5. 44. È meglio sul testo di S. Giovanni: Qui scit fratrem suum peccare peccatum non ad mortem, petat, et dabitur ei vita peccanti non ad mortem. 1 Io. 5. 16. Spiegano, quel Peccanti non ad mortem, S. Agostino, ed altrid 4, purché quel peccatore non sia tale, che intenda di vivere ostinato sino alla morte, poiché per costui si richiederebbe una grazia molto straordinaria.
Del resto per gli altri peccatori, non rei di tanta malizia, l'Apostolo promette a chi per essi prega, la loro conversione: Petat, et dabitur ei vita peccanti.
Per altro non si mette in dubbio, che le Orazioni degli altri molto giovano a' peccatori, e sono molto gradite a Dio; e Dio si lamenta de' Servi suoi, che non gli raccomandano i peccatori, come se ne lamentò con S. Maria Maddalena de' Pazzi; onde le disse un giorno: Vedi Figlia mia, come i Cristiani stanno nelle mani del demonio; se i miei Eletti colle loro Orazioni non gli liberassero, resterebbero divorati5. Ma specialmente ciò lo desidera il Signore da' Sacerdoti, e da' Religiosi. Dicea la suddetta Santa alle sue Monache: Sorelle, Iddio non ci ha separate dal Mondo, perché facciamo bene solo per noi ma ancora perché noi lo plachiamo a favore de' peccatori6. E lo stesso Signore un giorno disse alla medesima: Io ho dato a voi elette Spose la Città di rifugio (cioè la Passione di Gesù Cristo), acciocché abbiate dove ricorrere per aiutare le mie Creature; perciò ricorrete ad essa, ed ivi porgete aiuto alle mie Creature, che periscono e mettete la vita per esse7. Quindi la santa infiammata di santo zelo cinquanta volte il giorno offeriva a Dio il Sangue del Redentore per li peccatori, e si consumava per desiderio
della loro conversione, dicendo: Oh che pena è, Signore, il vedere di poter giovare alle tue Creature, con metter la vita per esse, e non poterlo fare8. Del resto Ella in ogni esercizio raccomandava i peccatori a Dio; e scrivesi nella sua Vita, che quasi non passava ora del giorno, che la Santa non pregasse per essi9; frequentemente anche levavasi di mezza notte, ed andava al Ss. Sagramento a pregare per li peccatori; e con tutto ciò una volta fu ritrovata a piangere dirottamente, ed interrogata perché? rispose: Perché mi pare di non far niente per la salute de' peccatori. Giungeva ad offerirsi per la loro conversione a patire anche le pene dell'inferno, purché ivi non avesse a odiare Dio10; e più volte fu compiaciuta da Dio d'esser afflitta con gravi dolori ed infermità per la salute de' peccatori. Specialmente pregava per li Sacerdoti, vedendo che la loro buona vita era cagione della salute degli altri, e la mala vita cagione della ruina di molti; e perciò pregava il Signore, che punisse le colpe loro sopra di lei, dicendo: Signore fammi tante volte morire, e tornare a vivere, sino ch'io soddisfaccia per essi alla tua Giustizia11. E narrasi nella sua Vita, che la Santa colle sue Orazioni liberò già in fatti molte Anime dalle mani di Lucifero12.
Ho voluto dire qualche cosa più particolare del zelo di questa Santa. Del resto tutte l'Anime, che sono veramente innamorate di Dio, non cessano di pregare per li poveri peccatori. E com'è possibile, che una persona che ama Dio, vedendo l'Amore ch'Egli porta all'Anime, e quel che ha fatto e patito Gesù Cristo per la loro salute e 'l desiderio che ha questo Salvatore, che noi preghiamo per li peccatori; com'è possibile, dico, che possa poi vedere con indifferenza tante povere Anime, che vivono senza Dio schiave dell'inferno, e non muoversi, ed affaticarsi a pregare frequentemente il Signore a dar luce e forza a quelle infelici, per uscire dallo stato miserabile in cui dormono, e vivono perdute? E vero, che Dio non ha promesso di esaudirci
quando coloro, per cui preghiamo, mettono positivo impedimento alla loro conversione; ma molte volte il Signore per sua bontà a riguardo delle Orazioni de' suoi Servi con grazie straordinarie si è compiaciuto di ridurre a stato di salute i peccatori più accecati ed ostinati. Per tanto non lasciamo mai nel dire o sentir la Messa, nel far la Comunione, la Meditazione, o la Visita al Ss. Sagramento, di raccomandar sempre a Dio i poveri peccatori. E dice un dotto Autore, che chi prega per gli altri, tanto più presto vedrà esaudite le preghiere, che fa per se stesso. Sia detto ciò di passaggio, ma ritorniamo a vedere l'altre condizioni, che richiede S. Tommaso acciocché abbia effetto la Preghiera.
L'altra condizione, che il Santo assegna, è che si domandino quelle grazie che bisognano alla salute, necessaria ad salutem; poiché la promessa alla Preghiera non è fatta per le grazie temporali, che non sono necessarie alla salute dell'Anima. Dice S. Agostino spiegando le parole del Vangelo in nomine meo, riferite di sovra, che non petitur in nomine Salvatoris, quicquid petitur contra rationem salutise 13. Alle volte noi cerchiamo alcune grazie temporali, e Dio non ci esaudisce, ma non ci esaudisce (dice lo stesso S. Dottore), perché ci ama, e vuol usarci misericordia: Fideliter supplicans Deo pro necessitatibus hujus vitae, et misericorditer auditur, et misericorditer non auditur; quid enim Infirmo sit utile magis novit Medicus, quam Aegrotusf 14. Il Medico che ama l'Infermo, non gli concede quelle cose, le quali vede che gli farebbero nocumento. Oh quanti se fossero infermi, o poveri, non caderebbero ne' peccati, in cui cadono essendo sani, o ricchi! E perciò il Signore a taluni, che gli cercano la sanità del corpo, o i beni di fortuna, Egli ce li nega, perché l'ama: vedendo che quelli gli sarebbero occasione di perdere la sua Grazia, o almeno d'intepidirsi nella vita spirituale. Del resto con ciò non intendiamo dire, esser difetto il chiedere a Dio le cose necessarie alla vita presente, per quanto convengono alla salute eterna, come chiedeva il Savio: Tribue tantum victui meo necessaria.
Prov. 30. 8. Né è difetto, dice S. Tommasog, l'avere per tali beni una sollecitudine ordinata; il difetto sta nel desiderare e cercare questi beni temporali come principali, e l'aver per essi una sollecitudine disordinata, come in essi consistesse tutto il nostro bene. Perciò quando noi domandiamo a Dio queste grazie temporali, dobbiamo domandarle sempre con rassegnazione, e colla condizione, se sono per giovarci all'Anima; e quando vediamo che 'l Signore non ce le concede, teniamo per certo ch'Esso allora ce le nega per l'amore che ci porta, e perché vede che ci farebbero danno alla salute spirituale.
Molte volte noi cerchiamo a Dio che ci liberi da qualche tentazione pericolosa, e Dio neppure ci esaudisce, e permette che la tentazione seguiti a molestarci. Intendiamo, che allora Dio ciò permette anche per nostro maggior bene. Non sono le tentazioni, ed i mali pensieri, che ci allontanano da Dio, ma i mali consensi. Quando l'Anima nella tentazione si raccomanda a Dio, e col suo aiuto resiste, oh com'ella si avanza allora nella perfezione, e viene a più stringersi con Dio! e perciò il Signore non l'esaudisce. Pregava S. Paolo istantemente per esser liberato dalle tentazioni d'impurità: Datus est mihi stimulus carnis meae, Angelus satanae, qui me colaphizet; propter quod ter Dominum rogavi, ut discederet a me. 2. Gr. 12. 7. Ma il Signore gli rispose, ti basta di aver la mia Grazia: Sufficit tibi gratia mea. Sicché anche nelle tentazioni dobbiamo pregare Dio con rassegnazione, dicendo: Signore, liberatemi da questa molestia, se è spediente il liberarmene, e se no, almeno datemi l'aiuto per resistere. E qui fa quel che dice S. Bernardo15, che quando noi cerchiamo a Dio qualche grazia, Egli o ci dona quella, o qualche cosa più utile di quella. Dio molte volte ci lascia a patire nella tempesta, affin di provare la nostra fedeltà, e per nostro maggior profitto. Sembra che allora Egli sia sordo alle nostre preghiere, ma no, stiamo sicuri, che Dio allora ben ci sente, e ci aiuta di nascosto, fortificandoci colla sua Grazia a resistere ad ogni insulto de' Nemici. Ecco come Egli stesso ce ne assicura per bocca del Salmista: In tribulatione invocasti me, et liberavi te; exaudivi te in abscondito tempestatis, probavi te apud aquam contradictionis. Ps. 80. 8.
l'altre condizioni finalmente, che assegna S. Tommaso alla Preghiera, sono che si preghi pie, et perseveranter. Pie s'intende con umiltà, e confidenza; perseveranter, senza lasciar di pregare sino alla morte. Or di queste condizioni, cioè dell'Umiltà, Confidenza, e Perseveranza, che sono le più necessarie alla Preghiera, bisogna qui di ciascuna distintamente parlarne.
[16-17.] S. AGOST., Tract. 102 in Jo., n. 1; PL 35, 1896.
[20-22.] S. PROSPERO, Liber sententiarum, n. 213 (al. 212); PL 51, 457.