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S. Alfonso Maria de Liguori
Delle cerimonie della messa

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CAP. XVI. Della messa che si celebra davanti al vescovo.

 

Le cerimonie che qui si assegnano debbono osservarsi alla presenza del vescovo nella propria diocesi, e dell'arcivescovo nella sua provincia, ed anche dell'abate benedetto nel suo monastero; e di più del proprio vescovo negli oratorj privati, benché fuori di sua diocesi. Aggiunge Gavanto che lo stesso si osserva se il prelato fosse in una chiesa di regolari esenti sempreché in quella avesse qualche giurisdizione.

 

Giunto ch'è il celebrante all'altare col capo coperto in mezzo all'ultimo gradino, si scuopra il capo, s'inchini alla croce, o vero genufletta se vi è il sagramento, e poi facendo un profondo inchino al prelato, vada al corno del vangelo nello stesso piano dell'infimo gradino; ed ivi ricevuto il segno, di nuovo s'inchini al prelato, e rivolto alquanto all'altare (stando il ministro genuflesso dalla parte


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dell'epistola), incominci la messa. Ciò s'intende, quando il vescovo stesse a sentir la messa di rimpetto all'altare; ma se stesse di lato, il sacerdote ben può cominciar la messa in mezzo, perché allora non viene a voltargli le spalle, e comodamente può fargli i dovuti inchini.

 

Nel Confiteor non dirà vobis fratres e vos fratres, ma solo tibi pater e te pater. E detto che avrà l'Oremus, prima che ascenda all'altare, di nuovo la terza volta faccia profonda riverenza al prelato, e venendo in mezzo davanti l'infimo gradino, incominci l'Aufer a nobis, e salga all'altare.

 

Terminato di leggere il vangelo, non baci il messale, né dica Per evangelica dicta, poiché il ministro dee portare il messale a baciarsi dal prelato (il quale, dopo il bacio, dovrà egli dire l'evangelica dicta) senza fargli alcuna riverenza; ma dopo baciato il libro, lo chiuda, genufletta al prelato, e lo riporti al celebrante, che non dovrà baciarlo. Essendovi più prelati si porti il messale al solo più degno; e se sono eguali a niuno. Da taluni si pratica che, nel porsi l'acqua nel vino prima dell'oblazione, il ministro dice: Benedic illustriss. et reverendiss. pater; e 'l vescovo benedice l'acqua. Ma ciò non è prescritto da alcuna rubrica, onde affatto dee omettersi.

 

Nel fine della messa, dopo che il celebrante avrà detto Benedicat vos omnipotens Deus, faccia un profondo inchino al prelato, e dia la benedizione a' circostanti dalla parte del vangelo, avvertendo sempre di benedire da quella parte nella quale non si trova il prelato. Essendo poi il prelato fuori di sua giurisdizione, si darà la benedizione secondo il solito; s'intende celebrandosi in una chiesa pubblica; perché negli oratorj privati, come si è detto di sopra, si osservano verso il prelato le stesse cerimonie, come se si trovasse in diocesi Terminato l'ultimo vangelo, il celebrante, stando nello stesso corno, si rivolga al prelato e gli faccia un profondo inchino, e non si parta di se non dopo che il prelato sia partito.

 

Celebrandosi poi davanti a qualche prelato in chiesa pubblica che non sia di sua giurisdizione, è conveniente che il celebrante, accostandosi all'altare prima o dopo la messa, passandogli davanti, gli faccia un mediocre inchino col capo coperto, se porta il calice; e non portando il calice, si scuopra il capo e gli faccia un inchino profondo. E terminata la messa, anche gli faccia dall'altare un profondo inchino. Tutto ciò che qui si è detto circa questo capo sta scritto dal p. Gavanto e dal p. Merati sopra la rubrica XI.

 

Si nota di più che nei giorni ne' quali si può dire l'orazione ad libitum, celebrando il sacerdote avanti al proprio prelato non dovrà dire l'orazione pro seipso.

 




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