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S. Alfonso Maria de Liguori
Delle cerimonie della messa

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CAP. VIII. Dell'offertorio sino al canone.

 

Detto il Credo, o se non dee dirsi, detto il vangelo, il celebrante bacia l'altare nel mezzo, e si volta verso il popolo per dire Dominus vobiscum nella maniera detta di sopra. Dopo giunte le mani, ritorna per la medesima via al mezzo dell'altare, ove stendendo ed alzando le mani sino agli omeri, e congiungendo quelle avanti il petto, inchina la testa alla croce, e frattanto dice Oremus; indi colle mani giunte avanti il petto dice l'offertorio; e nel tempo pasquale si aggiunge un Alleluia. Alcuni dicono l'offertorio a voce bassa, ma ciò pare contra la rubrica, perché questa l'esprime, quando si ha da abbassare la voce.

 

Dopo finito l'offertorio, scuopre il calice, con levare il velo con ambe le mani: e pigliandolo dalle due estremità della parte davanti, ed alzatolo verso dietro, lo cava fuori del corporale dalla medesima parte di dietro, e lo piegherà egli, se il ministro non è chierico vestito di cotta, e pieghilo in guisa che le frangie del velo non restino dalla parte di fuori, acciocché ponendovi poi sopra la palla, il merletto di questa non si attacchi alla frangia del velo. Piegato che sarà, si collochi vicino al corporale dal corno della pistola; non mai però si pieghi sopra del corporale.

 

Piegato il velo, il sacerdote, posta la sinistra sull'altare fuori del corporale, colla destra pigli il calice pel nodo e lo collochi nella parte della pistola, quasi per quanto possa distendere il braccio, acciocché, comodamente levando la palla, la possa mettere sul velo piegato; indi stando egli per anche nel mezzo dell'altare, leva la palla d'in su la patena, e la depone sul velo, con farvi restare un'estremità in fuori, per essere più comoda a pigliarsi.

 

Si noti che nella seconda e terza messa del giorno di natale, perché nel calice vi sono le reliquie del sangue, si dee porre una palla sopra della tovaglia dell'altare per collocarvi il calice sopra, e può mettersi la stessa del calice, prima che si estragga il calice suddetto dal corporale; oppure lo può sostenere colla mano sinistra: ed in queste due messe stia attento a non purificare il calice col purificatoio, quando v'ha da infondere il vino coll'acqua.

 

Colla mano dritta fra il pollice, indice e medio prende la patena coll'ostia, e la terrà elevata all'altezza del petto, sostenendola con ambe le mani, cioè coi pollici e gl'indici intorno alla patena; le altre dita le terrà distese ed unite sotto la patena, che la sostentino; e nel medesimo tempo alzerà gli occhi alla croce, e subito gli abbasserà, dicendo con voce bassa: Suscipe, sancte Pater etc. Dice la rubrica: elevatis oculis, et statim demissis: ma quello statim s'intende moralmente; onde conviene che nel dirsi: Suscipe, sancte Pater, omnipotens aeterne Deus, si tengano gli occhi alzati alla croce, e poi si abbassino nel dire hanc immaculatam hostiam etc.

 

Quando il sacerdote avrà da consacrare più particole per la comunione


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de' fedeli, se sono poche, cioè cinque o sei, si pongano sopra la patena, sotto l'ostia; e dopo l'obblazione si metteranno sopra del corporale dalla parte del vangelo, sempre però sopra la pietra sacra, un poco distante dall'ostia grande. Se sono molte, si mettano nella pisside o sopra il corporale, come si è detto. Se sono poste nella pisside, quella si metterà dietro il calice, e 'l sacerdote, prima di prendere la patena dal calice, la scuopra, senza rimuovere la pisside dal suo luogo, e nell'offertorio diriga l'intenzione anche per quella.

 

Terminato il Suscipe, faccia una croce colla patena eguale d'un palmo sopra del corporale, e la tenga alta circa mezzo palmo dal medesimo corporale. Indi nel mezzo di esso corporale, dalla parte anteriore della patena, calerà detta ostia, e subito porrà la patena alquanto sotto il corporale dalla parte della pistola, la quale, dopo purificato il calice, si coprirà dal purificatoio. Si è detto alquanto, cioè meno della metà, in maniera che poi sia facile ad estrarla a suo tempo. Se vi sia la pisside o calice colle particole, si copra la pisside col proprio coperchio spogliato della sua cappa; se è calice, colla patena o palla.

 

Notisi, che se fossero portate le particole dopo l'offertorio, il consegrarle senza causa è colpa veniale; ma quando vi fosse qualche causa, come sarebbe se altrimenti la persona che dee comunicarsi dovesse restar priva della comunione, oppure dovesse aspettar molto tempo, oppure se la persona fosse nobile o di molto rispetto (a cui è lecito dare la comunione anche con parte dell'ostia grande, come dice il Suarez con altri), allora lecitamente si consagrano, supplendosi mentalmente l'obblazione; e ciò probabilmente è lecito di farlo anche dopo principiato il canone, come scrisse il cardinal Lambertini1 con Quarti, Possev., Gobat., ed altri.

 

Indi, fatto un inchino alla croce, colle mani giunte il sacerdote va al corno della pistola, e prendendo il calice colla sinistra per lo nodo, prima lo purificherà colla destra, e poi colla sinistra terrà l'estremità del purificatoio unita al nodo del calice da una parte, e stenderà l'altra parte verso le ampolline, acciocché se cadrà qualche goccia, non s'imbratti la tovaglia. Indi, tenendo il calice un poco pendente, farà cadere il vino in quantità decente, cioè tanto quanto possa sumersi con un sorso, nel calice dalla parte che sta calata. Dopo il vino, e restituita al ministro l'ampollina, tenendo il calice nel medesimo modo, benedice l'acqua, facendo segno di croce sopra l'ampollina dell'acqua (questa benedizione si lascia nelle messe de' defunti), e nello stesso tempo dice, Deus, qui humanae substantiae etc., e ponendo un poco d'acqua naturale nel calice, prosiegue dicendo: da nobis per huius aquae et vini mysterium etc. restituisce l'ampollina al ministro, e drizzato il calice, piglierà il purificatoio, che sta fra le dita della sinistra al nodo, e se l'adatterà con buon garbo nell'indice, e purificherà il calice in quella parte dove ha fatto calare il vino e l'acqua; ma se il vino lo farà stillare nel fondo del calice, bisognerà purificarlo d'intorno, sin dove giunge il vino; e frattanto con pausa dirà il resto delle parole


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dall'eius divinitatis, acciocché alle parole Iesus Christus si trovi finita la purificazione, accostando il calice colla medesima sinistra verso del corporale, acciocché sia comodo poi a pigliarsi. Dicendo Iesus Christus può congiungere le mani, e farà un inchino alla croce, e poi proseguendo il resto può avviarsi al mezzo dell'altare, e fra questo mentre metterà il purificatoio coll'estremità verso l'altare sulla parte scoperta della patena. Alcuni vogliono che si debba mettere colla sinistra; ma se si ha da mettere mentre s'incammina al mezzo, potrà mettersi colla destra; se poi si mette prima di partirsi, più comoda sarà la sinistra. Altri vogliono che il Iesus Christus si dovesse dire nel mezzo, per far ivi l'inchino: ognuno faccia come meglio gli sarà comodo.

 

Giunto al mezzo dell'altare, fatto il solito inchino alla croce, appoggerà la sinistra sull'altare, e colla destra piglierà il calice per lo nodo: colla destra terrà il nodo, tenendo il pollice dalla parte davanti, e le altre dita dalla parte posteriore: dalla sinistra poi sostenterà il piede da sotto colle punte delle dita più lunghe; e così tenendo sollevato il calice a dirittura sovra del luogo ove poi avrà da riporsi, attendendo che la sommità del calice non ecceda gli occhi, né stia sotto del mento, dirà l'orazione, Offerimus tibi, Domine etc., cogli occhi alzati alla croce per tutta la detta orazione, e coi gomiti che più tosto declinino verso il petto.

 

Terminata questa orazione (e non prima, come malamente fanno molti) farà, con esso calice dritto, una croce sopra il corporale, tenendolo con ambedue le mani nella stessa positura, con cui si è fatta l'obblazione. La croce si faccia tre o quattro dita in alto dal corporale; e non si faccia per punti; ma per linee eguali circa d'un palmo, potendo principiarsi dall'estremità del corporale sino all'ostia, non dovendosi passare il calice sopra dell'ostia. Riposto il calice dietro l'ostia, lontano dalla medesima lo spazio di un'altra ostia in circa, ma sopra la pietra sacra, lo coprirà colla palla, tenendo la mano sinistra sopra dell'altare, come dovrà farsi sempre che si ha da scoprire o coprire il calice. Alcuni metton la mano sopra il piede del calice, per non farlo rovesciare; ma a questo si risponde: facciano le cerimonie con pausa e non con fretta, che cesserà il timore.

 

Indi, poste le mani giunte sull'altare in modo che le dita piccole stese ed unite all'altre (come si è detto al cap. 4. n. 1.) tocchino il fronte del medesimo altare, e stando mediocremente inchinato, dirà In spiritu humilitatis con voce segreta; dopo rizzatosi, alzando gli occhi alla croce, e nello stesso tempo stendendo le mani, ed alzandole sino agli omeri, subito poi abbasserà gli occhi, e congiungendo le mani avanti il petto (come si fa quando si dice Oremus alle orazioni), dirà Veni sanctificator: e quando dice Benedic(+), fa il segno della croce sopra il calice, e sopra l'ostia insieme, tenendo la sinistra sopra l'altare.

 

Si noti per 1. che nel dire Veni sanctificator etc., alla parola Deus non s'inchina la testa, come insegna Merati con altri molti, perché immediatamente si ha da fare l'inchino nel partirsi da mezzo all'altare; e questo inchino, come scrive il Sarnelli,


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conviene che si faccia al Tuo sancto nomini praeparatum. Per 2. che per ben formare la croce sopra l'oblata, bisogna tirare una linea dritta verso sé, senza abbassarla sopra l'ostia, e farassi in maniera che l'estremità del dito piccolo la principii dalla metà del calice, e termini fuori dell'ostia; dopo tirerà una linea transversale nello stesso sito, colla mano anche distesa (senza curvare le dita, come decretò la s.c. de' riti a' 4. agosto 1663.) davanti la palla fra il calice e l'ostia; e in tali croci, con tutte le altre, non ecceda la misura della palla. Quando poi la croce si dee fare solamente sopra del calice, si farà da una all'altra estremità della palla. Per 3., che ogni volta che si ha da benedire, si debbono congiungere prima le mani, come appare dalla rubrica di questo luogo, purché però l'altra mano non sia impedita, come nel benedire l'acqua, Deus qui humanae etc., e come nella consegrazione nel benedire l'ostia.

 

Fatto il segno della croce, riunirà le mani, farà un inchino alla croce, e colle mani congiunte se ne va al corno della pistola, dove si lava la punta delle quattro dita, pollici ed indici, ponendo le due della destra sopra quelle della sinistra, acciocché nello stesso tempo che s'infonde l'acqua sopra le une, si lavino ancora le altre, dicendosi frattanto Lavabo etc., sotto voce. Al Gloria Patri fa un inchino alla croce, e poi tornerà tosto al mezzo dell'altare, seguitando sicut erat etc. Alcuni vogliono che se il sacerdote si avrà asciugate le mani prima di finire il salmo, potrà dire il Gloria Patri in mezzo dell'altare, e farà ivi l'inchino; ma ben contradice Merati, poiché a me pare esser ciò non conforme alla rubrica. Il Gloria Patri si lascia nelle messe de' defunti, ed in quelle che si dicono dalla domenica di passione sino al sabbato santo esclusivamente: ma nelle votive della passione o della croce fuori di detto tempo il Gloria al suddetto salmo vi si richiede.

 

Il sacerdote indi colle mani giunte se ne va al mezzo dell'altare, ed ivi giunto, senza far l'inchino alla croce, alza e abbassa gli occhi, ed inclinato mediocremente, colle mani giunte sull'altare, a voce bassa, dice: Suscipe, sancta Trinitas etc.; poi lascia l'altare nel mezzo, riunisce le mani, e si volta verso il popolo a modo del Dominus vobiscum, ma si fermerà un poco, e distendendo e congiungendo le mani, con voce mediocre dice: Orate fratres, e seguendo con voce bassa, ut meum ac vestrum etc., si rivolge al mezzo dell'altare, non per il lato della pistola, ma del vangelo, facendo un giro intiero, e voltatosi farà un inchino alla croce, come vogliono Merati, Bisso, Ippolito e Tonnellio. Quando il ministro avrà terminato il Suscipiat Dominus, egli risponderà con voce bassa, Amen.

 

Indi colle mani distese in alto, e voltato un poco verso il messale, sotto voce dice le orazioni secrete senza dire Oremus nel principio, osservando per la conclusione ciò che si disse delle orazioni sopra notate cap. 5. n. 4. Dirà egli Amen alla conclusione della prima segreta; e se questa sarà sola, la dirà sotto voce; ma alla conclusione Per omnia saecula saeculorum, la dirà a voce alta (così ancora nella fine dell'ultima, se saranno più orazioni), tenendo le mani distese sopra l'altare fuori del corporale,


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e così le terrà sino che avrà detto Dominus vobiscum. Quando poi dice Sursum corda, alzerà le mani sino al petto, in modo che una palma risguardi l'altra, colle dita unite nelle loro estremità e diritte. Quando dice Gratias agamus Domino, le alzerà un poco di più sino agli omeri, e subito le congiunge avanti il petto. Nel mentre che dice Deo nostro alzerà gli occhi alla croce, e subito inchinerà la testa con inchino semplice, che a me pare debba esser massimo, come si è detto. Sicché al Domino alzerà e congiungerà le mani, al Deo alzerà gli occhi, ed al nostro farà l'inchino.

 

Dopo che il ministro avrà risposto Dignum et iustum est, disgiungendo di nuovo le mani, e tenendole aperte come nelle orazioni, proseguirà la prefazione comune o propria, conforme al tempo, e così persevererà sino al Sanctus. Si avverta che nell'anno 1759. ordinò N.S. papa Clemente XIII. che in tutte le domeniche, che non hanno la propria prefazione si dicesse quella della Trinità santissima. Si dubitava se nelle domeniche infra octavam, o nelle domeniche di quaresima, o in quelle del tempo pasquale, si dovesse dire quella del santo, di cui si fa l'ottava, o quella di quaresima ecc., ma l'uso (che fa legge) tanto di Roma, quanto di altri luoghi, ha spiegato che tanto infra octavam, quanto nelle domeniche di quaresima e dopo pasqua, si dicano le prefazioni dell'ottava, e del tempo pasquale e di quaresima.

 

Giunto che sarà al Sanctus, il sacerdote mediocremente inclinato ricongiunga le mani avanti il petto, senza appoggiarle sull'altare, e dica con voce mediocre Sanctus etc. Alle parole Benedictus qui venit si alzi e si segni colla croce, tenendo la sinistra sotto il petto, e col medesimo tuono di voce, potendo così distribuire le parole: alla parola Benedictus, si segnerà la fronte; dicendo qui venit, si segnerà nel petto; nella parola in nomine Domini segnerà la spalla sinistra; dicendo Hosanna in excelsis segnerà la spalla destra. Alcuni vogliono che qui si dovessero congiungere le mani, altri lo negano, non essendo precettato dalla rubrica; ma a me pare che debbano congiungersi, perché la rubrica prima del Te igitur dice extensis manibus; dunque suppone che si debbano prima congiungere.

 




1 De sacr. miss. lib. 3. cap. 8. n. 5.




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