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S. Alfonso Maria de Liguori
Dell'uso moderato dell'opinione probabile

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Introduzione

Questa pubblicazione del 1765, in cui Alfonso rifuse le tre ultime sue pubblicazioni sull'argomento, ha luogo nel contesto del duello a distanza ingaggiato con il Patuzzi, duello seguito da continue scaramucce. È una sintesi "completa e strutturata" di 360 pagine, preceduta da una dedica all'amico Clemente XIII.

Era la formulazione definitiva, arricchita e rifinita dalla controversia, della sua posizione equiprobabilista del 1762: figlio e immagine di Dio l'uomo è libero; dinanzi a un'obbligazione dubbia rimane la sua libertà, perché certa; è tenuto solo a una volontà di Dio presentatagli dalla sua coscienza come notevolmente più probabile. In quest'ultimo punto, già del 1762, si era separato dai Gesuiti, probabilisti, ai quali i suoi avversari tentavano di assimilarlo, per farlo perdere, con loro, insieme al suo Istituto.

Ben presto in Sicilia un certo Diodato Targianni, consigliere del viceré di Palermo, accusò i Redentoristi di professare la morale gesuitica e di avere l'assoluzione troppo facile. In Portogallo cominciava la caccia alle streghe.

Del 30 giugno 1768 questa lettera di Alfonso a Remondini: "Ho letto, agli Avvisi di Napoli, che in Portogallo si è data l'incombenza ad un ecclesiastico di proibire le Morali di dottrina corrotta .

Per queste Morali di dottrina corrotta, intenderanno tutte le Morali de' Gesuiti; ma non tutte le Morali de' Gesuiti, in verità, sono di dottrina corrotta. I libri del Cardinal di Lugo, di Suarez, di Laiman, di Lessio, di Castropalao ed altri simili non sono di dottrina corrotta...

Il mio sistema poi della Probabile non è quello de' Gesuiti; perché io riprovo il poter seguire la meno probabile conosciuta, come dicono Busembaum, La Croix e quasi tutti i Gesuiti, che ammettono la meno probabile.

Ho voluto scrivere ciò, affinché V. S. Ill.ma possa informarne altri, quando bisogna; tanto più che in Francia han bruciati tanti libri de' Gesuiti, ma non han bruciato il mio.

Ma ancora un anno e sarà la volta di Liguori: nell'autunno 1769 la sua Morale fu proibita in Portogallo: "Che voglio dire? L'ho intesa con molta pena, scrisse a Remondini, e specialmente per lo danno di V. S. Ill.ma. Ma che si ha da fare? Pazienza!".

Quando la persecuzione minacciò di abbattersi anche sui redentoristi di Sicilia, nel novembre 1768 Alfonso scriveva a Blasucci: "Il principio che la legge dubbia non obbliga, per grazia di Dio, mi pare di averlo dimostrato con evidenza... Quando dunque vi è l'equiprobabile, la legge, come dubbia, non obbliga.

Questo punto, prima del mio libro (Dell'uso moderato dell'opinione probabile), non era chiarito, ma ora confessano tutti ch'è fatto chiaro come il sole, siccome potete vedere nelle lettere che ho stampate...

Che importa poi che alcuni letterati alla moda dicono il contrario? Questi non intendono dove sta il punto e parlano a caso. Il P. Patuzzi mi ha confermato nella mia sentenza, vedendo che ha fatte tante risposte, ma non ha risposto a tuono, come han confessato gli stessi amici suoi...".

Cf. Th. ReyMermet,

Il Santo del secolo dei lumi

Città Nuova 1982, pp. 708, 710

 

 

 

 




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