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S. Alfonso Maria de Liguori
Dissertazioni teologiche-morali

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Introduzione di Jules Jacques C. Ss. R.

Era passato un anno da quando le pressanti e reiterate richieste di S. Alfonso gli avevano ottenuto la rinunzia all'episcopato: si era separato dalla sua cara Chiesa il 27 luglio 1775. In questo anno l'inferno e i suoi accoliti, che trovavano un sostenitore accondiscendente nel marchese Tanucci, primo ministro del Regno di Napoli, si scagliarono con furore disperato contro l'Istituto di S. Alfonso.

Alle pene morali del Santo ottuagenario si aggiungevano infermità corporali così forti che - secondo una sua espressione - l'avevano condotto alle porte della tomba (1), queste sofferenze erano aggravate da occupazioni numerose e complicate che lui stesso chiama "una foresta di spine che non gli lasciavano un momento di tranquillità (2).

Ma queste sofferenze fisiche e morali non avevano incatenato né rallentato il suo zelo per le anime e la sua devozione per la Chiesa: conservando uno spirito sereno nel mezzo della tempesta e gettando nella misericordia di Dio l'ancora sicura della sua speranza: anchoram animae tutam ac firmam (3), egli non aveva deposto la sua penna coraggiosa e feconda. Infatti, in questo tempo, cioè negli anni 1775-1776, egli produrrà parecchie opere importanti: le Vittorie dei Martiri, con nove opuscoli; quattro piccoli trattati su diversi soggetti: nove Dissertazioni dommatiche e morali sulle ultime realtà; infine la Condotta ammirabile della Divina Provvidenza con tre opuscoli. Quindi 19 scritti pubblicati nel corso di questi due anni. Ma noi fermiamoci alle Dissertazioni.

Queste nove Dissertazioni videro la luce nel 1776, l'anno dopo la rinunzia del vescovo Alfonso de Liguori alla sua sede episcopale e l'ottantesimo di sua età. Nell'intenzione del santo e saggio Autore, esse hanno lo scopo di ravvivare la fede dei fedeli in rapporto alle verità dell'al di là e di rafforzarle contro l'empio sarcasmo di certi increduli che se ne prendevano gioco.

Ecco perché il santo Autore ha generalmente trascurato l'accostamento ascetico e mistico di queste verità fondamentali, trattate sotto questo punto di vista in molte delle sue opere spirituali, preferendo piuttosto mettere in rilievo la parte dogmatica e morale di questi importanti argomenti.

Ecco ancora perché, desideroso di rafforzare gli esitanti, di convincere gli increduli e di premunire i veri credenti contro il funesto veleno dell'errore, egli si è costantemente appoggiato, a secondo che gli argomenti lo comportavano, sull'autorità delle sacre Scritture e sulle testimonianze del santi Padri, specialmente dell'angelico Dottore S. Tommaso.

Ecco perché, infine, egli ha attentamente distinto tra ciò che è di fede e ciò che è lasciato alle libere discussioni delle scuole teologiche.

Intanto la devozione e l'ascetismo non sono del tutto assenti nell'opera del Santo: allo stesso tempo sempre devoto e saggio, sempre apostolo e dottore, egli mira al pratico e sa preparare alimento allo spirito senza trascurare quello del cuore.

Vediamo, così, con quale devota direzione egli ha saputo intercalare riflessioni morali a impegnative dottrine e di condurre in modo del tutto naturale a deduzioni pratiche.

Notiamo inoltre le toccanti preghiere che fanno seguito ad alcune Dissertazioni, nelle quali si presenta al naturale la sua anima affettuosa: le sue ardenti parole rivelano il suo spirito di fede circa le grandi verità della salvezza, e l'ardente zelo per il bene spirituale dei suoi fratelli; esse tradiscono il segreto desiderio di voler trascinare come con forza l'anima del suo lettore, e comunicargli il timore di Dio di cui è penetrato e soprattutto la fiamma d'amore di cui è acceso.

C'è ancora uno scopo di pratica utilità: il santo Dottore sembra aver voluto a volte disimpegnare il suo lavoro da ogni ritmo scientifico e scendere al livello delle intelligenze più ordinarie, senza tuttavia compromettere la solidità della dottrina. A questo scopo egli resta fedele ai suoi principi, conservando nello scrivere quella semplicità nobile che caratterizza le sue opere…

In una parola, il devoto e saggio Autore ha pienamente giustificato il titolo della sua opera: vi si trovano infatti delle Dissertazioni o discussioni dettagliate su questioni relative alle ultime realtà dell'uomo e trattati dal punto di vista della teologia e morale cristiana.

Altre voci, prima di noi, hanno riportato riflessioni analoghe alle nostre. Mentre viveva ancora il nostro Autore, il canonico Salvatore Ruggieri non sapeva cessare di ammirare la scienza, lo zelo e la pietà dell'illustre Prelato e a proposito di queste Dissertazioni lo elogia così: "L'eminente pietà del santo vescovo, che è al di sopra di ogni lode, e soprattutto il suo zelo ardente di procurare il bene spirituale dei fedeli sono troppo conosciuti perché ci sia bisogno di essere proclamati dalla mia voce: non potendo più impegnarsi alla salvezza del prossimo con la sua predicazione e la sua presenza a causa della vecchiaia e della cattiva salute, egli si sforza di raggiungere lo scopo con i suoi scritti" (3).

E uno dei suoi ultimi biografi, il cardinale Villecourt, dopo aver analizzato l'opera, aggiunge queste parole: "Tali sono, in sintesi, le magnifiche Dissertazioni di Alfonso sulle ultime realtà; questo libro… è tanto più prezioso, perché vi espone sempre chiaramente ciò che è certo e definito su queste materie e ciò che è controverso tra i teologi" (4). E altrove egli dice a proposito della stessa opera: "Perché tutti potessero profittare di questo libro, egli lo ridusse a un piccolo volume che scrisse nella lingua volgare con lo stile il più semplice e più accomodato a tutte le intelligenze" (5).

Queste parole si accordano a quelle dell'Avvocato della Causa nel processo per il titolo di Dottore della Chiesa: "Queste Dissertazioni attirano il lettore per un pregio tutto particolare; non si può smettere di ammirare la vasta erudizione dell'Autore e la penetrazione del suo giudizio, soprattutto nelle questioni più oscure che hanno diviso i teologi in opinioni diverse" (6).

Comunque, il merito del lavoro non mette l'Autore al riparo delle contraddizioni. Al censore ecclesiastico, incaricato della revisione ufficiale delle Dissertazioni non andò giù la dottrina del Santo riguardante la sorte dei bambini morti senza battesimo e la differenza tra l'amore dei beati i cielo e quello dell'uomo ancora pellegrino sulla terra. Il devoto Autore, che aveva lodevoli e solide ragioni di persistere nel suo punto di vista, indirizzò allo stesso censore una lettera di chiarimento (7).

Il censore si ostinò nella sua critica e respinse ogni accomodamento; allora il santo vegliardo, che si trovava nell'impossibilità di portarsi a Napoli per confrontarsi a faccia col suo interlocutore, si vide costretto a ricorrere all'intervento del saggio canonico Simioli, al quale dichiarò di rimettersi pienamente alla decisione dell'arcivescovo.

Ecco l'energica lettera che indirizzò al canonico il 15 luglio 1776:

"Io le ho scritto tre volte per quella dottrina di S. Tommaso, che mi contrasta il revisore e dice che non può passare. Torno a dire che io non voglio aggiustarmi e dipendere da esso: voglio dipendere dall'arcivescovo, e farò quel che l'arcivescovo mi comanderà. Ho saputo che questa dottrina di S. Tommaso si legge pubblicamente nel collegio di S. Tommaso in Napoli; ma il Sig. revisore dice che non può passare.

Basta: io farò quello che mi comanda l'arcivescovo. Se sapevo, più presto forse avrei lasciato di stampare il libro che darlo a rivedere a questo revisore, oppure impugnar S. Tommaso: cosa che ha fatto stordire i Domenicani. Bello spirito: La sentenza di S. Tommaso non può passare! Chi lo dice? La santa Chiesa? La santa Chiesa no, perché la Chiesa venera le dottrine di S. Tommaso. Intanto prego V. S. Illma di sciogliermi da quel che voleva aggiustare esso revisore, mentr'io voglio dipendere solo dall'arcivescovo.

Mi dispiace quanto tempo ci ho perduto. Il memoriale del libro già è uscito dal Palazzo; ora aspetto che cosa vuol fare l'arcivescovo: se vuole darmi altro revisore, se vuol passare la dottrina di S. Tommaso o non la vuole passare. Io farò quel che mi dice. Pazienza!". (8)

La contestazione non tardò a finire e il Santo trionfò sul suo contradditore, perché ottenne la vincita della causa dopo il giudizio emesso dai saggi, che fecero così prevalere il suo sentimento e mantenere il testo primitivo dell'opera.

P. Jules Jacques C. Ss. R.

in Dissertations dogmatiques et morales
sur les fins dernières

par S. Alphonse

Castermann, Tournai 1874, pp.V-X

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(1) Lettera del 13 novembre

(2) Lettera del 26 gennaio

(3) Cf. Tannoia, Vita ed Istituto… lib.4, cap.5

(4) Vie et Institut de S. Alph., l. 6, p. 2. cap. 5

(5) Ibid., l. 4, cap. 5

(6) Cf. Informatio, n. 20.

(7) Cf. Lettere, Vol. 3, p. 480.

(8) Lettere, Vol. 3, p. 479.

 




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