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S. Alfonso Maria de Liguori Evidenza della Fede IntraText CT - Lettura del testo |
La fede vien definita dall'apostolo, la sostanza delle cose che speriamo, e l'argomento delle cose che non vediamo: Est autem fides sperandarum substantiam rerum, argumentum non apparentium1. Si chiama sostanza delle cose che speriamo, perché la fede è il fondamento della nostra speranza: senza la fede non vi sarebbe la speranza. Si dice poi argomento di cose che non appariscono, perché la fede è chiara per una parte, e per un'altra è oscura. È chiara per i contrassegni che la rendono ben certa alla nostra credenza, come vedremo. È oscura all'incontro per le verità che insegna, le quali son celate agli occhi nostri.
Così conveniva all'onore divino ed al nostro bene. Conveniva all'onor divino che Dio ci guidasse alla salute eterna per via di fede: essendo ben giusto che l'uomo non solamente soggettasse a Dio la sua volontà coll'ubbidire a' suoi precetti, ma anche l'intelletto col credere a' suoi detti. Quale onore mai darebbe l'uomo a Dio, se credesse le sole cose che vede o comprende? l'onora bensì e molto l'onora col credere quel che non vede e non comprende; credendo tutto non per altra ragione, se non perché Dio l'ha detto. Ma ciò fa che la fede sia una scienza che supera ogni altra scienza: Ecce Deus magnus vincens scientiam nostram2. Sì, perch'ella è una scienza, che viene infusa in noi dalla luce divina, la quale avanza tutti i lumi della natura umana ed angelica. Che per ciò, quantunque gli oggetti della nostra fede nella vita presente sono a noi nascosti, son nondimeno così certi, che la lor certezza supera la certezza di tutte le cose che vediamo cogli occhi e di tutte le verità che conosciamo colle nostre menti; poiché queste verità che conosciamo, noi non le apprendiamo se non per mezzo dei sensi che spesso c'ingannano, o per mezzo de' nostri intelletti, secondo i quali spesso noi stessi c'inganniamo; ma le verità della fede vengono a noi manifestate da Dio, che non può ingannarsi né può ingannare.
Conveniva ancora al nostro bene che le cose della fede fossero a noi oscure; perché se fossero evidenti la fede non sarebbe più fede, ma evidenza che ci forzerebbe a crederla vera senza nostra elezione; sicché nel darvi il nostro assenso non ci avremmo alcun merito, il quale consiste nel credere, non necessariamente, ma volontariamente cose che non comprendiamo. Fides amittit meritum, scrisse san Gregorio, cum humana ratio praebet experimentum. Perciò disse il Signore: Beati qui non viderunt et crediderunt3.
All'incontro son così chiari i contrassegni della verità di nostra fede, che (come dicea il gran Pico della Miranda) non solo è imprudenza, ma è pazzia il non volerla abbracciare. Testimonia tua credibilia facta sunt nimis4. E così avviene per la bella disposizione della divina provvidenza, che da una parte le verità della fede sieno a noi oscure, affinché meritiamo nel crederle; ed all'incontro i motivi di credere ch'ella sia l'unica vera fede, siano evidenti, affinché gl'increduli non abbiano scusa, se non vogliono crederla. Qui vero non crediderit, comdemnabitur5. Onde ben disse Ugone di s. Vittore: Iuste et fidelibus pro fide datur praemium, et infidelibus pro infidelitate supplicium.
Per tanto dobbiamo noi cattolici da
una parte continuamente ringraziare Iddio per averci dato questo gran dono della vera fede aggregandoci tra' figli della s. chiesa cattolica. E dall'altra parte dobbiamo con umiltà sottomettere le nostre menti alle verità della fede, quali umili e semplici bambini, come ne avverte s. Pietro: Sicut modo geniti infantes, rationabile sine dolo lac concupiscite1. I misteri della fede non sono già opposti alla ragione, ma sono bensì superiori alla nostra ragione umana; onde non dobbiamo cercare di voler comprenderli col nostro discorso, come cercano i superbi, che non potendo poi giungere colle loro deboli menti a capirli, s'intricano in molte difficoltà, da cui non possono indi da sé sbrigarsi. Non est fides superborum, sed humilium, scrisse s. Agostino2. Quindi dicea s. Teresa, che quanto meno colla ragion naturale ella capiva de' misteri divini, con maggior divozione li credeva; anzi che sentiva un singolar piacere di non poterli comprendere. E stando vicina a morte non cessava di ringraziare il Signore di averle concesso il dono della fede, con averla fatta figlia della chiesa: In somma, Signore (così più volte s'intese moribonda replicare) io son figliuola della chiesa, son figliuola della chiesa.
Diceva poi la medesima santa, che tutti i peccati de' fedeli nascono dalla mancanza della fede. Ed in verità così è: chi tiene continuamente avanti gli occhi le verità della fede, la grandezza di Dio, l'amore che ci porta, i beneficj che ci ha fatti, e specialmente l'opera dell'umana redenzione, la sua passione, il dono del ss. sagramento dell'altare: chi spesso mira la morte che gli sta destinata, il giudizio divino in cui un giorno s'ha da ritrovare, l'eternità felice o infelice che gli ha da toccare; non è possibile che viva lontano da Dio. E perciò bisogna spesso rinnovare la fede, con ricordarci delle massime eterne. Così han fatto i santi, ed hanno acquistata la loro eterna corona. A tal fine ho voluto dar fuori questa operetta, dove in breve esporrò i contrassegni che ci rendon certi della verità di nostra fede. Avvertendo qui nonperò che non già per questi motivi noi dobbiam credere le cose che c'insegna la fede, poiché la sola veracità infallibile di Dio, che queste cose ha rivelate a noi per mezzo della s. chiesa cattolica, è quella sulla quale dobbiam fondare la credenza di tutte le verità rivelate; i contrassegni ch'esporremo, debbono solo a noi servire per vedere e giudicare che l'unica vera fede è quella che da questa cattolica chiesa ci viene insegnata.
Tralascio in questo libretto di confutare gli atei col provare l'esistenza di Dio, perché di ciò ne ho parlato nell'altra opera fatta contra i materialisti3. Solo qui dico contro di questi empj: è cosa certa e necessaria che vi sia Iddio, principio eterno da cui hanno avuto l'essere tutte le cose create nel tempo; altrimenti senza questo eterno principio non vi sarebbe alcuna cosa creata nel mondo. Falsamente poi ricorrono gli atei alla materia eterna, dicendo che da questa materia hanno il lor essere tutte le creature, perché questo insussistente sistema già l'abbiam confutato con evidenza nell'opera mentovata; e qualche cosa ne diremo in breve nel dialogo aggiunto in questa operetta. Né serve il ricorrere alla natura, col dire che tutte le cose sono effetti della stessa natura, perché rispondiamo: O questa natura è priva di mente, ed una natura priva di mente non ha potuto mai dare un ordine così ben regolato e così stabile alle cose create di questo mondo, come vediamo; giacché per istabilire un tal ordine vi bisognava una mente di somma sapienza. O diciamo all'incontro, che questa natura sia una pura mente; e questa natura noi diciamo ch'è Dio. Se dunque v'è Dio, vi ha da esser necessariamente religione, perché questo Dio, come supremo signore e creatore del tutto, giustamente vuol esser riconosciuto
ed onorato dalle sue creature. Or vediamo tra tutte le religioni, quale sia la vera, e qual'altra abbia tanti contrassegni d'esser creduta vera, quanto la nostra cattolica romana. Andiamo dunque esaminando questi contrassegni o sieno motivi della verità di nostra santa fede.