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S. Alfonso Maria de Liguori Del gran mezzo della preghiera IntraText CT - Lettura del testo |
II
DELLA CONFIDENZA COLLA QUALE DOBBIAMO PREGARE
L'Avvertimento più principale, che ci fa l'Apostolo S. Giacomo se vogliamo colla Preghiera ottenere da Dio le grazie, è che preghiamo con confidenza sicura d'esser esauditi se preghiamo, come si dee1, senza esitare: Postulet autem in fide nihil haesitans. Jac. 1, 6. Insegna S. Tommaso, che l'Orazione, siccome prende la forza di meritare dalla carità, così all'incontro ha l'efficacia d'impetrare dalla fede, e dalla confidenza: Oratio habet vim merendi a caritate, efficaciam vero impetrandi a fide et fiduciaa 2. Lo stesso insegna S. Bernardo3, dicendo che la sola nostra confidenza è quella, che ci ottiene le Divine misericordie: Sola spes apud Te, Domine, miserationis obtinet locumb. Troppo si compiace il Signore della nostra confidenza nella sua Misericordia, perché allora noi veniamo ad onorare ed esaltare quella sua infinita Bontà, ch'Egli col crearci ha inteso di manifestare al Mondo. Si rallegrino pure, o mio Dio (dicea il Profeta Regale), tutti quelli che sperano in Voi, poich'essi saranno eternamente beati, e Voi sempre in essi abiterete:
Laetentur omnes qui sperant in te, in aeternum exultabunt, et habitabis in eis. Ps. 5. 12. Iddio protegge, e salva tutti coloro che in lui confidano. Protector est omnium sperantium in se. Ps. 17. 3r. Qui salvos facis sperantes in te. Ps. 16. 7. Oh le gran promesse, che stan fatte nelle Divine Scritture a coloro che sperano in Dio! Chi spera in Dio, non caderà in peccato. Non delinquent omnes qui sperant in eo. Ps. 33. 23. Sì, perché (dice Davide) il Signore tiene gli occhi rivolti a tutti coloro, che confidano nella sua Bontà, per liberarli col suo aiuto dalla morte del peccato: Ecce oculi Domini super metuentes eum, et in eis qui sperant super misericordia ejus, ut eruat a morte animas eorum. Ps. 32. 18. et 19. Ed in altro luogo dice il medesimo Dio: Quoniam in me speravit, liberabo eum, protegam eum... eripiam eum, et glorificabo eum. Psalm. 90. 14-15. Si noti la parola quoniam; perché costui ha confidato in Me, Io lo proteggerò, lo libererò da' suoi Nemici, e dal pericolo di cadere; e finalmente gli darò la Gloria eterna. Parlando Isaia di coloro, che ripongono la loro speranza in Dio, dice: Qui autem sperant in Deo, mutabunt fortitudinem, assument pennas sicut aquilae; current et non laborabunt, ambulabunt et non deficient. Isa. 40. 31. Questi lasceranno d'esser deboli come sono, ed acquisteranno in Dio una gran fortezza; non mancheranno, anzi neppure proveran fatica nel camminar la via della salute, ma correranno e voleranno come aquile. In silentio, et in spe erit fortitudo vestra. Isa. 30. 15. Tutta in somma la nostra fortezza, ci avvisa lo stesso Profeta, consiste nel mettere tutta la nostra confidenza in Dio, e nel tacere, cioè nel riposare nelle braccia della sua Misericordia, senza fidare alle nostre industrie, ed a' mezzi umani.
E dove mai s'è dato il caso, che alcuno abbia confidato in Dio, e si sia perduto? Nullus speravit in Domino, et confusus est. Eccli. 2. 11. Questa confidenza era quella, che tenea sicuro Davide di non aversi mai a perdere. In te Domine speravi? non confundar in aeternum. Psalm. 30. 1. E che forse, dice S. Agostino, Iddio può essere ingannatore, mentr'Egli si offerisce a sostenerci ne' pericoli, se a Lui ci appoggiamo, e poi vorrà da noi sottrarsi, quando ad Esso ricorriamo? Non est illusor Deus, ut ad supportandum se offerat, et nobis innitentibus ei se subtrahatc 4.
. Davide chiama beato chi confida nel Signore: Beatus homo, qui sperat in te. Psal. 83. 13. E perché? perché, dice lo stesso Profeta, chi confida in Dio, si troverà sempre circondato dalla Divina Misericordia: Sperantem autem in Domino misericordia circumdabit.
Psal. 31. 10. Sicché costui sarà talmente d'ogn'intorno cinto e guardato da Dio, che resterà sicuro da' Nemici, e dal pericolo di perdersi.
Perciò l'Apostolo tanto raccomanda a conservare in noi la confidenza in Dio, la quale (ci avvisa) certamente riporta da Lui una gran mercede: Nolite itaque amittere confidentiam vestram, quae magnam habet remunerationem. Hebr. 10. 35. Quale sarà la nostra fiducia, tali saranno le grazie che riceveremo da Dio; se sarà grande la fiducia, grandi saranno ancora le grazie. Magna fides magna meretur. Scrive S. Bernardo5, che la Divina Misericordia è una fonte immensa, chi vi porta il vaso più grande di confidenza, quegli ne riporta maggior abbondanza di beni: Nec Oleum misericordiae nisi in vasa fiduciae (Domine) ponisd 6. E già prima l'espresse il Profeta dicendo: Fiat misericordia tua, Domine, super nos, quemadmodum speravimus in te. Psal. 32. 22. Ciò ben si avverò nel Centurione, a cui disse il Redentore, lodando la sua confidenza: Vade, et sicut credidisti fiat tibi. Matth. 8. 13. E rivelò il Signore a S. Gertrude, che chi lo prega con confidenza, gli fa in certo modo tanta violenza7, ch'Egli non può non esaudirlo, in tutto ciò che egli cerca. Oratio (disse S. Giovan Climaco) pie Deo vim infert8. La preghiera
fa violenza a Dio, ma violenza che gli è cara e gradita. Adeamus, adunque ci avvisa S. Paolo,9 cum fiducia ad thronum gratiae, ut misericordiam consequamur, et gratiam inveniamus in auxilio opportuno. Hebr. 4. 16. Il Trono della grazia è Gesù Cristo, che al presente siede alla destra del Padre, non in trono di giustizia, ma di grazia, per ottenerci il perdono, se ci ritroviamo in peccato, e l'aiuto a perseverare, se godiamo la sua Amicizia. A questo Trono bisogna, che ricorriamo sempre con fiducia, cioè con quella confidenza che ci dà la Fede nella Bontà e Fedeltà di Dio, il quale ha promesso di esaudir chi lo prega con confidenza, ma con confidenza stabile e sicura. Chi all'incontro lo prega con esitazione, dice S. Giacomo, che costui non pensi di ricever niente: Qui enim haesitat, similis est fluctui maris, qui a vento movetur et circumfertur; non ergo aestimet homo ille, quod accipiat aliquid a Domino. Jac. 1. 6. 7. Niente riceverà, perché la sua ingiusta diffidenza, da cui viene agitato, impedirà alla Divina Misericordia di esaudire le sue domande. Non recte petisti, quia dubitabundus petisti, dice S. Basilioe 10; non hai ricevuta la grazia, perché l'hai domandata senza confidenza. Disse Davide, che la nostra confidenza in Dio dee essere11 ferma come un monte, che non si smuove a qualunque urto di vento: Qui confidunt in Domino, sicut mons Sion, non commovebitur in aeternum. Psal. 123. 1. E ciò è quello di cui ci ammonì il Redentore, se vogliamo ottenere le grazie che cerchiamo Quaecumque orantes petitis, credite quia accipietis, et evenient vobis. Marc. 1l. 24. Qualsivoglia grazia che domandate, state sicuri di averla, e così l'otterrete.
Ma dove, dirà taluno, io miserabile debbo fondar questa confidenza certa di ottenere quel che dimando? dove? sulla promessa fatta da Gesù Cristo: Petite, et accipietis. Jo. 16. 24. Cercate, ed avrete. Quis falli metuet, dum promittit Veritas? dice S. Agostino12, come possiamo dubitare di non essere esauditi, quando Iddio ch'è la stessa Verità promette
di concederci ciò, che pregando gli domandiamo? Non hortaretur ut peteremus, dice lo stesso S. Dottore, nisi dare velletf 13. Certamente il Signore non ci esorterebbe a chiedergli le grazie, se non ce le volesse concedere. Ma questo è quello, a ch'Egli tanto ci esorta, e tante volte ce lo replica nelle sacre Scritture, pregate, domandate, cercate: Orate, petite, quaerite etc. ed otterrete, quanto desiderate: Quodcumque volueritis, petetis, et fiet vobis. Jo. 15. 7. Ed acciocché noi lo preghiamo colla confidenza dovuta, perciò il Salvatore ci ha insegnato nell'Orazione del Pater noster, che noi ricorrendo a Dio per ricevere le grazie necessarie alla nostra salute (che già nel Pater noster tutte si contengono), lo chiamiamo non Signore, ma Padre, Pater noster; mentre vuole, che noi cerchiamo a Dio le grazie con quella confidenza, colla quale un figlio povero, o infermo cerca il sostentamento, o la medicina al suo proprio Padre. Se un figlio sta per morir di fame, basta che lo palesi al Padre, il Padre subito lo provvederà di cibo; e se ha ricevuto qualche morso di serpe velenoso, basterà che rappresenti al Padre la ferita ricevuta, acciocché il Padre subito v'applichi il rimedio, che già tiene.
Fidati dunque alle Divine Promesse domandiamo sempre con confidenza, non vacillante, ma stabile e ferma, come dice l'Apostolo: Teneamus spei nostrae confessionem indeclinabilem; fidelis enim est, qui repromisit. Hebr. 10. 23. Com'è certo intanto, che Dio è fedele nelle sue promesse, così dev'esser certa ancora la nostra confidenza, ch'Egli ci esaudisca, quando lo preghiamo. E benché alle volte, ritrovandoci forse noi in istato di aridità o disturbati da qualche difetto commesso, non proviamo nel pregare quella confidenza sensibile, che vorressimo14 sentire: con tutto ciò facciamoci forza a pregare, perché Dio non lascerà di esaudirci; anzi allora meglio ci esaudirà, poiché allora pregheremo più diffidati di noi, e solo confidati nella Bontà, e Fedeltà di Dio, il quale ha promesso di esaudir chi lo prega. Oh come piace al Signore in tempo di tribulazioni, di timori, e di tentazioni il nostro sperare, anche contro la speranza, cioè contro quel sentimento di diffidenza, che proviamo allora per causa della nostra desolazione. Di ciò
l'Apostolo loda il Patriarca Abramo, dicendo: Qui contra spem in spem credidit. Rom. 4. 18.
Dice S. Giovanni, che chi ripone una ferma confidenza in Dio, certamente si fa santo: Et omnis qui habet hanc spem in eo, sanctificat se, sicut et ille sanctus est. 1. Jo. 3. 3. perché Iddio fa abbondare le grazie in tutti coloro, che in Lui confidano. Con questa confidenza tanti Martiri, tante Verginelle, tanti Fanciulli, non ostante lo spavento de' tormenti che loro preparavano i Tiranni, han superato i tormenti, ed i Tiranni. Talvolta (dico) noi preghiamo, ma ci sembra, che Dio non voglia ascoltarci: deh non lasciamo allora di perseverare a pregare, ed a sperare. Diciamo allora con Giobbe: Etiam si occiderit me, in ipso sperabo. Job. 13. 15. Dio mio, ancorché mi discacciaste dalla vostra faccia, io non lascerò di pregarvi, e di sperare nella vostra Misericordia. Facciamo così, e ne avremo quel che vorremo dal Signore.
Così fece la Donna Cananea, ed ottenne tutto ciò che volle da Gesù Cristo. Questa Donna, avendo la sua figlia invasata dal Demonio, pregò il Redentore, che ne la liberasse: Miserere mei, filia mea male vexatur a Daemone. Matth. 15. 22. Il Signore le rispose, ch'Egli non era stato mandato per li Gentili, come ella era, ma per li Giudei. Ma quella non si perdette d'animo, e ritornò a pregare con confidenza: Signore, Voi potete consolarmi, mi avete da consolare: Domine adjuva me. Replicò Gesù Cristo: Ma il pane de' figli, non è bene darlo a' cani: Non est bonum sumere panem filiorum, et dare canibus. Ma, Signor mio, (ella soggiunse) anche a' cagnolini si dispensano le briciole di pane, che cadono dalla mensa: Etiam catelli edunt de micis. Allora il Salvatore, vedendo la gran confidenza di questa Donna, la lodò, e le fece la grazia, dicendo: O mulier, magna est fides tua, fiat tibi sicut vis. Ibid. E chi mai, dice l'Ecclesiastico, ha chiamato Dio in suo aiuto, e Dio l'ha disprezzato, e non l'ha soccorso? Aut quis invocavit eum, et despexit illum? Eccli. 2. 12.
Dice S. Agostino, che la Preghiera è una chiave, la quale apre il Cielo a nostro bene; nello stesso punto che la nostra Preghiera sale a Dio, discende a noi la grazia, che domandiamo: Oratio Justi clavis est Caeli; ascendit precatio, et descendit Dei miseratiog 15. Scrisse il Profeta
regale, che vanno unite insieme le nostre suppliche colla Misericordia di Dio: Benedictus Deus, qui non amovit orationem meam, et misericordiam suam a me. Ps. 65. 20. E quindi dice il medesimo S. Agostino, che quando noi ci troviamo pregando il Signore, dobbiamo star sicuri, ch'Egli già ci esaudisce: Cum videris a te non amotam deprecationem tuam, securus esto, quod non est a te amota misericordia ejush 16. Ed io (dico la verità) non mai mi sento più consolato nello spirito, e con maggior confidenza di salvarmi, che quando mi trovo pregando Dio, ed a Lui mi raccomando. E lo stesso penso, che avvenga a tutti gli altri Fedeli, poiché gli altri segni della nostra salvezza son tutti incerti, e fallibili; ma che Dio esaudisca chi lo prega con confidenza, è verità certa ed infallibile, com'è infallibile, che Dio non può mancare alle sue promesse.
Quando ci vediamo deboli, ed impotenti a superare qualche passione, o qualche gran difficoltà, per eseguire ciò che il Signore da noi domanda, diciamo animosi coll'Apostolo: Omnia possum in eo, qui me confortat. Philip. 4. 13. Non diciamo, come dicono alcuni, Non posso, non mi fido17. Colle forze nostre certamente che non possiamo niente, ma col Divino aiuto possiamo tutto. Se Dio dicesse ad uno: Prendi questo monte sulle tue spalle, e portalo, perché Io t'aiuto; non sarebbe colui uno sciocco, o un infedele, se rispondesse: Io non voglio prendere, perché non ho forza di portarlo? E così, quando noi ci conosciamo miseri ed infermi quali siamo, e ci troviamo più combattuti dalle tentazioni, non ci perdiamo d'animo, alziamo gli occhi a Dio, e diciamo con Davide: Dominus mihi adjutor, et ego despiciam inimicos meos. Ps. 117. 6. Coll'aiuto del mio Signore io vincerò e disprezzerò tutti gli assalti de' miei Nemici. E quando ci troviamo in qualche pericolo di offender Dio, o in altro affare di conseguenza, e confusi non sappiamo, che dobbiamo fare, raccomandiamoci a Dio dicendo: Dominus illuminatio mea, et salus mea, quem timebo? Ps. 26. 1. E stiamo sicuri, che Iddio allora ben c'illuminerà, e ci salverà da ogni danno.
Ma io son peccatore, dice taluno, e nella Scrittura io leggo: Peccatores Deus non audit. Risponde S. Tommaso con S. Agostino18 che ciò fu detto dal Cieco il quale parlava allorché non era stato illuminato ancora: Illud verbum est Caeci nondum perfecte illuminati, et ideo non est ratumi 19. Per altro soggiunge l'Angelico, che ciò sta ben detto, parlando della domanda che fa il peccatore, in quantum est peccator, cioè quand'egli domanda per desiderio di seguire a peccare: per esempio se chiedesse aiuto per vendicarsi del suo Nemico, o per eseguire altra sua prava intenzione. E lo stesso corre per quel peccatore, che prega Dio a salvarlo, ma senza ch'egli abbia alcun desiderio di uscire dallo stato del peccato. Vi sono alcuni infelici, che amano le catene, colle quali il Demonio gli tiene legati da schiavi. Le Preghiere di costoro non sono esaudite da Dio, perché sono Preghiere temerarie, e abbominevoli. E qual maggior temerità, che uno voglia domandar grazie ad un Principe, che non solo ha più volte offeso, ma che pensa di seguitare ad offenderlo? E così s'intende quel che dice lo Spirito Santo, esser detestabile e odiosa a Dio la Preghiera di colui, che volta le orecchie per non ascoltare ciò che Dio comanda: Qui declinat aures suas, ne audiat legem, oratio ejus erit exsecrabilis. Prov. 28. 9. A questi tali dice il Signore: non occorre che voi preghiate, perché io volterò gli occhi da voi, e non vi esaudirò: Cum extenderitis manus vestras, avertam oculos meos a vobis, et cum multiplicaveritis orationem, non exaudiam. Isa. 1. 15. Tal'era appunto l'orazione dell'empio Re Antioco, che pregava Dio, e promettea gran cose, ma fintamente, e col cuore ostinato nella colpa, pregando solo per isfuggire il castigo che gli sovrastava20; e perciò il Signore non diede orecchio alle sue Preghiere, ma lo fe' morire roso da' vermi. Orabat hic scelestus Dominum, a quo misericordiam non esset consecuturus. 2. Mach. 9. 13.
Altri poi che peccano per fragilità, o per empito di qualche gran passione, e gemono sotto il giogo del nemico, e desiderano di rompere quelle catene di morte, ed uscire da quella misera schiavitù, e perciò domandano aiuto a Dio; l'Orazione di costoro, s'ella è costante, ben sarà esaudita dal Signore, il quale dice, che ognuno che domanda, riceve, e chi cerca la grazia, la ritrova: Omnis enim qui petit, accipit:
et qui quaerit, invenit. Matth. 7. 8. Omnis (spiega l'Autore dell'Opera imperfetta), sive justus, sive peccator sitl 21. Ed in S. Luca, parlando Gesù Cristo di colui, che diede tutti i pani che avea all'Amico, non tanto per l'amicizia, quanto per la di lui importunità, disse: Dico vobis, etsi non dabit, quia amicus est, propter improbitatem tamen surget, et dabit illi quotquot habet necessarios. Sicque et ego dico vobis, petite et dabitur vobis. Luc. 11. 8. Sicché la Preghiera perseverante ottiene da Dio la misericordia anche a coloro, che non sono suoi amici. Quel che non si ottiene per l'amicizia, dice il Grisostomo, si ottiene per la Preghiera: Quod non perfecit amicitia, perfectum est ab Orationem. Anzi dice lo stesso Santo, che val più appresso Dio l'Orazione, che l'amicizia: Non tam valet amicitia apud Deum, quam Oratio; et quod amicitia non perfecit, perfectum est ab Orationen 22. E S. Basilio non dubita, che anche i peccatori ottengono quel che chiedono se son perseveranti in pregare: Peccatores impetrant, quod petunt, si perseveranter petunto 23. Lo stesso dice S. Gregorio: Clamet et peccator, et ad Deum sua perveniet Oratiop 24. Lo stesso scrive S. Girolamoq 25, dicendo che anche il peccatore può chiamare Iddio suo Padre, se lo prega ad accettarlo di nuovo per Figlio, coll'esempio del Figliol Prodigo, che lo chiamava Padre, Pater peccavi, ancorché non fosse stato per anche perdonato. Se Dio non esaudisse i peccatori, dice S. Agostino, indarno il Publicano avrebbe domandato il perdono: Si enim peccatores Deus non exaudit, frustra ille Publicanus diceret: Deus, propitius esto mihi peccatorir 26. Ma ci attesta il Vangelo, che 'l Publicano col pregare ben ottenne il perdono: Descendit hic justificatus in domum suam. Luc. 18. 14.
Ma sovra tutti esamina più a minuto questo punto il Dottore Angelicos, e non dubita di asserire, che anche il peccatore è esaudito, se prega; dicendo che sebbene la sua Orazione non è meritoria,
ha nondimento la forza d'impetrare; poiché l'impetrazione non si appoggia alla giustizia, ma alla Divina Bontà: Meritum (dice il Santo)27 innititur justitiae, sed impetratio innititur gratiaet. Così appunto pregava Daniele: Inclina, Deus meus, aurem tuam, et audi... Neque enim in justificationibus nostris prosternimus preces ante faciem tuam, sed in miserationibus tuis multis. Dan. 9. 18. Allorché dunque preghiamo, dice S. Tommaso, non è necessario l'essere Amici di Dio, per impetrarne le grazie che cerchiamo, la stessa Preghiera ci rende suoi amici: Ipsa Oratio familiares nos Deo facit28. In oltre aggiunge S. Bernardo una bella ragione, dicendo che tal Preghiera del peccatore di uscire dal peccato, nasce dal desiderio di ritornare in Grazia di Dio; or questo desiderio è un dono, che certamente non gli viene dato da altri, che da Dio medesimo; a che dunque dice poi il Santo, darebbe Iddio al peccatore un tal santo desiderio, se non volesse esaudirlo? Desiderium ad quid daret, nisi vellet exaudire?29 E ben di ciò ve ne sono tanti esempi nelle stesse Divine Scritture, di peccatori che pregando sono stati liberati dal peccato. Così fu liberato il Re Acab (3. Reg. 2.). Così il Re Manasse (2. Paralip. 33.). Così il Re Nabucco (Dan. 4.)30. Così il buon Ladrone (Luc. 23. 43.). Gran cosa, e gran valore della Preghiera! Due peccatori muoiono sul Calvario accanto a Gesù Cristo, uno perché prega (memento mei), si salva; l'altro perché non prega, si danna!
In somma dice il Grisostomo: Nullus ab eo beneficia dolenter postulavit, qui non impetravit quod voluitu 31. Niun peccatore pentito ha pregato il Signore, che non32 ha ottenuto quanto ha desiderato. Ma che servono più autorità e ragioni a ciò dimostrare, mentre Gesù medesimo dice: Venite ad me omnes, qui laboratis, et onerati estis, et ego reficiam vos. Matth. 11. 28. Onerati s'intendono33, secondo S. Girolamo, S. Agostino
ed altri comunemente, i peccatori, che gemono sotto il peso delle loro colpe, i quali ricorrendo a Dio ben saranno da Lui (giusta tal promessa) ristorati, e salvati colla sua Grazia. Ah che non tanto noi, dice S. Gio. Grisostomo, desideriamo d'esser perdonati, quanto anela Dio di perdonarci: Non adeo cupis dimitti peccata tua, sicut ille cupit peccata dimittere34. Non vi è grazia (soggiunge il Santo) che non si ottenga colla Preghiera, ancorché questa si faccia da un peccatore il più perduto che sia, s'ella è perseverante: Nihil est, quod non obtineat oratio, etiam si mille peccatis obnoxius sit, sed vehemens, sed assiduav 35. E notiamo quel
che dice S. Giacomo: Si quis indiget sapientia, postulet a Deo, qui dat omnibus affluenter, et non improperat. Jac. 1. 5. Tutti coloro dunque, che ricorrono coll'Orazione a Dio, Egli non lascia d'esaudirli, e di colmarli di grazie, dat omnibus affluenter. Ma si faccia special riflessione alla parola che siegue, et non improperat. Ciò significa, che non fa Iddio come fanno gli Uomini, che quando viene a domandar loro qualche favore taluno, che prima in qualche occasione li ha offesi, subito gli rimproverano l'oltraggio da lui ricevuto. Non fa così il Signore con chi lo prega; siasi questi il maggior peccatore del Mondo, quando gli domanda qualche grazia utile alla sua eterna salute, non già gli
rimprovera i disgusti che gli ha dati, ma come se non mai l'avesse offeso, subito l'accoglie, lo consola, l'esaudisce, e abbondantemente l'arricchisce de' suoi doni. Sovra tutto per animarci il Redentore a pregare, dice: Amen, amen dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis. Jo. 16. 23. Come dicesse: Orsù peccatori non vi disanimate, non fate che i vostri peccati vi trattenghino di ricorrere al mio Padre, e di sperare da Esso la vostra salute, se la desiderate; voi non avete già meriti di ottenere le grazie che chiedete, ma solo avete demeriti per ricever castighi; fate così, andate al mio Padre in Nome mio, per li36 Meriti miei cercate le grazie che volete, ed Io vi prometto, e vi giuro (amen, amen dico vobis, dice S. Agostino37 esser questa una specie di giuramento) che quanto domanderete, il mio Padre vi concederà.
Oh Dio e qual maggior consolazione può avere un peccatore dopo le sue ruine, che sapere con certezza, che quanto chiederà a Dio in nome di Gesù Cristo tutto riceverà?
Dico, tutto, circa la salute eterna, perché intorno a' beni temporali già abbiam detto di sovra, che il Signore, anche pregato, alle volte non ce li concede, vedendo che tali beni ci nocerebbero all'Anima. Ma in quanto a' beni spirituali la sua promessa di esaudirci non è condizionata, ma assoluta, e perciò esorta S. Agostino, che quelle cose che Dio assolutamente promette, noi dobbiamo domandarle con sicurezza di riceverle: Quae Deus promittit, securi petitez 38. E come mai (scrive il Santo) può negarci niente il Signore, allorché ne lo preghiamo con confidenza, quando desidera più Esso di dispensarci le sue grazie, che noi di averle? Plus vult Ille tibi beneficia elargiri, quam tu accipere concupiscas39.
Dice il Grisostomo che allora solamente si adira con noi il Signore, quando noi trascuriamo di cercargli i suoi doni: Non nisi quando non postulamus irascitur40. E come mai può succedere che Iddio non voglia esaudire un'Anima che gli cerca cose tutte di suo gusto? Quando la anima gli dice: Signore, io non vi cerco beni di questa Terra, ricchezze, piaceri, onori; ma solo vi domando la Grazia vostra, liberatemi dal peccato, datemi una buona morte, datemi il Paradiso, datemi il santo Amor vostro (ch'è quella grazia, come dice S. Francesco di Sales41, che dee chiedersi a Dio sovra tutte l'altre), datemi rassegnazione nella vostra Volontà; com'è possibile che Dio non voglia esaudirla? E quali
domande mai, dice S. Agostino, esaudirete Voi mio Dio, se non esaudite queste che sono tutte secondo il vostro cuore: Quas preces exaudis42,
si has non exaudis? Ma sovra tutto dee ravvivar la nostra confidenza, allorché chiediamo a Dio grazie spirituali, ciò che disse Gesù Cristo: Si ergo vos, cum sitis mali, nostis bona data dare filiis vestris; quanto magis Pater vester de caelo dabit Spiritum bonum petentibus se? Luc. 11. 13. Se voi (dice il Redentore) che siete così attaccati a' vostri interessi, perché pieni d'amor proprio, non sapete negare a' vostri Figli ciò che vi domandano; quanto più il vostro Padre celeste, che v'ama più d'ogni Padre terreno, vi concederà i beni spirituali, allorché voi ne lo pregherete?
[21-22.] Testo riassunto, s. TOM., 2-2, q. 83, a. 15 ad 3: «Oratio innititur principaliter fidei non quantum ad efficaciam merendi, quia sic innititur principaliter charitati, sed quantum ad efficaciam impetrandi».
[32-33/1.] Ps.-s. TOM. (ma GUGLIELMO PERAULD, PERALDUS O. P.), De eruditione principum, lib. II, c. V, in S. Thomae Aquin. Opera omnia, ed. Piana, ROmae 1570, XVII, 235. Il passo qui attribuito dal Saint-Jure a s. Agostino è del Perauld; cfr. lo stesso testo, ma con punteggiatura più esatta, in GUGLIELMI PERALDI.... Summa virtutum et vitiorum, I-II, Coloniae Agrippinae 1614, I, Tr. II, De spe, c. II, 101: «David. Qui confidunt in Domino, sicut mons Sion. Ps. 12.... Spes proijcit se in Deum: ipse vero non est tam crudelis ut se subtrahat, et sperantem in se cadere permittat, iuxta verbum Augustini. Quare Deus totiens nos ad innitendum sibi moneret, si supportare nos nollet? Non est illusor Deus....». Il riferimento a s. Agost. riguarda l' espressione che precede; cfr. s. AGOST., In Pa. 12 (6); PL 36, 140; In Ps. 124; PL 37, 1649 ss.
[13.] S. BERN., Serm. 32 In Cant., n. 8; PL 183, 950.
[16.] S. BERN.,In festo Annunt., Serm. 3, n. 3; PL 183, 394.
[21-22.] BLOSIO, Conclave, c. XI, n. 5, Opera, ed. cit. 608.
[23.] S. GIOV. CLIMACO, Scala Paradisi, Coloniae Agrippinae 1601, Gr. 28, p. 200: «Qui baculum orationis iugiter tenet, non offendet: sed et si offendere eum contingerit, non penitus cadit. Quippe oratio pie Deo vim infert»; altra ed.: JOHANNIS CLIMACI opusculum cui titulus Climax, sive Scala Paradisi, nel vol., JOHANNIS CASSIANI Libri XII.... Coloniae 1540, f. 197-198; trad. diversa in PG 88, 1139.
[16.] S. BASILIO, Constit., monasticae, c. I, n. 5: «Non recte petisti, quia aut dubitabundus, aut aliud agens petisti» = translatio vetus; trad. diversa nella PG 31, 1335.
[27-28.] S. AGOST., Confess., lib. 12, c. I, n. 1; PL 32, 825-826.
[1-2.] S. AGOST., Sermo 105 (al. 29 De verbis Dom.), c. I, n. 1; PL 38, 619,
[33-34.] Ps.-s. AGOST., (di autore incerto, GLORIEUX, n. 39). Serm. 47 (al. 226 De tempore), n. 1; PL 39, 1838.
[5-6.] S. AGOST., In Ps. 65, n. 24; PL 36, 801.
[8-9.] S. TOM., Opusc. II, Comp. theol. ad Fr. Reginaldum, P. II, c. II, Opera omnia, Romae 1570, XVII, 45; ed crit., S. Th. Opuscula theol., Romae 1954, I, n. 548, p. 127.
[17-19.] 3 Reg., 21, 27. 2 Paralip., 33, 12-13; Dan., 4, 31 ss.
[22-23.] Ps.-s. GIOV. GRISOST., Sermo de Moise, Opera, ed. di Basilea cit., I, 374-375; cfr. LIVERANI, Spicilegium liberianum, già cit., 190-192.
[27/1.] S. GIROL., In Matth., 11, 28, n. 74; PL 26, 75; s. AGOST., Serm. 69, c. I, n. 1; PL 38, 440.
[5-6.] S. GIOV. CRISOST., Hom. 26 In acta Apost., n. 3; PG 60, 262.
[8-9.] «Nihil est quod... sed assidua»: sono parole di L. HABERT (loc. cit., 444) che riassume s. Giov. Crisost., Hom. 23 in Matth., ed di Basilea, II, 153; cfr. PG 57, 305-307, nn. 4-6.
[30.] S. AGOST., In Jo. Ev., Tr. 41, n. 3; PL 35, 1694.
[16-17.] S. GIOV. CRISOST., Hom. 23 in Matth., ed di Basilea, II, 154; trad. diversa nella PG 57, 308 (Hom. 22, al 23 in Matth., n. 6).
[26/1.] S. AGOST., De civ. Dei, lib. 22, c. 8, n. 3; PL 41, 762.