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S. Alfonso Maria de Liguori
Delle cerimonie della messa

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CAP. II. Dell'ingresso all'altare.

 

Il sacerdote, dopo vestito, si copre la testa colla berretta, si segna colla croce (abbenché non sia di rubrica); e prima di prendere il calice vuole Tonnellio che si salutino gli altri sacerdoti col capo scoperto, sebbene contradice Merati, poiché si farebbe più riverenza a' sacerdoti col capo scoperto, che all'immagine a cui si fa la riverenza col capo coperto; ma a ciò si risponde facilmente, perché all'immagine in tanto si fa col capo coperto perché tiene il calice


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che porterebbe evidente pericolo di rovesciarsi, se il sacerdote s'inchinasse profondamente e volesse scoprirsi; ed in fatti, se non avesse da portare il calice, l'inchino all'immagine dee farsi a capo scoperto. Prende il calice dal nodo, secondo la rubrica, quantunque non istimerei errore se si prendesse di sotto la coppa, cioè fra il dito piccolo e l'annulare, afferrando la coppa coll'altre dita, per togliere ogni pericolo di rovesciarlo, e tanto più che la mano si nasconde dal velo. E poi tal rubrica non è precettiva, perché ordina cose fuori della messa. Preso il calice colla sinistra, metterà la destra sopra la borsa, la cui apertura dee essere verso lui; e sopra la borsa niente dee portarsi, né manutergio, né occhiali, né chiave di custodia o altro, come decretò la s.c. 1. settembre 1703. Lo terrà avanti del petto, con portarlo né molto discosto, né appoggiato al medesimo.

 

Preso dunque il calice, fa una riverenza profonda alla croce, o all'immagine che sta in sagristia, senza scoprirsi; ma si scuopre in caso che il calice fosse stato portato all'altare; e se ne uscirà con gravità e modestia, cogli occhi bassi, e col calice alzato al petto in guisa che da sopra al medesimo possa veder la via. Si avverta che la mano destra dee tenersi aperta in piano colle dita unite sopra della borsa, e che il gomito destro non istia alzato, ma che sia aderente al busto del corpo.

 

Ma giacché si è parlato di riverenza, bisogna sapere che, oltre la prostrazione e genuflessione, vi sono tre altre sorta di riverenze, che si chiamano inclinazioni, cioè profonda, media e semplice: la profonda è quando, standosi in piedi, si piega tanto la testa ed il corpo, che ambedue le mani giungano a toccare le ginocchia. La media si fa coll'inchinare la testa e gli omeri mediocremente. La semplice si fa col solo inchinare il capo; e questa è di tre sorte: minimarum maxima, minimarum media, et minimarum minima. Queste corrispondono ai tre culti di latria, iperdulia e dulia. La prima si fa con inchinare profondamente la testa in guisa, che tiri seco l'inchinazione ancora degli omeri, e si adopera al Gloria Patri, al nome di Dio e di Gesù. La seconda si fa con inchinare notabilmente la testa, e si adopera al nome di Maria. La terza contiene un semplice inchino di testa, e si adopera nel nominar qualche santo o il papa vivente.

 

Fatta dunque la riverenza alla croce o ad altra immagine, vada verso dell'altare, camminando con gravità e cogli occhi bassi. Se si possa recitare per istrada il Miserere, alcuni dottori l'affermano, ed altri lo negano perché niente si ha espresso dalla rubrica.

 

Se si dovesse passare davanti all'altare dov'è esposto il ss. sagramento, dee genuflettere con due ginocchia (benché Bauldrit ed altri dicano con uno), e poi scoprirsi la testa, dando la berretta al serviente, oppure (come approva Merati con altri) la terrà il medesimo sacerdote colla mano destra abbassata, tenendo la parte aperta verso di sé; adora con inchino profondo di testa, indi si copre e si alza: lo stesso si fa, se s'incontrasse con un sacerdote che portasse per la chiesa il sagramento.

 

Se si passa davanti un altare in cui si fa l'elevazione o la comunione,


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s'inginocchi con due ginocchia, come si è detto di sopra, e non si alzi, se non è riposto il calice sopra del corporale. Nella comunione poi non dee aspettarsi fino a tanto che sia finita quella, come si ha da un decreto della s.c. de' riti a' 5. luglio 1698.

 

Se si passa davanti a qualche altare dove si è fatta la consecrazione, s'inginocchi con un ginocchio, si scopra la testa, adori colla testa profondamente piegata, si cuopra, e poi si alzi. È probabile ancora che possa inginocchiarsi senza scoprirsi la testa, poiché allora il sagramento, essendo nascosto nell'altare, può considerarsi come nascosto nel tabernacolo; e così si pratica in Roma, come attesta Merati.

 

Passando avanti dell'altare maggiore, se vi è il sagramento, genuflette con un solo ginocchio senza cavarsi berretta. Se v'è la croce si fa l'inchino profondo; e lo stesso si fa se vi è esposta qualche reliquia insigne di santo di cui si fa la festa o che sta in grande onore. Se poi le reliquie stessero nel medesimo altare dove sta il ss. sagramento, basterà farsi la genuflessione con un ginocchio senza cavarsi la berretta.

 

Se il sacerdote passa pel coro, e si dicesse il Gloria Patri o altro versetto dove si deve piegar la testa, si fermi e riverentemente s'inclini. Se vi è il clero dee salutarlo col capo coperto da una parte e dall'altra.

 

Se s'incontra con un altro sacerdote che ritorna dal celebrare, ceda il luogo della destra a colui, e lo saluti col capo coperto, senza però fermarsi.

 

Se passa davanti a qualche cardinale, o all'arcivescovo della provincia, o al vescovo diocesano, o legato apostolico, re o magnate, anche coperto faccia loro un inchino mediocre.

 

In fine si avverta che se il sacerdote non portasse il calice nelle mani, dee andare colle mani giunte avanti il petto, ed allora tutte queste riverenze le faccia col capo scoperto.

 

Giunto all'altare si ferma nel piano avanti il primo gradino di basso. Si scopre, dando la berretta al serviente. Se mai tenesse ancora il berrettino, deve pure qui levarselo, quando non ne avesse il permesso con dispensa della sede apostolica di tenerselo nella messa; nel quale caso può tenerselo sino al canone, e non può ripigliarlo se non dopo la comunione. E si noti che niuno ancorché vescovo, può tenere il berrettino nella messa senza licenza apostolica, come da più decreti appresso Gavanti1, e dal decreto approvato da Urbano VIII apposto nel principio del messale.

 

Fa un profondo inchino, se ivi non è il sagramento, poiché, essendovi, si genuflette (come sopra si notò, senza fare altra riverenza col capo) nell'infimo grado, secondo la comune pratica. Indi monta sull'altare per lo mezzo, sempre cominciando a salire col piede destro. Giunto al mezzo dell'altare, pone il calice verso il lato del vangelo, prende colla sinistra la borsa, da cui colla destra cava fuori il corporale, e postolo nel mezzo dell'altare colla mano sinistra, con cui già si tiene, poggia la borsa nel corno del vangelo coll'apertura di quella verso il corno dell'epistola, e fra i candelieri, in modo che non vi coli sopra la cera delle candele. Poi stende il corporale sopra


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la pietra sagra che è nel mezzo dell'altare, con ambe le mani in guisa che con la sua estremità giunga sino alla parte anteriore dell'altare, un dito più dentro, affinché nel voltarsi non s'attacchi il merletto del corporale alle vesti del sacerdote, e faccia rovesciare il calice. Se poi nel corporale vi fosse qualche croce fatta coll'ago, questa si collochi nella parte anteriore, affinché nel bacio dell'altare si baci questa ancora.

 

Ciò fatto, con ambe le mani si collochi sopra del corporale il calice; cioè colla sinistra tenendo il piede del calice dal nodo, e colla destra alzando il velo per l'estremità, dal corno del vangelo si trasporta in alto circa mezzo palmo, e giunto al mezzo, facendo pigliar un poco di vento alle estremità del velo, acciocché non vadano sotto il piede del calice, si colloca il calice in dentro più tosto, cioè dietro, non avanti; e sia da ogni banda il calice coperto dal velo, affinché non sia d'impedimento al baciar dell'altare; e molto più dopo la comunione, perché tiene sopra la borsa; e sia sempre sulla pietra sagra nella linea retta del mezzo dell'altare. Notisi che il corporale non può portarsi fuor della borsa sul velo, senza dispensa apostolica. Vedi Gavanto1 e Merati2.

 

Quando si hanno da consacrare più particole per la comunione del popolo, e non potessero tenersi sulla patena (poiché, essendo poche, si pongono sulla patena sotto l'ostia), si mettono sopra il corporale avanti del calice verso il corno del vangelo, ma in maniera che non istiano fuori della pietra sagra; o pure si pongono nella pisside o altro calice; e questo si ponga dietro del calice, se è calice, coperto da una palla; se pisside, dal proprio coperchio.

 

Dopo aver accomodato il calice, fa una riverenza semplice alla croce (ed il simile faccia sempreché si parte dal mezzo dell'altare o ivi ritorna, purché poco avanti o poco dopo dell'accesso, non venga ordinato dalla rubrica che si baci l'altare o che facciasi altro inchino, come quando si dice il Credo), e tosto fatta tale riverenza, si va al corno della pistola colle mani giunte, tenendo il pollice destro in croce su del sinistro. Aperto il messale, ritrovata la messa, e riveduti i segnali, ritorna il sacerdote al mezzo dell'altare colle mani giunte avanti il petto, ivi fa una riverenza non profonda, ma mediocre, alla croce (come vuole la sentenza più comune) senza alzare gli occhi alla medesima, e senza fermarsi a dire qualche orazione prima di scendere dall'altare.

 

Fatta la riverenza alla croce, il celebrante, per non voltare le spalle alla croce o al tabernacolo, ritirandosi verso il corno del vangelo, colla faccia verso quello della pistola, cogli occhi bassi e mani giunte avanti il petto, scende sotto l'ultimo gradino dell'altare; e quanti più gradi ha l'altare, tanto più si dia in dietro verso la parte del vangelo, acciocché, scendendo in linea obliqua, nell'ultimo passo si trovi in mezzo dell'altare avanti l'ultimo grado. Ma se nell'altare vi fossero più di tre gradini, il sacerdote potrà fermarsi nel terzo, o sopra quello che sarà più comodo. Se poi vi fosse un solo grado, allora si ferma nel piano, discostandosi un poco da quello. Si avverta che non dee scendere il sacerdote


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dall'altare, se non dopo accese lo candele.

 




1 Part. 2. tit. 2. u. 2. let. f.

1 P. 2 n. 1. lit. O



2 P. 2. t. 2. n. 12.




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